00 07/01/2009 20:38

7. Il ritorno alla casa del Padre


In rapporto a Dio Padre la penitenza si presenta come un “ritorno a casa” (questo è propriamente il senso della parola “teshuvà”, che l’ebraico usa per dire “conversione”).
 

Attraverso la presa di coscienza delle tue colpe, ti accorgi di essere in esilio, lontano dalla patria dell’amore:

avverti disagio, dolore, perché capisci che la colpa è una rottura dell’alleanza col Signore, un rifiuto del Suo amore, è “amore non amato
”, e proprio così è anche sorgente di alienazione, perché il peccato ci sradica dalla nostra vera dimora, il cuore del Padre.


È allora che occorre ricordarci della casa dove siamo attesi:

senza questa memoria dell’amore non potremmo mai avere la fiducia e la speranza necessarie a prendere la decisione di tornare a Dio.


 Con l’umiltà di chi sa di non essere degno di venir chiamato “figlio”, possiamo deciderci di andare a bussare alla porta della casa del Padre:
quale sorpresa scoprire che lui è alla finestra a scrutare l’orizzonte, perché aspetta da tanto il nostro ritorno!
 


Alle nostre mani aperte, al cuore umile e pentito risponde la gratuita offerta del perdono, con cui il Padre ci riconcilia con sé, “convertendosi” in qualche modo a noi:

“Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò” (Lc 15,20).
 

Con straordinaria tenerezza Dio ci introduce in modo rinnovato nella condizione di figli, offerta dall’alleanza stabilita in Gesù.