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Lettera dell'Apostolo Giacomo

Ultimo Aggiornamento: 11/01/2009 19:37
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11/01/2009 18:33

San Giacomo il Minore Apostolo

Palestina, I secolo d.C.
 


Giacomo, detto il Minore per distinguerlo dal fratello Giovanni, divenne vescovo di Gerusalemme dopo la morte di Giacomo il Maggiore e la partenza di Pietro. Occupò una posizione di rilievo negli Atti degli Apostoli ed è autore di una lettera “ cattolica “ alle “ dodici tribù della diaspora “, che è come un’eco del “Discorso della montagna”. Il suo ascetismo gli conquistò la stima anche di ebrei ortodossi, molti dei quali si convertirono. Sembra sia stato lapidato nel 62 d.C..
 

Etimologia: Giacomo = che segue Dio, dall'ebraico


Giacomo figlio di Alfeo. E’ detto il Minore per distinguerlo da Giacomo figlio di Zebedeo (e fratello di Andrea) detto il Maggiore e da secoli venerato come Santiago a Compostela. Da Luca sappiamo che Gesù sceglie tra i suoi seguaci dodici uomini "ai quali diede il nome di apostoli" (6,14), e tra essi c’è appunto Giacomo di Alfeo, il Minore.
 

Nella Prima lettera ai Corinzi, Paolo dice che Gesù, dopo la risurrezione "apparve a Giacomo e quindi a tutti gli apostoli".


Lo chiamano “Giusto” per l’integrità severa della sua vita. Incontra Paolo, già duro persecutore dei cristiani e ora convertito: e lo accoglie con amicizia insieme a Pietro e Giovanni.
 

Poi, al “concilio di Gerusalemme”, invita a "non importunare" i convertiti dal paganesimo con l’imposizione di tante regole tradizionali. Si mette, insomma, sulla linea di Paolo.
 

Dopo il martirio di Giacomo il Maggiore nell’anno 42 e la partenza di Pietro, Giacomo diviene capo della comunità cristiana di Gerusalemme.
 

Ed è l’autore della prima delle “lettere cattoliche” del Nuovo Testamento.
 

In essa, si rivolge "alle dodici tribù disperse nel mondo", ossia ai cristiani di origine ebraica viventi fuori della Palestina. E’ come un primo esempio di enciclica: sulla preghiera, sulla speranza, sulla carità e inoltre (con espressioni molto energiche) sul dovere della giustizia.
 

Secondo lo storico Eusebio di Cesarea, Giacomo viene ucciso nell’anno 63 durante una sollevazione popolare istigata dal sommo sacerdote Hanan, che per quel delitto sarà poi destituito.

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11/01/2009 18:35


 


Introduzione


La lettera di Giacomo fa parte del gruppo di sette lettere del Nuovo Testamento dette “Lettere Cattoliche”: oltre a quella di Giacomo, ne fanno parte la prima e la seconda lettera di Pietro; la prima, seconda e terza lettera di Giovanni e la lettera di Giuda Taddeo.

Sono dette “cattoliche” in quanto esprimono la loro destinazione universale

(cattolico significa appunto universale).
 

La lettera di Giacomo si può datare dopo il 60 d.C., scritta probabilmente da un giudeo convertito al Cristianesimo.

La tradizione ha riconosciuto come autore Giacomo, parente di Gesù, che ha avuto un ruolo di rilievo nella prima comunità di Gerusalemme, ucciso dai giudei verso l’anno 62 d.C.

La lettera si rivolge particolarmente ai cristiani convertiti dal giudaismo, dispersi nel mondo greco-romano, soprattutto in Siria e in Egitto.
 

Il contenuto della lettera ci dà un’idea di quella che era la catechesi nelle assemblee delle prime comunità, formate da cristiani provenienti dal giudaismo.

Troviamo riflessioni sulla sopportazione delle prove, sull’origine della tentazione o sul controllo della lingua, sull’importanza della concordia e della misericordia, sull’efficacia della preghiera.


La sollecitudine verso i poveri, prediletti da Dio, che si ricollega alle beatitudini del Vangelo, è il primo di due argomenti principali della lettera.

L’altro tema insiste sulla realizzazione di opere buone e mette in guardia da una fede sterile.


C’è un richiamo esplicito all’ascolto attento della Parola di Dio e a metterla in pratica; all’importanza della preghiera personale e comunitaria, per poter avere la forza di affrontare le difficoltà e prove della vita quotidiana.
 

