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ARTE IMMORTALE

Ultimo Aggiornamento: 06/02/2009 03:06
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ARTE IMMORTALE - APOLLO E DAFNE
Gian Lorenzo Bernini

Apollo e Dafne (1622-25)
Marmo di Carrara
cm. 243
Gian Lorenzo Bernini creò per il cardinale Scipione Borghese un capolavoro senza precedenti raffigurando la metamorfosi in alloro della casta ninfa Dafne, inseguita invano da Apollo, dio della luce.
         L'opera marmorea in scala naturale, iniziata dal Bernini a ventiquattro anni, eseguita tra il 1622 e il 1625 era collocata nella stessa stanza della Villa, ma in origine stava su una base più bassa e ristretta, appoggiata alla parete verso la scala. A chi entrava allora, Apollo in corsa si presentava di spalle, compariva quindi la ninfa in fuga in un crescendo della sua metamorfosi: la corteccia avvolge gran parte del corpo, ma la mano di Apollo, secondo i versi di Ovidio, sotto il legno sente ancora il battito del cuore. Quindi la scena si chiude, Dafne si è trasformata in alloro per sfuggire al divino aggressore.
         La presenza di tale favola pagana nella casa del cardinale fu giustificata con un distico morale composto in latino dal cardinale Maffeo Barberini (futuro Papa Urbano VIII) e inciso nel cartiglio della base, che dice: chi ama seguire le fuggenti forme dei divertimenti, alla fine si trova foglie e bacche amare nella mano.
         Quando nel 1785 Marcantonio IV Borghese desiderò collocare l'opera al centro della sala, Vincenzo Pacetti gli disegnò l'attuale base utilizzando i pezzi originali, integrando con gesso il plinto del gruppo e facendo aggiungere un altro cartiglio con l'aquila Borghese, scolpito da Lorenzo Cardelli.
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06/02/2009 01:55

ARTE IMMORTALE : Amor Sacro e Amor Profano
Tiziano Vecellio

Amor Sacro e Amor Profano (1514 ca.)
olio su tela
cm. 118x279
L'Amor Sacro e l'Amor Profano, capolavoro di Tiziano all'età di circa 25 anni, nacque in occasione delle nozze di Nicolò Aurelio, veneziano (stemma sul sarcofago) e Laura Bagarotto nel 1514. La candida sposa, vicina ad Amore, viene assistita da Venere in persona. Le due donne di simile perfezione simboleggiano l'una la "felicità breve in terra" con l'attributo del vaso di gioie e l'altra la "felicità eterna e celeste" con in mano la fiamma ardente dell'amore di Dio.
         Il titolo è frutto di un'interpretazione del tardo '700 secondo una lettura moralistica della figura svestita, mentre nell'intento dell'autore, al contrario, c'è l'esaltazione dell'amore nella sua forma terrestre e celeste. Infatti nella visione neoplatonica, condivisa da Tiziano e dalla cerchia dei suoi amici, la contemplazione della bellezza del creato era finalizzata a percepire la perfezione divina dell'ordine del cosmo.
         Con questa raffigurazione dell'Amore in aperta campagna Tiziano ha superato la poetica delicata e lirica di un Giovanni Bellini o di un Giorgione, attribuendo alle figure una grandiosità all'antica. La fama universale dell'opera del Tiziano è confermata ancora nel 1899, quando i banchieri Rotschild offrirono un prezzo maggiore per questo dipinto rispetto al valore stimato allora per tutta Villa Borghese comprese le opere d'arte (4.000.000 rispetto a 3.600.000 lire), ma l'Amor Sacro e l'Amor Profano di Tiziano è rimasto vincolato alla Galleria Borghese, quasi metafora della stessa.
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06/02/2009 01:56

ARTE IMMORTALE : Ritratto d'uomo

 Antonello da Messina

Ritratto d'uomo (1475 ca.)
olio su tavola
cm. 30x24
Antonello da Messina, secondo la tradizione, ritornando dalle Fiandre, avrebbe introdotto a Venezia la tecnica del "dipingere a olio". Egli fu incoraggiato dalla pittura nordica anche nella sua siciliana ricerca del carattere individuale delle persone e delle cose, come testimonia lo straordinario Ritratto d'uomo del 1475 circa.
         Alla sua obiettiva e tagliente analisi delle forme concorrono conquiste stereometriche di Piero della Francesca, impostazioni prospettiche dei busti del Mantegna e il colore veneziano. Lo stato di conservazione mostra che la lumeggiatura sulla veste rossa, già chiara, ormai è annerita per la base di piombo nel pigmento del color bianco.
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06/02/2009 02:01

