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Conosci Gesù se tocchi le sue piaghe
La risposta a Bartolo, sacerdote diocesano, è invece una spiegazione dell’anima di Sant’Ignazio e di dove risiedano le corde più profonde del carisma dei Gesuiti e di chi li affianca:

“La spiritualità ignaziana dà al vostro Movimento questa strada, offre questa strada: entrare nel cuore di Dio attraverso le ferite di Gesù Cristo. Cristo ferito negli affamati, negli ignoranti, negli scartati, negli anziani soli, negli ammalati, nei carcerati, nei pazzi … è lì. E quale potrebbe essere lo sbaglio più grande per uno di voi? Parlare di Dio, trovare Dio, incontrare Dio ma un Dio, un 'Dio-spray', un Dio diffuso, un Dio all’aria (…) Mai conoscerai, tu, Gesù Cristo se non tocchi le sue piaghe, le sue ferite”.

“Si sente: ‘Noi dobbiamo fondare un partito cattolico!’: quella non è la strada. La Chiesa è la comunità dei cristiani che adora il Padre, va sulla strada del Figlio e riceve il dono dello Spirito Santo. Non è un partito politico. 'No, non diciamo partito, ma … un partito solo dei cattolici': non serve e non avrà capacità convocatorie, perché farà quello per cui non è stato chiamato (…) Ma è un martirio quotidiano: cercare il bene comune senza lasciarti corrompere”.

Sono “più peccatore” di lui
Francesco risponde a braccio e ampiamente – le due pagine del discorso ufficiale messe via per non annoiare. Avverte che anche per il Papa esiste il “pericolo” di credere di poter rispondere a tutto – mentre l’unico che può, afferma, è il Signore – e la prima risposta è una spallata all’ipocrisia ammantata di buoni sentimenti che annida anche fra i cristiani. Si parla di carcere – “una delle periferie più brutte”, dice – e della solidarietà verso i detenuti. In modo spiazzante Francesco invita tutti a riconoscere che se non si è finiti in cella non è per bravura personale, ma solo perché “il Signore ci ha presi per mano”:

Sana inquietudine
La speranza è “la virtù degli umili”, afferma Francesco, perché molto piccoli bisogna farsi per non alzare un’ombra col proprio orgoglio verso Dio. E una speranza umile può essere meglio testimoniata a patto di imparare a servire gli altri, attitudine che ha bisogno di grande sensibilità. Come si aiutano i bambini affamati, si chiede il Papa? O quelli che se “li accarezzi ti danno uno schiaffo” perché a casa vedono il papà che picchia la mamma? La risposta è: rispettando sempre la dignità degli altri. E soprattutto non limitandosi a un gesto superficiale tanto per sentirsi in pace:

“Una cosa che fa la differenza tra la beneficienza abituale (…) e la promozione, è che la beneficienza abituale ti tranquillizza l’anima: ‘Io oggi ho dato da mangiare, adesso vado tranquillo a dormire'. La promozione ti inquieta l’anima: “Ma, devo fare di più: e domani quello e dopodomani quello, e cosa faccio…’. Quella sana inquietudine dello Spirito Santo”.


it.radiovaticana.va/…/1140877