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Rosmini e lo Spirito del Vaticano II di Padre Umberto Muratore

Ultimo Aggiornamento: 02/07/2014 17:58
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02/07/2014 17:58

alt58:49alt Rosmini e lo Spirito del Vaticano II di Padre Umberto Muratore

"Gli uomini sono andati lontano, bisogna andarli a prendere là dove sono per riportarli alla verità e alla loro dignità." (Beato Rosmini)

Rosmini è stato una coscienza scomoda della Chiesa, perché ne denunciava i problemi, animato da un grande afflato riformatore. Nel suo tempo non fu capito, ma la sua figura e il suo pensiero furono d'ispirazione anche durante il Concilio Vaticano II…
Il primo che al Concilio Vaticano II fece il nome di Rosmini è stato il vescovo di Ivrea Luigi Bettazzi. Nel clima del Concilio, Paolo VI tolse nel ‘68 il veto alla pubblicazione delle "Cinque Piaghe". Giovanni XXIII fece gli esercizi spirituali sulle "Massime di perfezione" di Rosmini, come leggiamo nel "Giornale dell'anima". Soprattutto era proprio del Concilio il raffrontarsi con la modernità cercando il dialogo, evitando il muro contro muro, nello spirito del roveretano.

Rosmini non si richiamava solo alla manualistica teologica del tempo, ma si ispirò molto alla Bibbia e ai Padri della Chiesa. Inoltre riteneva che i fedeli dovessero comprendere la liturgia e non solo ripetere vuote formule in latino o brani di dottrina a volte mal presentati e peggio commentati…
Sentiva il bisogno che la Chiesa per prima avesse coscienza dello spirito moderno. Ne sottolineava le incrostazioni storiche, gli aspetti che andavano modificati. Rosmini mostra le cosiddette "piaghe" che fanno ombra alla purezza della Chiesa, le spiega, propone delle soluzioni riscoprendo le consuetudini dei primi secoli cristiani. Il periodo patristico era proprio il periodo missionario della Chiesa. Allora la Chiesa era più libera di esprimersi, non era stata contaminata da sovrastrutture, aveva più autonomia. La piaga vera della Chiesa è la commistione con il "temporale", con il potere politico: questo potere si era introdotto nella Chiesa per proteggerla, ma in realtà la teneva legata a sé, senza lasciarla libera.

Cosa pensava Rosmini dello Stato Pontificio?
Rosmini era stato mandato a Roma come plenipotenziario dal re del Piemonte, Carlo Alberto, aveva addirittura scritto una costituzione per il Papa, aveva apprezzato le prime aperture di Pio IX verso le sorgenti democrazie. Nella prima parte del regno di Pio IX, i due si trovano in sintonia, successivamente Pio IX sposerà un'altra posizione per rapportarsi all'Italia, e Rosmini sarà costretto a tacere. Tra i due vi era una profonda amicizia, Pio IX aveva sentimenti positivi nei confronti del roveretano, lo voleva addirittura cardinale Segretario di Stato. Le condizioni storiche frenarono, invece, questa amicizia. Pio IX sposerà la linea dell'intransigenza e per Rosmini e quelli come lui non ci fu più nulla da fare. Davano fastidio: meglio che tacessero.

Politicamente ricordiamo il Rosmini su posizioni liberali: promotore del costituzionalismo e addirittura difensore del principio di sussidiarietà….
Per Rosmini resta vero che l'autorità viene da Dio. Nei secoli passati si pensava che quest'autorità fosse consegnata da Dio al re. Nelle democrazie si ritiene che l'autorità provenga dal popolo, il quale la conferisce ai suoi rappresentanti (regnanti, deputati, ecc.). Per Rosmini l'autorità viene da Dio ed è trasfusa nella dignità della persona, la quale è soprattutto libertà. Per questo, secondo il roveretano, va promossa la formazione alla libertà della persona, e questa deve avere tutti gli spazi per svolgersi in maniera libera. Rosmini dice anche che Dio ha donato la libertà come un seme, e che l'uomo deve contribuire a proteggerlo e a svilupparlo. Una frase di Rosmini davvero paradigmatica suona così: "Il miglior bene che si può fare all'uomo non è dargli il bene, ma renderlo autore del proprio bene". Altro che assistenzialismo!

Notevole l'anticipo sui tempi anche riguardo al tema della libertà religiosa...
Rosmini scriveva le "Cinque Piaghe" anche per liberare la Chiesa stessa. Secondo lui la Chiesa non ha bisogno di privilegi, ha solo bisogno di essere libera. Come poteva essere libera una Chiesa in cui il clero, i vescovi e il Papa stesso venivano designati dai vari re e potenti, come era in Austria?

Rosmini viene citato anche nell'enciclica "Fides et Ratio" di Giovanni Paolo II come esempio di un rapporto fecondo tra fede e ragione. Come si esplicita questo rapporto e cosa può scaturirne anche oggi?
Per Rosmini la luce dell'intelligenza è già capace di ricevere la luce della Grazia. Quando la Grazia entra nell'animo umano, entra in un'intelligenza che viene illuminata maggiormente. Per Rosmini il passaggio dalla ragione alla fede, dall'intelligenza alla Grazia è semplicemente un passaggio verso una luce sempre maggiore. Il messaggio rosminiano invita chi ragiona a non allontanarsi dalla fede. Sinceramente ritengo che la sfide più grande del tempo presente sia proprio la contrapposizione della ragione con la fede, una ragione esclusivamente appiattita sull'immanenza. Trovo che sia essenziale riconciliare la ragione con la fede. Rosmini in questo ci dà una mano da maestro. Il Papa, nella sua enciclica, cita cinque nomi di diverse scuole filosofiche, come esempi illustri di questa tensione: Rosmini è l'unico italiano. Poi cita alcuni filosofi e teologi orientali. Tutti coloro che aiutano a riconciliare la ragione con la fede sono preziosi.

http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Tempo%20libero%20e%20Cultura/2007/11/rosmini-intervista-muratore.shtml
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