00 10/08/2011 18:18


Una ragazza arrivò un giorno in India per unirsi alle Missionarie della Carità. Noi abbiamo una regola secondo cui le nuove venute, il giorno dopo il loro arrivo, devono recarsi alla Casa dei Moribondi. Perciò dissi a quella ragazza: “Hai visto il prete durante la santa messa, hai visto con quale attenzione e amore ha toccato Gesù nell’ostia. Fa’ lo stesso, quando andrai alla Casa dei Moribondi, perché è lo stesso Gesù che troverai là nei corpi consunti dei nostri poveri”. Partirono. Dopo tre ore la nuova venuta tornò e mi disse con un largo sorriso, un sorriso quale mai avevo visto: “Madre, ho toccato il corpo di Cristo per tre ore”. Io le domandai: “Come? Che cosa hai fatto?” Ella rispose: “Quando siamo arrivate, hanno portato un uomo che era caduto in un canale di scarico e che era rimasto là per un po’ di tempo. Era coperto di ferite, di sporcizia e di insetti; io l’ho ripulito e sapevo che, così facendo, stavo toccando il corpo di Cristo”.


Alcune persone arrivarono a Calcutta e, prima di partire, mi pregarono: “Ci dica qualcosa che ci aiuti a vivere meglio”. E io dissi loro: “Sorridete gli uni agli altri; sorridete a vostra moglie, a vostro marito, ai vostri figli, sorridetevi a vicenda – poco importa chi sia quello a cui sorridete – e questo vi aiuterà a crescere nell’amore reciproco”. Allora uno di quelli mi domandò: “Lei è sposata?” e io gli risposi: “Sì, e qualche volta trovo difficile sorridere a Lui”. Ed è vero: anche Gesù può essere molto esigente, ed è proprio quando egli è così esigente che è molto bello rispondergli con un gran sorriso.


Mentre visito le nostre case in India, passo delle ore meravigliose con Gesù in treno.


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La sofferenza nei campi dei rifugiati è grande. Essi sembrano tutti un unico grande Calvario, dove Cristo è ancora una volta crocifisso. C’è bisogno di aiuti, ma se non ci sarà perdono, non ci sarà èace e questo è vero anche per Belfast e il Vietnam.


A Melbourne abbiamo una casa per alcolizzati privi di famiglia, e un giorno uno di loro fu gravemente ferito da un altro. Io pensai che fosse il caso di chiamare la polizia e la facemmo avvertire. Venne un poliziotto e domandò a quell’uomo: “Chi è stato a conciarvi così?”. Quello cominciò a raccontare ogni sorta di bugie, ma non volle dire la verità e fare il nome di chi lo aveva ferito, tanto che il poliziotto fu costretto ad andarsene senza poter far niente. Noi gli domandammo: “Perché non ha detto alla polizia chi è stato a farle del male?”. Egli mi guardò e disse: “La sua pena non avrebbe diminuito la mia”. Aveva taciuto il nome del suo compagno per non farlo soffrire. Quanto bello e quanto grande è l’amore della nostra gente! L’amore che irradia fra loro è un miracolo continuo.


Alcuni mesi fa nelle strade di Melbourne abbiamo raccolto un uomo che era stato percosso. Era un alcolizzato cronico, che si trovava da anni in quella situazione, e le Sorelle lo portarono nella loro “Casa della Compassione”. Il modo con cui esse lo trattavano e le premure che avevano per lui gli rivelarono improvvisamente una cosa: “Dio mi ama!”. Lasciò la casa, non toccò più l’alcool, fece ritorno alla sua famiglia, ai suoi figli, al suo lavoro. Poi, quando ricevette il primo salario, ritornò dalle Sorelle, lo consegnò loro e disse: “Voglio che siate per altri l’amore di Dio come lo siete state per me”.


In un quartiere di Melbourne ho visitato un vecchio, che sembrava dimenticato da tutti. Diedi uno sguardo alla sua stanza e la trovai in condizioni spaventose. Volevo pulirla, ma lui mi diceva: “Va bene così”. Non gli risposi e alla fine lui lasciò che io dessi una ripulita.
C’era là una bella lampada, coperta da una polvere di anni. Gli domandai: “Perché non l’accende?”. “E per chi dovrei accenderla?” rispose. “Da me non viene nessuno e io non ho bisogno di accenderla”. Gli domandai ancora: “L’accenderebbe se una Sorella venisse a trovarla?”. Rispose: “Sì; se sentirò una voce umana, l’accenderò”. Il giorno dopo mi mandò a dire: “Dica alla mia amica che la luce ch’ella ha acceso nella mia vita sta ancora splendendo”.



