"Sconosciuto e' qualcuno
che aspetta di diventare Amico"

 
Dio Vi Benedica!



in
  
Questa e' una Comunita' Cattolica di ACCOGLIENZA
nello spirito del R.n.S.

APERTA A TUTTI


NB: Tutto il materiale usato per la costruzione di questo sito e' stato preso in giro qua e la' sul web, qualora qualcuno si accorgesse che sono state involontariamente violate in qualche occasione norme sul copyright, basterà mandare una mail all'Amministratore
segnalando il materiale che non doveva essere usato, il quale sara' immediatamente rimosso.
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

LA NAVE CHE CANTAVA - romanzo di fantascienza - di Anne McCaffrey

Ultimo Aggiornamento: 09/09/2011 20:33
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 3.514
Sesso: Femminile
09/09/2011 17:51

(segue)





Prane, pallido e sfinito come gli altri, riuscì a sorridere.
“Siamo stati sopraffatti da una reazione imprevista. In questo momento,” continuò, sottolineando quelle parole, “ritengo impensabile una replica. No, non discutiamo, adesso. Dobbiamo convertire una massa, per usare il linguaggio dei nostri ospiti, nell’energia di cui abbiamo bisogno, per conservare le nostre emissioni. Ma voglio dirvi che sono fiero di voi.”
Molto bene, pensò Helva: perché in quel momento la compagnia non era in condizioni di sopportare la rivelazione del fatto che erano tutti prigionieri.
Quella notte, il silenzio a bordo fu interrotto dalle solite litanie di Prane. Persino Helva si sentiva sull’orlo dell’incoscienza: troppo stanca per pensare ai problemi dell’indomani.