ARTE IMMORTALE : DAVID

 



Gian Lorenzo Bernini

David (1623-24)
Marmo bianco
cm. 170
 
Era il cardinale Scipione che aveva commissionato la statua, scolpita tra il 1623 e 1624 da Gian Lorenzo Bernini all'epoca venticinquenne: David, armato soltanto di fionda, affronta un gigante in armi, Golia. Per l'espressione del viso di questo giovane, contratto per lo sforzo, Bernini si sarebbe ispirato al proprio volto, nei momenti della difficile lotta contro le durezze del marmo, armato dei suoi ferri. La corazza troppo grande, prestata a David dal re Saul prima del confronto, poggia per terra, come anche l'arpa con la quale suonerà dopo la vittoria, strumento musicale che culmina in una testa d'aquila con riferimento alla casa Borghese.
         Aperta è la questione relativa a quanti punti di vista principali siano stati voluti dallo scultore: il
lato destro mostra il movimento di David, la sua falcata quasi un salto nell'atto di tendere la fionda; visto di fronte c'è l'arresto, un attimo prima del lancio fatale, e nella vista d'obliquo sono presenti in equilibrio ritmico elementi di passo e di posa


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06/02/2009 02:03

ARTE IMMORTALE : PLUTO E PROSERPINA

Da: Soprannome MSNAnam_cara_2  (Messaggio originale)Inviato: 26/06/2006 11.56
 Gian Lorenzo Bernini

Pluto e Proserpina (1621-22)
Marmo bianco
cm. 255
Il grande gruppo marmoreo di Gian Lorenzo Bernini raffigura Plutone, potente dio e re degli Inferi che rapisce Proserpina, figlia di Cerere. La madre, intercedendo presso Giove, ottenne il permesso di far tornare per metà dell'anno la figlia sulla terra, per poi passare l'altra metà nel regno di Plutone: così ogni anno in primavera la terra si copre di fiori per accoglierla. Il gruppo fu eseguito tra il 1621 1 il 1622, e il cardinale Scipione lo regalò nello stesso anno 1622 al cardinale Ludovisi, nella cui villa rimase fino al 1908, quando, acquistato dallo Stato italiano, tornò nella collezione Borghese.
         In questo gruppo lo scultore sviluppa il tema della torsione elicoidale dei corpi, memore della tradizione manieristica, contrapponendo tuttavia l'impeto delle figure (la mano di Proserpina spingendo arriccia la pelle del viso di Plutone, che affonda le sue dita nelle carni della vittima). Il gruppo, visto da sinistra, rappresenta la presa al volo con passo potente e spedito; visto di fronte, il vincitore trionfa fermo con il trofeo in braccio; visto da destra si scorgono le lacrime di Proserpina e la sua preghiera al cielo, il vento sconvolge la chioma, e il cane a tre teste, guardiano infernale, abbaia. Momenti successivi della storia quindi sono sintetizzati in un'unica immagine.
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06/02/2009 02:06

