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LA "FAVOLA" della FESTA della DONNA - (leggasi BUFALA) - venne decisa a Mosca

Ultimo Aggiornamento: 08/03/2012 04:59
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07/03/2012 03:57

La favola dell'8 marzo

La festa delle donne non ha bisogno di fondarsi su favole create per fini ideologici

Scritto da Alessandra Nucci

Quanti di voi si sono sentiti raccontare con enfasi che, come data per la festa delle donne, l'8 marzo è stato scelto per commemorare la tragica morte di 129 operaie in una fabbrica tessile di New York nel 1910? (Le variazioni sul tema parlano anche del 1911 o del 1929, di una filanda di Chicago, di Boston nel 1898 o 1908, di 19 o 146 vittime, ecc.).

Il racconto (con la dovizia di particolari che spesso accompagna le storie inventate) parla di un crudele imprenditore che avrebbe rinchiuso nella fabbrica le operaie in agitazione e avrebbe appiccato il fuoco intenzionalmente.

L'articolo che pubblichiamo di seguito - apparso sul settimanale Tempi del 5 aprile 2001 - spiega come è nata questa leggenda (un incendio di tipo diverso, forse, può essere rintracciato nel 1911), e quali fossero le motivazioni - politiche ed ideologiche - che accompagnavano questa falsificazione.

Aggiungiamo che non intendiamo con questo "condannare" l'idea di una festa per le donne: un momento di gioia e di riflessione è sempre il benvenuto, purché abbia lo spirito di promuovere i diritti di ogni singola persona (e non di una categoria astratta), e purché cerchi l'incontro e la collaborazione (più che lo scontro e la rivendicazione).

La festa dell’8 marzo, che in Italia si tramanda di anno in anno con l’immutabilità delle leggende, narra della lotta di classe, dello sfruttamento capitalista, del diritto al lavoro e, immancabilmente, dell’iniquità della società americana.

Si tratta però di una mitologia indotta, un misto di fatti veri e meno veri ricostruiti con fantasia dal movimento sindacale, in piena Guerra Fredda, per dare corpo all’ideologia marxista e incanalare le donne il più possibile verso rivendicazioni di stampo comunista.

La storia vera infatti è molto più articolata della sola iniziativa che si vuole lanciata da Clara Zetkin a Copenhagen nel 1910.

L’incendio della Triangle Shirtwaist Factory di New York fu tragedia vera e immane, ma non fu riconducibile né a scioperi né a serrate, fece vittime anche fra gli uomini e oltretutto avvenne nel 1911, un anno dopo il supposto "proclama".

Nella minuziosa ricostruzione storica offerta dal libro "8 marzo. Storie, miti, riti della giornata internazionale della donna" di Tilde Capomazza e Marisa Ombra (ed. Utopia, Roma, 1991), si scopre che la data dell’8 marzo fu stabilita a Mosca nel 1921, durante la "Seconda conferenza delle donne comuniste".

Svoltasi all’interno della III Internazionale comunista, la conferenza decise di stabilire quella data come "Giornata internazionale dell’operaia" in onore della prima manifestazione delle operaie di Pietroburgo contro lo zarismo.

La "Festa della donna" fu istituita quindi nel quadro ideologico e politico che vedeva i paesi comunisti di tutto il mondo uniti per la rivoluzione del proletariato, sotto la guida dell’Unione Sovietica.

Perché allora questo fatto non viene tramandato ogni 8 marzo?

Per capirlo bisogna andare alle radici del femminismo, che non nasce dalle lotte del proletariato ma dalle donne del ceto medio, che già dalla metà dell’800 avevano cominciato a mobilitarsi per il diritto di voto.

Quando poi, al volgere del XX secolo, venne fondato il Partito Socialista internazionale, le sue donne si divisero fra quelle disposte ad allearsi con le femministe "borghesi", e quelle che invece ritenevano che, come scrisse nel 1910 L’Avanti!,

"il proletariato femminile non può schierarsi col femminismo delle donne borghesi [….] per ottenere quelle riforme civili e giuridiche che le tolgano alla tutela e alla dipendenza dall’uomo. Questa emancipazione di sesso non scuote e può piuttosto rafforzare i cardini della presente società economica: proprietà privata e sfruttamento di classe".

In poche parole le donne di sinistra accusavano le borghesi di

"non attaccare a fondo l’istituto familiare, luogo privilegiato di oppressione della donna".