Il giorno seguente non portò cambiamenti notevoli. Erano ancora sfiniti. Kurla si era un po’ ripresa, e obbligava quelli che si ostinavano a voler dormire a ingurgitare pasti ricchi di proteine e dosi massicce di stimolanti. Verso sera, Helva bloccò Chadress, da solo, nella cambusa.
“Dovremo rimandare il più possibile, Helva,” disse lui. “Sono tutti esausti. Lo so. Tu come ti senti?”
Helva temporeggiò.
“Ho sempre detto che noi gente ingusciata siamo umani quanto voi, e adesso ne sono certa. Anche per me sarà molto difficile tornare su Beta Corvi. Ma io so che non abbiamo scelta.”
“Cosa vuoi dire, Helva?” Chadress era troppo stanco per provare qualcosa di più d’una vaga curiosità.
“I Corviki si stanno chiedendo dove siamo. Hanno radunato gli studenti che ardono dalla voglia d’imparare.”
Chadress gemette.
“Helva, ma come possiamo chiedere a questa gente di tornare...”
“Te l’ho detto, Chadress. Non abbiamo scelta.”
“Non ti capisco.”
“C’è un blocco su tutti i cavi che mi collegano al generatore d’energia. Non potrei neppure schivare una meteora.”
Chadress si strinse la testa fra le mani, tremando.
“Helva, io non posso tornare. Non posso...”
“Non devi tornarci subito. Non hai neppure energia per rimetterti il trasferitore sulla testa,” disse Helva, fraìntendendolo volutamente. “Tocca a me.”
“Che cosa tocca a te?” chiese Prane, che stava entrando in quel momento.
“Andrò giù, a spiegare la nostra assenza.”
“No,” obiettò Prane, cercando di raddrizzarsi fieramente. “Il regista sono io. Spetta a me spiegare perché non possiamo rispettare il contratto.”
Chadress mugolò.
“Niente da fare. Vado io,” disse Helva. “Chadress, riprenderemo la discussione al mio ritorno. Chadress?” Finalmente, lui annuì esausto.
Il dolore riafferrò per un attimo la mente di Helva, mentre rientrava nell’involucro corvikiano. Fu subito conscia della presenza di numerosissimi Corviki. Come avrebbe potuto spiegare la fragilità umana ai signori dell’energia pura?
Ma l’atmosfera era insolitamente libera da emissioni di energia.
L’impresario si stava frenando con molta discrezione, gli altri, schierati rispettosamente dietro di lui, dovevano essere gli studenti. L’impresario attese con pazienza che Helva gli presentasse l’equazione che indicava la situazione, e gli facesse notare le frazioni insolubili. Poi rispose che il riflusso d’energia senza precedenti aveva senza dubbio minacciato di sommergere i visitatori nell’entropia: tuttavia, loro stessi ne erano stati la causa. E si era realizzata una condizione nuova, importantissima. Ogni gruppo d’ energia che aveva assistito allo spettacolo insisteva per ottenere le formule che avrebbero permesso di ripetere quell’emissione. Tali espulsioni potevano ringiovanire i gruppi dall’energia statica già considerati irrecuperabili. Dovevano avere le formule: in cambio; erano disposti a dare qualunque cosa.
Helva, disperatamente, ripeté la sua spiegazione.
L’impresario insistette. Bisognava trovare un sistema. C’era una unità (ed emanò l’equazione sonora che indicava Giulietta) capace di controllare benissimo l’energia intrinseca. Poteva ritornare e consegnare le formule. Altrimenti...
Per qualche istante, Helva non trovò il coraggio di annunciare agli altri il proprio ritorno. La missione tanto semplice si stava trasformando in una catastrofe. Riconsiderò freddamente gli elementi della situazione, cercando una soluzione. Doveva essercene una.
Era un’ironia che Ansra Colmer, così decisa a rovinarli, fosse l’unica personalità abbastanza egocentrica da sopravvivere all’esperienza. Ma li avrebbe salvati?
“Se voi siete matti, io non lo sono,” rispose immediatamente Ansra, appena udì la proposta. “Neanche se mi massacrate di botte, lo non ci torno, laggiù. Il mio dovere l’ho già fatto.”
“Ansra,” rispose stancamente Davo. “Secondo il contratto, se i Corviki accettano la nostra rappresentazione e sono pronti a pagarci rivelandoci le loro tecniche, noi dobbiamo insegnare ai loro studenti.”