ARTE IMMORTALE : LA VERITA' SVELATA DAL TEMPO

 Gian Lorenzo Bernini

La verità svelata dal Tempo (1645-52)
Marmo bianco
cm. 280
Bernini ha creato per se stesso un'opera come monumento alla sua arte della scultura, la Verità svelata dal Tempo. La raffigurazione del Tempo, che doveva essere posta nella parte alta non fu mai eseguita. L'opera nacque in un periodo di difficoltà presso la corte papale, per le accuse infondate mossegli dagli avversari contro il suo operato a San Pietro, che avrebbe causato problemi statici.
         Bernini iniziò quindi il lavoro preparatorio alla Verità intorno al 1645 in un periodo critico, dopo la morte di Urbano VIII. Nel 1625 la figura era qusi completa, ma ancora nel 1665 Bernini espresse l'intenzione di integrare il gruppo con la figura del Tempo. Nel testamento il Bernini destinò la Verità, come monito in perpetuo, al primogenito della famiglia; l'opera rimase in casa Bernini fino al 1924, quando fu trasferita alla Galleria Borghese e collocata nella sala VIII con il plinto inclinato indietro (per l'inserimento di un cuneo di stucco nella base ottocentesca).
         Durante il recente restauro è stata restituita alla base la posizione orizzontale, e quindi un atteggiamento più eretto alla Verità, come in origine.
         La potente figura della Verità con riferimento a Michelangelo per il voluto contrasto tra parti levigatissime e parti incompiute e per l'affinità alla sciolta tensione nella fisicità delle figure femminili di Rubens può essere considerata la quintessenza della scultura barocca. Certamente è la scultura più personale di Gian Lorenzo Bernini.
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06/02/2009 02:08

ARTE IMMORTALE : Davide con la testa di Golia

 Michelangelo Merisi detto il Caravaggio

Davide con la testa di Golia (1609-10)
olio su tela
cm. 125x101
Nel Maggio del 1606 Caravaggio, accusato di omicidio, fugge da Roma ed erra in terre lontane (Napoli, Sicilia, Malta) per evitare la taglia che stava sulla sua testa. Il suo autoritratto nella testa mozza di Golia, afferrata da Davide giustiziere, nel 1610 fu inviato alla corte del papa, quasi come una petizione dipinta per ottenere la grazia. Infatti la grazia fu concessa, ma non raggiunse più in vita il pittore, morto sulla spiaggia di Porto Ercole. Nell'immagine di Davide, Caravaggio rende omaggio alle pennellate guizzanti dell'ultimo Tiziano e accompagna il volto del giovane con una specie di alone luminoso che riverbera nelle fosche tinte terree intorno alla figura
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06/02/2009 02:10

ARTE IMMORTALE : Deposizione

 Raffaello Sanzio

Deposizione (1507)
olio su tavola
cm. 184x176
Il trasporto di Cristo, più noto con il nome della Deposizione di Raffaello fu dipinto per Atalanta Baglioni in memoria del figlio Grifonetto, ucciso nelle lotte per la signoria di Perugia e collocato nella chiesa di San Francesco della stessa città nel 1507. Nella città rimase per 101 anni, finché nottetempo, con la complicità del clero, il dipinto fu prelevato e inviato a Paolo V che lo donò al nipote per la collezione, ed entrò così a far parte del patrimonio privato dei Borghese. In seguito al trattato di Tolentino il dipinto fu trasferito nel 1797 a Parigi. Dopo il ritorno a Roma nel 1816, soltanto la scena centrale fu restituita alla collezione Borghese, mentre le tre Virtù teologali, Fede, Speranza e Carità della predella rimasero ai Musei Vaticani (la cimasa di Tiberio Alfani, finì nella Galleria Nazionale dell'Umbria).
         La grande pala offre la scena a modo di un rilievo romano e s'ispira ai rilievi presenti su sarcofagi romani raffiguranti il trasporto di Meleagro. Interessante è notare che nel disegno preparatorio l'autore aveva previsto il Cristo giacente per terra come nel Perugino, ma nella realizzazione intervenne l'idea del "trasporto" alla maniera antica di un rilievo, studiato a Firenze probabilmente con l'esempio del sarcofago Montalvo (oggi Milano, coll. Torno). Ma anche un tributo a Michelangelo è percepibile nella composizione di Cristo (cfr.
Pietà, San Pietro) e nella figura che si gira di profilo per sorreggere la madonna ripetendo un movimento simile a quello raffigurato nel Tondo Doni (Uffizi, compiuto un anno prima della Deposizione).
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06/02/2009 02:12

