Il problema dei 3 corpi: Attraverso continenti e decadi, cinque amici geniali fanno scoperte sconvolgenti mentre le leggi della scienza si sgretolano ed emerge una minaccia esistenziale. Vieni a parlarne su TopManga.
"Sconosciuto e' qualcuno
che aspetta di diventare Amico"

 
Dio Vi Benedica!



in
  
Questa e' una Comunita' Cattolica di ACCOGLIENZA
nello spirito del R.n.S.

APERTA A TUTTI


NB: Tutto il materiale usato per la costruzione di questo sito e' stato preso in giro qua e la' sul web, qualora qualcuno si accorgesse che sono state involontariamente violate in qualche occasione norme sul copyright, basterà mandare una mail all'Amministratore
segnalando il materiale che non doveva essere usato, il quale sara' immediatamente rimosso.
 
Pagina precedente | 1 2 3 4 5 | Pagina successiva

IL MATTUTINO - Pensieri quotidiani di Mons. Ravasi

Ultimo Aggiornamento: 31/12/2011 08:51
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 5.367
Sesso: Femminile
14/09/2011 14:24

auroraageno, 14/09/2011 12.25:


I fiori di plastica



Il nonno stava per morire. Figli e nipoti erano al suo capezzale angosciati. Egli aprì gli occhi ed essi approfittarono per fargli capire che desideravano che non morisse. Allora il nonno con pacata serenità disse lentamente: «Quello che è veramente vivo deve morire. Guardate i fiori: solo quelli di plastica non muoiono mai!». Riescono a farli così simili a quelli veri da costringerci a toccarli per scoprire che in verità sono finti. Che sia questo un simbolo del nostro tempo, fatto di artificiosità e di inganno? Certo è che il fiore o la pianta di plastica non appassiscono né muoiono; eppure noi tutti li consideriamo come un segno di cattivo gusto e di kitsch. Questa volta la nostra riflessione va, però, nella direzione che ci è suggerita dall'episodio sopra citato. L'ho ritrovato nel riquadro di una rivista americana ove si mettono le "battute di spirito" in senso non umoristico ma "spirituale". La morte, comunque, ha sempre due volti, uno tragico e uno liberatorio. Persino in Cristo si ritrova questa duplicità: per Matteo e Marco egli lancia quell'urlo: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?»; per Luca si rivolge serenamente a Dio: «Padre, alle tue mani affido il mio spirito». Vita e morte sono due passi costanti nella nostra esistenza. Ogni minuto è un istante pieno di vita, ma è anche un avanzare verso la morte. C'è un verso indimenticabile messo in bocca a Beatrice da Dante che parla «del viver ch'è un correre a la morte» (Purgatorio XXXIII, 54). È, quindi, necessaria la lezione di Leonardo da Vinci che confessava nei suoi Pensieri: «Quando io crederò a imparare a vivere, io imparerò a morire». Una lezione di sapienza che permette alla fine di condividere la frase di quel nonno. Un frase che si carica di luce ulteriore per il credente che vede la morte come una soglia aperta sull'eternità di Dio.


card. Gianfranco Ravasi

"Il Mattutino" - da L'Avvenire


OFFLINE
Post: 3.514
Sesso: Femminile
15/09/2011 09:08

BUONI E CATTIVI


BUONI E CATTIVI


Tutti amano i buoni, ma li sfruttano. Tutti detestano i cattivi, ma li temono e li ubbidiscono. «I pensieri del grillo parlante»: era questo il titolo di una sezione del libro La vita è bella nonostante di un giornalista e scrittore molto apprezzato ai suoi tempi per la sua leggibilità e sincerità, Vittorio Buttafava (1918-1983). Lo incontrai per caso in una casa di amici e ricordo ancora la vivacità delle sue battute, capaci di addentare i vizi della società di quegli anni. Il suo era un moralismo spumeggiante, non aggressivo e intransigente, ma bonario e genuino. È il caso del passo che ho voluto proporre oggi da quella sezione del «grillo parlante», un vero e proprio aforisma sapienziale che non ha bisogno né di note in calce né di commenti applicativi tanto è limpido nella sua amara verità. Era ciò che già osservava Foscolo nelle Ultime Lettere di Jacopo Ortis, quando notava che «l'uomo dabbene in mezzo ai malvagi rovina sempre; e noi siamo soliti associarci al più forte, a calpestare chi giace, e a giudicare l'evento». Nella frase di Buttafava vorrei mettere l'accento su un verbo applicato ai buoni, «sfruttare». C'è il detto proverbiale secondo il quale se dai una mano, ti prendono il braccio. È un'esperienza, ahimè, quotidiana che colpisce proprio i buoni, i generosi. Ci si imbatte spesso in una spudoratezza che rasenta l'indecenza e l'arroganza: ci sono persone che esigono senza nessun diritto o titolo e non danno tregua fino alla meta raggiunta. Vittime sono di solito proprio i buoni, i miti, i mansueti, i caritatevoli. La sfrontatezza degli uni abusa della magnanimità degli altri. E purtroppo bisogna riconoscere che di fronte all'improntitudine, alla faccia tosta quasi insolente ci si ritrova impotenti e deboli.


card. Gianfranco Ravasi

"Il Mattutino" - da L'Avvenire.it


OFFLINE
Post: 5.367
Sesso: Femminile
15/09/2011 20:19




Dal Vangelo di Matteo 5, 1-12


Vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli.
Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo:
Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati gli afflitti, perché saranno consolati.
Beati i miti, perché erediteranno la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia.
Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli.
Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi.