“Ritornare laggiù? Insegnare a un Corviki la parte di Giulietta?” Ansra rise d’una risata isterica, poi si girò di scatto verso Prane. “L’avevo detto a quelli di Regulus che sarebbe stato un fallimento! E ne sono felice! Felice! FELICE!”.
Il suo odio passò come un’ondata sulle sensibilità scosse degli altri. Volò ridendo verso la cabina, si lasciò cadere davanti ad un specchio, come una bambola inerte.
“E’ diventata matta,” dichiarò freddamente Nia.
“Non credo, o siamo diventati matti tutti quanti,” rispose Davo.
“Bene, non possiamo starcene qui inerti,” esclamò Nia, indignata. “Ansra deve fare la sua parte!”
“Lo spettacolo deve continuare?” chiese sarcastico Escalo. “Questo no di certo!”
“Chiedo scusa a tutti,” fece Prane, alzandosi. “Ansra ce l’ha con me. E voi non dovete andarci di mezzo.”
“Prane, risparmiaci la tirata della vittima!” esplose Davo.
“Nessuna tirata. La soluzione è semplice,” continuò il Solare, in tono pratico. “Come regista, conosco questa tragedia parola per parola. Anzi, ricordo perfettamente duecentododici testi drammatici antichi, medievali, classici, atomici e moderni.”
“E moriresti per lo sforzo!” gridò Kurla, abbracciandolo. Lui si liberò, sorridendole teneramente.
“Tanto, sto morendo lo stesso, cara. E preferirei morire in scena.”
“E la settimana prossima, un’altra tragedia!” ruggì Helva, con una risata beffarda che scosse tutti. “Silenzio, e ascoltatemi. Non è tutto perduto solo perché Ansra Colmer è una carogna vendicativa. In primo luogo, Solare Prane, noi non vogliamo regalare ai Corviki tutto il nostro conto in banca. lI nostro contratto prevede solo ‘Romeo e Giulietta’. Benissimo, glielo daremo, e poi ce ne andremo dalla loro sfera d’influenza con tutta la velocità dei miei razzi. E poi raccomanderò che nessuno torni da queste parti fino a quando i nostri geni non avranno trovato un sistema più efficiente per difendere le nostre fragili menti dal riflusso d’energia corvikiana. Inoltre, Solare Prane, tu non sei l’unico a bordo dotato di una memoria perfetta. Sarò presuntuosa, ma anch’io, e probabilmente anche Davo ed anche Escalo, conosciamo ogni stramaledetta battuta di questa tragedia. E noi tre siamo in condizioni migliori delle tue, quindi possiamo tornare su Beta Corvi...
“Ascoltatemi!” urlò, quando tutti incominciarono a protestare, passò ad una voce che corrispondeva ad un ampio sorriso e gridò: “E’ il vostro comandante che vi parla!” Tutti scoppiarono a ridere, e lei proseguì, in tono serio. “Io devo rispondere del risultato della missione e di tutti coloro che sono a bordo di questa nave.”
“Anch’io conosco tutto ‘Romeo e Giulietta’. Fino a cent’anni, ho fatto la parte di Giulietta,” disse Nia. “E tu hai dimenticato una cosa, Helva, una cosa essenziale. Quello che ci rovina, su Beta Corvi, non sono le prove: sono le rappresentazioni. Sono certa che riuscirei a cavarmela, con le prove, con tutte le solite interruzioni e le pause necessarie per insegnare. Non dovremo neppure provare per sette ore di fila: se questi Corviki ci tengono tanto, le condizioni possiamo dettarle noi.” Poi la sua espressione cambiò, mentre guardava verso la cabina da cui giungeva la risata sommessa di Ansra. “E non permetterò che quella strega rovini il nostro successo più grande.”
Escalo rise e abbracciò Nia.
“D’accordo!” gridò.
“Anch’io!” gridò Benvoiio. “E che quella là se ne vada al diavolo!”
“Helva, convinci i Corviki a concederci un altro giorno di riposo,” disse Chadress. “Poi andremo a finire il nostro lavoro. Lo spettacolo deve continuare!”
“E chi farà Giulietta?” chiese Davo. Poi si rispose da solo, indicando Kurla. “Tu sarai Giulietta.”
“Oh, no! Io no!”
“Perché no, mio dolce amore?” chiese Prane, attirandola a sé e baciandola teneramente sotto gli occhi di tutti. “Sei una Giulietta migliore di lei.”
“C’è solo una cosa che mi preoccupa,” disse Escalo. “Non mi piace... lei... qui... con noi” e indicò con l’indice la porta della cabina di Ansra.
“Giusto,” ammise Davo.
“Non è un problema,” garantì Helva. “La signorina Colmer sta... riposando. E io l’incoraggerò.”
E inondò la cabina di gas sonnifero.

