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BUONA DOMENICA A TUTTI NEL SIGNORE! - 11 ottobre 2009

Ultimo Aggiornamento: 11/10/2009 10:40
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11/10/2009 09:12

XXVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

 


Antifona d'ingresso

Se consideri le nostre colpe, Signore,
chi potrà resistere?
Ma presso di te è il perdono,
o Dio di Israele.
(Sal 130,3-4)


Colletta

O Dio, nostro Padre,
che scruti i sentimenti e i pensieri dell’uomo,
non c’è creatura che possa nascondersi davanti a te;
penetra nei nostri cuori
con la spada della tua parola,
perché alla luce della tua sapienza
possiamo valutare le cose terrene ed eterne,
e diventare liberi e poveri per il tuo regno.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...



Prima Lettura

Dal libro della Sapienza 7,7-11

Pregai e mi fu elargita la prudenza,
implorai e venne in me lo spirito di sapienza.
La preferii a scettri e a troni,
stimai un nulla la ricchezza al suo confronto,
non la paragonai neppure a una gemma inestimabile,
perché tutto l’oro al suo confronto è come un po’ di sabbia
e come fango sarà valutato di fronte a lei l’argento.
L’ho amata più della salute e della bellezza,
ho preferito avere lei piuttosto che la luce,
perché lo splendore che viene da lei non tramonta.
Insieme a lei mi sono venuti tutti i beni;
nelle sue mani è una ricchezza incalcolabile.

Parola di Dio


Salmo responsoriale


Salmo 89 (90)


Antifona

Sia su di noi la tua bontà, o Signore.


Signore, tu sei stato per noi un rifugio
di generazione in generazione.

Prima che nascessero i monti
e la terra e il mondo fossero generati,
da sempre e per sempre tu sei, Dio.

Tu fai ritornare l'uomo in polvere
e dici: "Ritornate, figli dell'uomo".

Ai tuoi occhi, mille anni sono
come il giorno di ieri che è passato,
come un turno di veglia nella notte.

Li annienti: li sommergi nel sonno;
sono come l'erba che germoglia al mattino:

al mattino fiorisce, germoglia,
alla sera è falciata e dissecca.

Perché siamo distrutti dalla tua ira,
siamo atterritti dal tuo furore.

Davanti a te poni le nostre colpe,
i nostri peccati occulti alla luce del tuo volto.

Tutti i nostri giorni svaniscono per la tua ira,
finiamo i nostri anni come un soffio.

Gli anni della nostra vita sono settanta,
ottanta per i più robusti,

ma quasi tutti sono fatica, dolore;
passano presto e noi ci dileguiamo.

Chi conosce l'impeto della tua ira,
tuo sdegno, con il timore a te dovuto?

Insegnaci a contare i nostri giorni
e giungeremo alla sapienza del cuore.

Volgiti, Signore; fino a quando?
Muoviti a pietà dei tuoi servi.

Saziaci al mattino con la tua grazia:
esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni.

Rendici la gioia per i giorni di afflizione,
per gli anni in cui abbiamo visto la sventura.

Si manifesti ai tuoi servi la tua opera
e la tua gloria ai loro figli.

Sia su di noi la bontà del Signore, nostro Dio:
rafforza per noi l'opera delle nostre mani,
l'opera delle nostre mani rafforza.


Seconda Lettura


Dalla lettera agli Ebrei 4,12-13


Infatti la parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell'anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore. Non v'è creatura che possa nascondersi davanti a lui, ma tutto è nudo e scoperto agli occhi suoi e a lui noi dobbiamo rendere conto.

Parola di Dio

 

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11/10/2009 10:40

Lettura del Vangelo

cristo è morto x noi




Canto al Vangelo


Alleluia, alleluia, alleluia.

Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
(Mt 5, 3)

Alleluia, alleluia, alleluia

.

Dal vangelo di Marco 10,17-30


Mentre usciva per mettersi in viaggio, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: "Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita eterna?". Gesù gli disse: "Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza, non frodare, onora il padre e la madre".