AMEN!

OFFLINE
Post: 3.514
Sesso: Femminile
16/09/2011 08:43




LODATE, LODATE!


Lode: è l'omaggio da noi reso a opere che somigliano alle nostre, ma che naturalmente non le eguagliano. «Lodate, lodate: questo è il mio consiglio. Non abbiate riguardi, urlate i vostri complimenti in faccia alla gente e ripeteteli anche alle sue spalle, se avete motivo di credere che verranno riferiti». Questa esortazione, presente nella Fiera delle vanità dello scrittore inglese dell'Ottocento, William M. Thackeray, sarà pure ironica ma ha un'indiscussa applicazione nella realtà. Se, infatti, è ben diffusa la calunnia, lo è altrettanto l'adulazione laudativa. Ci sono alcuni che, per ottenere il favore del potente di turno, sono pronti a prostituire l'anima e l'intelligenza. È, questa, una malattia sociale che si ramifica dappertutto, varca anche i recinti ecclesiastici, rende artificiose molte relazioni e riesce a falsare il merito genuino. Se, però, proviamo a scavare anche nella lode autentica, ci imbattiamo in un'altra sottile dimensione, ben illustrata dalla voce «Lode» che abbiamo desunto e tradotto da quel satirico e divertente Dizionario del diavolo, approntato nel 1906 da un sulfureo e avventuriero personaggio americano, Ambrose Bierce. Ora, se c'è la lode ipocrita dispensata per nutrire la vanità altrui, c'è anche la lode a cui si è costretti a ricorrere, a denti stretti, quando si è di fronte a figure e opere straordinarie. Eppure, sotto sotto, c'è sempre una riserva implicita: sarà pure un grande risultato quello raggiunto da altri, ma noi siamo capaci di valicarlo. Si fa strada il serpente dell'orgoglio che - come ben sappiamo dalla Genesi - non esita a metterci in concorrenza persino con Dio («sarete come Dio»). Attenzione: in agguato c'è, però, anche il ridicolo. Il pur compassato Cicerone non ha resistito a scrivere nel suo De consulatu meo questa autolode: «O Roma fortunata, nata sotto il mio consolato!».


card. Gianfranco Ravasi

"Il Mattutino" - da L'Avvenire


OFFLINE
Post: 3.514
Sesso: Femminile
17/09/2011 08:53



IL LUSSO E IL NECESSARIO


Nella società del benessere non si fa più nessuna valida distinzione tra il lusso e le necessità. Ci sono dei centri commerciali così immensi da essere diventati vere e proprie cittadelle: ne intravedo uno ogni volta che mi reco all'aeroporto di Fiumicino e mi si dice che ci sono famiglie romane che là trascorrono l'intera domenica, perché la varietà delle offerte – anche di divertimenti – è tale da coprire tutte le esigenze. Ecco, è proprio questa parola «esigenze» ad essere al centro della nostra riflessione odierna. Mi aiuta a svilupparla la frase che ho tratto dal saggio The affluent society di un famoso economista americano dell'era kennediana, John K. Galbraith (1908-2006). La società opulenta, «affluente», come si è soliti dire con un anglicismo (o persino «superaffluente»), ha travolto il tradizionale concetto di «esigenze». Esso rimandava alle nostre necessità primarie che, certo, variavano da epoca a epoca e secondo i diversi contesti culturali e ambientali, ma si basavano sui fondamentali dell'esistenza. Il superfluo era considerato un «lusso», un di più non necessario ma solo voluttuario: è significativo che in inglese «lusso» si dica luxury! Ora si è compiuta una svolta: la società dei consumi non conosce quella distinzione e il concetto di «esigenze» o di «necessario» si è dilatato fino ad abbracciare anche l'opulenza, la sovrabbondanza, il superfluo, l'accessorio. Si ha, così, una mentalità sfrenata nell'«esigere» e questo si rivela non solo in sede commerciale, ma anche semplicemente umana. Si pretende tutto, fino all'eccesso, e l'idea di felicità è nel poter comperare tutto quello che brilla e che è piacevole. Invano l'antica sapienza dei Ricordi dell'imperatore Marco Aurelio ci ammonisce: «La maggior parte delle cose che diciamo e facciamo non sono necessarie: chi le elimina dalla sua vita sarà più tranquillo e sereno».


