1 maggio

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00domenica 2 maggio 2010 09:45

Sant' Atanasio Vescovo e dottore della Chiesa

2 maggio

295-373

Vescovo di Alessandria d'Egitto, fu l'indomito assertore della fede nella divinità di Cristo, negata dagli Ariani e proclamata dal Concilio di Nicea (325). Per questo soffrì persecuzioni ed esili. Narrò la vita di Sant'Antonio abate e divulgò anche in Occidente l'ideale monastico. (Mess. Rom.)

Etimologia: Atanasio = immortale, dal greco

Emblema: Bastone pastorale

Martirologio Romano: Memoria di sant’Atanasio, vescovo e dottore della Chiesa, di insigne santità e dottrina, che ad Alessandria d’Egitto dai tempi di Costantino fino a quelli dell’imperatore Valente combattè strenuamente per la retta fede e, subite molte congiure da parte degli ariani, fu più volte mandato in esilio; tornato infine alla Chiesa a lui affidata, dopo aver lottato e sofferto molto con eroica pazienza, nel quarantaseiesimo anno del suo sacerdozio riposò nella pace di Cristo.

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Atanasio, nato ad Alessandria d'Egitto nel 295, è la figura più drammatica e sconvolgente della ricca galleria dei Padri della Chiesa. Caparbio difensore della ortodossia durante la grande crisi ariana, immediatamente dopo il concilio di Nicea, pagò la sua eroica resistenza alla dilagante eresia con ben cinque esili inflittigli dagli imperatori Costantino, Costanzo, Giuliano e Valente. Ario, un sacerdote uscito dal seno stesso della Chiesa d'Alessandria, negando l'uguaglianza sostanziale tra il Padre e il Figlio, minacciava di colpire al cuore il cristianesimo. Infatti, se il Cristo non è il Figlio di Dio, e non è egli stesso Dio, a che cosa si riduce la redenzione dell'umanità?
In un mondo che si risvegliò improvvisamente ariano, secondo la celebre frase di S. Girolamo, restava ancora in piedi un grande lottatore, Atanasio, elevato trentatreenne alla prestigiosa sede episcopale di Alessandria. Aveva la tempra del lottatore e quando c'era da dar battaglia agli avversari era il primo a partire con la lancia in resta: "Io mi rallegro di dovermi difendere", scrisse nella sua Apologia per la fuga. Atanasio di coraggio ne aveva da vendere, ma sapendo con chi aveva a che fare (tra le tante accuse mossegli dai suoi denigratori ci fu quella di aver assassinato il vescovo Arsenio, che poi risultò vivo e vegeto!), non stava ad aspettare in casa che lo venissero ad ammanettare. Talvolta le sue fughe hanno del rocambolesco. Egli stesso ce ne parla con molto brio.
Trascorse i suoi due ultimi esili nel deserto, presso gli amici monaci, questi simpatici anarchici della vita cristiana, che pur rifuggendo dalle normali strutture dell'organizzazione sociale ed ecclesiastica, si trovavano bene in compagnia di un vescovo autoritario e intransigente come Atanasio. Per essi il battagliero vescovo di Alessandria scrisse una grande opera, la Storia degli ariani, dedicata ai monaci, di cui ci restano poche pagine, sufficienti tuttavia per rivelarci apertamente il temperamento di Atanasio: sa di parlare con uomini che non intendono metafore e allora dice pane al pane: sbeffeggia l'imperatore, chiamandolo con nomignoli irrispettosi e mette in burletta gli avversari; ma parla con calore e slancio delle verità che gli premono, per strappare i fedeli alle grinfie dei falsi pastori.
Durante le numerose involontarie peregrinazioni fu anche in Occidente, a Roma e a Treviri, dove fece conoscere il monachesimo egiziano, come stato di vita organizzato in maniera del tutto originale nel deserto, presentando il monaco ideale, nella suggestiva figura di un anacoreta, S. Antonio, di cui scrisse la celebre Vita, che si può considerare una specie di manifesto del monachesimo.





