Il ricordo di questo santo si è conservato nel Piceno, dove tra cittadine a sud di Ancona, S. Elpidio a Mare, Porto S. Elpidio e S. Elpidio Morico, portano il suo nome. Il primo scrittore a darne qualche notizia è Pietro de Natalibus il quale, però non lo chiama abate. Egli lo identifica con un Elpidio originario della Cappadocia che sarebbe vissuto come eremita in una spelonca presso Gerico, venendo poi in Italia, dove sarebbe morto, per stabilirvi una comunità monastica o comunque per esercitarvi una forma di apostolato fra il popolo. Proprio nell’epoca in cui visse il santo, nel IV secolo, andava affermandosi una nuova forma di monachesimo, con san Pacomio, iniziatore del “cenobitismo”, cioè della vita comunitaria: a capo di ogni nucleo c’era l’abate che aveva il compito di fare osservare la regola comune. Altri ritengono Elpidio il diacono di san Basilio. Ma queste identificazioni non hanno una base storica sicura. E’ più probabile che il santo sia originario del Piceno e vi abbia trascorso l’intera sua esistenza, conformandosi a una regola ascetica del tutto personale, ma tale da guadagnargli la stima e la devozione della gente nella regione. Purtroppo, non possediamo un manoscritto della sua vita e, se esisteva, è andato perduto nel tempo. Nel 1955 un bollandista trovò, in un “leggendario” della Biblioteca Capitolare di Spoleto, una Vita del santo redatta nel secolo XI-XII, ma si tratta di un documento senza valore, che purtroppo non fornisce alcun particolare concreto. Resta comunque il fatto indiscutibile che la straordinaria popolarità di questo santo non è spiegabile basandosi su dati leggendari: ben tre paesi, infatti, ne portano il nome, il che significa che tutto ciò è avvenuto grazie ad una solida tradizione popolare e ad un culto tramandatosi fra gli abitanti del Piceno di generazione in generazione (il suo nome è frequente anche nelle persone) che sicuramente non avrebbe resistito ad una imposizione dall’esterno.
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