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Le Sorelle stanno facendo piccole cose a New York, aiutano i bambini, visitano le persone sole, gli infermi, gli abbandonati. Ora noi sappiamo che il fatto di essere abbandonati è il male più grande di tutti. E’ questa la povertà che qui troviamo attorno a noi. In una delle case visitate dalle Sorelle una donna, che viveva sola, era morta da parecchi giorni allorché finalmente la gente se ne accorse, perché il cadavere aveva cominciato a corrompersi. Non sapevano neppure come si chiamasse. Qualcuno mi ha detto che le Sorelle non hanno avviato alcuna attività grandiosa e che compiono silenziosamente piccole opere; ho risposto che, anche se aiutassero una sola persona, avrebbero già fatto abbastanza; Gesù sarebbe morto per una sola persona, per un unico peccatore.



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Il ministro della corte imperiale di Addis Abeba mi ha fatto alcune domande inquisitorie:
- Che cosa volete dal governo?
- Niente; sono soltanto venuta a offrire le mie Sorelle, affinché possano lavorare fra la gente povera e sofferente.
- Che cosa faranno le sue Sorelle?
- Noi serviamo gratuitamente e senza compenso i più poveri tra i poveri.
- Quale lavoro specifico sanno svolgere?
- Cerchiamo di portare un po’ di amore e un po’ di tenerezza e di compassione agli emarginati, a coloro che non sono amati.
- Predicate alla gente, cercando di convertirla?
- Le nostre opere di amore rivelano ai poveri sofferenti l’amore che Dio ha per loro.



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In Inghilterra avete uno stato assistenziale, però io sono andata girando di notte, sono entrata nelle vostre case e ho trovato della gente che moriva senza amore. Qui avete un altro tipo di povertà, una povertà di spirito, una povertà fatta di solitudine e di emarginazione. E oggi è questo il male peggiore del mondo, non la tubercolosi o la lebbra. Penso che in Inghilterra la gente abbia bisogno di conoscere di più chi sono i poveri. Qui la gente dovrebbe offrire il proprio cuore per amare i poveri e anche le proprie mani per servirli. Ma non lo potrà fare se non li conosce, mentre la conoscenza guiderà ad amare e l’amore a servire.


Qui in Inghilterra e in altri luoghi, a Calcutta, Melbourne, New York troviamo delle persone sole, che sono conosciute unicamente in base al numero del loro appartamento. Perché non entriamo là? Sappiamo veramente che là c’è qualcuno, forse nella stanza accanto alla nostra? Forse vi abita un cieco, che sarebbe felice di sentirsi leggere qualche pagina di giornale; forse vi abita un ricco, che non ha nessuno che vada a trovarlo; magari possiede un mucchio di altre cose, quasi vi affoga dentro, ma non possiede quel contatto umano e ha bisogno del vostro contatto. Qualche tempo fa un uomo molto ricco è venuto da noi e mi ha detto: “Per favore, venite a casa mia, lei o qualcun altro. Sono quasi mezzo cieco e mia moglie sta dando i numeri; i nostri figli sono tutti emigrati e moriamo di solitudine. Abbiamo un gran desiderio di sentire il suono di una voce umana”.


Non accontentiamoci di dare del denaro. Il denaro non basta, perché uno se lo può anche procurare; la gente ha bisogno del vostro cuore, ha bisogno di un po’ d’amore. Perciò irraggiate amore ovunque andate e anzitutto nella vostra propria casa. Amate i vostri figli, vostra moglie o vostro marito, il prossimo che abita accanto a voi.


Mi chiedete come vedrei il compito delle Missionarie della Carità se fossi una suora o un sacerdote nel Surrey o nel Sussex. Ebbene, il compito della Chiesa in questi luoghi è molto più difficile di quello che noi stiamo affrontando a Calcutta, nello Yemen o altrove, dove la gente ha bisogno di qualche benda per le proprie ferite, di una ciotola di riso e di un abbraccio affettuoso, di qualcuno che dica loro che sono amati e considerati. Nel Surrey e nel Sussex i problemi della vostra gente sono molto più profondi e giacciono nel fondo del loro cuore. Essi devono arrivare a conoscervi e ad aver fiducia in voi, a vedervi come persone che portano la compassione e l’amore di Cristo, prima che i loro problemi emergano e voi possiate aiutarli. Ciò prende molto tempo! Tempo per voi, per essere persone di preghiera, e tempo da donare a ogni individuo della vostra gente.




(continua)