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TUTTI I PAPI : IL PAPATO DALLA PRIMA GUERRA MONDIALE AL XXI SECOLO

Ultimo Aggiornamento: 21/01/2009 06:38
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21/01/2009 06:23

da Benedetto XV (1922) a Benedetto XVI (2005 - vivente)

    Pio X aveva previsto la guerra mondiale già da lungo tempo e quando il tremendo conflitto esplose ne fu profondamente scosso. In una lettera apostolica del 2 settembre 1914 a tutti i cattolici del mondo egli esortò i popoli alla preghiera, indicando nel Cristo il principe della pace. Al conte Macchio disse: «Darei volentieri la mia vita se con ciò potessi acquistare la pace per l’Europa». Il primo grande compito del suo successore era quello di presentarsi come «padre comune di tutti» e durante la guerra mantenne fede all’impegno di imparzialità e di neutralità del papato. Terminata la guerra, per la prima volta il papato dovette confrontarsi direttamente con i sistemi totalitari. Cercò di trattare anche con queste forme di governo secondo l’ardimentoso programma di Pio XI: «Se si trattasse di salvare un'anima, di evitare un male più grande per la salvezza delle anime, avremmo il coraggio di scendere a patti anche con il diavolo in persona». Con i Patti Lateranensi del 1929 venne finalmente risolta l’incresciosa «questione romana». Oggi gli storici della chiesa sono concordi nel sostenere che l’Italia, con l’occupazione dello Stato Pontificio prima e con Patti Lateranensi poi, ha liberato definitivamente la chiesa da un giogo, che essa non si sarebbe mai potuta togliere da sola. Come dopo il primo conflitto mondiale, anche dopo il secondo il papato è emerso ingigantito nel proprio prestigio, grazie al rigoroso rispetto della neutralità. Morto l’autoritario Pio XII, nella chiesa non fu più possibile disattendere le prorompenti istanze di democratizzazione. Già la scelta del nome di Giovanni XXIII lasciò presagire una nuova era all’insegna delle sorprese. Infatti il nuovo pontefice suscitò un ‘ondata di emozionanti sensazioni quando annunciò il concilio Vaticano II, che avrebbe finalmente dato l’avvio al tanto atteso «aggiornamento» della chiesa. Ma attraverso la finestra aperta da Giovanni XXIII e dal concilio, entrò una folata di gelida tempesta che investì il pontificato di Paolo VI. A lui toccò saldare il conto che Giovanni XXIII gli aveva rilasciato. Ebbe ragione il cardinale viennese Kéinig quando, in occasione dell’ottantesimo genetliaco di Paolo VI, disse: «Pio XII aveva il rispetto del mondo, Giovanni XXIII l’amore, Paolo VI abbisogna della nostra comprensione». Comunque Paolo VI ha guidato la chiesa attraverso un'epoca in crisi senza perdita alcuna. Il 16 ottobre 1978 pro venne da Roma la notizia sensazionale dell’elezione di un polacco al trono pontificio. Wojtyla non era soltanto il primo papa non italiano dal lontano 1522; era anche il primo slavo e il primo vescovo proveniente d’oltre cortina a diventare il successore di Pietro. Bastò questo per dare un nuovo colpo d’ala al prestigio del papato. Grazie alla personalità carismatica di Giovanni Paolo Il si può affermare che il papato oggi è diventato una specie di coscienza morale del mondo.


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21/01/2009 06:24

    Nacque a Genova da famiglia patrizia nel 1854. Giovanissimo si laureò in diritto; nel collegio Capranica a Roma attese agli studi delle discipline sacre. Fatto sacerdote, fu col nunzio pontificio in Spagna e poi attese ad importanti affari nella Curia romana. Fu nominato arcivescovo di Bologna nel 1907 e cardinale in quello stesso anno. Venne eletto papa il 3 settembre 1914 e assunse il nome di Benedetto XV. Cominciò immediatamente a svolgere un programma molto ampio. Cercò di mitigare i rigori della grande guerra e di esercitare quell'influenza che da lui si desiderava per il raggiungimento della pace. Provvide inoltre a dar sollievo alle miserie delle nazioni più crudelmente colpite. Nel campo della disciplina interna della Chiesa, fece molte cose che furono giudicate sagge ed opportune. Beatificò Giovanna d'Arco, promosse la propagazione della fede cristiana presso i selvaggi, promulgò il Codice di diritto cattolico preparato durante il pontificato di Pio X. Creò inoltre una congregazione per gli affari della Chiesa orientale, e riallacciò relazioni diplomatiche con varie nazioni. Morì il 22 gennaio 1922.

