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LA FATTORIA DEGLI ANIMALI - Il Libro

Ultimo Aggiornamento: 26/09/2009 05:26
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07/07/2009 22:15

La fattoria degli animali

George Orwell


Capitolo I


Il signor Jones, della Fattoria Padronale, serrò a chiave il pollaio per la notte, ma, ubriaco com'era, scordò di chiudere le finestrelle. Nel cerchio di luce della sua lanterna che danzava da una parte all'altra attraversò barcollando il cortile, diede un calcio alla porta retrostante la casa, da un bariletto nel retrocucina spillò un ultimo bicchiere di birra, poi si avviò su, verso il letto, dove la signora Jones già stava russando.

Non appena la luce nella stanza da letto si spense, tutta la fattoria fu un brusio, un'agitazione, uno sbatter d'ali. Durante il giorno era corsa voce che il Vecchio Maggiore, il verro Biancocostato premiato a tutte le esposizioni, aveva fatto la notte precedente un sogno strano che desiderava riferire agli altri animali. Era stato convenuto che si sarebbero tutti riuniti nel grande granaio, non appena il signor Jones se ne fosse andato sicuramente a dormire.


 Il Vecchio Maggiore (così era chiamato, bené fosse stato esposto con il nome di Orgoglio di Willingdon) godeva di così alta considerazione nella fattoria che ognuno era pronto a perdere un'ora di sonno per sentire quello che egli aveva da dire. A un'estremità dell'ampio granaio, su una specie di piattaforma rialzata, il Vecchio Maggiore già stava affondando sul suo letto di paglia, sotto una lanterna appesa a una trave. Aveva dodici anni e cominciava a divenire corpulento, ma era pur sempre un maiale dall'aspetto maestoso, spirante saggezza e benevolenza, bené mai fosse stato castrato.
 
In breve cominciarono a giungere gli altri animali e ognuno si accomodava a seconda della propria natura. Vennero primi i tre cani, Lilla, Jessie e Morsetto, poi i porci che si adagiarono sulla paglia immediatamente davanti alla piattaforma, le galline si appollaiarono sul davanzale delle finestre, i piccioni svolazzarono sulle travi, le pecore e le mucche si accovacciarono dietro ai maiali e cominciarono a ruminare.

I due cavalli da tiro, Gondrano e Berta, arrivarono assieme, camminando lenti e appoggiando cauti i loro ampi zoccoli pelosi per tema che qualche piccolo animale potesse trovarsi nascosto nella paglia.
Berta era una grossa, materna cavalla di mezza età che, dopo il quarto parto, non aveva più riacquistato la sua linea. Gondrano era una bestia enorme, alta quasi diciotto palmi e forte come due cavalli comuni messi assieme.
Una striscia bianca lungo il naso gli dava un'espressione alquanto stupida, e, in realtà, non aveva una grande intelligenza, ma era universalmente rispettato per la sua fermezza di carattere e per la sua enorme potenza di lavoro.




Dopo i cavalli, vennero Muriel, la capra bianca, e Benjamin, l'asino.
Benjamin era la bestia più vecchia della fattoria e la più bisbetica.
Parlava raramente e quando apriva bocca era per fare ciniche osservazioni; per esempio, diceva che Dio gli aveva dato la coda per scacciare le mosche, ma che sarebbe stato meglio non ci fossero state nè coda nè mosche.
Solo fra tutti gli animali della fattoria non rideva mai.
Se gli si domandava il perchè, rispondeva che non vedeva nulla di cui si potesse ridere.
Ma senza dimostrarlo apertamente era devoto a Gondrano: i due usavano passare assieme la domenica nel piccolo recinto dietro all'orto, brucando erba a fianco a fianco senza mai aprir bocca.


I due cavalli si erano appena sdraiati quando una covata di anatroccoli che aveva perduto la madre entrò in fila nel granaio, pigolando debolmente e andando qua e là in cerca di un luogo ove non si corresse il rischio di venir calpestati.

Berta, con le sue grosse zampe anteriori, fece una specie di muro attorno ad essi, e gli anatroccoli corsero a quel rifugio e subito si addormentarono.

All'ultimo momento Mollie, la graziosa e vispa cavallina bianca che tirava il calesse del signor Jones, entrò, camminando con grazia affettata e succhiando una zolletta di zucchero.

Prese posto presso la piattaforma, scuotendo la bianca criniera, nella speranza di attirar l'attenzione sui nastri rossi che vi erano intrecciati.

