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L’ALBERO DEL RANCORE


 Se seghi un albero, getterà di nuovo,
 
se ferisci una persona con una spada,
la ferita guarirà dopo un po’,
 
e se qualcuno ti conficca una freccia nel cuore,
puoi estrarla,

ma la ferita provocata da una parola
non guarisce mai.

Non si può annullare
l’effetto di quella parola.

L’albero del rancore
che hai piantato
 
getterà
radici profonde nel terreno
 
e i suoi rami
arriveranno fino alla stella rossa.
Kader Abdolah,
 
Chi non sa che una frase cattiva,

emessa in pochi secondi
su impulso dell’ira,
 
può lasciare tracce
che non si cancellano più
 
e che striano di odio per anni
anche le relazioni tra fratelli?
 
L’«albero del rancore»,
 
lussureggiante
nei suoi frutti avvelenati,
 
nasce dal seme microscopico
di una parola maligna:
 
essa sembra morta appena detta,
il suo suono subito si dissolve,
 
ma la sua energia negativa
comincia allora a fiorire
 
dando origine a un male
che non si estingue.
 
Per questo
dovremmo essere sorvegliati

appena apriamo le labbra,
come il Salmista che fa questo proposito:

«Veglierò sulla mia condotta,
per non peccare con la mia lingua,
porrò un freno alla mia bocca» (39, 2