    Sepolto a Roma, San Pietro

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21/01/2009 06:25

    Nato a Desio in Brianza nel 1857 morì a Roma nel 1939. Con ingegno vivace ed intuitivo, compì a Roma gli studi filosofici, teologici e di diritto. Nel 1879 fu consacrato prete. Nel 1888 fu nominato dottore della Biblioteca Ambrosiana di Milano, e prefetto della medesima nel 1907. Nel 1914, Pio X lo volle a Roma, prefetto della Biblioteca Vaticana. Fu poi (1918) visitatore apostolico in Polonia e, dopo essere stato arcivescovo di Lepanto, fu nominato cardinale e arcivescovo di Milano (1921). Venne eletto a succedere a Benedetto XV il 6 febbraio 1922.

    Era un papa dotto e d'idee moderne. Uno dei primi suoi atti fu (caso nuovo da Pio IX in poi) la benedizione che impartì, dalla loggia esterna di S. Pietro, al mondo, all'Italia e a Roma.


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21/01/2009 06:27

    Seguì la carriera diplomatica: nel 1911 era sottosegretario e nel 1914 segretario agli Affari Straordinari di Stato. Fu poi nunzio in Baviera e a Berlino e dal 1920 al 1938 segretario di Stato. Eletto papa il 2 marzo 1939, subito si preoccupò di parare la minaccia di guerra gravante sull'Europa a opera soprattutto del nazismo tedesco. Mantenne buoni rapporti con il governo italiano, ma questi non valsero a distogliere il regime fascista dai suoi folli propositi di guerra. Contro il regime hitleriano denunciò i crimini della cosiddetta “eutanasia” e della sterilizzazione, ma non si pronunciò in modo altrettanto chiaro contro la persecuzione agli ebrei e agli avversari politici del nazismo. Durante il conflitto organizzò in Vaticano un ufficio d'informazioni per i prigionieri e i dispersi e si adoperò per fare dichiarare Roma “città aperta”; accolse in Vaticano i rappresentanti dei partiti democratici, fra cui A. De Gasperi. Già durante il conflitto, ma specialmente dopo la sua conclusione, P. si dimostrò inflessibile contro il comunismo sia come ideologia sia come partito politico e per “salvare” l'Italia non esitò a scatenare una vera crociata anticomunista con scomuniche, che nel 1948 fruttarono un'insperata vittoria al partito dei cattolici italiani, senza tuttavia piegare il comunismo, anzi, provocandone una lenta ma sicura avanzata. Nell'ambito precipuamente religioso P. svolse una vasta attività nel campo della dogmatica: pur lasciando ai principi la loro essenziale immutabilità, volle rivedere molti punti per adeguarne la formulazione esterna ai progressi tecnici e scientifici con opportuni aggiornamenti in campo morale e disciplinario. Obbediscono a questa linea le sue encicliche: la Divino Afflante Spiritu (1943), sui principi che devono informare i vasti problemi della ricerca biblica specialmente di fronte alle nuove esigenze e ai progressi scientifici; la Mystici Corporis (1943), dove il pontefice svolge un'ampia esposizione della dottrina rivelata della Chiesa; la Mediator Dei, in cui trovano adeguata puntualizzazione molte questioni di teologia sacramentaria assieme a una trattazione sistematica della teologia liturgica; la Humani generis* e la Munificentissimus Deus (1950), che definisce ex cathedra il dogma dell'Assunzione di Maria Vergine in Cielo e delinea il progressivo affermarsi delle verità implicitamente contenute nella Rivelazione; la Sempiternus Rex (1951), pubblicata in occasione del XV centenario del Concilio di Calcedonia per respingere la dottrina protestante sulla kenosi e le nuove interpretazioni sul mistero dell'Incarnazione. Nel campo delle scienze P. diede impulso alla Pontificia Accademia delle Scienze, promosse la traduzio  ne dei Salmi dai testi originali e la impose ai sacerdoti per la lettura del Breviario; ordinò scavi sotto l'altare della confessione in S. Pietro per rintracciare il sepolcro del primo pontefice romano; sui problemi morali papa Pacelli ebbe a cuore la tutela del matrimonio come sacramento e della santità della vita familiare conculcandola specialmente nei suoi numerosissimi discorsi ai giovani sposi, con un decreto del Sant'Uffizio del 1944, con un noto discorso alle ostetriche nel 1951, ecc.; nell'ambito del diritto canonico fece pubblicare i libri De Matrimonio, De Iudicibus, De bonis, De religiosis, De verborum significatione del Codice per le Chiese Orientali. Grandissima corrispondenza da parte dei fedeli ebbe la celebrazione dell'Anno Santo 1950, culminata con la proclamazione del dogma di Maria Assunta in Cielo. Venendo incontro alle nuove esigenze del mondo moderno, P. permise la celebrazione della Messa anche nelle ore vespertine, ridusse il digiuno eucaristico a tre ore per i cibi solidi, a un'ora per le bevande e a zero ore per l'acqua e i medicinali. Sotto il suo pontificato fu elevato agli onori degli altari papa Pio X (1951), mentre San Francesco d'Assisi e Santa Caterina da Siena furono proclamati patroni d'Italia (1939).