Ultimo di tutti giunse il gatto che, come al solito, si guardò attorno in cerca del posto più caldo e si cacciò infine tra Gondrano e Berta; là si distese beatamente a far le fusa per tutta la durata del discorso del Vecchio Maggiore senza ascoltare una parola di ciò che questi diceva. 

Tutti gli animali erano ora presenti, eccetto Mosè, il corvo domestico, che dormiva su un trespolo dietro la porta d'entrata.

Quando vide che tutti si erano bene accomodati e aspettavano attenti, il Vecchio Maggiore si rischiarò la gola e cominciò:
 

«Compagni, già sapete dello strano sogno che ho fatto la notte scorsa, ma di ciò parlerò più tardi.

Ho avuto una vita lunga, ho avuto molto tempo per pensare mentre me ne stavo solo, sdraiato nel mio stallo, e credo di poter dire d'aver compreso, meglio di ogni animale vivente, la natura della vita su questa terra. Di ciò desidero parlarvi.
 

Ora, compagni, di qual natura è la nostra vita?

Guardiamola: la nostra vita è misera, faticosa e breve.

Si nasce e ci vien dato quel cibo appena sufficiente per tenerci in piedi, e quelli di noi che ne sono capaci sono forzati a lavorare fino all'estremo delle loro forze; e, nello stesso istante in cui ciò che si può trarre da noi ha un termine, siamo scannati con orrenda crudeltà.

Non vi è animale in Inghilterra che, dopo il primo anno di vita, sappia che cosa siano la felicità e il riposo.

Non vi è animale in Inghilterra che sia libero.

La vita di un animale è miseria e schiavitù: questa è la cruda verità.


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08/07/2009 02:36

"Fa forse ciò parte dell'ordine della natura?
Forse questa nostra terra è tanto povera da non poter dare una vita passabile a chi l'abita?

No, compagni, mille volte no!
Il suolo dell'Inghilterra è fertile, il suo clima è buono, e può dar cibo in abbondanza a un numero d'animali enormemente superiore a quello che ora l'abita.

Solo questa nostra fattoria potrebbe sostentare una dozzina di cavalli, venti mucche, centinaia di pecore, e a tutti potrebbe assicurare un agio e una dignità  di vita che vanno oltre ogni immaginazione. 

E allora dobbiamo continuare in questa misera condizione?
Se quasi tutto il prodotto del nostro lavoro ci viene rubato dall'uomo.

Questa, compagni, è la risposta a tutti i nostri problemi.
Essa si assomma in una sola parola: uomo.
 

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08/07/2009 02:53

«Dunque, compagni, non è chiaro come il cristallo che tutti i mali della nostra vita nascono dalla tirannia dell'uomo? Eliminiamo l'uomo e il prodotto del nostro lavoro sarà nostro.
Prima di sera potremmo divenire ricchi e liberi.
Che fare dunque?
Lavorare notte e giorno, corpo e anima per la distruzione della razza umana! Questo è il mio messaggio a voi, compagni: Rivoluzione! 

Non posso dire quando questa Rivoluzione verrà: potrebbe essere fra una settimana o fra cent'anni; ma so, con la stessa certezza con cui vedo questa paglia sotto i miei piedi, che presto o tardi giustizia sarà fatta.

Compagni, in questo evento fissate il vostro sguardo per quel resto di vita che vi rimane.
E soprattutto tramandate questo mio messaggio a quelli che verranno dopo di voi, in modo che le future generazioni proseguano la lotta fino alla vittoria.

E ricordate, compagni, che la vostra risoluzione mai deve vacillare.
Nessun argomento vi faccia deviare.
Non date ascolto quando vi si dice che l'uomo e gli animali hanno un comune interesse, che la prosperità dell'uno è la prosperità degli altri.
E' tutta menzogna.
L'uomo non serve gli interessi di nessuna creatura all'infuori dei suoi.
E fra noi animali ci sia perfetta unità di vedute, solidarietà perfetta in questa lotta.
Tutti gli uomini sono nemici.

Tutti gli animali sono compagni.>>
Avvenne qui un tremendo scompiglio.

Mentre il Vecchio Maggiore stava parlando, quattro grossi topi erano usciti dal loro buco e, appoggiati ai quarti posteriori, si erano messi ad ascoltare.
I cani li avevano subito notati, e solo con un rapido ritorno alle loro tane i topi ebbero salva la vita.

./. 

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08/07/2009 03:19

Il Vecchio Maggiore alzò la zampa per imporre il silenzio.

"Compagni" disse "ecco un punto che deve essere chiarito.

