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Papa Francesco: "Lettera Apostolica in forma di 'Motu Proprio' Mitis et misericors Iesus, per le cause di dichiarazione di nullità del matrimonio"

Ultimo Aggiornamento: 08/09/2015 22:11
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08/09/2015 22:11




 

LETTERA APOSTOLICA
IN FORMA DI «MOTU PROPRIO»
DEL SOMMO PONTEFICE
FRANCESCO

MITIS ET MISERICORS IESUS
SULLA RIFORMA DEL PROCESSO CANONICO PER LE CAUSE DI DICHIARAZIONE DI NULLITÀ DEL MATRIMONIO
NEL CODICE DEI CANONI DELLE CHIESE ORIENTALI

Francesco P.P.


Gesù, clemente e misericordioso Pastore e Giudice delle nostre anime, ha affidato all’Apostolo Pietro e ai suoi Successori il potere delle chiavi per compiere nella Chiesa l’opera di giustizia e verità. Questa suprema e universale potestà, di legare e di sciogliere qui in terra, afferma, corrobora e rivendica quella dei Pastori delle Chiese particolari, in forza della quale essi hanno il sacro diritto e davanti al Signore il dovere di giudicare i propri sudditi.[1]
Il mio venerato predecessore, il santo pontefice Giovanni Paolo II, promulgando il Codice dei canoni della Chiese orientali, ebbe a sottolineare: “Fin dall’inizio della codificazione canonica delle chiese orientali, la stessa costante volontà dei romani pontefici di promulgare due codici, uno per la chiesa latina e l’altro per le chiese orientali cattoliche, dimostra molto chiaramente che essi volevano conservare ciò che è avvenuto per provvidenza divina nella chiesa, cioè che essa, riunita da un unico Spirito, deve respirare come con i due polmoni dell’Oriente e dell’Occidente e ardere nella carità di Cristo come con un solo cuore composto da due ventricoli”.[2]
Seguendo anch’io la stessa scia, e tenendo conto del peculiare ordinamento ecclesiale e disciplinare delle Chiese orientali, ho deciso di emanare con un motu proprio distinto le norme per riformare la disciplina dei processi matrimoniali nel Codice dei Canoni delle Chiese Orientali.
Nel volgere dei secoli la Chiesa in materia matrimoniale, acquisendo coscienza più chiara delle parole di Cristo, ha inteso ed esposto più approfonditamente la dottrina dell’indissolubilità del sacro vincolo del coniugio, ha elaborato il sistema delle nullità del consenso matrimoniale e ha disciplinato più adeguatamente il processo giudiziale in materia, di modo che la disciplina ecclesiastica fosse sempre più coerente con la verità di fede compresa fino in fondo. Tutto ciò è stato sempre fatto avendo come guida la legge suprema della salvezza delle anime.
In questa prospettiva, importantissimo è il ministero del Vescovo, il quale, secondo l’insegnamento dei Padri orientali, è giudice e medico, poiché l’uomo, ferito e caduto (peptokόs) a causa del peccato originale e dei propri peccati personali, divenuto infermo, con le medicine della penitenza ottiene da Dio la guarigione e il perdono e viene riconciliato con la Chiesa. Il Vescovo infatti – costituito dallo Spirito Santo come figura di Cristo e al posto di Cristo (“eis typon kai tòpon Christou”) – è anzitutto ministro della divina misericordia; pertanto l’esercizio della potestà giudiziale è il luogo privilegiato in cui, mediante l’applicazione dei principi della “oikonomia” e della “akribeia”, egli porta ai fedeli bisognosi la misericordia risanatrice del Signore.
Tutto ciò che ho stabilito con questo motu proprio, l’ho fatto seguendo le orme dei miei Predecessori, i quali hanno voluto che le cause di nullità del matrimonio vengano trattate per via giudiziale, e non amministrativa, non perché lo imponga la natura della cosa, ma piuttosto lo esiga la necessità di tutelare in massimo grado la verità del sacro vincolo: e ciò è esattamente assicurato dalle garanzie dell’ordine giudiziario.
Si segnalano alcuni criteri fondamentali che hanno guidato l’opera di riforma.
È parso opportuno, anzitutto, che non sia più richiesta una doppia decisione conforme in favore della nullità del matrimonio, affinché le parti siano ammesse a nuove nozze canoniche, ma che sia sufficiente la certezza morale raggiunta dal primo giudice a norma del diritto.
La costituzione del giudice unico, comunque chierico, in primo grado viene rimessa alla responsabilità del Vescovo, che nell’esercizio pastorale della propria potestà giudiziale dovrà assicurare che non si indulga a qualunque lassismo.
Affinché sia finalmente tradotto in pratica l’insegnamento del Concilio Vaticano II in un ambito di grande importanza, si è stabilito di rendere evidente che il Vescovo stesso nella sua Chiesa, di cui è costituito pastore e capo, è per ciò stesso giudice tra i fedeli a lui affidati. Si auspica pertanto che nelle grandi come nelle piccole eparchie lo stesso Vescovo offra un segno della conversione delle strutture ecclesiastiche,[3] e non lasci completamente delegata agli uffici della curia la funzione giudiziaria in materia matrimoniale. Ciò valga specialmente nel processo più breve, che viene stabilito per risolvere i casi di nullità più evidente.
Oltre a rendere più agile il processo matrimoniale, si è disegnata una forma di processo più breve – in aggiunta a quello documentale come attualmente vigente –, da applicarsi nei casi in cui l’accusata nullità del matrimonio è sostenuta da argomenti particolarmente evidenti. Non mi è tuttavia sfuggito quanto un giudizio abbreviato possa mettere a rischio il principio dell’indissolubilità del matrimonio; appunto per questo ho voluto che in tale processo sia costituito giudice lo stesso Vescovo, che in forza del suo ufficio pastorale è con Pietro il maggiore garante dell’unità cattolica nella fede e nella disciplina.



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