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KAROL WOJTYLA - Le sue Poesie e Prefazione

Ultimo Aggiornamento: 03/06/2011 17:35
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09/05/2011 16:40


OPERE DI GIOVANNI PAOLO II


KAROL WOJTYLA

TUTTE LE POESIE





Prefazione di Giovanni Reale


Le tre vie che l'uomo percorre per raggiungere la verità


Da tempo i filosofi hanno riconosciuto che l'uomo accede alla verità per tre vie: quella dell'arte, quella della filosofia e quella della religione.
Karol Wojtyla ha iniziato con l'essere poeta e drammaturgo, poi ha proseguito il suo cammino come filosofo e come teologo. Wojtyla riunisce dunque in sé le tre grandi componenti del pensiero, e perciò costituisce quella figura emblematica di uomo che in vari modi percorre queste tre vie per raggiungere la Verità.
Ecco un passo del dramma Fratello del nostro Dio (scritto nella seconda metà degli anni Quaranta), che contiene una delle più importanti cifre spirituali del pensiero wojtyliano:

«Continua a cercare. Ma che cosa? Forse ho cercato abbastanza. Ho cercato fra tante verità. Tuttavia queste cose possono maturare soltanto così. Filosofia... Arte... La verità è ciò che infine viene a galla come l'olio nell'acqua. In questo modo la vita ce la svela... a poco a poco, in parte, ma continuamente. Inoltre essa è in noi, in ogni uomo. Ed è qui appunto che essa è vicina alla vita. La portiamo in noi, è più forte della nostra debolezza... Ed è così in uno, in due, in cento uomini. Che cos'è la verità? Dove si trova? La vita è fatta di uomini attraverso i quali essa scorre ampiamente e alla foce si incontra con una nuova luce che da loro emana. Sì, sì... esistono uomini uniti alla Verità, i quali non si allontanano dal suo cammino, ma grazie a un equilibrio interiore rimangono tra le sue braccia.»


Caratteristiche fondamentali dell'opera poetica di Wojtyla


L'attività letteraria di Wojtyla è durata per molti anni ed è stata presentata per lo più sotto pseudonimi. Le prime composizioni significative risalgono all'inizio del 1939 (a parte alcune composizioni giovanili) e, dopo una interruzione a partire dagli anni Ottanta, è ripresa con il Trittico romano nel 2002.
Va subito rilevato che alcune sue poesie sono particolarmente significative e toccanti, come per esempio quelle raccolte sotto i titoli Canto del Dio nascosto, Meditazione sulla morte, Pellegrinaggio ai luoghi santi, La cava di pietra.
In quest'ultima raccolta Wojtyla presenta, in maniera veramente suggestiva, alcuni pensieri sull'alto significato del lavoro, da lui maturati nel periodo in cui è stato costretto a lavorare in una cava di pietra per sopravvivere, durante l'occupazione nazista.
Nelle sue opere poetiche in generale Wojtyla procede, in maniera costante, astraendo con un discorso fortemente immaginifico e visionario dal «tempo» e dallo «spazio» intesi in senso fisico. Tempo e spazio, infatti, vengono da lui non solo contratti, ma anche trasfigurati in dimensione metafisica: certe scene avvengono fuori dal tempo e in nessun luogo determinato, e quindi possono avvenire sempre e ovunque, in quanto si svolgono in quella dimensione temporale che tocca l'eterno e in quello che Wojtyla denomina «spazio interiore».
Per quanto concerne in particolare la contrazione ontologica dello spazio, per esempio, nel Pellegrinaggio ai luoghi santi Wojtyla dice:

«Verso quei luoghi andò pellegrino Abramo, l'uomo del grande incontro (tres vidit et unum adoravit). Il luogo interiore dell'incontro egli lo portò dentro di sé in quei luoghi esterni dove la terra interna divenne TERRA; cioè la DIMORA. Abramo, inizio visibile di un nuovo Adamo».

In questo senso lo spazio diventa uno «spazio del grande mistero» dell'uomo che va non solo dalla nascita alla morte, ma anche e soprattutto dalla morte alla speranza di un'altra vita.
In senso ultimativo e supremo lo «spazio» è Dio stesso, il quale diventa quel:

«Tu, in cui ognuno trova il suo spazio»

Nell'ultima composizione del Pellegrinaggio ai luoghi santi, si legge:

«Il mio spazio è dentro di Te. Il Tuo spazio è dentro di me. E' infatti uno spazio di tutti gli uomini. Pure, in quello spazio, non mi sento sminuito dagli altri».

E ancora:

«Dove Tu non sei, vi è solo gente senza casa.»