Le creature selvatiche come i topi e i conigli sono nostri amici o nostri nemici?

Mettiamo la questione ai voti.

Propongo all'assemblea il seguente quesito: i topi sono compagni?"

La votazione fu rapida e con stragrande maggioranza si stabilì che i topi erano compagni.

Vi furono solo quattro dissenzienti: i tre cani e il gatto, il quale, come si scoprì poi, aveva però votato per ambo le parti.

Il Vecchio Maggiore proseguì:
 
"Poco mi rimane ancora da dire.
Solo ripeto di ricordar sempre il vostro dovere di inimicizia verso l'uomo e tutte le sue arti.

Tutto ciò che cammina su due gambe è nemico.
Tutto ciò che cammina su quattro gambe o ha ali è amico.

E ricordate pure che nel combattere l'uomo non dobbiamo venirgli ad assomigliare.
Anche quando l'avrete distrutto, non adottate i suoi vizi.

Nessun animale vada mai a vivere in una casa, o dorma in un letto, o vesta panni, o beva alcolici, o fumi tabacco, o maneggi danaro, o faccia commercio.
Tutte le abitudini dell'uomo sono malvagie.

E, soprattutto, nessun animale divenga tiranno ai suoi simili.
Deboli o forti, intelligenti o sciocchi, siamo tutti fratelli.
Mai un animale uccida un altro animale.
Tutti gli animali sono uguali.

"E ora, compagni, vi dirò del mio sogno dell'altra notte.
Non vi posso descrivere quel sogno.
Era il sogno della Terra come sarà quando l'uomo sarà scomparso.
Ma mi ha rammemorato di una cosa che da lungo tempo avevo dimenticato.

Molti anni fa, quando non ero che un lattonzolo, mia madre e altre scrofe usavano cantare una vecchia canzone di cui esse non conoscevano che l'aria e le prime tre parole.

Conoscevo quell'aria fin dall'infanzia, ma da molto tempo mi era uscita di mente.
L'altra notte, però, essa mi ritornò in sogno.
E ciò che più conta, anche le parole della canzone mi ritornarono, parole, sono sicuro, che erano cantate dagli animali di molto, molto tempo fa e di cui da generazioni si era perduta la memoria.

Vi canterò ora questa canzone, compagni.
Sono vecchio e la mia voce è rauca, ma quando vi avrò insegnato l'aria la potrete cantare meglio da voi.

E' intitolata "Animali d'Inghilterra."


Il Vecchio Maggiore si rischiarò la gola e cominciò a cantare, e cantò abbastanza bene, e l'aria era eccitante, qualcosa fra Clementine e La Cucaracha.

Le parole dicevano:


Animali d'Inghilterra,
d'ogni clima e d'ogni terra,
ascoltate il lieto coro:
tornerà l'età dell'oro!

Tosto o tardi tornerà:
l'uom tiranno a terra andrà;
per le bestie sol cortese
sarà l'alma terra inglese.

Non più anelli alle narici,
non più gioghi alle cervici,
e per sempre in perdizione
andran frusta, morso e sprone.

Sarem ricchi, sazi appieno:
orzo, grano, avena, fieno,
barbabietole e foraggio
saran sol nostro retaggio.

Più splendenti i campi e i clivi,
e più puri i fonti e i rivi
e più dolce l'aer sarà
Quando avrem la libertà.
Per quel dì noi lotteremo,
per quel dì lieti morremo,
vacche, paperi, galline,
mille bestie, un solo fine.

Animali d'Inghilterra,
d'ogni clima e d'ogni terra,
ascoltate il lieto coro:
tornerà l'età dell'oro!
 

Il canto di quest'inno portò gli animali al colmo dell'entusiasmo.


Prima ancora che il Vecchio Maggiore fosse giunto alla fine, tutti avevano cominciato a cantarlo per proprio conto.


Anche i più stupidi ne avevano già afferrata l'aria e alcune parole, e quanto ai più intelligenti, come i maiali e i cani, già in pochi minuti avevano imparato a memoria tutta quanta la canzone.

Allora, dopo alcune prove preliminari, l'intera fattoria intonò "Animati d'Inghilterra" in un tremendo unisono.


Le mucche lo muggivano, i cani lo abbaiavano, le pecore lo belavano, i cavalli lo nitrivano, le anitre lo quacqueravano.


Erano così entusiasti dell'inno che lo cantarono cinque volte di seguito, e avrebbero continuato per tutta la notte se non fossero stati interrotti.