Infine egli richiama la comunità ad avere una fede viva; e le opere sono la manifestazione concreta della propria fede.

L’unione dei cristiani si manifesta concretamente nell’attenzione agli altri, specialmente i più poveri, nel parlare con amore verso tutti, eliminando ogni maldicenza, aiutandosi vicendevolmente in spirito di fiducia e di carità.

 
[Modificato da Anam_cara 11/01/2009 18:55]
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11/01/2009 19:06

1


[1] Giacomo, servo di Dio e del Signore Gesù Cristo, alle dodici tribù disperse nel mondo, salute.

[2] Considerate perfetta letizia, miei fratelli, quando subite ogni sorta di prove,

[3] sapendo che la prova della vostra fede produce la pazienza.

[4] E la pazienza completi l'opera sua in voi, perché siate perfetti e integri, senza mancare di nulla.

[5] Se qualcuno di voi manca di sapienza, la domandi a Dio, che dona a tutti generosamente e senza rinfacciare, e gli sarà data.

[6] La domandi però con fede, senza esitare, perché chi esita somiglia all'onda del mare mossa e agitata dal vento;

[7] e non pensi di ricevere qualcosa dal Signore

[8] un uomo che ha l'animo oscillante e instabile in tutte le sue azioni.

[9] Il fratello di umili condizioni si rallegri della sua elevazione

[10] e il ricco della sua umiliazione, perché passerà come fiore d'erba.

[11] Si leva il sole col suo ardore e fa seccare l'erba e il suo fiore cade, e la bellezza del suo aspetto svanisce. Così anche il ricco appassirà nelle sue imprese.

[12] Beato l'uomo che sopporta la tentazione, perché una volta superata la prova riceverà la corona della vita che il Signore ha promesso a quelli che lo amano.
[13] Nessuno, quando è tentato, dica: "Sono tentato da Dio"; perché Dio non può essere tentato dal male e non tenta nessuno al male.

[14] Ciascuno piuttosto è tentato dalla propria concupiscenza che lo attrae e lo seduce;

[15] poi la concupiscenza concepisce e genera il peccato, e il peccato, quand'è consumato, produce la morte.

[16] Non andate fuori strada, fratelli miei carissimi;
[17] ogni buon regalo e ogni dono perfetto viene dall'alto e discende dal Padre della luce, nel quale non c'è variazione né ombra di cambiamento.

[18] Di sua volontà egli ci ha generati con una parola di verità, perché noi fossimo come una primizia delle sue creature.

[19] Lo sapete, fratelli miei carissimi: sia ognuno pronto ad ascoltare, lento a parlare, lento all'ira.

[20] Perché l'ira dell'uomo non compie ciò che è giusto davanti a Dio.

[21] Perciò, deposta ogni impurità e ogni resto di malizia, accogliete con docilità la parola che è stata seminata in voi e che può salvare le vostre anime.

[22] Siate di quelli che mettono in pratica la parola e non soltanto ascoltatori, illudendo voi stessi.

[23] Perché se uno ascolta soltanto e non mette in pratica la parola, somiglia a un uomo che osserva il proprio volto in uno specchio:

[24] appena s'è osservato, se ne va, e subito dimentica com'era.

[25] Chi invece fissa lo sguardo sulla legge perfetta, la legge della libertà, e le resta fedele, non come un ascoltatore smemorato ma come uno che la mette in pratica, questi troverà la sua felicità nel praticarla.

[26] Se qualcuno pensa di essere religioso, ma non frena la lingua e inganna così il suo cuore, la sua religione è vana.

[27] Una religione pura e senza macchia davanti a Dio nostro Padre è questa: soccorrere gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni e conservarsi puri da questo mondo.
[Modificato da Anam_cara 11/01/2009 19:08]
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11/01/2009 19:11

2


[1] Fratelli miei, non mescolate a favoritismi personali la vostra fede nel Signore nostro Gesù Cristo, Signore della gloria.

[2] Supponiamo che entri in una vostra adunanza qualcuno con un anello d'oro al dito, vestito splendidamente, ed entri anche un povero con un vestito logoro.

[3] Se voi guardate a colui che è vestito splendidamente e gli dite: "Tu siediti qui comodamente", e al povero dite: "Tu mettiti in piedi lì", oppure: "Siediti qui ai piedi del mio sgabello",

[4] non fate in voi stessi preferenze e non siete giudici dai giudizi perversi?