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00domenica 2 maggio 2010 09:46

Sant' Antonino Pierozzi (di Firenze) Vescovo

2 maggio - Comune

Firenze, 1389 - 2 maggio 1459

Fu domenicano a quindici anni e, divenuto sacerdote, fu priore a Cortona, a Fiesole, a Roma, a Napoli, ricoprendo nel frattempo la carica di Vicario generale dei Frati Riformati. Fondò la Societrà dei Buonomini di San Martino per i poveri bisognosi. Divenne arcivescovo di Firenze prodigandosi durante la peste. All’attività apostolica e agli incarichi di cui era gravato, unì un intenso studio e la realizzazione di opere che ebbero carattere giuridico-morale. Egli fu il primo a tentare una sintesi tra il diritto e la teologia, raccogliendo quanto riteneva utile al ministero della predicazione, della confessione e della direzione, per offrire una soluzione cristiana ai molti problemi del suo tempo.

Etimologia: Antonino (come Antonio) = nato prima, o che fa fronte ai suoi avversari, dal gre

Emblema: Bastone pastorale, Portamonete

Martirologio Romano: A Firenze, sant’Antonino, vescovo, che, dopo essersi adoperato per la riforma dell’Ordine dei Predicatori, si impegnò in una vigile cura pastorale, rifulgendo per santità, rigore e bontà di dottrina.

Ascolta da RadioMaria:
  

Antonino Pierozzi fu uno dei più bei fiori e il più valido sostenitore della riforma dell’Ordine promossa dal Beato Raimondo da Capua. Fu ricevuto nell’Ordine dal Beato Giovanni Dominici nel convento di Santa Maria Novella, proseguendo la sua preparazione a Cortona, dove ebbe come Maestro il Beato Lorenzo da Ripafratta, del quale fu degno discepolo. Antonino a quattordici anni, a causa del suo aspetto gracile, aveva destato qualche apprensione nel santo Priore, ma in quel fragile corpo c’era un’anima gigante. La sua vita fu intessuta di penitenza e di preghiera. Nello studio fu quello che si dice un “lavoratore”, e ne fanno fede le numerose opere di sommo valore che scrisse. Da Cortona passo al Convento di San Domenico a Fiesole, alle porte di Firenze. Venne ordinato sacerdote nel 1413, divenendo Vicario a Foligno. Dette vita al glorioso Convento di S. Marco e fu Priore a Fiesole, Siena, Cortona, Roma, S. Maria sopra Minerva a Roma, Napoli, portando ovunque quella fiamma di zelo che in lui, fu dolce e forte a un tempo. Papa Eugenio IV, nel 1446, lo nomino Arcivescovo di Firenze e per indurlo ad accettare gli dovette minacciare gravissime censure. Come era stato modello di religioso e di superiore, così fu specchio di Pastore. Indisse guerra inesorabile a tutti i vizi e a tutte le ingiustizie. Fu il Padre dei poveri e degli sventurati. Anche da Arcivescovo osservò le austere regole dell’Ordine, fino alla fine dei suoi giorni. Sul letto dell’agonia poté esclamare: “Servire Dio è regnare!”, e spirò fragrante di verginità e ricco di opere sante. Per la sua consumata prudenza fu chiamato Antonino dei Consigli. Morì il 2 maggio 1459. E’ stato proclamato Santo da Papa Adriano VI il 31 maggio 1523. E’ il Santo Titolare, assieme al Vescovo San Zanobi, dell’Arcidiocesi di Firenze. Dal 1589 il suo corpo, incorrotto, si venera nella Basilica Domenicana di San Marco a Firenze. Il Servo di Dio e Arcivescovo Domenicano, Mons. Pio Alberto Del Corona, durante l’ultima ricognizione del corpo, ha scambiato il suo pastorale con quello misero di legno, che il Santo aveva con se nell’urna. Tale Pastorale dal febbraio 2001 si trova esposto permanentemente nella cripta del monastero delle Suore Domenicane dello Spirito Santo a Firenze, in Via Bolognese, dove si trova, dal 1925 il corpo del Servo di Dio, di cui dal 1942 è aperto il processo di canonizzazione.
L'Ordine Domenicano lo ricorda il 10 maggio.




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00domenica 2 maggio 2010 09:46

Beato Bernardo da Siviglia Mercedario

2 maggio

+ 1440

Commendatore del convento mercedario di Sant’Eulalia in Siviglia (Spagna), il Beato Bernardo, lo diresse santamente. Fu modello di pazienza e umiltà che onorò l’Ordine e pieno di buone opere rese l’anima a Dio nell’anno 1440.
L’Ordine lo festeggia il 2 maggio.