card. Gianfranco Ravasi

"Il Mattutino" - da L'Avvenire

OFFLINE
Post: 3.514
Sesso: Femminile
18/09/2011 12:15



DISSOTTERRARE DIO


Dentro di me c'è una sorgente molto profonda. E in quella sorgente c'è Dio. A volte riesco a raggiungerla, più sovente è coperta di pietre e di sabbia: in quel momento Dio è sepolto, bisogna allora dissotterrarlo di nuovo. Non è la prima volta che abbiamo lasciato la parola a Etty Hillesum, giovane donna ebrea olandese, deportata ad Auschwitz: per due anni, alle soglie della sua morte nelle camere a gas di quel lager, ci ha lasciato un diario spirituale emozionante, tradotto in italiano da Adelphi (Diario 1941-43). In questa domenica facciamo risuonare la sua parola cristallina perché ci aiuta a incontrare Dio. Tanti sono i crocevia nei quali egli ci attende. Etty, cioè Ester, ce ne ricorda uno vicinissimo e sempre aperto al passaggio di Dio, quello della nostra anima, di quell'interiorità che è simile a una sorgente zampillante. C'è una straordinaria freschezza in questo incontro, c'è intimità, spontaneità, immediatezza, come dice il Salmista: «L'anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente… È in te la sorgente della vita… O Dio, ha sete di te l'anima mia in terra arida, assetata, senz'acqua» (42,3; 36,10; 63,2). Ma giunge il giorno in cui sulla fonte si deposita una frana di detriti e Dio rimane sepolto. È la valanga delle cose, dell'esteriorità, della superficialità, della colpa che ricopre l'anima di una coltre pesante fatta di relitti, di scorie, di rifiuti. Bisogna, allora, con impegno, anche a mani nude, scavare per «dissotterrare Dio», riportarlo ancora al centro della coscienza, liberare dal fango le sue labbra perché ci parlino di nuovo, aiutare le sue mani ad accarezzarci. Anche Dio ha bisogno di noi per essere lasciato libero di muoversi nello spazio della nostra anima e della nostra vita. È per questo che ci ha creati liberi come lo è lui, per un abbraccio spontaneo, schietto, tenero.


card. Gianfranco Ravasi

"Il Mattutino" - da L'Avvenire


OFFLINE
Post: 3.514
Sesso: Femminile
20/09/2011 10:19



La delusione di Satana


Il diavolo è un ottimista, se pensa di poter peggiorare gli uomini. Beffardo nel suo sarcasmo, ma sempre tagliente nella sua intelligenza, lo scrittore austriaco Karl Kraus (1874-1936) ci spinge, con questo suo aforisma della raccolta Casi, Idee, ad avere un po' di pietà per Satana: gli uomini sanno fare meglio di lui. Vorrei qui proporre due considerazioni. La prima riguarda la resistenza umana a qualsiasi influsso, positivo e negativo. È quella che si chiama «ostinazione»: la nostra dotazione di volontà libera e autonoma ci può far impuntare come un mulo, con una caparbietà invincibile. Questa nostra realtà ha un esito bifronte. Da una parte, può essere una tenacia positiva nella coerenza secondo le proprie idee e convinzioni: è la tradizionale «perseveranza», che è fedeltà a sé stessi e può raggiungere persino la vetta del martirio. D'altro lato, però, c'è anche l'irremovibilità nel male, l'accanimento nel vizio, il puntiglio ottuso. Su quest'ultimo versante ha difficoltà persino Dio - e non solo Satana - sebbene con finalità e prospettive diverse, perché il Creatore non vuole prevaricare con la sua grazia sulla libertà della sua creatura. L'altra nota riguarda il protagonista del detto di Kraus, il diavolo, per molti il relitto di un paleolitico teologico. Eppure, un agnostico come lo scrittore francese André Gide confessava: «Non credo nel diavolo; ma è proprio quello che il diavolo spera: che non si creda in lui». E il suo connazionale e altrettanto scettico Charles Baudelaire sosteneva che «la più grande astuzia del diavolo è farci credere che non esiste». Ebbene, non entriamo nel merito del discorso sull'esistenza e sulla funzione del Tentatore. Accontentiamoci solo di ripetere contro le ironie sul tema quello che Goethe metteva in bocca al suo Faust: «Hanno voluto scacciare il Maligno e ci sono restati tutti i mascalzoni più piccoli!».