Egli allora gli disse: "Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza". Allora Gesù, fissatolo, lo amò e gli disse: "Una cosa sola ti manca: và, vendi quello che hai e dàllo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi". Ma egli, rattristatosi per quelle parole, se ne andò afflitto, poiché aveva molti beni.

Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: "Quanto difficilmente coloro che hanno ricchezze entreranno nel regno di Dio!". I discepoli rimasero stupefatti a queste sue parole; ma Gesù riprese: "Figlioli, com'è difficile entrare nel regno di Dio! E' più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio". Essi, ancora più sbigottiti, dicevano tra loro: "E chi mai si può salvare?". Ma Gesù, guardandoli, disse: "Impossibile presso gli uomini, ma non presso Dio! Perché tutto è possibile presso Dio".

Pietro allora gli disse: "Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito". Gesù gli rispose: "In verità vi dico: non c'è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi a causa mia e a causa del vangelo, che non riceva gia al presente cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e nel futuro la vita eterna.

Parola del Signore


Omelia domenicale
Mons.Vincenzo Paglia

Il Vangelo della ventottesima domenica ci mostra Gesù che esce per riprendere il cammino verso Gerusalemme.

È un invito rivolto anche a noi perché ci lasciamo coinvolgere da Gesù nell’itinerario di una crescita spirituale.

L’uomo di cui parla il Vangelo di Marco "corre" verso Gesù.

Ha fretta di incontrarlo.

Cerca con urgenza una risposta per la propria vita.

In questo è davvero esemplare rispetto alla nostra pigrizia nel seguire il Signore.

Marco fa capire che si tratta di un adulto (per Matteo è un giovane).

Comunque ad ogni età si può, anzi, si deve correre verso il Signore.

Quest’uomo, giunto davanti a Gesù, si getta ai piedi del Signore e gli pone una domanda davvero centrale nella vita:
"Maestro buono, cosa devo fare per avere la vita eterna?".

Lo chiama "buono" non per adulazione; lo pensa davvero.

Gesù tuttavia lo corregge subito:
"Perché mi chiami buono? Nessuno è buono se non Dio solo".

Per noi, così pronti ad avere un’alta considerazione di noi stessi, l’affermazione di Gesù è una lezione che non dovremmo mai dimenticare.

Solo Dio è buono, nessun altro.
Ovviamente, neppure noi.

Riconoscerlo non è tanto un problema di umiltà, quanto di verità.

Comprendere la propria debolezza e il proprio peccato (come ogni Liturgia Eucaristica ci esorta a fare con il canto iniziale del "Signore pietà!") vuol dire muovere il primo passo di quella corsa che ci porta verso il Signore.

Quell’uomo corre da Gesù e riceve la risposta sul senso della vita.

Si apre un dialogo.

Gesù gli chiede se conosce e se ha osservato i comandamenti.

La risposta è che li ha osservati sin dalla giovinezza.

È tutt’altro che un credente tiepido o poco praticante.

Quanti di noi potrebbero dare la stessa risposta alla domanda di Gesù?


L’evangelista nota: "Gesù, guardandolo, lo amò".

Potessimo sentire rivolte anche a noi queste parole!

Ma forse noi non abbiamo la stessa ansia di salvezza di quell’uomo.

Dobbiamo tuttavia stare certi che queste parole sono rivolte anche a noi: Gesù continua a guardarci e ad amarci, anche se siamo meno osservanti di quell’uomo.

Anche oggi Gesù si rivolge a noi e, con la stessa intensità d’amore, ci dice:
"Va’, vendi ciò che hai, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi, vieni e seguimi!".

Non è una frase neutra.

Il Vangelo chiede sempre un impegno, una decisione, una risposta.

Ce lo ricorda la Lettera agli Ebrei che abbiamo ascoltato:

"La Parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di una spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore".

O la si respinge e si resta come si è, oppure la si accoglie e si cambia vita.

Il brano evangelico ascoltato è tra quelli che hanno maggiormente cambiato la vita di coloro che lo hanno ascoltato.