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00domenica 2 maggio 2010 09:47

Beato Boleslao (Boselao) Strzelecki Sacerdote e martire

2 maggio

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Poniemon, Polonia, 10 giugno 1896 – Auschwitz, Polonia, 2 maggio 1941

Sacerdote diocesano. Fu beatificato da Giovanni Paolo II a Varsavia (Polonia) il 13 giugno 1999 con altri 107 martiri polacchi.

Martirologio Romano: Nel campo di prigionia di Auschwitz vicino a Cracovia in Polonia, beato Boleslao Strzelecki, sacerdote e martire, che, mentre infuriava la guerra, per la fede fu messo in carcere, dove sotto tortura ricevette la corona della gloria.






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00domenica 2 maggio 2010 09:49

Santi Espero, Zoe, Ciriaco e Teodulo Martiri di Attalia

2 maggio

Attalia (Panfilia), † 120 ca.

Martirologio Romano: Ad Antalya in Panfilia, nell’odierna Turchia, santi martiri Espéro e Zoe, coniugi, e i loro figli Ciriaco e Teodúlo, che, come si racconta, sotto l’imperatore Adriano, essendo schiavi di un pagano, tutti, per ordine del loro stesso padrone, furono dapprima percossi e crudelmente torturati per avere apertamente professato la fede cristiana; infine, gettati in un forno infuocato, resero la loro anima a Dio.


Il ‘Martirologio Romano’, i Sinassari bizantini e gli ‘Acta Sanctorum’ celebrano al 2 maggio i quattro componenti di una unica famiglia, tutti martiri.
Espero e Zoe marito e moglie, Ciriaco e Teodulo loro figli; al tempo dell’Imperatore Adriano (117-138) erano cristiani di Attalia (odierna Adalia) in Panfilia, che insieme alla Cilicia formava dal 43 d. C. una provincia romana dell’Asia Minore.
Essi erano originari italiani e di condizione servile, acquistati da un ricco abitante di Attalia di nome Catlo o Catolo. I due giovani Ciriaco e Teodulo stanchi di servire un padrone pagano, decisero di rivelare al loro padrone di appartenere alla religione cristiana e nell’occasione della nascita di un figlio di Catlo, rifiutarono insieme ai loro genitori Zoe ed Espero, vino e cibo a loro dati, perché temevano che fossero stati offerti prima alla dea Fortuna, molto onorata in quella casa.
Questo rifiuto fece irritare il loro padrone il quale li fece torturare tutti e quattro, facendoli poi morire di sua autorità in una fornace.
Altro non si sa di questi quattro martiri, servi nella vita terrena, ma splendenti di gloria celeste per il loro martirio, subìto per affermare in quel tempo pagano, i principi cristiani, ancor più perché erano uniti da stretta parentela.
A Costantinopoli venivano solennemente festeggiati nelle due chiese a loro dedicate.




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00domenica 2 maggio 2010 09:49

San Felice di Siviglia Martire

2 maggio

sec. IV

Martirologio Romano: A Siviglia nell’Andalusia in Spagna, san Felice, diacono e martire.





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00domenica 2 maggio 2010 09:51

Beato Giovanni de Verdegallo Mercedario

2 maggio

XIV-XV secolo

Nominato redentore, il Mercedario Beato Giovanni de Verdegallo, venne inviato nel 1401 a redimere in Numidia, dove zelante e virtuoso liberò 99 schiavi dalla dura prigionia. Dopo una vita trascorsa servendo il Signore morì in pace.
L’Ordine lo festeggia il 2 maggio.





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00domenica 2 maggio 2010 09:52

San Giuseppe Maria Rubio Peralta Gesuita, fondatore

2 maggio

Dalías, Spagna, 22 luglio 1864 - Aranjuez, Spagna, 2 maggio 1929

Nacque in Dalias (Almeria) nel 1864, ed entrò nella Compagnia di Gesù nel 1906. I suoi pilastri furono il sacramento della riconciliazione; la predicazione in forma semplice del Vangelo; l'attenzione spirituale e materiale ai quartieri più poveri di Madrid. Morì nel 1929, venne beatificato nel 1985. E' stato canonizzato da Papa Giovanni Paolo II il 4 maggio 2003.