L’impresario segnalò di essere d’accordo; emanava ondate di sollievo perché il problema aveva una soluzione. Helva mandò tutti a letto dopo un pasto ricco di proteine. Kurla e Nia preferirono dormire sui divani della cabina principale, anche se Helva aveva liberato dai gas la cabina dì Ansra. Kurla accettò di somministrare all’attrice un sedativo a tempo, per tenerla addormentata durante il tempo in cui la nave sarebbe stata deserta.
Decisero di limitare a quattro ore la durata delle prove.
Ma le apprensioni svanirono quando si accorsero che gli studenti erano molto discreti nelle loro emissioni d’energia.
Quando tornarono alla nave, erano tutti euforici per il sollievo.
“I Corviki sono gli allievi più svegli che abbia mai avuto. Basta dir loro una cosa, e non la dimenticano più,” esclamò Escalo.
“Sì, e si tengono a freno,” disse Davo. “Ma sapranno poi quanto dovranno emettere, per dare vita alla rappresentazione? Voglio dire, è la solita differenza fra dilettanti e professionisti!”
“Ben detto, Davo,” fece Prane. “Ne ho discusso con l’Impresario. Ho parlato con lui dei livelli d’energia non conservata e mi ha assicurato che hanno effettuato misurazioni, durante la recita, per sapere quanta energia debbono produrre per ottenere le reazioni desiderate. Quell’uomo ha una presenza veramente grande.”
“E un ottimo senso delle integrità di livello, anche,” riconobbe Chadress, pensosamente.
“Parlate come se foste Corviki e non umani!” esclamò Nia, ironicamente.
Prane e Chadress la guardarono, perplessi.
“Sì, è vero,” riconobbe Kurla.
“L’imitazione è la forma di adulazione più sincera,” disse Prane, ma la sua giovialità sembrò forzata, ad Helva.
La seconda prova andò tanto bene che Prane decise che una sola seduta sarebbe bastata a completare l’opera.
“E allora sotto!” disse Escalo. “In quel posto pazzesco c’è qualcosa che affascina. lo faccio una fatica d’inferno a pensare come un essere umano.”
Escalo aveva ragione, pensò Helva. Anche per lei era
diventato troppo facile pensare in termini corvikiani. E Prane e Chadress sembravano completamente trasformati. Li aveva sentiti discutere la rappresentazione in termini di emissioni di particelle e di ondate direzionali, e alla fine s’era chiesta se parlavano di teatro o di fisica nucleare.
Continuò a tenere d’occhio Prane. Anche Kurla lo teneva d’occhio, ma essere la sua Giulietta sconvolgeva le sue ondate direzionali... Helva si bloccò in tempo. Era meglio andarsene al più presto.
Guardò Kurla che somministrava altro sedativo ad Ansra: la donna dormiva da quaranta ore. Cinque ore in più non l’avrebbero rovinata. E il suo sonno aveva migliorato di molto l’atmosfera a bordo.
Helva ricontrollò i circuiti: appena i Corviki avessero tolto il blocco, avrebbe potuto partire immediatamente. Era tutto in ordine.
Quando scese su Beta Corvi, Prane era in scena, assieme al suo allievo. Helva trovò il suo, e poi incominciò la scena II del quarto atto.
Questa volta, i Corviki faticavano di più a controllare la loro energia repressa. Helva pensò che le preoccupazioni di Davo erano inutili: non sarebbe certamente mancata l’energia drammatica, a quegli esseri! Appena spariti gli istruttori con la loro psiche così fragile, i Corviki avrebbero potuto esplodere liberamente.
Helva faticava a tenere a freno l’eccitazione, e faticava anche Prane, perché, mentre aspettava di entrare nella cripta per la scena della morte di Romeo, andava perdendo sensibilmente energia.
“I controlli a tempo sono a posto?” chiese, nervosamente. “Non è possibile alterarli?”
Poi se ne andò, prima che Helva potesse rispondergli.
La prova finì presto. L’Impresario dovette controllare a forza la sua entusiastica emissione di energia mentre si congratulava con gli attori. Annunciò che le informazioni sulla stabilizzazione degli isotopi erano state mandate alla nave in un contenitore apposito, e che l’energia della nave era sbloccata. Continuò ad emettere su di una banda così vasta che Helva sentì l’attrazione insidiosa dell’entropia, e si affrettò a salutarlo.
Quando fu tornata in se stessa, impiegò qualche secondo a riacquistare l’orientamento. Scorse il contenitore fissato nel vano motori: era radioattivo, quindi era meglio lasciarlo dov’era. Qualcuno gemette, nella cabina fiocamente illuminata. Fiocamente? Ma lei non aveva abbassato le luci!
Accese tutte le luci di bordo e guardò nella cabina di Ansra. Il letto era vuoto. Come aveva potuto sottrarsi all’effetto della droga? Helva la cercò e la trovò, accovacciata accanto al corpo di Prane: stringeva in mano i fili collegati ai trasferitori di Prane e di Kurla.
“Ansra, è un assassinio!” ruggì Helva, alzando il volume al massimo per stordirla. Ma Ansra strappò via i trasferitori, e cercò di farli a pezzi.
Helva attivò tutti i trasmettitori, augurandosi disperatamente di arrivare in tempo. Un attimo interminabile, poi le luci dei trasferitori si spensero, tranne una. Quella del trasferitore di Chadress.
“Davo! Davo!” urlò Helva.
L’attore scosse il capo, destato da quella voce. Poi scorse Ansra, vide quello che stava facendo e le si buttò addosso. Con una spinta l’inchiodò contro la parete, mentre gli altri attori incominciavano a risvegliarsi.
“Escalo, aiuta Davo a bloccare quella pazza!” ordinò
Helva, perché Ansra urlava e si divincolava, percotendo Davo con la forza della follia. “Benvolio, sveglia! Controlla Chadress. Com’è il suo polso?”
Benvolio si chinò sul corpo inerte.
“Troppo lento, mi pare... E molto debole.”
“Devo tornare a Corvi. Qualcuno... Nia, sei sveglia! Trova due trasferitori e mettili a Prane e a Kurla. Devo andare a chiamarli.”
“Aspetta, Helva!” sentì le parole di Davo mentre si stava già trasferendo.
L’impresario era accanto a lei. E c’erano anche gli involucri che erano innegabilmente Prane, Kurla e Chadress. La pressione delle loro personalità era schiacciante.
“Resta con noi, Helva, resta con noi. E’ una vita nuova, con tutta l’energia dell’universo a nostra disposizione. Perché tornare ad una esistenza sterile in un involucro immobile? Resta con noi!”
Troppo tentata e troppo inorridita per ascoltare oltre, Helva si ritirò nella sicurezza della sua nave, l’unico rifugio che conosceva.