Questa divisione può spiegare la ricostruzione dell’8 marzo come iniziativa di protesta per il terribile incendio di New York, il cui taglio anti-americano risultava tanto più efficace quanto più ne rimaneva nascosta la radice sovietica.

Questa versione fu riportata infatti per la prima volta in Italia dal settimanale La lotta, edito dalla sezione bolognese del Partito Comunista Italiano.

Era il 1952, e quell’anno l’Unione Donne Italiane, settore femminile della Cgil, distribuì alle sue iscritte una valanga di librettini minuscoli, 4 cm x 6, da attaccare agli abiti insieme a una mimosa.

Nel libretto c’era un resoconto dell’incendio di New York.

Due anni dopo, il settimanale della Cgil, Il lavoro, perfezionò il racconto con un fotomontaggio che ritrae un signore arcigno in bombetta dal nome inventato che si fa largo fra masse di donne tenute indietro dalla polizia.

Così la data dell’8 marzo si è diffusa a tappe alterne, soprattutto in Europa. In alcuni paesi è salita alla ribalta solo da pochi anni.

Negli Stati Uniti, dove le manifestazioni delle donne hanno sempre incluso le più svariate associazioni femminili, le donne socialiste tenevano già una "Festa della donna" nel 1908, che però non è mai diventato un appuntamento diffuso.

È da pochissimo che si tenta di far acquistare visibilità in USA all’"International Women’s Day".

Nonostante infatti la crescente pubblicistica degli studi femminili, presenti in tutti gli atenei, il livello di attenzione del pubblico per l’8 marzo continua ad essere quasi del tutto inesistente.

Fonte:

http://www.europaoggi.it/content/view/338/45/

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07/03/2012 20:55


Si tratta però di una mitologia indotta, un misto di fatti veri e meno veri ricostruiti con fantasia dal movimento sindacale, in piena Guerra Fredda, per dare corpo all’ideologia marxista e incanalare le donne il più possibile verso rivendicazioni di stampo comunista.

Un altro mito caduto!

L'ennesimo sfruttamento della donna!

Che pena!!


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Post: 5.367
Sesso: Femminile
07/03/2012 23:02

E si Cara Evita....
ci sono rimasta di sale anch'io!

Non riuscivo a crederci...
per questo ho fatto un'accurata ricerca su Google
e visitato parecchi siti che mi hanno confermato l'accaduto....

Tutto questo mi fa tristemente pensare
alla facile manovrabilità cui soggiace
il "popolo bue" (noi comprese)
al quale se vogliono possono far credere persino che
 "gli asini volano"!
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moderatore
08/03/2012 04:57

in Italia la Festa della Donna fu voluta dalla moglie di Togliatti,
Rita Montagnana

fu lei che scelse le puzzolenti9 mimose, anche se nel partito c'era
chi preferiva le violette

era il 1948 e finalmente le donne italiane avevano avuto diritto al voto,
bisognava che il loro voto andasse al Pci, ed ecco che la mimosa divenne
il simbolo delle donne sfruttate dal capitalismo

non era ancora il simbolo delle donne che si emancipavano dal maschilismo,
la Montagnana non aveva in mente questo, del resto non era ancora comparsa
all'orizzonte la Nilde Jotti, e Togliatti aveva il ruolo di egemonia indiscussa
anche in famiglia

compagne che lottavano al fianco dei compagni contro il capitalismo, questo
era il significato della mimosa

e lo rimase fino agli anni 70

divenne simbolo del femminismo quando Pannella e la Bonino iniziarono le loro
campagne divorziste e abortiste

a quel punto non era più il capitalismo ad essere il nemico da abbattere, era il
maschilismo

le donne arse vive erano vittime di un maschilista

e non aveva più importanza se le cose erano andate come le descrivevano i
marxisti, contava solo che l'aguzzino fosse un uomo

e a poco serviva venire a sapere che insieme alle donne erano stati arsi
anche degli uomini, quello che contava è che fosse stato un uomo a causare
la carneficina di moltissime donne

questo tra l'altro era il pensiero condiviso da tutte le femministe del mondo

ma in realtà il femminismo era iniziato con le "suffragette" inglesi, molto prima
di quell'episodio

già nel 1865 nel Parlamento inglese venne presentata una legge per i diritti delle
donne, e la presentò un uomo, perchè le donne non avevano nè il diritto di votare,
nè quello di venire candidate

ma la battaglia si era già scatenata, nelle piazze le donne reclamavano parità di
diritti e quelle donne venivano chiamate appunto "suffragette"



  
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Post: 1.544
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moderatore
08/03/2012 04:59

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