    Sepolto a Roma, San Pietro

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21/01/2009 06:29

    Ordinato sacerdote (1903) e licenziato in teologia a Roma nel 1904, ritornò a Bergamo, dove fino al 1914 fu segretario del vescovo Giacomo Radini Tedeschi, insegnando contemporaneamente in seminario storia della Chiesa e apologetica non senza sospetti e denunzie da parte degli antimodernisti. Dopo la I guerra mondiale, cui partecipò come cappellano militare, ebbe incarichi a Roma. Fu poi delegato apostolico in Bulgaria, in Turchia e in Grecia, dove rimase fino al 1944. Finita la guerra, fu nunzio apostolico a Parigi presso il governo della IV Repubblica. Qui ebbe modo di osservare i fermenti della Chiesa di Francia, dove si attuavano ardite esperienze pastorali (tra cui quella dei preti operai). Creato cardinale nel 1953 e nominato patriarca di Venezia, nel conclave tenuto nell'ottobre-novembre del 1958 venne eletto papa. Già nel suo primo discorso delineò il programma del suo pontificato ponendo in primo piano la direttiva pastorale e distanziandosi così da Pio XII. Nel governo della Chiesa ridiede un titolare al posto di segretario di Stato, vacante dal 1944; provvide ad ampie nomine cardinalizie, andando oltre il numero di 70 stabilito da Sisto V, per assicurare adeguata rappresentanza anche alle nuove chiese d'Asia e d'Africa. In occasione delle celebrazioni ufficiali del centenario dell'Unità d'Italia (1961) parlò senza recriminazioni della fine del potere temporale, sottolineando la funzione religiosa e morale del papato. Di fronte alle tensioni politiche del mondo G. intensificò la sua azione di pace ammonendo tutti in fondamentali encicliche: Ad Petri cathedram del 29 giugno 1959, Pacem in terris dell'aprile 1963 (suo testamento), mentre di fronte alle tensioni sociali e ai problemi della nuova economia, in occasione del 70º anniversario della Rerum novarum ne richiamò, con gli adattamenti necessari, principi e spirito (Mater et Magistra, 15 maggio 1961). In codesto spirito riallacciò relazioni coi Paesi comunisti, ricevette personalità di regimi antireligiosi (tra cui il genero di Chruscëv), abolì le rappresentanze dei governi polacco e lituano in esilio presso la Santa Sede (1959). Con questi atti papa Roncalli si distanziò da una concezione della Chiesa quale fortilizio, staccato dal mondo, astenendosi dal pronunziare sul mondo contemporaneo i consueti giudizi di condanna, giacché vedeva in esso “segni dei tempi”, il maturare di una nuova realtà di rapporti umani non in necessaria opposizione alla Chiesa, ma con essa convergente verso le mete spirituali e sociali che le erano proprie. In questa prospettiva papa Roncalli preannunziò fin dal 1959, assieme alla riforma del codice di diritto canonico e al sinodo romano, un nuovo Concilio (Vaticano II) che convocò (bolla Humanae salutis, 25 dicembre 1961) dopo adeguati lavori preparatori e vaste consultazioni.                        

