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L'INCONTRO - racconto

Ultimo Aggiornamento: 04/06/2011 11:52
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Sesso: Femminile
04/06/2011 11:52



L'INCONTRO

racconto




Da tempo aveva preso l'abitudine di uscire di casa alla sera per andare, tranquilla e sola, a passeggiare senza meta precisa. Camminava senza fretta lungo le stradine solitarie della campagna silenziosa sostando ogni tanto a riposare e lasciando vagare la mente in varie riflessioni.
Una sera, dopo aver camminato a lungo, si trovò all'inizio di un sentiero, svagatamente lo imboccò e si trovò, poco dopo, davanti ad un dirupo sul quale si ergeva un castello dalle alte mura turrite.
Non lo aveva mai visto prima, non era ancora mai andata, nel suo peregrinare serale, in quella direzione.
Volle inoltrarsi per il viale ben curato che conduceva al grande portone che, anche da lontano, si capiva essere molto robusto, rinforzato com'era da grandi borchie di ferro.
Si avvicinò vagamente intimorita, ma molto interessata… era notevole l'impressione che si riceveva osservando più da vicino l'aspetto di quel luogo!
Esplorò per un po' il cortile che circondava il castello, ordinato e pulito come il viale appena percorso, non era facile imbattersi in posti come quello… era sì molto curato, ma dava nello stesso tempo una forte sensazione di inaccessibilità. Si sentiva che chiunque abitasse in quel grande castello non gradiva ricevere visite. Grandi finestre si aprivano nelle mura, ma erano tutte fornite di grosse sbarre di ferro a formare delle invalicabili grate di protezione. Al portone d'ingresso di quel luogo severo non si vedeva un campanello.

Mentre sostava, indecisa se fermarsi ad osservare ancora o ritornare sui suoi passi, all'improvviso si levarono delle urla agghiaccianti che la bloccarono, impietrita, dove si trovava. Era tale l'angoscia che esprimevano quelle urla che si sentì attanagliare le viscere….
Ed ecco, all'improvviso, uno scrosciare di note riversarsi all'esterno di quelle mura, ricolmando l'aria di una melodia dal pathos incredibile. Riempiva la mente e sconvolgeva l'anima! Una voce maschile si levava seguendo la musica di un pianoforte, alta quando esplodeva selvaggia per poi con lei abbassarsi in un lamento straziante.
Rimase ferma dov'era molto, molto a lungo, non avrebbe saputo dire per quanto tempo.
I toni accorati, le parole che udiva di quelle canzoni si imprimevano per sempre nella sua mente… Preda dell'emozione vivissima che la invadeva non si accorse neppure di aver cominciato a muoversi verso le mura… Le parole le giungevano ancora più nitide ora e lei le assorbiva immemore del tempo e del luogo. Narravano di un'anima d'uomo straziata dai colpi avversi del destino che sin dalla nascita lo avevano segnato per sempre. Piangevano su una solitudine senza posa, raccontavano di ferite ricevute e di ingiustizie sofferte. Parlavano del bisogno struggente di dare e ricevere amore, di delusioni patite… di abbandoni subiti.
Rivelavano, a lei… sconvolta… in ascolto, la inevitabile chiusura in sé stesso di quell'essere costretto a barricarsi come in una fortezza per cercare di proteggere la propria vulnerabilità. Raccontavano la lotta incessante per rafforzare quella difesa dalla quale, oramai, non sapeva più uscire…e di come sperasse che una certa mano sapesse avvicinarsi alla serratura del suo portone sbarrato e con la chiave giusta riuscisse ad aprirla. Il suo canto, le sue parole …le svelavano quante e quali doti, di mente e di cuore, abitassero nell'anima di quell'uomo infelice.

Quando l'ultima parola si spense assieme alla musica rimase ancora un poco, poi si allontanò cercando di non far rumore. Assorta e come persa in un'altra dimensione riprese la via verso casa.