Quando Antonio, giovane egiziano di buona famiglia, ascoltò queste parole, lasciò tutto, si ritirò nel deserto e divenne padre (abate) di molti monaci.

Così pure Francesco d’Assisi: le ascoltò e lasciò tutto.

E divenne testimone del Vangelo, sino ad esserne segnato nel corpo con le stigmate.

L’uomo ricco, al contrario, quando le udì abbassò lo sguardo, divenne cupo e si allontanò con la tristezza nel cuore.

L’evangelista chiude amaramente la scena dandone la ragione: "...perché aveva molte ricchezze".

Anche Gesù in verità si rattristò, e molto.

Perdeva un amico, perdeva un discepolo.

Lo avrebbero perso anche tutti coloro ai quali quell’uomo avrebbe potuto annunciare la gioia del Vangelo.

Potremmo chiederci: ma l’invito di Gesù non è troppo severo?

Non si tratta di una parola troppo esigente che, tra l’altro, rischia di farlo rimanere solo?

Gesù non potrebbe attutirla almeno un poco?

Non potrebbe renderla meno esigente e un po’ più accomodante?

Le parole che Gesù aggiunge subito dopo il rifiuto del ricco non ammettono replica:
"Quanto difficilmente coloro che hanno ricchezze entreranno nel regno di Dio!".

E conclude:
"È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio".

Sono parole che dovrebbero impensierirci, anzi spaventarci.

Noi, infatti, figli di un mondo ricco, siamo tesi a prendere, a possedere, ad accaparrare piuttosto che a dare, a offrire, a condividere.

Benedette perciò queste parole che vengono a porre una sana inquietudine nella nostra vita e che richiamano ogni credente a considerare quanto sia facile allontanarsi dal Vangelo vivendo, per di più, tristemente!

La decisione che questa pagina evangelica vuole provocare in noi riguarda il primato da dare a Dio sopra ogni cosa.

Gesù ci chiede di porre Dio al di sopra di tutto, anche dei beni che abbiamo.

Ci chiede anche di considerare i poveri come nostri fratelli verso i quali siamo debitori di amore e di aiuto.

Essi hanno diritto al nostro amore e al nostro sostegno.


Quel che chiede il Signore ha i tratti di una rinuncia, e in parte lo è, ma soprattutto è una parola di grande sapienza di vita.

Ovviamente si tratta non della sapienza del mondo che spinge a rinchiudersi in se stessi e nelle cose del mondo, ma della sapienza che viene dal cielo, di cui ascoltiamo dalle Sante Scritture:
 
"La preferii a scettri e a troni, stimai un nulla la ricchezza al suo confronto; non la paragonai neppure a una gemma inestimabile, perché tutto l’oro al suo confronto è un po’ di sabbia e come fango sarà valutato di fronte ad essa l’argento. L’amai più della salute e della bellezza, preferii il suo possesso alla stessa luce, perché non tramonta lo splendore che ne promana" (Sap 7,8-10).

La risposta di Gesù alla richiesta che Pietro ha fatto a nome dei discepoli spiega concretamente le conseguenze della sapienza evangelica: chi abbandona tutto per seguire Gesù (ossia, chi pone Gesù al di sopra di ogni cosa) riceverà in questa vita il centuplo e, dopo la morte, la vita eterna.

A volte si pensa che la vita evangelica sia innanzitutto privazione.

Così pensò anche l’uomo ricco.

In verità, la scelta di seguire il Signore sopra ogni cosa è sommamente "conveniente", non solo per salvare la propria anima nel futuro, ma anche per gustare "cento volte" di più la vita su questa terra.

Il brano tratto dal libro della Sapienza conclude: "Insieme con essa (
la sapienza che viene dal cielo) mi sono venuti tutti i beni; nelle sue mani è una ricchezza incalcolabile".

Chi mette Dio al primo posto nella sua vita entra a far parte della sua "famiglia" ove trova fratelli e sorelle da amare, padri e madri da venerare, case e campi ove lavorare.

AMEN!



BUONA DOMENICA A TUTTI

NEL SIGNORE !



VVB!
 Anam

 

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