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Perché la vera svolta (senza virgolette) non sta nelle quote di profughi(ventimila da distribuire in Europa nei prossimi due anni, così pochi rispetto alla realtà da lasciare perplessi anche i gesuiti del Centro Astalli); né nelle percentuali che ci toccheranno (attorno al dieci per cento tra migranti «reinsediati» e «redistribuiti»); non sta nei calcoli e neppure nella costanza che dovremo avere prima che l’agenda della Commissione guidata da Jean-Claude Juncker diventi realtà per i governi (Gran Bretagna ed Est europeo si sono sfilati) e nel 2016 modifichi le regole di Dublino che ci hanno fin qui penalizzato. No. La buona novella sta nel fatto che ci siano quote e percentuali: e che l’Europa enunci un principio cogente, con le parole del vicepresidente dell’esecutivo, Frans Timmermans: «Diciamo all’Italia: non sei sola, hai diritto all’aiuto degli altri Paesi europei».

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