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Papa Francesco a Cuba: Santa Messa nella Plaza de la Revolución a La Habana. " Perché, cari fratelli e sorelle, chi non vive per servire, non serve pe

Ultimo Aggiornamento: 20/09/2015 19:38
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20/09/2015 19:38




 




E Gesù sconvolge la loro logica dicendo loro semplicemente che la vita autentica si vive nell’impegno concreto con il prossimo, cioè servendo.
L’invito al servizio presenta una peculiarità alla quale dobbiamo fare attenzione. Servire significa, in gran parte, avere cura della fragilità. Servire significa avere cura di coloro che sono fragili nelle nostre famiglie, nella nostra società, nel nostro popolo. Sono i volti sofferenti, indifesi e afflitti che Gesù propone di guardare e invita concretamente ad amare. Amore che si concretizza in azioni e decisioni. Amore che si manifesta nei differenti compiti che come cittadini siamo chiamati a svolgere. Sono persone in carne e ossa, con la loro vita, la loro storia e specialmente la loro fragilità, che Gesù ci invita a difendere, ad assistere, a servire. Perché essere cristiano comporta servire la dignità dei fratelli, lottare per la dignità dei fratelli e vivere per la dignità dei fratelli. Per questo, il cristiano è sempre invitato a mettere da parte le sue esigenze, aspettative, i suoi desideri di onnipotenza davanti allo sguardo concreto dei più fragili.


C’è un “servizio” che serve gli altri; però dobbiamo guardarci dall’altro servizio, dalla tentazione del “servizio” che “si” serve degli altri. Esiste una forma di esercizio del servizio che ha come interesse il beneficiare i “miei”, in nome del “nostro”. Questo servizio lascia sempre fuori i “tuoi”, generando una dinamica di esclusione.


Tutti siamo chiamati dalla vocazione cristiana al servizio che serve e ad aiutarci a vicenda a non cadere nelle tentazioni del “servizio che si serve”. Tutti siamo invitati, stimolati da Gesù a farci carico gli uni degli altri per amore. E questo senza guardare accanto per vedere che cosa il vicino fa o non fa. Gesù ci dice: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti» (Mc 9,35). Costui diventa il primo. Non dice: “Se il tuo vicino desidera essere il primo, che serva”. 

 

Dobbiamo guardarci dallo sguardo che giudica e incoraggiarci a credere nello sguardo che trasforma, al quale ci invita Gesù.


Questo farci carico per amore non punta verso un atteggiamento di servilismo, ma al contrario, pone al centro la questione del fratello: il servizio guarda sempre il volto del fratello, tocca la sua carne, sente la sua prossimità fino in alcuni casi a “soffrirla”, e cerca la promozione del fratello. Per tale ragione il servizio non è mai ideologico, dal momento che non serve idee, ma persone.


Il santo Popolo fedele di Dio che vive a Cuba è un popolo che ama la festa, l’amicizia, le cose belle. È un popolo che cammina, che canta e loda. È un popolo che ha delle ferite, come ogni popolo, ma che sa stare con le braccia aperte, che cammina con speranza, perché la sua vocazione è di grandezza. Così l’hanno seminata i vostri antenati. Oggi vi invito a prendervi cura di questa vocazione, a prendervi cura di questi doni che Dio vi ha regalato, ma specialmente voglio invitarvi a prendervi cura e a servire la fragilità dei vostri fratelli. Non trascurateli a causa di progetti che possono apparire seducenti, ma che si disinteressano del volto di chi ti sta accanto. Noi conosciamo, siamo testimoni della «forza incomparabile» della risurrezione che «produce in ogni luogo germi di questo mondo nuovo» (Esort. ap.Evangelii gaudium, 276.278).


Non dimentichiamoci della Buona Notizia di oggi: la grandezza di un popolo, di una nazione; la grandezza di una persona si basa sempre su come serve la fragilità dei suoi fratelli. E in questo troviamo uno dei frutti di una vera umanità.
Perché, cari fratelli e sorelle, “chi non vive per servire, non serve per vivere”.






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