Disgraziatamente, infatti, il frastuono svegliò il signor Jones, che saltò giù dal letto, sicuro che nell'aia vi fosse una volpe.

Afferrò il fucile che stava sempre in un angolo della sua stanza e sparò nelle tenebre una scarica del numero 6.


I pallini si conficcarono nel muro del granaio e la riunione si sciolse in tutta fretta.

Ognuno corse al luogo dove era solito passare la notte.

Gli uccelli volarono sui loro trespoli, gli animali si coricarono sulla paglia, e in pochi istanti tutta la fattoria fu immersa in un profondo sonno.



 

[Modificato da Anam_cara 08/07/2009 03:31]
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26/09/2009 04:28

Capitolo II


Tre notti più tardi il Vecchio Maggiore moriva pacificamente nel sonno. Il suo corpo fu seppellito al margine del frutteto.

Ciò avveniva nei primi giorni di marzo.

Nei tre mesi che seguirono vi fu grande attività segreta.

Il discorso del Vecchio Maggiore aveva dato agli animali più intelligenti una visione affatto nuova della vita.


Non sapevano quando sarebbe avvenuta la Rivoluzione preconizzata dal Vecchio Maggiore, non avevano ragione di credere che essa sarebbe avvenuta durante il loro periodo di vita, ma vedevano chiaramente che era loro dovere prepararla.
L'opera di propaganda e di organizzazione cadde naturalmente sui maiali, la cui intelligenza superiore era generalmente riconosciuta da tutti gli animali.
Preminenti fra i porci erano due giovani verri, chiamati Palla di Neve e Napoleon, che il signor Jones stava allevando per la vendita.
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26/09/2009 04:34

Napoleon era un grosso verro del Berkshire dall'aspetto piuttosto feroce, l'unico Berkshire della fattoria, non molto comunicativo, ma in fama di voler sempre fare a modo suo.
Palla di Neve era un maiale più vivace di Napoleon, più svelto nel parlare e di maggiore inventiva, ma stimato di una minor profondità di carattere.

Tutti gli altri maiali maschi della fattoria erano destinati al macello.
Il più noto fra essi era un porchetto grasso chiamato Clarinetto, con guance assai rotonde, occhi vivi, mosse agili e voce acuta.
Era un parlatore brillante e quando stava svolgendo qualche punto difficile aveva un modo tutto suo di saltellare da un lato all'altro e di menare la coda in gesto molto persuasivo.
Gli altri dicevano di Clarinetto che avrebbe saputo far vedere bianco per nero.
 
Questi tre avevano elaborato gli insegnamenti del Vecchio Maggiore in un completo sistema di massime a cui avevano dato il nome di Animalismo.
Diverse notti la settimana, dopo che il signor Jones era andato a dormire, essi tenevano riunioni segrete nel granaio ed esponevano agli altri i principi dell'Animalismo.
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26/09/2009 04:39

Dapprima le bestie si riunirono stupidamente e senza entusiasmo.
Alcuni animali parlavano del dovere di lealtà verso il signor Jones, che essi chiamavano "Padrone", e facevano osservazioni elementari, come: «Il signor Jones ci dà da mangiare.
Se se ne andasse, noi moriremmo di fame». Altri facevano domande assurde come: «é dovremmo preoccuparci di quello che avverrà dopo la nostra morte?» oppure: «Se questa Rivoluzione deve in ogni caso avvenire, che importa se noi lavoriamo o no per essa?».

E i maiali avevano gran difficoltà a far loro intendere che ciò era contrario allo spirito dell'Animalismo.
Le domande più sciocche erano poste da Mollie, la cavallina bianca.
La prima domanda che essa fece a Palla di Neve fu:
«Ci sarà ancora zucchero dopo la Rivoluzione?».
"
No" rispose Palla di Neve decisamente;
"non abbiamo mezzi per fare lo zucchero in questa fattoria.
Poi, non avrai bisogno di zucchero.
Avrai tutta l'avena e il fieno che vorrai."

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26/09/2009 04:54

"E potrò ancora mettermi nastri nella criniera?" domandò Mollie.

"Compagna" ribattè Palla di Neve "quei nastri che ti piacciono tanto sono il segno della schiavitù.

Non capisci che la libertà vale assai più di un nastro?»

Mollie consentì, pur non mostrandosi troppo convinta.

Una più dura lotta dovettero sostenere i maiali per smentire le menzogne messe in giro da Mosè, il corvo domestico.

Mosè, il favorito del signor Jones, era una spia e un delatore, ma era anche un parlatore intelligente.