    Nell'allocuzione di apertura (11 ottobre 1962) ne fissò gli scopi, tra i quali quello di cercare un nuovo linguaggio con cui presentare a tutti gli uomini il messaggio cristiano; e questo con particolare apertura ecumenica alle Chiese cristiane.            

    Egli poté guidarne soltanto due sessioni, poiché morì nel giugno dell'anno successivo. Il suo successore Paolo VI ne raccolse l'eredità spirituale e il 5 novembre 1965 diede l'avvio al processo di beatificazione.

    Sepolto a Roma, San Pietro.


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21/01/2009 06:31

 

    L'anno giubilare (1975), caratterizzato non solo dalla facies esteriore ma dal massiccio concorso di 8 milioni di pellegrini, si è chiuso l'8 dicembre con la pubblicazione dell'esortazione apostolica Evangelii nuntiandi, il più lungo documento papale del  pontificato di Paolo VI. Dal 1975 al 1978 l'ormai ottantenne papa ha perseguito sia la sua politica "ecumenica" (è del dicembre 1977 l'udienza con la delegazione islamica dell'Iran) sia quella verso i Paesi dell'Est europeo (giugno 1977): incontro con l'ungherese J.Kádár. Sempre conseguente è la sua linea tradizionale con particolare riferimento al sacerdozio e alla vita religiosa, con una viva preoccupazione per le "vocazioni". Il pontefice ha sollevato nel mondo un'ondata di commossa simpatia per la sua pastorale presa di posizione in occasione del rapimento e della morte del leader democristiano Aldo Moro.


