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Almeno un poeta ci sia
per ogni monastero:
qualcuno che canti
le follie di Dio.

La città non conosce più canti
le strade stridono di rumore:
e anche là dove ancora
pare sopravviva il silenzio
è solo muta assenza.

Ma in qualche parte
tu devi esserci, Signore.



***






Oh, non credete per quanto segnato
io sia di mania divina,
non abbia amato le vostre scorribande estive
e le spensierate sere e i canti;

e non goda di pianure vaste
e del mare, e di selve
e di tramonti...

Mai la mia cella si muti in prigione,
so di andare per spazi inesplorati,
geloso quale un fanciullo
a custodire il segreto
che la festa non finisca male.



***






Non è dire e disdire se canto
la tenebrosa luce che sei:

Alterità che incombi
dentro la parte più fonda di noi.

Anche il poeta che più ami dice
che tuo mantello è la tenebra
tua casa una tenda di nubi profonde
sopra acque oscure:

e librato sulle ali del vento
ti vede apparire e sparire
tra folgori e tuoni:

oh, le bufere! - Ma pure le albe
silenziose e le notti serene
sono tue messaggere, quanto
le umili gocce di rugiada.



***






Mio male non è l'orrendo drago
che pure mi addenta e si avvinghia
su per il corpo come
il Serpente sull'albero della vita.

Mio male è sapermi impotente
a dire il tuo dramma, mio Dio,
di fronte allo stesso male:
il tuo patire della nostra pena
di saperci così infelici.

O di non cantare con degni canti
la festa che fai quando
un bimbo è felice
e un disperato torna a sperare...



***






Ma se la morte avrà i miei occhi
già ti veda, Dio, nella luce
più soave e giusta

veda il bene ovunque si celi
e vestigia di bellezze
pur dove l'orrore impera

veda la realtà incorporea delle cose...

Se la morte avrà i miei occhi
la visione dunque continuerà;

e se ognuno vedrà di te
quanto in vita ho bramato

allora avrò occhi di zaffiro...




***






Quando finirò di contraddirmi?
Potrà mai la mente
cessar d'esplorarti,
e tu di sorprendere?


***

Ma se devo pensarti quale non sei
meglio che ti dimentichi,

mio Signore!


***

Meglio che ti dimentichi
e canti la pena dei fratelli
le loro solitudini:

un gesto di pietà
per mille canti!

E tu non avrai da perdonarmi
di avere cantato.




***






Anche se in fondo ai mari
e nei più alti cieli
si mormora di te,
so che non hai altra casa:

sei il mio inevitabile Ospite
sconosciuto e muto.

E ci accomuna
la disperazione di amare.



Pure se santità significhi
dimore inaccessibili
qui è la tua casa

pure se brama di te ci consuma
al solo pensare che tu possa
apparire, moriamo.

Non passato né futuro tu hai
ma in te ogni esistenza riassumi
e gli spazi stellari e gli evi...

Quanto inganna il pensarti lontano:
spazio illusorio alla mia
e tua autonomia:

tu non puoi che celarti qui
nel presente, non puoi
che essere in urto

né puoi sfuggire alla sorte
della tua amata immagine.




***






Più sono minati i giorni
più natura erompe
e mi apre allo spazio
in misura di quanto
lei si avvicina;

né preoccupazione di te
mi neghi alla gioia
delle cose:

Tu Altro sei,
e il fiume è un fiume
e gli alberi sono alberi

e questi paesaggi
e il mare...



***


Anima mia, non pensare
male di Lui: gli è impossibile
fare altro.

E - vedrai! -
il Male non vincerà.



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