[5] Ascoltate, fratelli miei carissimi: Dio non ha forse scelto i poveri nel mondo per farli ricchi con la fede ed eredi del regno che ha promesso a quelli che lo amano?

[6] Voi invece avete disprezzato il povero! Non sono forse i ricchi che vi tiranneggiano e vi trascinano davanti ai tribunali?

[7] Non sono essi che bestemmiano il bel nome che è stato invocato sopra di voi?

[8] Certo, se adempite il più importante dei comandamenti secondo la Scrittura: amerai il prossimo tuo come te stesso, fate bene;

[9] ma se fate distinzione di persone, commettete un peccato e siete accusati dalla legge come trasgressori.

[10] Poiché chiunque osservi tutta la legge, ma la trasgredisca anche in un punto solo, diventa colpevole di tutto;

[11] infatti colui che ha detto: Non commettere adulterio, ha detto anche: Non uccidere.
Ora se tu non commetti adulterio, ma uccidi, ti rendi trasgressore della legge.

[12] Parlate e agite come persone che devono essere giudicate secondo una legge di libertà, perché

[13] il giudizio sarà senza misericordia contro chi non avrà usato misericordia; la misericordia invece ha sempre la meglio nel giudizio.

[14] Che giova, fratelli miei, se uno dice di avere la fede ma non ha le opere? Forse che quella fede può salvarlo?

[15] Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano

[16] e uno di voi dice loro: "Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi", ma non date loro il necessario per il corpo, che giova?

[17] Così anche la fede: se non ha le opere, è morta in se stessa.

[18] Al contrario uno potrebbe dire: Tu hai la fede ed io ho le opere; mostrami la tua fede senza le opere, ed io con le mie opere ti mostrerò la mia fede.

[19] Tu credi che c'è un Dio solo? Fai bene; anche i demòni lo credono e tremano!

[20] Ma vuoi sapere, o insensato, come la fede senza le opere è senza calore?

[21] Abramo, nostro padre, non fu forse giustificato per le opere, quando offrì Isacco, suo figlio, sull'altare?

[22] Vedi che la fede cooperava con le opere di lui, e che per le opere quella fede divenne perfetta

[23] e si compì la Scrittura che dice: E Abramo ebbe fede in Dio e gli fu accreditato a giustizia, e fu chiamato amico di Dio.

[24] Vedete che l'uomo viene giustificato in base alle opere e non soltanto in base alla fede.

[25] Così anche Raab, la meretrice, non venne forse giustificata in base alle opere per aver dato ospitalità agli esploratori e averli rimandati per altra via?

[26] Infatti come il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le opere è morta.

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11/01/2009 19:13

3


[1] Fratelli miei, non vi fate maestri in molti, sapendo che noi riceveremo un giudizio più severo,

[2] poiché tutti quanti manchiamo in molte cose. Se uno non manca nel parlare, è un uomo perfetto, capace di tenere a freno anche tutto il corpo.

[3] Quando mettiamo il morso in bocca ai cavalli perché ci obbediscano, possiamo dirigere anche tutto il loro corpo.

[4] Ecco, anche le navi, benché siano così grandi e vengano spinte da venti gagliardi, sono guidate da un piccolissimo timone dovunque vuole chi le manovra.

[5] Così anche la lingua: è un piccolo membro e può vantarsi di grandi cose. Vedete un piccolo fuoco quale grande foresta può incendiare!

[6] Anche la lingua è un fuoco, è il mondo dell'iniquità, vive inserita nelle nostre membra e contamina tutto il corpo e incendia il corso della vita, traendo la sua fiamma dalla Geenna.

[7] Infatti ogni sorta di bestie e di uccelli, di rettili e di esseri marini sono domati e sono stati domati dalla razza umana,

[8] ma la lingua nessun uomo la può domare: è un male ribelle, è piena di veleno mortale.

[9] Con essa benediciamo il Signore e Padre e con essa malediciamo gli uomini fatti a somiglianza di Dio.

[10] È dalla stessa bocca che esce benedizione e maledizione. Non dev'essere così, fratelli miei!

[11] Forse la sorgente può far sgorgare dallo stesso getto acqua dolce e amara?

[12] Può forse, miei fratelli, un fico produrre olive o una vite produrre fichi? Neppure una sorgente salata può produrre acqua dolce.

[13] Chi è saggio e accorto tra voi? Mostri con la buona condotta le sue opere ispirate a saggia mitezza.

[14] Ma se avete nel vostro cuore gelosia amara e spirito di contesa, non vantatevi e non mentite contro la verità.