Fonte: GRANDE ENCICLOPEDIA,  IGDA, NOVARA, 1976

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21/01/2009 06:33

    Il 25 agosto 1978 iniziò il conclave per l’elezione del successore di papa Montini. I trenta cardinali della curia non furono in grado di impedire la scelta di un candidato non curiale. I porporati europei non disponevano che della metà degli elettori. In teoria per la prima volta si sarebbe potuto creare un papa contro i voti delle eminenze italiane. Ma c’erano molti fattori che facevano presagire ancora una volta l’elevazione al papato di un candidato italiano. Uno «straniero» in questa carica, messo quotidianamente a confronto con la scabrosa situazione socio-politica di Roma, sembrò fuori luogo non soltanto ai cattolici italiani. Possibili candidati erano: Sergio Pignedoli, 67 anni, presidente della segreteria per i non-cristiani (il diplomatico relativamente progressista, che secondo un quotidiano italiano avrebbe meritato l’oscar della simpatia, era stato un beniamino di Montini); Sebastiano Raggio, 65 anni, prefetto della congregazione dei vescovi; e Pericle Felici, 67 anni, presidente della commissione per la revisione del codice di diritto canonico e latinista numero uno del Vaticano, il quale era il favorito della destra all’interno dello schieramento cardinalizio. I cittadini romani, in maggioranza senz’altro cattolici tiepidi se non addirittura anticlericali, seguivano la «prova di forza» con il loro consueto umorismo. Taluni si ricordarono della regola per cui a un papa grasso con la R nel cognome, ne segue uno magro senza R. Effettivamente, a partire dalla metà del secolo scorso, questa strana regola si era affermata. Quindi toccava a un papa grasso con la R. In quei giorni apparve anche un libro intitolato L’ultimo conclave, che si poneva la domanda se non soltanto l’elezione papale e il pontefice, ma anche la chiesa non si trovassero di fronte alla loro fine o alla loro ultima grande occasione favorevole. La discussione in conclave fu arricchita anche da due appelli di teologi, i quali proposero un elenco delle qualità desiderate nel futuro pontefice. E un altro gruppo di teologi e laici, fra cui Hans Kùng, Norbert Greinacher, Edward Schille- beechx, Yves Congar e M.D. Chenu indirizzarono a tutta l’assemblea cardinalizia una specie di «istruzione per l’uso»: vi erano esposti i criteri principali da adottarsi nella scelta del nuovo pontefice. Il papa prospettato da questi teologi sembrava uscito da un alambicco, tanto era “distillato». Al confronto la lettera aperta di Karl Rahner e del suo discepolo Johann Baptist Metz creò una sensazione gradevole; si limi- tava a un unico criterio: il nuovo pontefice doveva essere un papa dei poveri e degli oppressi di questo mondo. Il 26 agosto fu eletto il patriarca di Venezia Albino Luciani. Ancora un italiano quindi! Ma qualcuno disse fra sé: meglio un italiano che ci sappia fare, che uno «straniero» impacciato. Luciani, in memoria dei suoi due predecessori, scelse il doppio nome di Giovanni Paolo I, cosa mai accaduta nella storia del papato. Papa Luciani inoltre fu eletto già il primo giorno; in questo secolo una votazione così rapida si era verificata soltanto per Pio XII, il quale però era entrato in conclave con tutti i crismi del papa bilis. E anche la regola di un papa corpulento quale successore di uno magro questa volta non trovò applicazione. Al tipo malinconico succedette quello gioviale, al pre- lato di curia il pastore delle anime, al diplomatico l’uomo del popolo, all’intellettuale il saggio forgiato dall’esperienza quotidiana. Le differenze erano talmente evidenti che un regista non le avrebbe potute scegliere meglio. Quando il neoeletto si affacciò per la prima volta alla Loggia di San Pietro, la folla trasse un sospiro di sollievo: finalmente un papa che sorride cordialmente! Tutto il suo aspetto emanava la gioia di poter servire il Signore. Subito ci si chiese: è di destra o di sini- stra? Suo padre era socialista e il piccolo Albino aveva conosciuto la fame in prima persona. Ma a Venezia aveva sciolto senza tanti complimenti un movimento studentesco favorevole al divorzio in Italia. Di certo non era un uomo di carriera. Nel suo aspetto esteriore Giovanni Paolo I non assomigliava né a Paolo VI né a Giovanni XXIII, ma piuttosto al gracile Benedetto XV (1914-1922). Aveva lo stesso naso aquilino, segno di una volontà ferrea; portava un paio di occhiali che gli conferivano un senso di civettuola bonarietà: una figura davvero simpatica. Sullo stile del nuovo papa il quotidiano della sera «Vita» scrisse: «Molto Giovanni e poco Paolo». Albino Luciani era nato a Canale d’Agordo, ai piedi delle Dolo- miti, il 17 ottobre 1912. Concluso brillantemente il primo ciclo di studi nei seminari di Feltre e Belluno, si laureò in teologia alla celebre Pontifica Università Gregoriana di Roma. La sua tesi di laurea verteva significativamente sul sacerdote e filosofo italiano Antonio Rosmini, di cui nel 1887 erano state condannate quaranta proposizioni. Fra il 