card. Gianfranco Ravasi

"Il Mattutino" - da L'Avvenire


OFFLINE
Post: 3.514
Sesso: Femminile
21/09/2011 09:44



LE RUGHE


Se non si possono evitare le rughe del volto, è però possibile evitare le rughe dello spirito. Diciamo ai giovani: «Gli uomini, come il vino, migliorano invecchiando». Ma diciamo ai vecchi: «Attenti all'acidità!». «Come d'autunno si levan le foglie / l'una appresso de l'altra, fin che 'l ramo / vede a la terra tutte le sue spoglie…»: molti avranno riconosciuto in questa comparazione, poeticamente fragrante ed echeggiante l'Eneide di Virgilio, la voce di Dante che raffigura in quelle foglie morte autunnali le anime perverse guidate da «Caron dimonio, con occhi di bragia» (Inferno III, 112-114). Noi, invece, scegliamo, per l'ingresso in questa dolce stagione dai colori tenui e delicati, una curiosa riflessione del letterato parigino Jean-Baptiste-Alphonse Karr (1808-1890), che abbiamo scoperto in un'antologia. Brioso, talora incline alla satira, finì la sua vita nei pressi di Nizza dedicandosi alla floricoltura. Ritorniamo, così, alla natura da cui siamo partiti con Dante; ora, però, di scena è l'autunno della vita umana, la vecchiaia che ha come emblema la ragnatela di rughe che si distende sul nostro volto. Tanto temuta dai vanitosi (che non sono solo le donne), essa permette un'applicazione che si addice a tutti. Ci sono, infatti, anche le «rughe dello spirito», come giustamente osservava Karr, ed esse sono equamente distribuite in tutte le età. Ecco, allora, quel duplice consiglio. Ai giovani: non temete il flusso degli anni, perché esso porta con sé esperienza, sapienza, consiglio e, quindi, migliora la persona, come accade al vino. Agli anziani: attenzione, non è così automatico che vecchiaia e maturità siano sinonimi, perché ci può essere anche la degenerazione, proprio come avviene a certi vini inaciditi o abboccati. Ogni età è bella purché l'anima (e non tanto il corpo) abbia poche rughe.




card. Gianfranco Ravasi

"Il Mattutino" - da L'Avvenire

OFFLINE
Post: 3.514
Sesso: Femminile
21/09/2011 14:01


E' verissimo. E ciò che impedisce al vino dell'anima di inacidire è la grazia divina.

Ho conosciuto molte persone, di varia età, con un pensare, uno 'stare'... veramente acido, di fronte alla vita; e cioè nei giudizi dei fatti della vita, nella visione delle cose.


Il mio volto è ancora piuttosto liscio, nonostante l'età, ma, a conferma di quanto detto sopra, anche per me ci sono stati periodi di acidità... Solo l'aiuto amorevole dello Spirito d'Amore, la Grazia divina, me ne ha liberato Spero tanto di non inacidire più.


Aurora

OFFLINE
Post: 3.514
Sesso: Femminile
22/09/2011 10:58


L' ALFABETO ORANTE



Un vecchio ebreo, giunto a tarda età con la mente e la vista appannate, non riusciva più a leggere il suo libro di preghiere e la memoria, dopo aver iniziato anche l'orazione più comune, latitava e si confondeva. Allora decise di fare così: «Reciterò ogni giorno al mattino e alla sera l'alfabeto ebraico per cinque volte e tu, Signore, che conosci tutte le nostre preghiere, metterai insieme le lettere perché compongano le orazioni che non so più ricordare e dire». Le vie del collezionismo sono infinite. Un mio conoscente ha una straordinaria raccolta di alfabeti antichi e moderni, trascritti su fogli o tavolette. Come emblema ideale egli ha adottato questo apologo ebraico che trovo bellissimo nella sua ingenuità e innocenza di cuore. Lo sfarfallio delle lettere è affidato a Dio perché lo ricomponga in un inno di lode. Se pensiamo alla potenza di quei segni, dobbiamo restare incantati. Con essi si sono intessuti i più dolci colloqui d'amore, i canti più armoniosi, le invocazioni più drammatiche di salvezza, i racconti più affascinanti, le memorie decisive della storia di una persona e di un popolo e si potrebbe proseguire a lungo in questo catalogo di meraviglie create attraverso gli alfabeti umani, non sempre scritti (si pensi a quelli gestuali di certe culture o dei sordomuti). Eppure, a causa di quelle stesse lettere sono scoppiate guerre, si sono alimentati odi tra fratelli, si è prodotta una valanga di pornografia, si sono ingannate tante menti con false ideologie e così via, in un altrettanto sterminato catalogo di orrori verbali e grafici. È bella, allora, la scelta di quel vecchio ebreo che fa salire al cielo il minimo che ancora conosce e lo mette nelle mani e sulle labbra di Dio perché possa ricreare la più meravigliosa di tutte le preghiere. È, questa, la potenza della semplicità di cuore che Dio ama con infinita tenerezza più dell'eloquenza dei dotti.


card. Gianfranco Ravasi

"Il Mattutino" - da L'Avvenire

OFFLINE
Post: 3.514
Sesso: Femminile
23/09/2011 09:43



LA FOLLA E LA VERITÀ



Quest'uomo avrà sempre la folla dalla sua parte. È sicuro di sé come lo è del mondo. È questo che piace alla moltitudine: essa non cerca prove ma asserzioni. Le prove la inquietano e la mettono a disagio. La folla è semplice e comprende solo le cose semplici. Non bisogna spiegarle né il come né il perché, ma dichiarare solo il sì e il no. Non conosceva né la televisione né le attuali tecniche pubblicitarie lo scrittore francese Anatole France, quando nell'Ottocento scriveva queste righe. Eppure, difficile è descrivere meglio di quanto abbia fatto lui la raffinata grammatica del consenso di massa, usata da alcuni politici, dai capipopolo, dalle agenzie di pubblicità, dai giornalisti soprattutto televisivi e persino da certi predicatori. Intendiamoci subito: la chiarezza di parola e di pensiero contro ogni esoterismo oracolare e ogni cripticità indecifrabile è una virtù e una dote preziosa. Ciò che qui si denuncia è l'appiattimento cerebrale e spirituale in un riduttivismo tale da umiliare la verità e la realtà, invece di farle brillare. Purtroppo è vero che la folla ama la pigrizia della semplificazione; non vuole affaticarsi lungo i sentieri ardui in cui bisogna argomentare, discutere, dedurre, essere coerenti e documentati. Preferisce l'asserzione netta e talora banale, nella convinzione che questo superficiale «parlar chiaro» sia sinonimo di verità e di lucidità. Così, tra l'altro, essa si illude di essere intelligente e dotata. L'analisi dell'esistenza e dell'umanità, la stessa fede esigono invece ricerca e approfondimento. Chiaro ma impegnativo il citatissimo appello che san Pietro rivolge ai cristiani di essere: «pronti sempre a rispondere a chiunque domandi ragione della speranza che è in voi» (1 Pietro 3,15). È, questo, un segno di rispetto verso l'intelligenza e la dignità delle persone.


