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Appello del Papa per le suore rapite in Siria. Una religiosa: al Paese serve ritrovare unità

Ultimo Aggiornamento: 04/12/2013 22:50
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Età: 69
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04/12/2013 22:48

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Desidero ora invitare tutti a pregare per le monache del Monastero greco-ortodosso di Santa Tecla a Ma’lula, in Siria, che due giorni fa sono state portate via con la forza da uomini armati. Preghiamo per queste sorelle e per tutte le persone sequestrate a causa del conflitto in corso. Continuiamo a pregare e a operare insieme per la pace”.

Dunque, preghiera e opere, per una pace già tante volte invocata dal Papa, assieme al dialogo, sempre più difficile in Siria. Proprio oggi, mentre l’Onu insiste perché il governo apra corridoi umanitari per due milioni e mezzo di siriani non raggiunti dalle Ong, il ministro dell’Informazione a Damasco sfida nuovamente l’opposizione, dicendo che sarà il presidente Assad a guidare qualsiasi governo di transizione che emergerà dalla Conferenza internazionale di gennaio a Ginevra. In questo clima, e soprattutto dopo l’allontanamento forzato delle suore, tutti i religiosi in Siria si stringono al Papa, come commenta ai nostri microfoni una suora di un monastero trappista del Paese:

R. – Noi, in un certo senso, siamo nella stessa situazione, solo che siamo in un Paese prevalentemente alawita, quindi corriamo meno rischi che non le sorelle che si sono trovate accerchiate dai sunniti. Le capiamo tantissimo, così come quelle comunità che sono state toccate dall’odio. Noi le abbiamo sempre nel cuore e preghiamo per loro.

D. – Il Papa chiede di pregare e anche di continuare a operare per la pace...

R. – In un certo senso, il nostro modo di vivere, i contatti che abbiamo con tutto il circondario, sono un modo di operare per la pace. Il fatto semplicemente di essere qui e pregare per loro ha un grandissimo significato. E poi, il fatto che ci vedano accoglienti: questo è il nostro modo di mantenere desta la speranza. Il grosso problema, infatti, è che se la speranza decade, la gente non si muove più. Per fortuna, qui le persone sentono la vita che viene dalla terra e vogliono vivere in questa terra.

D. – Arrivano aiuti dalla comunità internazionale?

R. – In genere, sono le chiese che cercano di sostenere e anche noi siamo un punto di sostegno, occupandoci anche noi degli sfollati e della gente, che è rimasta senza niente e così via, con gli aiuti che ci vengono direttamente dall’Italia. Gli aiuti internazionali, quindi, non si sa mai dove arrivino e da chi siano sfruttati.

D. – Tutti, in questo momento, parlano a livello politico di questo appuntamento di Ginevra di fine gennaio. L’auspicio è che la preghiera che ha chiesto oggi il Papa vada anche a quello che è il futuro politico della Siria...

R. – Non c’è da fare semplicemente una pace politica, occorre pensare a una ripresa del popolo, una ripresa dell’unità che c’era prima, a far sparire le paure, a far reincontrare la gente. Prima che succedesse tutto questo – sono quasi ormai tre anni – nemmeno si sapeva di che religione fosse l’amico che abitava vicino a te. Non era necessario saperlo, infatti: l’importante era essere siriani insieme. Adesso, hanno paura gli uni degli altri. E poi tutta la violenza che accade sotto gli occhi dei piccoli. Io mi chiedo quanta gente, di quella che siederà al tavolo delle trattative a "Ginevra 2", vorrà veramente il bene del popolo della Siria. E questo è il tragico della situazione: ciascuno si siederà avendo le sue idee in testa e i suoi interessi. Questa è una cosa molto grossa, difficile da ottenere.

D. – Per questo occorre pregare...

R. – Certo, infatti siamo qui per questo.


http://it.radiovaticana.va/news/2013/12/04/appello_del_papa_per_le_suore_rapite_in_siria._una_religiosa:_al/it1-752670
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