[15] Non è questa la sapienza che viene dall'alto: è terrena, carnale, diabolica;

[16] poiché dove c'è gelosia e spirito di contesa, c'è disordine e ogni sorta di cattive azioni.

[17] La sapienza che viene dall'alto invece è anzitutto pura; poi pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti, senza parzialità, senza ipocrisia.

[18] Un frutto di giustizia viene seminato nella pace per coloro che fanno opera di pace.
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11/01/2009 19:15

4


[1] Da che cosa derivano le guerre e le liti che sono in mezzo a voi? Non vengono forse dalle vostre passioni che combattono nelle vostre membra?

[2] Bramate e non riuscite a possedere e uccidete; invidiate e non riuscite ad ottenere, combattete e fate guerra! Non avete perché non chiedete;

[3] chiedete e non ottenete perché chiedete male, per spendere per i vostri piaceri.

[4] Gente infedele! Non sapete che amare il mondo è odiare Dio?
Chi dunque vuole essere amico del mondo si rende nemico di Dio.

[5] O forse pensate che la Scrittura dichiari invano: fino alla gelosia ci ama lo Spirito che egli ha fatto abitare in noi?

[6] Ci dà anzi una grazia più grande; per questo dice:
Dio resiste ai superbi;
agli umili invece dà la sua grazia.

[7] Sottomettetevi dunque a Dio; resistete al diavolo, ed egli fuggirà da voi.

[8] Avvicinatevi a Dio ed egli si avvicinerà a voi. Purificate le vostre mani, o peccatori, e santificate i vostri cuori, o irresoluti.

[9] Gemete sulla vostra miseria, fate lutto e piangete; il vostro riso si muti in lutto e la vostra allegria in tristezza.

[10] Umiliatevi davanti al Signore ed egli vi esalterà.

[11] Non sparlate gli uni degli altri, fratelli. Chi sparla del fratello o giudica il fratello, parla contro la legge e giudica la legge. E se tu giudichi la legge non sei più uno che osserva la legge, ma uno che la giudica.

[12] Ora, uno solo è legislatore e giudice, Colui che può salvare e rovinare; ma chi sei tu che ti fai giudice del tuo prossimo?

[13] E ora a voi, che dite: "Oggi o domani andremo nella tal città e vi passeremo un anno e faremo affari e guadagni",

[14] mentre non sapete cosa sarà domani!
Ma che è mai la vostra vita? Siete come vapore che appare per un istante e poi scompare.

[15] Dovreste dire invece: Se il Signore vorrà, vivremo e faremo questo o quello.

[16] Ora invece vi vantate nella vostra arroganza; ogni vanto di questo genere è iniquo.

[17] Chi dunque sa fare il bene e non lo compie, commette peccato.

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11/01/2009 19:18


5


[1] E ora a voi, ricchi: piangete e gridate per le sciagure che vi sovrastano!

[2] Le vostre ricchezze sono imputridite,

[3] le vostre vesti sono state divorate dalle tarme; il vostro oro e il vostro argento sono consumati dalla ruggine, la loro ruggine si leverà a testimonianza contro di voi e divorerà le vostre carni come un fuoco. Avete accumulato tesori per gli ultimi giorni!

[4] Ecco, il salario da voi defraudato ai lavoratori che hanno mietuto le vostre terre grida; e le proteste dei mietitori sono giunte alle orecchie del Signore degli eserciti.

[5] Avete gozzovigliato sulla terra e vi siete saziati di piaceri, vi siete ingrassati per il giorno della strage.

[6] Avete condannato e ucciso il giusto ed egli non può opporre resistenza.

[7] Siate dunque pazienti, fratelli, fino alla venuta del Signore. Guardate l'agricoltore: egli aspetta pazientemente il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le piogge d'autunno e le piogge di primavera.

[8] Siate pazienti anche voi, rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina.

[9] Non lamentatevi, fratelli, gli uni degli altri, per non essere giudicati; ecco, il giudice è alle porte.

[10] Prendete, o fratelli, a modello di sopportazione e di pazienza i profeti che parlano nel nome del Signore.

[11] Ecco, noi chiamiamo beati quelli che hanno sopportato con pazienza. Avete udito parlare della pazienza di Giobbe e conoscete la sorte finale che gli riserbò il Signore, perché il Signore è ricco di misericordia e di compassione.

[12] Soprattutto, fratelli miei, non giurate, né per il cielo, né per la terra, né per qualsiasi altra cosa; ma il vostro "sì" sia sì, e il vostro "no" no, per non incorrere nella condanna.