card. Gianfranco Ravasi

"Il Mattutino" - da L'Avvenire

OFFLINE
Post: 3.514
Sesso: Femminile
24/09/2011 11:58




TASSE CERTE?



In questo mondo non vi è nulla di sicuro tranne la morte e le tasse. Aveva ragione Benjamin Franklin (sì, proprio l'inventore del parafulmine) quando scriveva questa riga il 13 novembre 1789 in una lettera che stava indirizzando a un amico, un certo Leroy. Avrebbe ragione ancora oggi, ma soltanto perché era americano e scriveva negli Stati Uniti ove il rigore fiscale e la coscienza collettiva erano e sono un dato reale e non fantomatico. La frase non varrebbe, invece, in Italia ove le tasse sono certe solo per alcuni, mentre per altri sono del tutto ipotetiche e ove - bisogna pure riconoscerlo - siamo lontani anni luce dall'affermazione del presidente Luigi Einaudi (1874-1961) che, in un articolo sul Corriere della Sera, dichiarava che «il denaro dei contribuenti deve essere sacro». Evasori e corruttori e corrotti sono in gioiosa combutta per smentire queste e altre dichiarazioni. Non è male, allora, riproporre un simile tema etico e non meramente legale, come purtroppo anche qualche moralista in passato rubricava la questione, fornendo così un ulteriore alibi di indole religiosa, qualora ce ne fosse bisogno. Un tema che ha appunto i due estremi in connessione: chi non paga le tasse e chi sperpera il denaro pubblico sono entrambi immorali e devono finirla i primi di allegare i secondi per giustificarsi e i corrotti devono semplicemente smetterla di rubare, anche perché l'attuale sfacciataggine non ha più neppure il pretesto politico dei partiti, come accadeva al tempo di «Mani pulite». A questo punto non c'è altro da aggiungere, se non rispolverare le parole che san Paolo indirizzava ai cristiani di Roma: «Pagate le tasse: quelli che svolgono questo compito sono a servizio di Dio. Rendete a ciascuno ciò che è dovuto: a chi si devono le tasse, date le tasse; a chi l'imposta, l'imposta!» (13,6-7).


card. Gianfranco Ravasi

"Il Mattutino" - da L'Avvenire


OFFLINE
Post: 3.514
Sesso: Femminile
25/09/2011 14:56




SE CRISTO TORNASSE



Se Cristo tornasse oggi tra noi, la gente non lo metterebbe più in croce. Lo inviterebbe a cena, lo ascolterebbe e gli riderebbe dietro le spalle. Non sono pochi i film che hanno immaginato un ritorno di Cristo per le strade di oggi, all'interno dei palazzi delle nostre metropoli e persino nelle chiese a lui consacrate. Un titolo per tutti: Jesus of Montreal del regista Denys Arcand (1989). Jaroslav Pelikan scriveva nel 1985: «Al di là di ciò che ognuno possa personalmente pensare o credere di lui, Gesù di Nazaret è stato per quasi venti secoli la figura dominante nella storia della cultura occidentale». Ma se dovessimo immaginare un suo ritorno in mezzo a noi, potremmo forse correre il rischio di dar ragione allo storico scozzese Thomas Carlyle a cui dobbiamo la frase sopra proposta. Eppure lui faceva questa affermazione nell'Ottocento. Oggi sarebbe ancor peggio. Potrebbe capitare a Gesù, con quei lineamenti un po' "orientali", di essere fermato per un controllo dei documenti. L'elemento che vorrei sottolineare è, però, quello della derisione benevola. No, non è un'esagerazione teatrale o narrativa. Tanti cristiani – lasciamo perdere la società secolarizzata – non prendono sul serio il cristianesimo con le sue verità e le scelte che esige. Un'infarinatura di preghiere e di qualche opera buona non è una risposta al Discorso della montagna e ai suoi appelli, così come una vaga conoscenza dei Vangeli non copre la richiesta che Cristo avanza di adesione alla sua rivelazione di verità, di amore, di libertà. Le sue parole, se ridotte a dialogo di società, si spengono, perché esse in realtà hanno il fuoco dentro e vorrebbero invece accendersi nelle menti e nelle anime. Non si può solo lasciarlo parlare e poi irriderlo perché è "esagerato". Eppure è questo il rischio che stiamo correndo nel grigiore dei nostri giorni.


