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“Nemmeno ai medici è permesso entrare e non avviene la distribuzione del cibo. A breve sarà impossibile vivere qui e le persone lo sanno”, racconta Tommaso Gandini. I volontari hanno improvvisato una manifestazione lungo la strada, per chiedere di avere accesso al campo.

“Quando ho lasciato il campo l’ultima volta e ho percorso quella strada asfaltata, ho salutato per l’ultima volta le signore delle tende all’ingresso del campo e mi sono lasciata alle spalle i grandi alberi, sono scoppiata a piangere. Le persone erano spaventate, non sapevano dove le avrebbero portare”, racconta Colleen. “Al campo il più grande lavoro non è stato tanto distribuire i pasti, ma portare umanità e ascolto a queste persone stremate”.

“Me ne tornerò in Siria, un posto dove si muore velocemente. È meglio morire velocemente, piuttosto che morire lentamente qui. Ho sperato di diventare adulto in Europa, ma ora sono stanco”, dice via sms un ragazzo siriano, mentre le ruspe distruggono una tenda da campeggio che è stata casa sua per qualche mese.

A Idomeni una crisi umanitaria è affrontata con le ruspe