“Helva!” urlò Davo.
“Sono tornata,” mormorò lei.
“Grazie a Dio. Temevo che restassi con loro.”
“Sapevi che sarebbero rimasti?”
“Anche senza l’aiuto di Ansra,” ammise Davo. Nia, che gli stava accanto, annuì.
“Per Prane e Kurla è la soluzione ideale,” disse Nia. “Adesso potranno combinare energie.”
“Ma Chadress?”
“Ti impressiona, eh, il fatto che un braccio possa disertare?” chiese Davo, in tono comprensivo. “Ma ormai era in pensione, vero, Helva?”
“E se fossi rimasta anch’ io?”
“Ecco,” ammise Davo. “Chadress pensava che non saresti rimasta.., ma pensava anche che avresti dovuto proprio rimanere.”
“Io devo essere dove c’è bisogno di me, Davo.” Helva guardò i quattro corpi, che respiravano ma apparivano privi di vita. “Quattro?” gridò, stordita, identificando Ansra, adagiata accanto agli altri. “Cosa avete fatto? Come avete potuto farlo?”
“Facile,” rispose Nia, scrollando le spalle. “La legge del taglione. E i Corviki sono più bravi di noi a trattare le energie instabili, Helva. Adesso possiamo andarcene?”
“L’Impresario ha detto che lo scambio è stato effettuato,” disse Escalo. “Hanno sbloccato il tuo motore?”
“Sì…” disse Helva, ancora incapace di agire.
“Helva,” mormorò gentilmente Davo, appoggiando la mano alla colonna di titanio.
Sospirando, Helva inserì il nastro della rotta di ritorno nel calcolatore.