card. Gianfranco Ravasi

"Il Mattutino" - da L'Avvenire


OFFLINE
Post: 3.514
Sesso: Femminile
27/09/2011 09:54



PERLE DI SAGGEZZA



I suoi discepoli avevano definito i suoi discorsi e i suoi scritti «perle di saggezza». Il maestro non si dimostrò molto entusiasta di questa definizione. Gli chiesero la ragione di questa sua riserva. «Avete mai visto perle che crescono se sono seminate in un campo?», fu la sua replica. Se qualcuno si mette a esaltare una tua azione, è spontaneo sentire nell'anima quel languore che non è ancora superbia, ma è soddisfazione, fierezza, appagamento. Nella magniloquenza del passato, per scritti o discorsi di maestri dello spirito o delle lettere si usava l'espressione «perle di saggezza». È quello che fanno nei confronti del loro maestro anche i discepoli di questo apologo orientale che trovo evocato nella lettera affettuosa di un lettore. La replica è, però, illuminante. Troppe parole e azioni hanno, infatti, la funzione di abbellire coloro che le pronunciano o compiono. Sono appunto collane di perle che, certo, brillano ma sono da indossare per essere più appariscenti. Anche per questo, Cristo - che pure non ignora il paragone delle perle («Non gettate le vostre perle davanti ai porci…», Matteo 7,6) - preferisce ricorrere a immagini vive come quella del seme di grano (o di senapa) che, «caduto in terra, muore e produce molto frutto» (Giovanni 12, 24). Bisogna, quindi, dire e fare cose belle ma anche buone, affascinanti ma anche feconde, luminose ma anche calorose. In questa linea, vorrei concludere con un'altra parabola orientale. Si accorreva per ascoltare un maestro dall'eloquio incantevole. Ma un ascoltatore rimase attratto solo dal flusso mirabile delle frasi e non fu toccato nel cuore. Allora un discepolo del maestro spiegò: «Devi fare come se si trattasse di un albero autunnale: scuoti l'albero del discorso, fa' cadere a terra tutte le foglie delle parole; quello che rimarrà è il frutto che nutrirà la tua anima».


card. Gianfranco Ravasi

"Il Mattutino" - da L'Avvenire


[Modificato da auroraageno 28/09/2011 08:43]
OFFLINE
Post: 3.514
Sesso: Femminile
28/09/2011 08:42


COMINCIARE



L'unica gioia al mondo è cominciare. È bello vivere perché vivere è cominciare, sempre, ad ogni istante. E invece, una dozzina d'anni dopo, chi scriveva questa annotazione nel suo diario alla pagina del 23 novembre 1937 si toglieva la vita in un afoso agosto torinese del 1950. Sto parlando di Cesare Pavese e del suo Il mestiere di vivere, pubblicato postumo nel 1952. Eppure queste due frasi sono di una freschezza e di una vitalità straordinarie e sanno cogliere il midollo stesso del vivere. Sì, perché ogni alba che si schiude è un inizio analogo a quello del giorno in cui siamo usciti dalla notte del grembo materno e ci siamo avviati a percorrere la strada e l'avventura della vita. Io, per primo, devo essere grato al Creatore perché da anni ogni mattina si apre su una giornata quasi mai uguale alla precedente, in una sorta di galleria di sorprese sempre mutevoli. Sono sicuro, però, che - pur nella monotonia del ritmo casa-lavoro - anche molti lettori ricominciano le loro giornate con una carica implicita, quella ad esempio dell'amore per la loro famiglia a cui stanno donando il loro tempo e le loro energie. Ma non possiamo ignorare che per molti la vita è come un fuoco spento: forse c'è ancora qualche brace sotto il velo della cenere; ma non c'è più la voglia o la forza di soffiare. Quando si giunge a questa apatia, si è ormai «ombre che passeggiano», per usare una forte espressione del Macbeth di Shakespeare. Senza il desiderio di ricominciare si è già cadaveri ambulanti, per dirla più brutalmente, privi di vigore per pensare, creare, donare. A costoro lasciamo le parole di Isaia: «Dio dà forza allo stanco, moltiplica il vigore dello spossato. Anche i giovani faticano e si stancano, gli adulti inciampano e cadono. Ma quanti sperano nel Signore mettono ali come aquile e camminano senza stancarsi» (40, 29-31).