Nei giorni seguenti si ritrovò di continuo a pensare a quello che fra sé e sé chiamava "l'incontro". Tale infatti lo sentiva.
Le sue giornate trascorrevano come sempre, era vedova ed aveva figli ormai grandi, la vita procedeva con i suoi alterni momenti di gioia e di pena. Ora però l'accompagnava ogni istante uno strano turbamento, un'inquietudine cui non sapeva dare un nome…
Nelle sue solitarie passeggiate serali, dopo un po' aveva ripreso la via del Castello, se ne sentiva irresistibilmente attratta… Seduta su uno dei massi di pietra che circondavano le basi delle mura, ascoltava immobile il torrente di dolore che scorreva incessante sopra di lei scavandosi sempre più un letto nel suo cuore.

Dopo una notte in cui ancora una volta aveva accolto in sé l'infinita tristezza che sgorgava da quell'anima fiera e sola… si immerse in riflessioni leggendo nel proprio cuore e considerando la realtà delle cose.
Non aveva alcuna illusione su sé stessa… Sapeva molto bene di non essere più né giovane né bella come un tempo, le vicende della vita con le sue ansie e le sue pene sin dall'infanzia avevano segnato indelebilmente oltre al suo spirito anche il suo fisico e la salute non era più la stessa.
Vedeva tutte le sue "insufficienze", come le chiamava… ma sapeva di portare in sé un tesoro prezioso: un cuore caldo e gentile, capace di grande tenerezza e di forza, con un immenso desiderio di donarsi. Sapeva di essere, e proprio grazie alla sua età matura, completamente donna e la sua femminilità avvertiva acutamente l'istinto di perdersi tra le braccia di un uomo facendolo suo nel medesimo tempo. Si sentiva turbata sin nel profondo al pensiero di "quell'uomo"… provava uno struggimento infinito, un ardente impulso di offrirgli tutto quello che era in suo potere dargli: delicatezza, calore, amicizia, ma anche amore e passione… Desiderava ardentemente placare ogni suo bisogno, sapeva che avrebbe potuto dargli, se non tutto… certamente molto. Oh, quanto avrebbe voluto fargli sentire come poteva essere accogliente e appagante il suo abbraccio! Quanto consolante sapere di averla per lui… sì, forse non avrebbe potuto dargli una vita insieme, dei figli, eppure… quanto altro avrebbe potuto donargli!
Ma come, anche superando le proprie naturali titubanze, avrebbe potuto fargli sapere che cosa provava e cosa stava sognando? E quali fossero le sue paure? "Mi renderei sicuramente ridicola..!"- diceva tra sé e sé - "Lo metterei in una situazione imbarazzante… e se fosse più giovane di me? - e nel ricordo riascoltava quella voce maschile… - “Forse sogna l'amore di una ragazza o di una donna giovane e bella… ma sì, sicuramente! Come potrebbe mai desiderare me? Senza contare che non voglio assolutamente farlo soffrire di più, non si può giocare con un simile dolore..!"
"Devo essere impazzita..!" concludeva sgomenta.

Ad un tratto decise, avrebbe corso il rischio… avrebbe provato ad inserire una chiave, la sola che aveva, in quella serratura… Anche fosse stata quella giusta, il resto…acconsentire che girasse nella toppa ed aprire il portone per farla entrare, l'avrebbe deciso lui.
Prese un foglio e cominciò a scrivere. Scrisse a lungo… i pensieri, i sentimenti, le emozioni fluivano da lei e si fissavano sulla carta. Dopo aver riempito il primo, ne scrisse un secondo.
Quand'ebbe finito, rilesse… ma non uscì di casa, esitò a lungo prima di farlo. Non si decideva… Alla fine uscì, ritornò al Castello. Entrata nel grande e spoglio cortile si portò sotto l'ampia finestra dalla quale per tante sere le era giunta la voce che l'aveva avvinta e, tremante… con una strana emozione fatta di coraggio e di una sensazione di ineluttabilità, iniziò a cantare.

.... La sua voce si levò nel silenzio della notte in una canzone accorata, dapprima grave e profonda...