[13] Chi tra voi è nel dolore, preghi; chi è nella gioia salmeggi.

[14] Chi è malato, chiami a sé i presbiteri della Chiesa e preghino su di lui, dopo averlo unto con olio, nel nome del Signore.

[15] E la preghiera fatta con fede salverà il malato: il Signore lo rialzerà e se ha commesso peccati, gli saranno perdonati.

[16] Confessate perciò i vostri peccati gli uni agli altri e pregate gli uni per gli altri per essere guariti. Molto vale la preghiera del giusto fatta con insistenza.

[17] Elia era un uomo della nostra stessa natura: pregò intensamente che non piovesse e non piovve sulla terra per tre anni e sei mesi.

[18] Poi pregò di nuovo e il cielo diede la pioggia e la terra produsse il suo frutto.

[19] Fratelli miei, se uno di voi si allontana dalla verità e un altro ve lo riconduce,

[20] costui sappia che chi riconduce un peccatore dalla sua via di errore, salverà la sua anima dalla morte e coprirà una moltitudine di peccati.
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11/01/2009 19:37

BENEDETTO XVI° : GIACOMO IL MINORE


UDIENZA GENERALE
 

Piazza San Pietro
Mercoledì, 28 giugno 2006

 



Giacomo, il Minore



Cari fratelli e sorelle,
 

accanto alla figura di Giacomo “il Maggiore”, figlio di Zebedeo, del quale abbiamo parlato mercoledì scorso, nei Vangeli compare un altro Giacomo, che viene detto “il Minore”.
Anch’egli fa parte delle liste dei dodici Apostoli scelti personalmente da Gesù, e viene sempre specificato come “figlio di Alfeo” (cfr Mt 10,3; Mc 3,18; Lc 5; At 1,13). E’ stato spesso identificato con un altro Giacomo, detto “il Piccolo” (cfr Mc 15,40), figlio di una Maria (cfr ibid.) che potrebbe essere la “Maria di Cleofa” presente, secondo il Quarto Vangelo, ai piedi della Croce insieme alla Madre di Gesù (cfr Gv 19,25).

Anche lui era originario di Nazaret e probabile parente di Gesù (cfr Mt 13,55; Mc 6,3), del quale alla maniera semitica viene detto “fratello” (cfr Mc 6,3; Gal 1,19). Di quest'ultimo Giacomo, il libro degli Atti sottolinea il ruolo preminente svolto nella Chiesa di Gerusalemme.
Nel Concilio apostolico là celebrato dopo la morte di Giacomo il Maggiore, affermò insieme con gli altri che i pagani potevano essere accolti nella Chiesa senza doversi prima sottoporre alla circoncisione (cfr At 15,13).

San Paolo, che gli attribuisce una specifica apparizione del Risorto (cfr 1 Cor 15,7), nell’occasione della sua andata a Gerusalemme lo nomina addirittura prima di Cefa-Pietro, qualificandolo “colonna” di quella Chiesa al pari di lui (cfr Gal 2,9). In seguito, i giudeo-cristiani lo considerarono loro principale punto di riferimento. A lui viene pure attribuita la Lettera che porta il nome di Giacomo ed è compresa nel canone neotestamentario.

Egli non vi si presenta come “fratello del Signore”, ma come “servo di Dio e del Signore Gesù Cristo” (Gc 1,1).



Tra gli studiosi si dibatte la questione dell’identificazione di questi due personaggi dallo stesso nome, Giacomo figlio di Alfeo e Giacomo “fratello del Signore”. Le tradizioni evangeliche non ci hanno conservato alcun racconto né sull’uno né sull’altro in riferimento al periodo della vita terrena di Gesù.

Gli Atti degli Apostoli, invece, ci mostrano che un “Giacomo” ha svolto un ruolo molto importante, come abbiamo già accennato, dopo la risurrezione di Gesù, all’interno della Chiesa primitiva (cfr At 12,17; 15,13-21; 21,18).

L’atto più rilevante da lui compiuto fu l’intervento nella questione del difficile rapporto tra i cristiani di origine ebraica e quelli di origine pagana: in esso egli contribuì insieme a Pietro a superare, o meglio, a integrare l'originaria dimensione giudaica del cristianesimo con l'esigenza di non imporre ai pagani convertiti l’obbligo di sottostare a tutte le norme della legge di Mosè.