card. Gianfranco Ravasi

"Il Mattutino" - da L'Avvenire


OFFLINE
Post: 3.514
Sesso: Femminile
29/09/2011 11:34





Lo pseudonimo di Dio



Se pensassimo a tutte le fortune che abbiamo avuto senza meritarle, non oseremmo lamentarci. «Il caso è lo pseudonimo di Dio quando non si firma personalmente». A dire questo era uno scrittore francese non particolarmente religioso, Anatole France. A ribadire l'idea, ma da un'altra angolatura, è il suo conterraneo e contemporaneo (Ottocento) Jules Renard al cui Diario abbiamo già attinto in passato. Egli parla piuttosto di «fortuna» che regge tanti momenti della nostra vita, ma non osa esplicitare il nome sottinteso, Dio. Se in un'ideale doppia partita oggettiva dovessimo con rigore elencare beni e mali della nostra vita, siamo proprio sicuri di aver diritto a quella tiritera inesorabile di lamenti che ci scambiamo quando ci incontriamo? Facile è segnare le prove perché si infiggono nell'anima e nella carne; i doni e le gioie sono, invece, come acqua che scorre su una pietra. Cerchiamo, allora, di esercitarci ogni giorno a dire almeno un grazie e non solo a Dio, ma anche a tutti coloro che ci riservano un gesto di cordialità, un aiuto, una parola calorosa. Proviamo a ricordare un evento grande della nostra vita che ci è stato donato e che abbiamo forse archiviato, quasi ci fosse dovuto: lo farò io per primo, ricordando la grazia dell'episcopato che ho ricevuto proprio oggi, il 29 settembre di quattro fa, dalle mani di Benedetto XVI. Tentiamo anche di cogliere il valore dei favori che consideriamo ovvi e scontati: l'aria, l'acqua, la bellezza del mondo, le amicizie e così via. Lunga è la lista "bianca" da accostare a quella "nera" delle amarezze. Aristotele - narra Diogene Laerzio - interrogato «su che cosa invecchia e muore presto», rispose lapidario: «La gratitudine».


card. Gianfranco Ravasi

"Il Mattutino" da L'Avvenire


OFFLINE
Post: 3.514
Sesso: Femminile
30/09/2011 08:52



LA GRAMMATICA



Il rabbí di Gher raccontava: «Da ragazzo non volevo applicarmi allo studio della grammatica perché la consideravo una scienza come tante altre. Più tardi, invece, mi ci sono dedicato con passione perché ho visto che i segreti della Bibbia sono legati ad essa». Sono stato per anni docente di esegesi biblica; ho passato buona parte della mia vita a studiare le Sacre Scritture e, anche se ora la mia missione è un'altra, considero sempre il santo di oggi, Girolamo, il mio ideale patrono. Non c'è bisogno di spiegare che questo personaggio dal carattere piuttosto rubesto, morto il 30 settembre del 420 nell'aspra solitudine delle grotte di Betlemme, è stato il più famoso traduttore e studioso antico della Bibbia. Io, però, sono ricorso - per commemorarlo - a uno degli apologhi che il filosofo Martin Buber ha raccolto nei suoi Racconti dei Chassidim. Un maestro ebreo, appartenente a questa corrente mistica mitteleuropea, ammoniva il suo discepolo sulla necessità dello studio della grammatica. Apparentemente essa è arida, è un sistema di regole, è un minuzioso gioco a incastro di elementi variabili secondo le diverse lingue. Eppure, è l'ossatura senza la quale il pensiero si sfalda, la bellezza si scolora, il messaggio si estingue. Un altro scrittore cristiano del VII secolo, Massimo il Confessore, dichiarava: «Se non conosci le parole [umane] della Scrittura, come potrai raggiungere la Parola [divina]?». Come accade in Cristo che è Verbo divino ma è anche «carne», cioè linguaggio e realtà umana, così è per la Bibbia. Per questo, l'antica tradizione ecclesiale ha sempre esaltato come fondamentale - prima di ogni senso «spirituale» - il senso «letterale», e Lutero ribadiva che il «grammaticale» è il primo dato teologico e non solo letterario. Riflettano quelli che si vantano di letture bibliche solo «spiritualistiche», senza «grammatica»!


card. Gianfranco Ravasi

"Il Mattutino" - da L'Avvenire


OFFLINE
Post: 3.514
Sesso: Femminile
01/10/2011 10:41



I DUE VERSANTI


Il maestro disse a un suo allievo: Yu, vuoi sapere in che cosa consiste la conoscenza? Consiste nell'essere consapevole sia di sapere una cosa sia di non saperla. È un po' come essere su quei crinali dei monti così taglienti da sembrare capaci di segare il cielo. Se si è lassù in equilibrio, si vede da un lato distendersi il versante battuto dal sole, forse con la neve accecante e, in basso, il verde delle prime pendici; d'altro lato, ecco, invece, l'ombra che rende tutto triste e scuro. Eppure è necessario avere una visione d'insieme per abbracciare il monte. Così è appunto la conoscenza umana: riusciamo solo a vedere un versante della realtà; ma è necessario sapere che ne esiste un altro a noi ignoto. L'immagine che usava Gandhi è illuminante: la verità è come un diamante, ha molte facce; noi ne vediamo solo una per volta, Dio le vede tutte insieme. Dall'Oriente lontano giunge a noi, con la stessa lezione, questa mini-parabola dei Dialoghi di quel grande maestro di morale e spiritualità che è stato il cinese Confucio: sapere di sapere e, al tempo stesso, di non sapere, questo è il vero sapere. Tale ignoranza non è quella becera o arrogante; è, invece, la docta ignorantia celebrata nel Medio Evo. E se è vero che una mente così raffinata com'era quella di Tommaso d'Aquino affermava che noi non riusciamo mai a cogliere in pienezza l'essenza di una mosca, quanto più dobbiamo essere umili noi, con intelligenze ben più ristrette, quando vogliamo inoltrarci nei vasti campi della natura e del mistero divino. Persino Voltaire, che è per tutti il corifeo del razionalismo trionfante, confessava: «Siamo ciechi che procedono e ragionano a tentoni». La ragione è, comunque, preziosa, ma non dev'essere considerata un idolo, perché ben presto rivela la sua impotenza di fronte all'immensità degli orizzonti dell'essere e dell'esistere.


