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CHIESA e MASSONERIA

Ultimo Aggiornamento: 11/01/2009 03:32
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Sesso: Femminile
11/01/2009 03:24

d. Detto questo quanto alla formulazione, mi pare si possa obbiettare anche quanto alla prudenza rivelata dal mutamento del canone 2335 nel canone 1374, poiché — com’era per altro decisamente prevedibile — tale trasformazione è stata interpretata immediatamente ed erroneamente come abolizione della scomunica, o almeno ha dato adito a una simile affermazione, superficiale e maliziosa quanto si vuole, ma non per questo con minore impatto sull’opinione pubblica (42); né, a frenare l’effetto negativo del mutamento, è bastato che il nuovo canone 1374 venisse immediatamente interpretato in modo autentico nella dichiarazione della Congregazione per la Dottrina della Fede del 1983, che usa come fungibili il termine "massoneria" e l’espressione "associazioni massoniche", e secondo cui le "associazioni massoniche" sono certamente da rubricare fra quelle associazioni che complottano contro la Chiesa: infatti, facendo eco a una sentenza costante, in tale dichiarazione si conferma che "rimane pertanto immutato il giudizio negativo della Chiesa nei riguardi delle associazioni massoniche, poiché i loro principi sono stati sempre considerati inconciliabili con la dottrina della Chiesa e perciò l’iscrizione a esse rimane proibita".

Comunque, "non tutto il male vien per nuocere" — così suona la formulazione proverbiale dell’eterogenesi dei fini —, in quanto l’emergenza costituita dalla pubblicazione del Codice di Diritto Canonico del 1983 ha fatto ribadire la condanna e la diffida nonché, soprattutto, ricomparire i "principi". Infatti, finalmente, nel 1985 — nella preziosa motivazione ufficiosa di questo ennesimo verdetto — viene esplicitata la natura "sociologica" dell’itinerario concettuale.

Anzitutto vengono ricordate le motivazioni storiche della denuncia, della condanna e della conseguente diffida, e non si manca di evocare "il clima di segretezza [che] comporta, oltre tutto, per gli iscritti il rischio di divenire strumento di strategie ad essi ignote", ma ci si colloca "[...] al livello più profondo e d’altra parte essenziale del problema: sul piano cioè dell’inconciliabilità dei principi, il che significa sul piano della fede e delle sue esigenze morali".

Quindi viene esposto l’argomento secondo cui "a proposito dell’affermazione sull’inconciliabilità dei principi tuttavia si va ora da qualche parte obiettando che essenziale della massoneria sarebbe proprio il fatto di non imporre alcun ‘principio’, nel senso di una posizione filosofica o religiosa che sia vincolante per tutti i suoi aderenti, ma piuttosto di raccogliere insieme, al di là dei confini delle diverse religioni e visioni del mondo, uomini di buona volontà sulla base di valori umanistici comprensibili e accettabili da tutti"; perciò "la massoneria costituirebbe un elemento di coesione per tutti coloro che credono nell’Architetto dell’universo e si sentono impegnati nei confronti di quegli orientamenti morali fondamentali che sono definiti ad esempio nel Decalogo; essa non allontanerebbe nessuno dalla sua religione, ma al contrario costituirebbe un incentivo ad aderirvi maggiormente".

Dopo la notazione che "l’associarsi alla massoneria va tuttavia decisamente oltre questa legittima collaborazione e ha un significato ben più rilevante e determinante di questo", vengono i passaggi fondamentali del documento: "Innanzi tutto si deve ricordare che la comunità dei ‘liberi muratori’ e le sue obbligazioni morali si presentano come un sistema progressivo di simboli dal carattere estremamente impegnativo. La rigida disciplina dell’arcano rafforza ulteriormente il peso dell’interazione di segni e di idee"; quindi, "anche se si afferma che il relativismo non viene assunto come dogma, tuttavia si propone di fatto una concezione simbolica relativistica, e pertanto il valore relativizzante di una tale comunità morale-rituale, lungi dal poter essere eliminato, risulta al contrario determinante.

"In tale contesto, le diverse comunità religiose, cui appartengono i singoli membri delle logge, non possono essere considerate se non come semplici istituzionalizzazioni di una verità più ampia e inafferrabile. Il valore di queste istituzionalizzazioni appare, quindi, inevitabilmente relativo, rispetto a questa verità più ampia, la quale si manifesta invece piuttosto nella comunità della buona volontà, cioè nella fraternità massonica.