ARTE IMMORTALE : La caccia di Diana

 Domenico Zampieri detto il Domenichino

La caccia di Diana (1616-17)
olio su tela
cm. 225x320
Il Domenichino nella Caccia di Diana (1616-17) fece rivivere temi e forme delle ninfe all'antica. Il soggetto derivato dall'Eneide di Virgilio (V, 485) descrive i guerrieri nella gara con l'arco, mentre trafiggono con la prima freccia l'albero, con la seconda il nastro e con la terza l'uccello cadente.
    La trasposizione della gara nel regno delle ninfe guidate da Diana, fu suggerita probabilmente da Mons. Giovanni Battista Agucchi, importante teorico e consigliere in materia di immagini all'epoca. Il tema del tiro a segno fu usato come metafore dell'acutezza degli argomenti che colpiscono il bersaglio, e risulta attuale all'epoca, come nella dedica alle "Dicerie Sacre" del poeta Giovan Battista Marino a Paolo V. Nel modo di captare la natura all'interno di chiari disegni che prevalgono sul colore, comunque il Domenichino rende omaggio allo sciolto colorito veneziano, adoperato a tratti nei panneggi fluttuanti con colori straordinari nei passaggi dal verde al giallo, dal bianco al bluastro o nella modulazione del color purpureo.
    Ma quello che apre un nuovo capitolo nella resa dell'atmosfera è la graduale e calcolata modulazione dei colori verso le montagne azzurre con un gioco di sempre più sottili velature che denotano un nuovo interesse per le teorie di Leonardo sulla prospettiva aerea (studiata e insegnata dal frate teatino Matteo Zaccolini, maestro di prospettiva del Domenichino nel secondo decennio del Seicento).
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06/02/2009 02:15

ARTE IMMORTALE : Venere ed Amore con un favo di miele


Da: Soprannome MSNAnam_cara_2  (Messaggio originale)Inviato: 26/06/2006 12.07
Lucas Cranach

Venere ed Amore con un favo di miele (1531 ca.)
olio su tavola
cm. 169x67
Cranach (protagonista del Rinascimento tedesco con formazione fiamminga) rappresenta nel 1531 circa una Venere, coperta da un sottilissimo velo che fissa l'osservatore e appare come sospesa nel ritmo raffinato delle sue linee, ben lungi dalla distribuzione del peso nelle statue antiche. ogni ruga nella corteccia dell'albero e ogni piuma delle ali è captata dal pennello acuto. Il Cranach scelse di accompagnare la figura nuda con un distico moraleggiante dell'umanista Chelidonio che ricorda che la voluptas di poca durata è accompagnata dal dolore, come capita al piccolo Amore quando gusta il favo di miele tra api pungenti.

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06/02/2009 02:17

ARTE IMMORTALE : La maga Circe

 Dosso Dossi

La maga Circe o Melissa (1531 ca.)
olio su tela
cm. 176x174
Quest'opera proviene da Ferrara, inviata probabilmente dal marchese Bentivoglio a Scipione Borghese, intorno al 1607. Controversa è la rappresentazione del soggetto, che alcuni vogliono raffiguri Melissa, altri la Maga Circe. Fu eseguita verso il 1530, nel clima dell'epopea ariostesca.
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06/02/2009 02:19

ARTE IMMORTALE : Paolina Borghese

 




Antonio Canova

Paolina Borghese (1805-1808)

Il ritratto marmoreo di Paolina che posa in levigatissime forme, viene considerato un apice dello stile neoclassico. Il pomo che Paolina Borghese regge con gesto artificioso evoca la "Venere Vincitrice" del giudizio di Paride che avrebbe potuto scegliere tra Giunone (potere), Minerva (arti e scienza) e Venere (amore). Antonio Canova creò tra il 1805 e il 1808 questo ritratto senza veli di una persona di rango, fatto eccezionale per l'epoca, realizzando così la metamorfosi della persona storica in divinità antica in un atteggiamento di classica quiete e nobile semplicità.
         Il supporto ligneo, drappeggiato come un catafalco, ospita all'interno un
meccanismo che fa ruotare la scultura come in altre opere del Canova. Si inverte così il ruolo tra opera e fruitore: è la scultura ad essere in movimento, mentre l'osservatore fermo viene impressionato dalle immagini sfuggenti di una scultura splendida da tutti i lati. Nottetempo, al lume di candele, gli osservatori ammiravano la scultura di Paolina nel suo tenero scintillìo, e il suo lustro non derivava soltanto dalla finezza del marmo, ma anche dalla patinatura con cere, ben conservate nel recente restauro.