Egli pretendeva di sapere dell'esistenza di un misterioso paese chiamato Monte Zuccherocandito dove tutti gli animali andavano quando morivano.
 

Era situato in qualche luogo, su, nel cielo, oltre le nuvole, diceva Mosè.

Sul Monte Zuccherocandito era domenica sette giorni la settimana, il trifoglio era tutto l'anno di stagione, e sulle siepi crescevano zollette di zucchero e semi di lino.

Gli animali odiavano Mosè perchè raccontava storie e non lavorava, ma qualcuno di essi credeva nel Monte Zuccherocandito, e i maiali avevano un bel daffare a persuaderli che un tal sito non esisteva.



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26/09/2009 05:04

 
I loro più fedeli discepoli erano i due cavalli da tiro, Gondrano e Berta.
Questi due avevano grande difficoltà a pensare qualsiasi cosa che fosse fuori di loro stessi, ma, una volta accettati i maiali quali loro maestri, assorbivano tutto quanto veniva loro detto e con semplice argomentazione lo passavano agli altri.
Non mancavano mai alle riunioni segrete nel granaio e dirigevano il canto di Animali d'Inghilterra con il quale sempre si chiudevano tali adunate.


Ora avvenne che la Rivoluzione si verificò assai prima di quanto nessuno si aspettasse.
Negli anni precedenti il signor Jones, pur essendo un duro padrone, era stato un abile agricoltore; ma, negli ultimi tempi, tristi giorni si erano abbattuti su lui.
La perdita di danaro in una causa legale lo aveva accorato al punto che aveva cominciato a bere assai più di quanto non fosse per lui ragionevole.
Gli accadeva talvolta di restare intere giornate in cucina sdraiato nella sua poltrona Windsor a leggere giornali, a bere e, incidentalmente, a dare a Mosè croste di pane inzuppato nella birra.
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26/09/2009 05:14

I suoi uomini erano pigri e disonesti, i campi pieni di gramigne; i fabbricati richiedevano riparazioni ai tetti, gli steccati venivano trascurati, gli animali mal nutriti.
Venne giugno e il fieno era quasi pronto per il taglio.
Alla vigilia della festa di S. Giovanni, che era un sabato, il signor Jones andò a Willingdon e prese una tale sbornia al Leone Rosso che non potè rincasare prima del mezzogiorno della domenica.
Gli uomini avevano munto le mucche il mattino presto, poi se n'erano andati senza preoccuparsi di dar da mangiare agli animali.

Il signor Jones, come rientrò in casa, andò subito a dormire sul divano del salotto, coprendosi il viso con un giornale, così che quando venne la sera gli animali erano sempre digiuni.
Alla fine essi non ne poterono più.
Una mucca con una cornata sfondò la porta del magazzino e tutti gli animali cominciarono a servirsi di quanto era là ammucchiato.

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26/09/2009 05:17

Proprio allora il signor Jones si svegliò.
Un momento dopo, assieme ai suoi quattro uomini, era nel magazzino e con la frusta menava terribili sferzate a dritta e a manca.
Era più di quanto quelle bestie affamate potessero sopportare.
Di comune accordo, benchè nulla del genere fosse stato prima progettato, si lanciarono sui loro aguzzini.
Jones e i suoi uomini si trovarono a un tratto sospinti, battuti, presi a calci da ogni parte.
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26/09/2009 05:26

Impossibile far fronte alla situazione.
Mai prima avevano visto animali comportarsi in tal modo, e questa improvvisa sollevazione di creature che essi erano abituati a frustare e maltrattare come volevano li sbigottì tanto da far quasi perder loro la testa.
Dopo qualche istante rinunciarono a difendersi e se la diedero a gambe.
Tutti e cinque fuggirono giù per la via carraia che conduceva alla strada maestra, e gli animali li inseguirono, trionfanti.

La signora Jones si affacciò alla finestra della stanza da letto, vide quel che stava accadendo, ficc챵 in tutta fretta in una valigia quel poco che potè raccogliere e, per altra uscita, sgattaiolò fuori dalla fattoria.
Mosè lasciò il suo trespolo e si mise a svolazzare dietro di lei, gracchiando forte.
Frattanto gli animali avevano scacciato Jones e i suoi uomini giù fino alla strada e violentemente chiuso il pesante cancello alle loro spalle.
E così, prima ancora di rendersi conto di quello che stava accadendo, la Rivoluzione era stata posta in atto con pieno successo: Jones era stato espulso e la fattoria era caduta nelle loro mani.
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