"Per un cristiano cattolico, tuttavia, non è possibile vivere la sua relazione con Dio in una duplice modalità, scindendola cioè in una forma umanitaria — sovraconfessionale e in una forma interna — cristiana. Egli non può coltivare relazioni di due specie con Dio, né esprimere il suo rapporto con il Creatore attraverso forme simboliche di due specie. Ciò sarebbe qualcosa di completamente diverso da quella collaborazione, che per lui è ovvia, con tutti coloro che sono impegnati nel compimento del bene, anche se a partire da principi diversi. D’altronde un cristiano cattolico non può nello stesso tempo partecipare alla piena comunione della fraternità cristiana e, d’altra parte, guardare al suo fratello cristiano, a partire dalla prospettiva massonica, come a un ‘profano’.

"Anche quando non vi fosse un’obbligazione esplicita di professare il relativismo come dottrina, tuttavia la forza relativizzante di una tale fraternità, per la sua stessa logica intrinseca ha in sé la capacità di trasformare la struttura dell’atto di fede in modo così radicale da non essere accettabile da parte di un cristiano, ‘al quale cara è la sua fede’ (Leone XIII).

"Questo stravolgimento nella struttura fondamentale dell’atto di fede si compie, inoltre, per lo più, in modo morbido e senza essere avvertito: la salda adesione alla verità di Dio, rivelata nella Chiesa, diviene semplice appartenenza a un’istituzione, considerata come una forma espressiva particolare accanto ad altre forme espressive, più o meno altrettanto possibili e valide, dell’orientarsi dell’uomo all’eterno.

"La tentazione di andare in questa direzione è oggi tanto più forte, in quanto essa corrisponde pienamente a certe convinzioni prevalenti nella mentalità contemporanea. L’opinione che la verità non possa essere conosciuta è caratteristica tipica della nostra epoca e, nello stesso tempo, elemento essenziale della sua crisi generale".

Grazie a queste puntuali "riflessioni", l’infelicità della formulazione dei dispositivi canonici — per la quale non è assolutamente necessario immaginare malizia oppure inadeguatezza ma, molto semplicemente, verificare l’oggettiva difficoltà nell’opera — viene restaurata dalla felice interpretazione, che non aggiunge quanto era assente, ma esplicita quanto era certamente patente nell’enciclica Humanum genus, quindi latente oppure non facilmente apprezzabile, o semplicemente non generalmente apprezzato, nei citati dispositivi canonici senza il ricorso attento e metodico alle fontes e un adeguato esercizio ermeneutico. Infatti, il termine "massoneria" indica il momento unitario, l’espressione "associazioni massoniche" fa stato della varietà sociologica e "la capacità di trasformare la struttura dell’atto di fede" richiama i termini dell’enciclica leoniana, secondo cui "[...] nessuno ritenga che per qualunque motivo gli sia lecito iscriversi alla setta massonica, se la sua professione di cattolicità e la sua salvezza gli stanno a cuore nella misura in cui devono" (43).

Evidentemente, il canone 1374, la sua esegesi ufficiale e quella ufficiosa costituiscono la reiterazione di un "giudizio di fatto" che si accompagna a un "giudizio di principio", sì che il "giudizio di fatto" mantiene la sua vigenza fino a prova contraria, l’onere di tale prova spettando ai massoni; un eventuale mutamento circa il "giudizio di fatto" in qualche caso concreto, non coinvolge minimamente né il naturalismo, né il razionalismo, né il laicismo, né l’indifferentismo, né il relativismo; e comunque — merita di essere ricordato, affinché il problema venga sempre affrontato con la dovuta circospezione — si tratta di un "giudizio di fatto" legato a un "giudizio di principio" in circa seicento documenti univocamente orientati nell’arco di ormai oltre duecentocinquant’anni.

Se poi qualcuno avesse nostalgia — la qualificazione sentimentale non vuole essere assolutamente polemica — della parte del canone 2335 relativa alle "legittime autorità civili", cioè al mondo socio-politico, ma ha inteso e intende il riferimento essenziale al relativismo, può trovare soddisfazione leggendo quanto scrive Papa Giovanni Paolo II al paragrafo 46 dell’enciclica Centesimus annus, del 1991: "Oggi si tende ad affermare che l’agnosticismo ed il relativismo scettico sono la filosofia e l’atteggiamento fondamentale rispondenti alle forme politiche democratiche, e che quanti sono convinti di conoscere la verità ed aderiscono con fermezza ad essa non sono affidabili dal punto di vista democratico, perché non accettano che la verità sia determinata dalla maggioranza o sia variabile a seconda dei diversi equilibri politici. A questo proposito, bisogna osservare che, se non esiste nessuna verità ultima la quale guida e orienta l’azione politica, allora le idee e le convinzioni possono esser facilmente strumentalizzate per fini di potere. Una democrazia senza valori si converte facilmente in un totalitarismo aperto oppure subdolo, come dimostra la storia" (44).

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