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06/02/2009 02:21

ARTE IMMORTALE : Pieter Paul Rubens : La Pieta'

 Pieter Paul Rubens

La Pietà (1602)
olio su tela
cm. 180x137
La Pietà di Pietro Paolo Rubens, genio del barocco europeo, fu dipinta durante il suo primo soggiorno romano (1602). Rubens offre un dipinto straordinario sul tema dell'incarnazione della natura divina e umana nella figura di Cristo, sospeso tra la morte avvenuta e la potenziale vita futura: tutti i colori dello spettro della luce sono contenuti nell'epidermide, in quelle opalescenze, che sviluppano il colorito madreperlaceo, introdotto da Federico Barocci. (Si veda il contrasto della mano viva di Maddalena accanto a quella bluastra nel confronto con Raffaello). L'impatto di Rubens con la statuaria romana si riflette nell'ara antica con scene di sacrificio, ma soprattutto nel forte rilievo scultoreo delle figure. Il denso tessuto cromatico dell'insieme deve il suo orientamento al Tiziano maturo, mentre il vibrato aereo e la morbidezza dei ritmi echeggia le conquiste correggesche. Quanto alla luce che irrompe all'improvviso nell'area oscura Rubens gareggia in modo originale con gli esperimenti chiaroscurali del contemporaneo Caravaggio.
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06/02/2009 02:23

ARTE IMMORTALE : Giovanni Gerolamo Savoldo: Tobiolo e l'angelo

 Giovanni Gerolamo Savoldo

Tobiolo e l'Angelo (1542)
olio su tela
cm. 96x126
Nel Tobiolo e l'Angelo il pittore bresciano Giovanni Gerolamo Savoldo racconta l'evento biblico, quando un celeste compagno di viaggio indica al giovane Tobia di catturare il pesce, per guarire con il fiele la cecità del padre. Savoldo ha dato una sintesi della sua concreta ricerca degli effetti della natura nella figura umana, nel panneggio, ma anche nelle fronde "traforate" dall'aria, e nei fenomeni dei colori versola lontananza, seguendo i metodi insegnati da Leonardo. la luce argentea lo distingue dalle assonanze alla pittura veneziana, in particolare da Tiziano che orientò tuttavia le sue scelte, come anche Lorenzo Lotto. Con simili presupposti il Savoldo diventò punto di riferimento per il Caravaggio giovane, in particolare nei ritratti di giovani a mezzo busto dipinti con raffinate cromie e immersi in un chiaroscuro attivo.
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06/02/2009 02:25

ARTE IMMORTALE : Caravaggio: Madonna dei Palafrenieri

 Caravaggio

Madonna dei Palafrenieri (1605)
olio su tela
cm. 292x211
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06/02/2009 02:28

ARTE IMMORTALE : Lorenzo Lotto:Madonna con bambino, San Flaviano e Sant'Onofrio

 Lorenzo Lotto

Madonna con bambino, San Flaviano e Sant'Onofrio (1508)
olio su tavola
cm. 51x65
Nella Madonna con bambino del 1508 il giovane Lorenzo Lotto rende omaggio alla pittura di Dürer, che nel 1506 a Venezia aveva lasciato dipinti sacri di ardente intensità coloristica, accanto a vivaci asimmetrie della composizione; il selvaggio Sant'Onofrio del Lotto deriva dall'uomo dalla barba lunga nel dipinto del Dürer, Cristo fra i dottori (oggi Madrid, coll. Thyssen).
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06/02/2009 02:30

ARTE IMMORTALE : Jacopo Bassano: L'ultima cena

Jacopo Bassano

L'ultima cena (1542)
olio su tela
cm. 30x51
L'ultima cena di Jacopo Bassano , dipinta nel 1542, costituisce una delle più alte interpretazioni nella pittura italiana del '500. Al posto dell'assemblea elegante di Leonardo (da cui prende lo spunto), il dramma è riportato tra pescatori, caratteri a piedi scalzi, nel momento della domanda fatale su chi sarà il traditore, mentre la luce, attraversando il bicchiere di vino, tinge la tovaglia pulita di rosso. Soltanto nel recente restauro è stato scoperto lo straordinario colore originale, nascosto sotto spesse vernici dell'Ottocento, quando il verde smeraldo e i cangianti rosati o l'arancione non erano graditi per motivi di gusto.
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06/02/2009 02:33