"Se....
Se in te prevalesse
il desiderio d'amore…
se vedere sapessi
soltanto il mio cuore…
Se acuto guardassi
oltre vana apparenza
se non ti fermasse
del tempo sentenza…
Se ignorare potessi
la pur giusta morale
se soprattutto volessi
lenire il tuo male…"



... s' innalzò poi vibrante e melodiosa… come aprendosi ad avvolgere il Castello in un abbraccio:


"Allora…
appassionato il mio canto
forte e libero innalzerei…
e dedicandolo a te soltanto
con emozione ti direi:

Se mi apri il tuo cuore
lo saprò consolare…
dal solitario dolore
lo potrò riscattare.
Se lasci che mi avvicini
carezzerò le tue ferite…
dei sofferti cammini
le angosce saran lenite.

Aprimi… lasciami entrare
e che su te rivolga
la mia capacità di amare…
Permetti che ti sciolga
da sì pesanti catene
e tra le braccia accolga
il tuo bisogno e le tue pene.
Con desiderio ti accenderò
con tutto il mio ardore
e poi ti placherò
con gioia senza timore.

Come vorrei donarti
il calore che hai sognato…
dai ferrei lacci liberarti
nell'abbandono sospirato.
Donami del tuo cuore
le infinite tenerezze…
ben nascoste per timore
che ad altri appaian debolezze."



La sua voce scese di nuovo, quasi sommessa...


"Ora sono alla tua porta sbarrata
ed inserisco piano la chiave…
con ansia attendo mi venga svelata
la risposta al mio richiamo soave…"



... infine si spense.

Senza sollevare gli occhi a guardare se fosse apparsa una figura dietro la grande grata della finestra si avvicinò al portone chiuso e fece scivolare i fogli strettamente arrotolati nel buco della serratura…

La notte seguente, con l'animo aperto a qualunque cosa avesse trovato, si diresse verso il Castello.





La risposta


Mentre percorreva il sentiero che la conduceva al Castello, avvolta dal silenzio notturno interrotto solo dal fruscio del fogliame smosso dalla brezza, a tratti rallentava quasi volesse dare più tempo all'ignoto cui andava incontro... o darsi più tempo, disse tra sé ad un tratto. Era come non fosse sicura della strada conosciuta. Ma lo era... e riprendeva più in fretta il cammino, quasi incespicando, ma risoluta.
Giunse all'ingresso del grande piazzale antistante il portone ferrato e rallentò ancora, ma lo attraversò chiedendo al cuore di calmare i suoi battiti...
Raggiunse il portone, era chiuso, come si aspettava... o forse non se lo aspettava? La luna apparsa tra le nubi splendeva nel suo pallore illuminando la grande pietra antistante il portone e lei vi vide posata una rosa... un biglietto arrotolato era legato allo stelo con un nastro.
Raccolse con la mano leggermente tremante quel segno di risposta alla sua offerta. Era stata udita... e le veniva risposto!
Odorò la rosa vellutata aspirandone ad occhi chiusi il fresco e sensuale profumo, poi slacciò il nastro e srotolò il biglietto. Non riuscendo a leggere mosse qualche passo cercando una zona più illuminata e accostando maggiormente il foglio al viso riuscì a distinguere le parole tracciate da quella mano sconosciuta:


"Signora, mai avrei supposto che sotto la mia finestra vi fosse qualcuno in ascolto, e meno ancora che un moto oscuro del mio destino bizzarro vi avesse portato una persona dotata di un animo squisito come il vostro!
Forzandomi, vogliate perdonarmi, a liberare ancora una volta il mio pensiero, sapendo che verrà ricevuto da voi... non da qualcuno soltanto, ma da "voi"... essere speciale, unico al mondo, io credo... vi confesserò di essere stato profondamente turbato dal vostro canto stupendo... talmente sorprendente da sembrarmi incredibile. Sono tuttora in preda a viva emozione e a fatica riesco a scrivere. Mi chiedo se io abbia sognato... Ma ho qui, davanti a me la vostra lettera e quel canto ancora risuona nella mia mente.
Seguendo l'impulso che subito ho sentito, dalla notte scorsa, vi direi "Venite... venite angelo caro!" ma come posso farlo..? Freno dunque l'impeto da voi destato violento in me, chiedo pietà alla speranza che vorrebbe non sentir ragioni... e mi inchino davanti a voi chiedendovi di perdonarmi, se potete, e di dimenticarmi. Ahimé... m'accorgo, scrivendo, di non poter lasciare all'oscuro il motivo di questa mia richiesta. Non a voi... io vi sono debitore della verità sul mio conto.
Ebbene, dolcissima signora, vi devo rivelare che la ragione principale che mi obbliga a privarmi della vostra adorabile (oh, quanto..!) offerta, è un grave ed insuperabile problema di natura fisica che mi impedisce di lasciarmi avvicinare da chiunque, sia per pudore e dignità, sia, nel vostro caso, perché non potrei sopportare di provocare in voi disgusto e ripugnanza. Questo mi renderebbe ancora più solo e disperato di quanto già io sia.
Meglio dunque evitare che ciò avvenga. Permettetemi di non aggiungere altro sui motivi della mia reclusione forzata.
Concedete ad un uomo privato della possibilità di vivere come tutti, di conservare nel cuore la felicità, benché tormentosa, di sapere della vostra esistenza... e del vostro pensiero, a lui rivolto, rimasto intatto nella sua bellezza.
Grazie... non dispongo di altre parole, ma so che voi comprenderete.
Addio. Non dimenticherò mai il vostro gesto... né il vostro cuore.

Paul "




Rimase a lungo con il foglio tra le mani, immobile davanti al portone chiuso.
Poi vi si accostò e posò una mano sulla superficie scabra, vi si appoggiò con tutto il corpo e baciò quell'uscio, unica barriera tra lei e quell'uomo che sentiva di amare pur senza averne mai veduto il viso. Ne aveva visto il cuore, ciò era bastato.
Strusciò piano la guancia sul legno e d'improvviso trattenne il respiro, le era sembrato di udire un suono venire da dietro quel portone. Ascoltò, coi sensi tesi e la gola asciutta. Sentì ancora un rumore, che poteva essere..? Gemette e supplicò. "Ti prego... ti prego!" Trattenne ancora il respiro con l'orecchio incollato al legno e udì un breve strusciare, proprio vicino a lei, davanti a lei... oltre quei pochi centimetri di spessore. Lui era là... senza alcun dubbio.
Con impeto aderì con il corpo al portone e bisbigliò: "Abbi fiducia in me... ti prego. Non ti deluderò... non sono una bimba impreparata alle dure realtà della vita. Di qualunque cosa si tratti... concedimi la tua fiducia... aprimi, ti prego... caro!"
Quel "caro" le esplose dalle labbra in un grido d'amore.
Trattenne il respiro, di nuovo, e rimase in ascolto. Ad un tratto tutto taceva all'intorno, la civetta non lanciava più il suo stridulo richiamo e la brezza era cessata. Sospensione del tempo...
Le parve di udire un singhiozzo soffocato dietro quell'uscio inesorabilmente chiuso, poi più nulla.
Attese ancora, poi avvertì con certezza non esservi più alcuna presenza al di là del portone.

Ripose il foglio in tasca e tenendo la rosa sul seno si voltò e lentamente si allontanò riprendendo la via verso casa, e quando un pipistrello volando basso quasi la sfiorò, le sembrò che un misterioso saluto avesse voluto accarezzare il suo dolore, e sentì che un segreto legame ormai s'era creato tra lei e il signore del Castello, un legame avvertibile solo dal loro animo solitario e sensibile. Aveva anche un nome... Sì, certo che aveva un nome... questa volta conosceva il nome del sentimento doloroso che la pervadeva e sapeva essere anche nell'animo di lui... si chiamava Rimpianto.





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...
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di Aurora Ageno
- 2002 -


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