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190° video - Eluana Englaro - "Non ho visto mai l`ombra di una sofferenza in questi pazienti"

Ultimo Aggiornamento: 11/01/2009 01:09
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11/01/2009 01:09

190° video - Eluana Englaro - "Non ho visto mai l`ombra di una sofferenza in questi pazienti"
 

Eluana Englaro - "Non ho visto mai l`ombra di una sofferenza in questi pazienti"
Prof. Gianfranco Cappello

Il Foglio 31 Dicembre 2008

di Gianfranco Cappello

Lettera amarissima di un professore
di medicina

LO CONFESSO, HO CURATO
LA NUTRIZIONE ASSISTITA
IN DECINE DI CASI ENGLARO

Sono un professore dell` Università
di Roma La Sapienza, tra i primi in
Italia e nel mondo a occuparmi
di nutrizione artificiale. Devo
confessare di aver dedicato
la mia vita a questo tipo
di trattamento e di aver trattato
almeno quattomila pazienti a lungo
termine. Nella quasi totalità dei casi
queste cure sono state fatte a domicilio
con la collaborazione della famiglia
del paziente. La metà di questi pazienti
era in condizioni di vita quasi vegetativa
e io li ho fatti sopravvivere per anni
a una morte che era quasi certa fin dall`inizio.
Per farvi capire, si trattava di migliaia di
casi Englaro che io ho messo in trattamento
con nutrizione artificiale e che poi ho
curato personalmente, senza capire quello
che stavo facendo. Perché mi rendo conto
oggi, viste le considerazioni espresse
da autorevoli scienziati ed esperti di etica
sul caso Englaro, che questa pratica è criminale:
ho allungato colpevolmente le sofferenze
di uomini e donne senza alcun motivo, visto
che la speranza di un recupero era quasi nulla.
Sono stato un aguzzino e li ho fatti soffrire
inutilmente. Come scusante, ho il fatto che
la "pessima" università dove ho studiato
e dove ora insegno mi aveva inculcato
il concetto che il compito del medico
è quello di difendere la vita, nei limiti
del possibile. Invece apprendo che questo
concetto, valido ai tempi di Ippocrate,
oggi deve essere rivisto. Anzi, prossimamente
il giuramento di Ippocrate conterrà una
"postilla Englaro" che lo adeguerà ai tempi nuovi.
Altra mia scusante è il fatto che le migliaia
di parenti di pazienti, miei complici in questo
misfatto e che mi hanno aiutato a mandare
avanti la nutrizione artificiale, mai mi hanno
fatto notare l`enormità di quello che stavamo
facendo. Anzi, mi pregavano di prolungare
le sofferenze dei loro, ed erano così sadici
da piangere - probabilmente di rabbia
- tutte le volte che ne moriva qualcuno.
Sempre a mia scusante, posso portare il fatto
che non ho visto mai l`ombra di una sofferenza
in questi pazienti, che mi sembravano incoscienti
al punto da non avvertire quasi lo stimolo
dell`introduzione di un ago per la flebo.
Ma illustri scienziati dicono che questi pazienti
soffrono moltissimo. Ho una sola perplessità:
non ho mai visto uno solo di questi illustri
scienziati al capezzale di uno dei miei pazienti.
Ma forse li hanno visti altrove, oppure sono
scienziati così illustri che non hanno neanche
la necessità di vedere e toccare le cose.
C`è un`altra stranezza: i parenti dei miei pazienti,
che li curano personalmente e a casa loro
da molti anni (29 pazienti sopravvivono
da più di dieci anni) giurano che non
li vedono soffrire. Invece il papà della Englaro,
che per molti anni ha scelto di far curare la sua
figliola in una clinica e da altri, la vede
soffrire atrocemente. Bisognerebbe meditare
su questo punto e forse gli illustri scienziati
potrebbero illuminarci. Comunque sia, dobbiamo
ringraziare il caso Englaro perché finalmente,
in una società veramente moderna, si parla d
i "vita degna di essere vissuta". Anche qui
sto imparando delle cose che non immaginavo
neppure. Ho visto almeno quindicimila pazienti
nella mia - adesso criminale - pratica della nutrizione
artificiale e molti di essi avevano una qualità
di vita molto scadente: ferite aperte, tumori dolorosi,
paralisi incredibili. Molti non potevano parlare
e molti di quelli che parlavano non sapevano
dire cose sensate. Ma quelli che parlavano
e potevano ragionare, pur vivendo in quelle
condizioni, non mi hanno mai fatto sapere
che intendevano rinunciare a vivere. Anzi,
mi stimolavano a farli vivere ancora, cosa
che io, colpevolmente, ho fatto sempre.
Capisco adesso che avrei dovuto negare
il mio aiuto e avrei dovuto spiegare loro
che non ha significato vivere certi tipi di vita.
Da oggi, illuminato dal caso Englaro, dirò
a tutti i parenti dei miei pazienti che il tempo
speso a farli sopravvivere è tempo perso
e che il loro sforzo di farli vivere, il rinunciare
da anni a ogni vacanza, lo spendere soldi
per medicine, il passare i giorni e le notti
a quel capezzale è il frutto di menti malate,
probabilmente sadiche. Farebbero bene
ad andare da uno psicologo, come ho deciso
anche io di fare da oggi. Mi sembra anzi
strano che, leggendo del caso Englaro, tutti
questi parenti non siano venuti, numerosi,
al Policlinico Umberto I° per protestare
e accusarmi del tragico errore in cui
li ho indotti.

http://www.piuvoce.net/newsite/artico...
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