Helva guardò gli ufficiali e gli esperti che si allontanavano sui loro veicoli, come particelle di energia... Poi censurò rapidamente quei pensiero. I fari delle macchine illuminavano la parte inferiore della torre di controllo della Base di Regulus. Non tutti i veicoli si avviavano in quella direzione, notò Helva. Alcuni sfrecciavano verso la metropoli lontana.
Le persone ingusciate dovevano essere instancabili, ma lei si sentiva esausta e depressa. Non sapeva quale fosse stata l’esperienza più dura: se affrontare Beta Corvi o le interminabili domande degli specialisti. Capiva perché Prane aveva fatto ricorso alle droghe per ritardare la perdita dei neuroni. Se lei non avesse avuto i banchi memoria, avrebbe dimenticato quasi tutto ciò che era successo. Peccato non poterlo fare.
Helva sospirò. No, non Helva, la nave XH-834 del Servizio Medico dei Mondi Centrali, ma Helva la donna.
‘Ci chiudono in un guscio di titanio, mettono il guscio in una colonna di titanio e ci considerano invulnerabili. Ma le ferite fisiche non sono le più pericolose, e si guariscono facilmente...’
Le luci cominciarono ad accendersi, nella Torre, ed Helva si sentì malignamente soddisfatta. Ci sarebbero stati altri che avrebbero passato una notte insonne. E se lo meritavano, dopo averla assediata con tutte quelle domande. Quanto era potente la comunità Corviki? Quant’erano grandi le entità individuali? Per quanto tempo pensava che Prane, Kurla e Chadress, nei nuovi involucri corvikiani, avrebbero conservato i loro ricordi? Fra quanto tempo una seconda spedizione avrebbe dovuto tentare di penetrare nell’atmosfera? Quali altri mezzi di scambio suggeriva, tenendo conto del fatto che Prane avrebbe insegnato ai Corviki tante opere drammatiche? E perché pensava che l’ambiente di Corvi fosse pericoloso per la mente umana? Poteva suggerire qualche misura preventiva?
Non era una consolazione pensare che anche gli altri partecipanti venivano interrogati, controllati e sondati quanto lei. Per lo meno lei non l’avevano visitata, anche se avevano controllato l’acidità e avevano deciso di aumentare il tasso delle proteine nel suo fluido nutriente.
I calcolatori della Base avrebbero avuto da fare quella notte, ma lei preferiva non pensarci. Non voleva pensare ai Corviki, né ai quattro esseri umani che erano rimasti su quel pianeta...
“Non voglio pensare a niente,” disse Helva, a voce alta. Guardò all’esterno, irrequieta, in direzione degli alloggi dei piloti: c’erano molte finestre illuminate, ma lei non aveva voglia di chiamare nessuno. Non se la sentiva. Ma non se la sentiva neanche di stare sola, quella notte.
“Questa volta, non mi muovo di un centimetro se non mi assegnano un braccio,” si disse.
Il cimitero dove era sepolto Jennan si trovava molto distante da quella zona del campo, per fortuna, ma lei sentiva che quella distanza, psicologicamente, stava diminuendo.
Una macchina frenò con un grande stridore di gomme, e qualcuno attivò l’ascensore che Helva aveva lasciato a terra, dopo aver scaricato gli ultimi specialisti.
“Chi diavolo..”
“Parollan!” fece una voce brusca, rassicurandola.
Niall Parollan era stato presente, nella sua qualità di Supervisore, durante la riunione. Era intervenuto solo quan do gli esperti si agitavano troppo o si facevano troppo insistenti su punti che Helva non era in grado di chiarire. Lei aveva provato un senso di sollievo, e una certa ammirazione per la sua abilità. Evidentemente Parollan godeva di un notevole prestigio, nonostante i suoi modi bruschi... Ma perché era tornato?
Parollan entrò nella camera stagna, e fissò la colonna con una bellicosità inattesa.
“Che cosa ho fatto, adesso?” chiese Helva, nascondendo un’improvvisa apprensione.
Parollan abbandonò quella posa e avanzò barcollando, ed Helva si chiese se era ubriaco.
“Chiedo asilo, mia signora,” rispose lui, con un inchino esagerato.
“E una tazza di caffè?”
“Non ne hai più. Quei buffoni degli esperti hanno esaurito le tue scorte. Ma per quanto ne sa il Cencom, tu sei isolata.., ordine mio, amore, quindi, sei il rifugio più sicuro, per me.”
“Non sarai nei pasticci per Beta Corvi...”
“Pasticci?” Lui si lasciò cadere sul divano di fronte alla colonna. “No, diavolo. Non con la mia Helva. Però ci siamo lo stesso, nei pasticci.” Fece un ampio gesto, come per suggerire un parametro galattico, non planetario.
“Bene, nessuno ti disturberà, e nessuno mi disturberà, e magari domattina saremo abbastanza svegli per...” La voce si spense. Helva pensò che si fosse addormentato, ma si accorse che la stava fissando ad occhi socchiusi.