1937 e il 1947 Luciani fu vicedirettore del seminario maggiore di Belluno. Nel 1947 il suo vescovo lo nominò procancelliere e nel 1948 vicario generale della diocesi. Il 27 dicembre 1958 Giovanni XXIII lo consacrò vescovo in San Pietro e gli affidò la diocesi di Vittorio Veneto, dove Luciani portò ben presto una ventata d’aria fresca. Nel 1969 Paolo VI lo chiamò alla sede patriarcale di Venezia e nel 1973 lo creò cardinale. Anche da patriarca egli si tenne in stretto contatto con la popolazione, specialmente con la gente umile. Preferiva indossare l’abito nero del semplice clero; salutava tutti e aveva tempo per quanti si rivolgevano a lui. Già nella notte successiva alla sua elezione Giovanni Paolo I si accinse a elaborare il programma del propro pontificato. Vi si parlava di un ulteriore sviluppo delle tematiche trattate nel concilio Vaticano Il; doveva continuare il dialogo che Paolo VI aveva posto alla base della sua attività pastorale; andava promosso l’ecumenismo. Papa Luciani appoggiò tutte le iniziative di pace. Con questo programma Giovanni Paolo I aveva certamente evidenziato alcuni punti interessanti; ma si deve anche ammettere che non si trattava di cose eccezionali. Forse alla fine del discorso programmatico egli stesso ripensò alle ultime pa- role della lettera a Gesù nel suo libro Illustrissimi: «Ho scritto, ma mai sono stato così malcontento di scrivere come questa volta. Mi pare di aver omesso il più che si poteva dire di Te, di aver detto male ciò che si doveva dire molto meglio. C’è un conforto, questo: l’importante non è che uno scriva di Cristo, ma che molti amino e imitino Cristo». Il 3 settembre Giovanni Paolo fu introdotto nel suo ministero, ma rinunciò all’incoronazione e all’intronizzazione. Il popolo comprese istintivamente che Giovanni Paolo I sarebbe stato un papa di suo gradimento, un pastore d’anime, un uomo della strada assiso sulla cattedra di Pietro. Certamente il pontefice avrebbe meritato un periodo di calma per potersi inserire nel suo nuovo incarico, che più o meno coglie tutti di sorpresa. Ma nella notte fra il 28 e il 29 settembre un infarto lo rapì silenziosamente alla vita lasciando il mondo sorpreso e incredulo. Sembrò addirittura paradossale che questo papa senza encicliche, senza concili e senza concistori avesse potuto conquistare l’universale simpatia in soli trentatré giorni di pontificato. Ebbe comunque il tempo di parlare di se stesso in prima persona, rinunciando al maiestatico «Noi», e di affermare che il regno di Dio non si identifica con le immaginazioni degli uomini. Parlò di Pinocchio, di Dio-Madre, di Maritain e del poeta dialettale romano Trilussa. Sulla morte del papa nacque ben presto una ridda di indiscrezioni. Dal 5 ottobre in poi a Roma circolò la voce che il papa non fosse stato trovato morto dal suo segretario, come precedentemente sostenuto, ma da una suora, che Luciani aveva portato con sé da Venezia; sul suo letto, anziché libri di meditazione, si sarebbero trovate delle importanti cartelle personali. Il papa, si diceva, sarebbe stato sottoposto a dure pressioni da parte della curia. Il cardinale Confalonieri dichiarò che i porporati, una volta eletto Giovanni Paolo I, lo avrebbero abbandonato a se stesso. Il papa si sentì assalire dalla solitudine istituzionale della sua missione. Giovanni Paolo I tentò di liberarsi dalla morsa di questa angosciosa solitudine facendo una telefonata di un’ora all’arcivescovo di Milano la sera prima di morire. È certamente insostenibile e assurda la tesi proposta in un libro, apparso nel 1984, dal britannico David A. Yallop: lo scrittore tenta di dimostrare che Giovanni Paolo I dopo trentatré giorni di pontificato sarebbe stato vittima di un complotto. Ma l’autore, in questo suo libro senz’altro sensazionale, non solo non è in grado di portare alcuna prova, ma addirittura propone degli indizi che spesso si basano su premesse errate. La mancata autopsia del cadavere, per esempio, fu senza dubbio un errore d’omissione, non certo però un indizio per un assassinio in Vaticano. Si può supporre invece che se questo papa fosse vissuto più a lungo, avrebbe certamente dato un volto nuovo alla chiesa. Infatti «ciò che aveva in mente era una chiesa cattolica dei poveri e per i poveri»

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21/01/2009 06:38

(Karol Wojtyla 1920-2005)

   

    Ordinato sacerdote nel 1946, consacrato vescovo titolare di Orubi nel 1958, docente di etica nell'Università Cattolica di Lublino e quindi nella facoltà teologica di Cracovia, venne nominato arcivescovo di Cracovia nel 1964 e creato cardinale nel 1967. Successore a Giovanni Paolo I, è stato eletto al pontificato il 16 ottobre 1978: è il primo papa non italiano dal 1523 (anno della morte dell'olandese Adriano VI).

    Città del Vaticano. Muore il 2 aprile 2005 alle ore 21,37.

    Ciao Karol!
 

Per informazioni approfondite, visita il sito della Città del Vaticano.


    Il Testamento di Giovanni Paolo II.

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