Il libro degli Atti ci ha conservato la soluzione di compromesso, proposta proprio da Giacomo e accettata da tutti gli Apostoli presenti, secondo cui ai pagani che avessero creduto in Gesù Cristo si doveva soltanto chiedere di astenersi dall’usanza idolatrica di mangiare la carne degli animali offerti in sacrificio agli dèi, e dall’“impudicizia”, termine che probabilmente alludeva alle unioni matrimoniali non consentite. In pratica, si trattava di aderire solo a poche proibizioni, ritenute piuttosto importanti, della legislazione mosaica.


In questo modo, si ottennero due risultati significativi e complementari, entrambi validi tuttora: da una parte, si riconobbe il rapporto inscindibile che collega il cristianesimo alla religione ebraica come a sua matrice perennemente viva e valida; dall’altra, si concesse ai cristiani di origine pagana di conservare la propria identità sociologica, che essi avrebbero perduto se fossero stati costretti a osservare i cosiddetti “precetti cerimoniali” mosaici: questi ormai non dovevano più considerarsi obbliganti per i pagani convertiti.

In sostanza, si dava inizio a una prassi di reciproca stima e rispetto, che, nonostante incresciose incomprensioni posteriori, mirava per natura sua a salvaguardare quanto era caratteristico di ciascuna delle due parti.


La più antica informazione sulla morte di questo Giacomo ci è offerta dallo storico ebreo Flavio Giuseppe. Nelle sue Antichità Giudaiche (20,201s), redatte a Roma verso la fine del I° secolo, egli ci racconta che la fine di Giacomo fu decisa con iniziativa illegittima dal Sommo Sacerdote Anano, figlio dell’Annas attestato nei Vangeli, il quale approfittò dell'intervallo tra la deposizione di un Procuratore romano (Festo) e l'arrivo del successore (Albino) per decretare la sua lapidazione nell’anno 62.
 

Al nome di questo Giacomo, oltre all’apocrifo Protovangelo di Giacomo, che esalta la santità e la verginità di Maria Madre di Gesù, è particolarmente legata la Lettera che reca il suo nome.

Nel canone del Nuovo Testamento essa occupa il primo posto tra le cosiddette ‘Lettere cattoliche’,  destinate cioè non a una sola Chiesa particolare – come Roma, Efeso, ecc. -, ma a molte Chiese.

Si tratta di uno scritto assai importante, che insiste molto sulla necessità di non ridurre la propria fede a una pura dichiarazione verbale o astratta, ma di esprimerla concretamente in opere di bene.

Tra l'altro, egli ci invita alla costanza nelle prove gioiosamente accettate e alla preghiera fiduciosa per ottenere da Dio il dono della sapienza, grazie alla quale giungiamo a comprendere che i veri valori della vita non stanno nelle ricchezze transitorie, ma piuttosto nel saper condividere le proprie sostanze con i poveri e i bisognosi (cfr Gc 1,27).


Così la lettera di san Giacomo ci mostra un cristianesimo molto concreto e pratico.

La fede deve realizzarsi nella vita, soprattutto nell’amore del prossimo e particolarmente nell’impegno per i poveri.

E’ su questo sfondo che dev’essere letta anche la frase famosa: “Come il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le opere è morta” (Gc 2,26).

A volte questa dichiarazione di Giacomo è stata contrapposta alle affermazioni di Paolo, secondo cui noi veniamo resi giusti da Dio non in virtù delle nostre opere, ma grazie alla nostra fede (cfr Gal 2,16; Rm 3,28).

Tuttavia, le due frasi, apparentemente contraddittorie con le loro prospettive diverse, in realtà, se bene interpretate, si completano.

San Paolo si oppone all’orgoglio dell’uomo che pensa di non aver bisogno dell’amore di Dio che ci previene, si oppone all’orgoglio dell’autogiustificazione senza la grazia semplicemente donata e non meritata.

San Giacomo parla invece delle opere come frutto normale della fede: “L’albero buono produce frutti buoni”, dice il Signore (Mt 7,17).

E san Giacomo lo ripete e lo dice a noi.

Da ultimo, la lettera di Giacomo ci esorta ad abbandonarci alle mani di Dio in tutto ciò che facciamo, pronunciando sempre le parole: “Se il Signore vorrà” (Gc 4,15). Così egli ci insegna a non presumere di pianificare la nostra vita in maniera autonoma e interessata, ma a fare spazio all’imperscrutabile volontà di Dio, che conosce il vero bene per noi. In questo modo san Giacomo resta un sempre attuale maestro di vita per ciascuno di noi.


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