“Qualcuno s’è ricordato di dirti che hai superato le più rosee aspettative? Il Comandante s’è ricordato di avvertirti che hai due nuove note di merito sul tuo fascicolo personale? E un premio favoloso? Fra poco ti sarai sdebitata completamente, se continui cosi.”
Poi la voce di Parollan si addolcì. “E io, mi sono ricordato di ringraziarti, Helva, per avere compiuto meravigliosamente una missione schifosa che ti abbiamo indotta ad accettare con un imbroglio...”
“Non sei stato tu, Parollan.”
“Ah!” Niall Parollan scoppiò a ridere, poi si lasciò ricadere sui cuscini. “Bene, sei stata grande, ragazza mia. Non credo che un’altra nave ce l’avrebbe fatta.”
“Un’altra nave, forse, avrebbe riportato indietro tutti i passeggeri.”
“Non dire sciocchezze, Helva!” fece Parollan, raddrizzandosi sul divano. “Prane e Kurla avevano le loro buone ragioni per restare, e anche Chadress. Tutti e tre hanno approfittato dell’occasione. In quanto ad Ansra Colmer, quella strega ha avuto quel che si meritava. C’è una vera giustizia, nell’universo!”
Si riappoggiò alla spalliera, intrecciando le dita dietro la testa.
“Mi diverto un mondo a veder sudare quei bastardi della Procedura,” fece, ridacchiando.
“Per via dei quattro corpi? Non sarebbe il caso di seppellirli?”
“Perché? Clinicamente sono ancora vivi, Helva. Il tuo corpo è clinicamente morto,” aggiunse, ignorando le regole che imponevano di non parlarne ad una persona ingusciata. “eppure nessuno pensa che tu sia uno zombie. Che cos’è la morte, Helva? La mancanza di mente o di anima, o di quello che vuoi? O la mancanza di moto indipendente? Tu sei in grado di muoverti, cocca, anche se non puoi muovere un muscolo.”
“Tu sei ubriaco, Niall Parollan.”
“Oh, no, non sono affatto ubriaco. Mi sto solo sfogan-do, ragazza mia.” e si risollevò, con uno scatto lucidissimo. “Da un punto di vista etico e sociale, alla nave che aspettava dalle parti di Beta Corvi tu hai consegnato quattro cadaveri. Quattro spoglie vuote, anche se funzionanti, da un punto di vista meccanico. E i loro occupanti, o proprietari, chiamali come vuoi, non torneranno più qui.”
Si alzò e si diresse verso la colonna.
“E’ la tua grande occasione, ragazza. Scegli. Trasferisciti nel corpo di Kurla: è la più giovane. O in quello di Chadress, se vuoi cambiare sesso.”
Per un attimo accecante, Helva esaminò quella proposta sbalorditiva, così come aveva pensato, per un attimo, di rimanere nell’involucro corvikiano.
“Presumendo, naturalmente, che io voglia essere un umano mobile.” disse, con voce forzatamente ragionevole. “Ricordati, Parollan, che io sono già stata in un altro corpo, su Beta Corvi. E preferisco me stessa.”
Parollan la scrutava con attenzione insondabile: poi tese la mano per accarezzare la colonna, nel punto dove c’era la fessura quasi invisibile dello sportello.
“Giusto, Helva, giusto.” Poi si diresse verso la cambusa. Helva notò, con sollievo, che aveva preso una crema, non uno stimolante. Tornò indietro, e sedette prima di spezzare il sigillo del riscaldatore. Sembrò ipnotizzato dal vapore fumante, poi scosse il capo.
“Non pensavo che avresti accettato,” osservò, in tono distratto.
“E allora perché me lo hai chiesto? Volevi mettermi alla prova, Supervisore?”
Lui alzò gli occhi, ridacchiando al tono tenero della voce di lei.
“Non te di certo, ragazza mia...”
“E non sono la tua ragazza...”
“Sciocchezze!” Parollan sorseggiò la crema bollente.
“Perché me lo hai chiesto?” insistette Helva. Parollan alzò le spalle.
“Mi sembrava che fosse la tua buona occasione per uscire dalla tua cintura
di castità.”
Helva scoppiò a ridere.
“Ne sono uscita. Su Beta Corvi.”
“Hai provato una volta e non t’è piaciuto, eh?”
“Il movimento? La libertà?” fece Helva, ignorando il doppio senso della domanda di Parollan, e la sua espressione maliziosa.
‘Il movimento fisico,” precisò lui. “La libertà fisica.”
“Definisci il significato di ‘fisico’. Come nave, ho una potenza fisica ed una libertà fisica più grandi di quanto tu potrai mai provare. Penso, sento, respiro. Il mio cuore batte, i miei polmoni respirano, le mie vene funzionano.”
“Come i cuori, i polmoni e le vene dei quattro... dei quattro niente nella sala rianimazione dell’Ospedale della Base. Ma loro sono morti.”
“E io, sono morta?”
“Sei morta?”
“Sei sbronzo, Parollan!” l’accusò lei, seccamente.
“Non sono sbronzo, Helva. Sto discutendo un problema morale importantissimo, e tu mi eludi.”
“Chi eludo? Niall Parollan? O il Supervisore?”
“Niall Parollan.”
“E perché discuti con me questo importante problema morale, Niall Parollan?”
