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SALVIFICI DOLORIS - SUL SENSO CRISTIANO DELLA SOFFERENZA UMANA

Ultimo Aggiornamento: 03/10/2010 05:22
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Sesso: Femminile
03/10/2010 02:41

 
LETTERA APOSTOLICA

SALVIFICI DOLORIS

DEL SOMMO PONTEFICE
GIOVANNI PAOLO II

AI VESCOVI, AI SACERDOTI,
ALLE FAMIGLIE RELIGIOSE
ED AI FEDELI DELLA CHIESA CATTO
LICA

SUL SENSO CRISTIANO

DELLA SOFFERENZA UMANA




Venerati Fratelli nell'episcopato,
carissimi Fratelli e Sorelle in Cristo!

I


INTRODUZIONE


1. « Completo nella mia carne — dice l'apostolo Paolo spiegando il valore salvifico della sofferenza — quello che manca ai patimenti di Cristo, in favore del suo corpo che è la Chiesa »(1).

Queste parole sembrano trovarsi al termine del lungo cammino che si snoda attraverso la sofferenza inserita nella storia dell'uomo ed illuminata dalla Parola di Dio. Esse hanno quasi il valore di una definitiva scoperta, che viene accompagnata dalla gioia; per questo l'Apostolo scrive: « Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi »(2). La gioia proviene dalla scoperta del senso della sofferenza, ed una tale scoperta, anche se vi partecipa in modo personalissimo Paolo di Tarso che scrive queste parole, è al tempo stesso valida per gli altri. L'Apostolo comunica la propria scoperta e ne gioisce a motivo di tutti coloro che essa può aiutare — così come aiutò lui — a penetrare il senso salvifico della sofferenza.


2. Il tema della sofferenza—proprio sotto l'aspetto di questo senso salvifico—sembra essere profondamente inserito nel contesto dell'Anno della Redenzione come giubileo straordinario della Chiesa; ed anche questa circostanza si dimostra direttamente in favore dell'attenzione da dedicare ad esso proprio durante questo periodo. Indipendentemente da questo fatto, è un tema universale che accompagna l'uomo ad ogni grado della longitudine e della latitudine geografica: esso, in un certo senso, coesiste con lui nel mondo, e perciò esige di essere costantemente ripreso. Anche se Paolo nella Lettera ai Romani ha scritto che « tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto »(3), anche se all'uomo sono note e vicine le sofferenze proprie del mondo degli animali, tuttavia ciò che esprimiamo con la parola « sofferenza » sembra essere particolarmente essenziale alla natura dell'uomo. Ciò è tanto profondo quanto l'uomo, appunto perché manifesta a suo modo quella profondità che è propria dell'uomo, ed a suo modo la supera. La sofferenza sembra appartenere alla trascendenza dell'uomo: essa è uno di quei punti, nei quali l'uomo viene in un certo senso « destinato » a superare se stesso, e viene a ciò chiamato in modo misterioso.


3. Se il tema della sofferenza esige di essere affrontato in modo particolare nel contesto dell'Anno della Redenzione, ciò avviene prima di tutto perché la redenzione si è compiuta mediante la Croce di Cristo, ossia mediante la sua sofferenza. E al tempo stesso nell'Anno della Redenzione ripensiamo alla verità espressa nell'Enciclica Redemptor hominis: in Cristo « ogni uomo diventa la via della Chiesa »(4). Si può dire che l'uomo diventa in modo speciale la via della Chiesa, quando nella sua vita entra la sofferenza. Ciò avviene — come è noto — in diversi momenti della vita, si realizza in modi differenti, assume diverse dimensioni; tuttavia, nell'una o nell'altra forma, la sofferenza sembra essere, ed è, quasi inseparabile dall'esistenza terrena dell'uomo.

Dato dunque che l'uomo, attraverso la sua vita terrena, cammina in un modo o nell'altro sulla via della sofferenza, la Chiesa in ogni tempo — e forse specialmente nell'Anno della Redenzione — dovrebbe incontrarsi con l'uomo proprio su questa via. La Chiesa, che nasce dal mistero della redenzione nella Croce di Cristo, è tenuta a cercare l'incontro con l'uomo in modo particolare sulla via della sua sofferenza. In un tale incontro l'uomo « diventa la via della Chiesa », ed è, questa, una delle vie più importanti.


4. Da qui deriva anche la presente riflessione, proprio nell'Anno della Redenzione: la riflessione sulla sofferenza. La sofferenza umana desta compassione, desta anche rispetto, ed a suo modo intimidisce. In essa, infatti, è contenuta la grandezza di uno specifico mistero. Questo particolare rispetto per ogni umana sofferenza deve esser posto all'inizio di quanto verrà espresso qui successivamente dal più profondo bisogno del cuore, ed anche dal profondo imperativo della fede. Intorno al tema della sofferenza questi due motivi sembrano avvicinarsi particolarmente tra loro ed unirsi: il bisogno del cuore ci ordina di vincere il timore, e l'imperativo della fede — formulato, per esempio, nelle parole di San Paolo, riportate all'inizio — fornisce il contenuto, nel nome e in forza del quale osiamo toccare ciò che sembra in ogni uomo tanto intangibile: poiché l'uomo, nella sua sofferenza, rimane un mistero intangibile

[Modificato da Anam_cara 03/10/2010 03:28]
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