ARTE IMMORTALE - GALLERIA BARBERINI: Caravaggio-Giuditta che taglia la testa a Oloferne

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Michelangelo Merisi detto il Caravaggio

Giuditta che taglia la testa a Oloferne (1597-1600)
olio su tela
cm. 145x195
Citato da Baglione (1642) come opera dipinta per la famiglia genovese dei Costa, la Giuditta è ricordata nel testamento di Ottavio Costa del 1632 (Spezzaferro, 1975), con la precisa raccomandazione di conservarne la proprietà.
         Il dipinto fu considerato perduto fino al 1950, quando Pico Cellini la scoprì presso la famiglia Coppi, cui era pervenuto per eredità dai Del Cinque Quintili (Mochi Onori 1986; Marini 1989).
         Esposta per la prima volta nella mostra caravaggesca del 1951, e unanimemente considerata uno dei massimi capolavori di Caravaggio, la Giuditta è databile agli ultimi anni del XVI secolo (le datazioni proposte oscillano tra 1597-1600), e, come altre tele eseguite nello stesso periodo - ad esempio la Maddalena Thyssen, dove tra l'altro compare la stessa modella della Giuditta - esemplifica perfettamente il momento di passaggio tra la chiara pittura giovanile e la nuova visione naturalistica, già compiutamente definita nelle tele della cappella Contarelli (1600).
         Nella Giuditta, che è la prima tela in cui Caravaggio dipinge un soggetto altamente drammatico (Gregori, 1985), è stato individuato il significato allegorico-morale della Virtù che vince il Male (Calvesi 1972).
         La ferocia della scena, che contrasta con l'elegante e distante bellezza di Giuditta, appena corrucciata, è condensata nell'urlo disumano e nello spasimo del corpo di Oloferne con cui Caravaggio è riuscito a rendere con eccezionale efficacia l'attimo più temuto e rimosso della vita di un uomo: il momento del trapasso tra la vita e la morte. Il gigantesco Oloferne infatti non è più vivo, come indicano gli occhi rovesciati all'indietro, ma non è ancora morto dal momento che la sua bocca urla, il corpo si contrae e le mani si attanagliano al letto, da cui si è appena alzata Giuditta, dipinta in origine a seno nudo, senza il corpetto trasparente.
         La crudezza dei particolari e la precisione realistica con cui è descritta la terribile decapitazione, corretta fin nei minimi particolari dal punto di vista anatomico e fisiologico, ha fatto ipotizzare che il dipinto sia stato realizzato sotto l'impressione delle clamorose esecuzioni romane di fine secolo di Giordano Bruno e soprattutto Beatrice Cenci (1599).
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06/02/2009 03:00

ARTE IMMORTALE - GALLERIA BARBERINI: il Tintoretto- Cristo e l'Adultera

 Jacopo Robusti detto il Tintoretto

Cristo e l'Adultera (1546-48)
olio su tela
cm. 119x168
Identificata da Adolfo Venturi nella collezione del Principe Mario Chigi, l'opera fu donata allo Stato nel 1902. Risulterebbe nella collezione Chigi dal 1666, proveniente dalla collezione di Paolo Sera, dove il Boschini la ricorda nel 1660, notandone le "diverse architetture". Si tratta certamente del dipinto che Ridolfi già descrive nel 1642 nella sua biografia del Tintoretto: "è dipinta dall'adultera mentre che Nostro Signore accenna con mano le lettere che egli scrisse in terra, si vedono gli Scribi e Farisei partirsi l'un dopo l'altro, celandosi tra le colonne d'un porticato rappresentato con rarissima prospettiva; ed è un quadro ripieno di molta erudizione", notando il quadro nella casa di Vincenzo Zeno a Venezia.
         La grande erudizione pittorica che colpisce il Ridolfi è data sia dall'inquadratura prospettica; nella quale però le radiografie hanno rilevato pentimenti nell'impostazione dell'architettura, e soprattutto nel disegno del pavimento, che il Wedding (1971) nota essere derivato dal trattato di architettura del Serlio, sia dal moto cenrifugo della scena, la cui spazialità striata di luce sembra preludere ai dipinti della trilogia di San Marco.
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