Lui alzò le spalle e si sistemò sul divano, stringendo fra le dita il barattolo della crema.
“Per passare il tempo,” disse finalmente. “Abbiamo molto tempo da perdere, stanotte. Ed è da sciocchi sprecare il nostro tempo prezioso in chiacchiere. Meglio discutere un problema morale... che fra l’altro, tu hai girato a noi. E nessuno riuscirà a risolverlo. Dovevi sistemare tutto prima di lasciare quell’atmosfera puzzolente. Ehi, hai fiutato l’atmosfera che respirano i Corviki?”
Helva fu pronta a ribattere.
“lo non ho il senso dell’olfatto, e non ho potuto sentire se l’atmosfera di Beta Corvi puzzava. Gli altri non ne hanno parlato: quindi ritengo che, per un Corviki, l’odore dell’atmosfera sia normale.”
“Ah!” fece lui, in tono d’accusa. “Dunque ti manca l’odorato!”
“E non lo vorrei neanche.., se non per sentire l’odore del caffè, che a quanto dicono tutti è molto gradevole.”
“Ricordati di ordinarne, domattina.”
“Ho già fatto l’ordinazione allo Spaccio,” disse dolcemente Helva.
“Brava la mia ragazza.”
“Non sono la tua ragazza. E, a rischio di ripetermi, perché sei venuto qui, Niall Parollan?”
“Non voglio essere scocciato da quei rompiscatole,” brontolò lui, puntando il pollice in direzione della Torre. “E mi scoccerebbero, se potessero raggiungermi. Ma qui non possono, perché il Cencom ha il divieto di inoltrarti qualsiasi chiamata, Helva, fino alle otto di domattina. Perché tu, Helva, ragazza mia, ne hai avuto abbastanza di tutti loro, per un po’, vero? Non negarlo! Ti conosco abbastanza bene. Oh, ti conosco, ragazza mia, più di chiunque altro… e ho capito che stavi per mandarli al diavolo.” La sua voce si smorzò lievemente. “Questa missione ti ha scossa più di quanto tu voglia ammettere.”
Helva non rispose. Lui bevve un altro sorso di crema.
“Non sei sbronzo,” disse lei.
“Te l’avevo detto,” fece Parollan, sogghignando.
“Non mi ero accorta,” disse Helva, in tono leggero,
per non fargli capire che era commossa da quella premura, “che fra i compiti di un Supervisore ci fosse anche quello di far la balia alle navi.”
“Abbiamo vasti poteri discrezionali.”
“E io devo restare veramente fino alle otto di domattina senza comunicare con nessuno? O cerchi di impedirmi di conoscere qualche braccio simpatico?”
“No, che diavolo,” spiegò lui, inarcando le sopracciglia. “Puoi controllare anche subito. Tu puoi chiamare chi vuoi, vedi. Ma nessuno può chiamare te. E...”
“E sei venuto qui per impedirmi di invitare qualche braccio!”
“Questa donna non ha altro per la testa!” esplose Parollan. “Avanti, invitali pure. Quanti ne vuoi. Svegliali anche tutti. Faremo una bella festa!”
Si alzò, si diresse verso il pannello.
“Perché sei qui?”
“Ehi, modera la voce, ragazza. Sono qui perché questo è il posto più sicuro per me!” Tornò a voltarsi verso di lei, con un sorriso maligno. “Non vuoi che chiami gli alloggi dei piloti?”
“Non voglio. Perché sei scappato?”
Parollan si lasciò cadere sul divano.
“Perché ne avevo abbastanza delle loro domande cretine e dei loro sospetti e...”
“Sospetti?” l’interruppe Helva.
Niall sbuffò.
“Quelli hanno un sacco di teorie idiote sui cervelli schizofrenici e sui blocchi e via discorrendo.”
“Per me?”
Niall tornò a sbuffare.
“lo ti conosco, ragazza, e ti conosce anche Railly, e quelle scemenze sul tuo conto non le beviamo.”
“Grazie.”
“Non prendermi in giro, Helva,” fece Parollan, con voce improvvisamente dura. “Ti farò sgobbare egualmente come una matta. Ti farò accettare missioni che non vorrai, perché saranno utili a te e al Servizio...”
“Utili a me? Come la missione a Beta Corvi?”
“Si, accidenti! Utili alla donna che sta dentro quella corazza di titanio!”
“Mi pareva che mi avessi proposto di uscire da questa corazza... per passare nel corpo di Kurla.”
Immobile, Parollan fissava rabbiosamente la colonna. Poi si rilassò di colpo e tornò ad abbandonarsi sul divano, apparentemente tranquillo, ma Helva notò che i muscoli della mascella erano ancora contratti.
“Sì, è vero,” disse lui, in tono mite. Poi si sdraiò sul divano e sbadigliò, ostentatamente. “Sai, non ti ho mai sentita cantare. Me lo faresti, questo favore?”
“Per tenerti sveglio? O vuoi una ninnananna?”
Niall Parollan sbadigliò di nuovo, intrecciò le dita dietro la testa e fissò il soffitto.
“Scegli tu.”
Sorprendentemente, Helva si accorse di aver voglia di cantare.





Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
 | 
Rispondi

Feed | Forum | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 07:51. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com