card. Gianfranco Ravasi

"Il Mattutino! - da L'Avvenire


OFFLINE
Post: 3.514
Sesso: Femminile
02/10/2011 14:48





NÉ LUCI NÉ LAMPADE



Non sono importanti luci e lampade, né luna e sole. Ciò che è necessario è avere occhi puri e aperti, capaci di vedere la gloria di Dio. Neanche la Gerusalemme nuova e celeste dovrà ricorrere a luci naturali o artificiali: «La città non ha bisogno della luce del sole — si legge nell'Apocalisse (21,23) — né della luce della luna perché la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l'Agnello». Certamente, aveva nel cuore queste parole del grande Veggente la scrittrice svedese Selma Lagerlöf, Nobel 1909, morta nel 1940, quando dipingeva la visione propria della fede. Ricordo di aver conosciuto questa autrice da ragazzino alle elementari, leggendo in un libro scolastico un suo racconto che attingeva forse alle saghe delle sua terra. Poi, per merito dell'editrice milanese Iperborea, conobbi altri suoi testi più impegnativi come, ad esempio, L'imperatore di Portugallia, e rimasi sempre conquistato dalla sua abilità nel fondere realismo e leggenda, quotidiano e fantastico, verità psicologica e stupore cosmico. Alle parole citate ci affidiamo in questa domenica autunnale, mentre la luce si fa più delicata e meno aggressiva di quella estiva, per suggerire un'avventura dello spirito. È l'invito a chiudere gli occhi al chiarore esterno per ritrovare un altro fulgore, quello dell'anima. Sappiamo che il grande Goethe ha comparato il nostro spirito all'acqua e al vento: «Anima dell'uomo, come sei simile all'acqua! Destino dell'uomo, come sei simile al vento!». Ma si dice che, alle soglie della morte, avesse invocato: Mehr Licht!, «Più luce!». E, forse equivocando, quelli che lo assistevano gli spalancarono la seconda finestra della stanza. In realtà, quando si sta in silenzio per vivere un evento importante della vita, è necessario scoprire la luce interiore che è un riflesso di quella divina: «Dio è luce e in lui non v'è tenebra alcuna… Veniva nel mondo la luce vera» (1 Giovanni, 1,5; Giovanni 1,9).


card. Gianfranco Ravasi

"Il Mattutino" - da L'Avvenire


OFFLINE
Post: 3.514
Sesso: Femminile
04/10/2011 10:47




AZIONI GRANDI E BUONE


Nella maggior parte dei casi gli uomini riescono meglio a compiere le grandi azioni piuttosto che fare quelle buone. Ci sono alcune alternative che si presentano nella vita e che costringono a una scelta simile a quella che si fa quando si è di fronte a un crocevia. È noto il mito classico di Ercole, narrato da Senofonte, che si imbatte a un incrocio in due donne che gli indicano strade antitetiche: i loro nomi sono emblematici, Areté, «Virtù», e Kakía, «Vizio, Malvagità». Purtroppo — come sosteneva lo scrittore Emile Cioran — «il male, al contrario del bene, ha il duplice privilegio di essere affascinante e contagioso». Cosa ribadita con la solita sua ironia dal regista americano Woody Allen il quale era convinto, certo, che «ad essere buoni si dorme meglio, ma i cattivi da svegli si divertono di più». Ha, quindi, ragione il grande Montesquieu, l'artefice settecentesco della distinzione dei tre poteri (legislativo, esecutivo e giudiziario) nella politica, che ci ha lasciato il motto sopra citato. Ci sono grandi azioni che sono anche buone, e la mirabile opera di san Francesco, che oggi commemoriamo, ne è un'evidente attestazione. È, però, testimonianza costante della storia che l'umanità ha compiuto uno spreco enorme di risorse in realizzazioni colossali, eppure moralmente indegne. Anzi, si è pronti a stringere i denti e a faticare senza posa per avere una porzioncina di gloria o una particina nella memoria pubblica, anche a costo di passar sopra al cadavere di altri e di strappare tutte le remore della coscienza. Compiere, invece, un nascosto e generoso atto di carità ci fa sbuffare e persino ci irrita. Questa sorta di legge che governa la fama, il successo e l'onore è ribaltata dalla logica evangelica del «non suonare la tromba come fanno gli ipocriti per essere lodati dalla gente… Non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra» (Matteo 6, 1-4).


card. Gianfranco Ravasi

"Il Mattutino" - da L'Avvenire


Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 2 3 4 5 | Pagina successiva
Nuova Discussione
 | 
Rispondi

Feed | Forum | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 06:47. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com