Martirologio Romano: Nella città di Aranjuez nella Nuova Castiglia in Spagna, san Giuseppe Maria Rubio Peralta, sacerdote della Compagnia di Gesù, che si distinse nell’ascolto dei penitenti, nella predicazione di esercizi spirituali e nel visitare i poveri del territorio di Madrid.


San José Maria Rubio Peralta è stato canonizzato a Madrid il 4 maggio 2003 da papa Giovanni Paolo II, insieme ad altri quattro santi spagnoli. Nacque a Dalías nella provincia di Almería in Spagna, il 22 luglio 1864 da umili e pii genitori contadini, la sua famiglia era composta da sei figli viventi, altri sei erano prematuramente morti.
Trascorse una felice infanzia e nel 1875 iniziò gli studi medi ad Almería, per poterli proseguire nel seminario della diocesi, perché ormai era chiara la sua chiamata al sacerdozio.
Nel 1878 si trasferì nel Seminario maggiore di Granada per gli studi di filosofia, teologia e diritto canonico. Otto anni dopo nel 1886 si recò a Madrid dove completò gli studi, conseguendo le lauree nelle suddette specializzazioni; venne ordinato sacerdote il 24 settembre 1887 a Madrid.
Per due anni fu viceparroco a Chinchón e parroco per un anno a Estremera; nel 1890 fu chiamato dal suo vescovo a ricoprire vari incarichi nella Curia di Madrid; fu esaminatore sinodale, professore di metafisica, latino e teologia pastorale nel Seminario, notaio curiale e cappellano maggiore delle monache di S. Bernardo.
Fece anche nel 1905 un pellegrinaggio in Terra Santa, ma nel 1906 egli volle realizzare la forte inclinazione a farsi religioso nella Compagnia di Gesù, che aveva sempre avuto e che per tante circostanze negative, non poté farlo fino ad allora.
Entrò a 42 anni nel noviziato dei Gesuiti di Granada, emettendo i voti il 12 ottobre 1908; dopo un altro anno di studi e un breve periodo di lavoro fra i Gesuiti di Siviglia, passò a svolgere il suo ministero pastorale nella residenza dei padri a Madrid, dove rimase fino alla morte, avvenuta ad Aranjuez il 2 maggio 1929.
Formato alla scuola degli Esercizi Spirituali di S. Ignazio di Loyola, con una profonda vita spirituale alimentata soprattutto dall’amore per l’Eucaristia e dalla devozione al Cuore di Gesù.
Fin dalle prime ore del mattino, lunghe file di fedeli assediavano il suo confessionale, riconciliare i penitenti fu uno dei suoi impegni maggiori; predicò il Vangelo in forma semplice, priva di retorica, toccando i cuori come il santo Curato d’Ars.
Fu ricercatissimo per gli esercizi spirituali ad ogni categoria di persone e per l’assistenza spirituale nelle comunità religiose, sempre numerose in Spagna. Con coraggioso zelo si dedicò alla cura pastorale dei quartieri più poveri ed abbandonati della città, si meritò l’appellativo di ‘apostolo di Madrid’, particolare impegno profuse nella formazione dei laici, affinché si comportassero da buoni cristiani in famiglia, nelle loro professioni e nella vita sociale.
Promosse instancabilmente l’opera delle “Marias de los Sagrarios” (Marie dei Tabernacoli) e quella de “Los Caballeros y las Señoras de la Guardia de Honor”. Specie negli ultimi anni di vita, la sua attività pastorale fu contrassegnata da numerosi fatti prodigiosi, che gli valsero il titolo di taumaturgo.
Suo nonno sostiene che, chi vivrà, vedrà questo suo nipotino diventare un grande, talmente grande che di lui parleranno tutti, ma intanto le cose non stanno proprio così. La stima che i superiori hanno per lui è piuttosto scarsa, forse anche a causa del suo carattere serio, schivo, un po’ introverso fino a rasentare la timidezza. Giuseppe Maria Rubio Peralta, spagnolo dell’Andalusia, ha una famiglia numerosa alle spalle e due genitori, semplici contadini, che lo educano alla fede e alla preghiera. Dato che dimostra segni inequivocabili di vocazione sacerdotale, uno zio canonico si interessa di lui e lo fa studiare in privato, per prepararlo ad entrare in seminario. Dopo questi, è un altro