Centralità e preminenza dell'uomo come «persona»

Nelle opere filosofiche di Wojtyla il problema dell'uomo come persona è centrale. Nel suo capolavoro filosofico Persona e atto, si legge:

«Si ha l'impressione che i molteplici sforzi conoscitivi incentrati sull'ambiente esterno all'uomo siano di gran lunga superiori agli sforzi e i conseguimenti attinenti all'uomo stesso. Ma forse non è solo questione di sforzi e di effetti conoscitivi che, lo sappiamo, sono molto numerosi, e sempre più particolareggiati. Forse è semplicemente l'uomo che aspetta continuamente una nuova e penetrante analisi di sé, una sintesi sempre più aggiornata che non è facile compiere. L'uomo, scopritore di tanti misteri della natura, deve essere incessantemente riscoperto. Rimanendo sempre in qualche modo "un essere sconosciuto", egli esige continuamente una sempre e più matura espressione della sua natura. Inoltre, [...] essendo il primo, più diretto e frequente oggetto dell'esperienza, l'uomo è esposto proprio per questo all'assuefazione, rischia di diventare per se stesso troppo comune: bisogna evitare questo pericolo. Il nostro studio nasce quindi dall'esigenza di vincere questa tentazione. Nasce dalla meraviglia di fronte all'essere umano, che genera, come è noto, il primo impulso conoscitivo. [...] L'uomo non può perdere il posto che gli è proprio in quel mondo che egli stesso ha configurato.»

E anche nelle opere poetiche il problema dell'uomo come persona si impone come centrale.
Va ricordato che il concetto di «persona» è assai complesso, in larga misura dimenticato dall'uomo di oggi, e rinchiuso (e quindi dimezzato) in quello di «individuo».
Il concetto dell'uomo come persona è nato ed è stato formulato soprattutto nell'ambito del pensiero cristiano. Lo studioso Groethuysen giustamente rileva che, nella sua sostanza, il concetto di Dio personale e quello della personalità dell'uomo formano una unità indissolubile. In effetti, la «persona» nel suo autentico spessore ontologico nasce solo da un incontro fra Dio come Persona e uomo, con le implicazioni e conseguenze che questo comporta. Groethuysen
precisa: «Nella filosofia greco-romana della vita, l'uomo cercava di spiegarsi con il mondo, ma quello restava muto. Adesso, al contrario, parla con Dio, e Dio parla all'uomo. In questo dialogo l'uomo può dire "Io"; si forma un uomo nuovo».
Agostino, in particolare nelle Confessioni, ha espresso questo concetto in modo paradigmatico in uno straordinario e continuo colloquio fra lui e Dio.
Il concetto di «persona» che emerge dall'opera poetica di Wojtyla è in buona misura vicino a quello agostiniano. Del resto, ogni autentica concezione della persona non può se non seguire questa precisa linea.
Nella Nascita dei confessori, II 8, si dice:

«L'uomo incontra chi sempre lo precede,
coraggio - qui è il punto d'incontro
e ognuno di noi è una fortezza.»


La persona nasce da una interazione fra l'«io» e il «tu». Pertanto, non potremmo essere noi stessi se non insieme con l'altro.
Mediante la metafora dell'Intagliatore, che è lo scultore che riproduce immagini di Cristo e di santi, Wojtyla così esprime (nella composizione poetica dal titolo Magnificat) il modo in cui sono nati i suoi rapporti con Dio, e, di conseguenza, come sia diventato veramente persona:

«Tu sei il più stupendo, onnipotente Intagliatore di santi
- la mia strada è fitta di betulle, fitta di querce -
Ecco, io sono la terra dei campi, sono un maggese assolato,
ecco, io sono un giovane crinale roccioso dei Tatra.
Benedico la Tua semina a levante e a ponente -
Signore, semina generosamente la Tua terra
che diventi un campo di segale, un folto di abeti
la mia giovinezza sospinta dalla nostalgia, dalla vita.
La mia felicità - grande mistero - Ti esalti
perché hai dilatato il mio petto in un canto primordiale,
perché hai permesso al mio volto di tuffarsi nell'azzurro,
perché hai fatto piovere nelle mie corde la melodia
e in questa melodia Ti sei svelato in visione -
attraverso il Cristo.»


E tale interazione non può se non fondersi sul modello della interazione delle Persone divine della Trinità, in quanto «il Dio del cristianesimo non è una Solitudine Assoluta, ma un'Interazione Assoluta».
In modo assai forte questo concetto viene espresso con bellissime immagini nella seconda composizione del Trittico romano, dal titolo Meditazioni sulla "Genesi". Dalla soglia della Cappella Sistina, che va letta e meditata con grande attenzione (soprattutto nei paragrafi 2 e 3).
Nell'uomo, come diceva Agostino, ci deve essere «un riflesso della Santa Trinità». Si tratta di un riflesso che, per così dire, è a doppia mandata: l'Interazione Assoluta delle Persone della Trinità, ben lungi dal comportare una chiusura, si esplica in una Apertura Assoluta:
a) con la creazione e
b) con l'incarnazione di Cristo.
L'imitazione dell'Interazione Assoluta delle tre Persone della Trinità costituisce la formazione della persona umana, che si attua pienamente solo nell'amore come un reciproco donarsi:

«Chi è Lui? L'Indicibile. L'Esistenza
per se stessa sussistente.
L'Unico. Il Creatore di tutto.
Al tempo stesso una Comunione di Persone.
In questa comunione un reciproco donarsi
della plenitudine di verità, bontà e bellezza.
Con tutto ciò, prima di tutto - l'Indicibile.
Eppure ci ha parlato di Sé.
Ha parlato pure, creando l'uomo
a sua immagine e somiglianza.»


Potremmo riassumere il valore assoluto della persona che emerge dall'opera di Wojtyla con uno splendido aforisma di Gómez Dávila:
«Ciò che non è persona in fondo non è nulla.»



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