canonico a prenderlo sotto la sua protezione, ma è così autoritario ed asfissiante che sarebbe meglio perderlo che trovarlo. E’ lui che si ostina a farlo studiare anche dopo che, nel 1887, è ordinato prete: il giovane ubbidisce, e dato che non ha problemi con lo studio, si laurea a pieni voti in Diritto Canonico. Poi lo fa partecipare ad un concorso da canonico ed è parecchio deluso nel sapere che non lo ha superato. Giovane prete, per due anni è viceparroco e, subito dopo, parroco per un anno, fino a quando cioè il suo vescovo gli affida vari incarichi nella Curia di Madrid: esaminatore sinodale, professore di metafisica, latino e teologia pastorale nel Seminario, notaio curiale e cappellano maggiore delle monache di S. Bernardo. E’ facile scorgere, dietro a queste varie nomine, la “longa manus” dell’onnipresente “canonico-protettore”, che non è mai soddisfatto dei traguardi raggiunti dal suo pupillo. Anzi, comincia anche a preoccuparsi, quando si accorge che questi prende una “cattiva piega” e frequenta ambienti perlomeno dubbi: sempre più insistentemente, infatti, gli raccontano del fatto che abitualmente cerca gli straccivendoli, raduna i ragazzi di strada, fa catechismo alle ragazze povere. Sono bastati pochi mesi in parrocchia perché la gente lo ritenga un santo; tutti sono ammirati nel vederlo pregare così tanto e nel sapere che corre tutto il giorno per aiutare qualcuno. Quando poi non si sa proprio più dove trovarlo bisogna andarlo a cercare nel confessionale e sono tante le volte in cui il “canonico-protettore”, con il tovagliolo al collo, deve andare a prenderlo con la forza, perché i penitenti non gli lascerebbero neppure mangiar pranzo. Anche per questo canonico un po’ invadente arriva però il momento di chiudere gli occhi in pace e il nostro prete, che ormai ha più di 40 anni, può finalmente disporre della sua vita. Per prima cosa decide di realizzare il sogno, coltivato fin dagli anni del seminario, di diventare gesuita: lo attrae la spiritualità ignaziana, che ha già fatto propria e che ha cercato di trasfondere sia con la predicazione degli esercizi e sia nella direzione spirituale. I Gesuiti lo accettano, mai però come “professo dei quattro voti”, ma semplicemente come “coadiutore spirituale” . C’è il fondato sospetto che in questa decisione abbia giocato non poco la gelosia di qualche confratello, che non riesce a darsi ragione di come quel prete, all’apparenza insignificante, riesca ad avere tanto seguito. Come predicatore, infatti, è un disastro, eppure le sue prediche sono capite da tutti,. seguite da tutti e convertono molti: dicono che le sue parole semplici e disadorne siano come una lama che penetra nelle coscienze; così, quando celebra, tutti hanno l’impressione che parli con qualcuno. E davanti al suo confessionale si formano code anche di tre ore. E la gente dice, anche sotto giuramento, che attorno a lui si verificano cose prodigiose, come bilocazioni, telepatie, preveggenze, profezie. Tutto ciò si può spiegare semplicemente così: quel prete ha messo la sua vita nelle mani di Dio, vuole sempre “fare quello che Dio vuole e volere quello che Dio fa”, prega ininterrottamente e si lascia “mangiare” dagli altri. Quando non è in chiesa lo trovi nei bassifondi di Madrid, in mezzo ai poveri, per i quali si fa in quattro a cercare cibo e lavoro. Fonda anche una comunità di “Marie” in costante adorazione davanti al tabernacolo, pensa alla consacrazione nel mondo come ad una nuova forma di santità laicale, si fa formatore di coscienze che poi nella persecuzione degli Anni Trenta gli faranno onore anche fino al martirio. I suoi ultimi anni sono contrassegnati dalle incomprensioni dei superiori, che lo isolano sempre più. Muore il 2 maggio di 80 anni fa, dopo aver accuratamente strappato tutti i suoi appunti spirituali nell’illusione di farsi dimenticare presto. Invece, Giovanni Paolo II° lo beatifica nel 1985 e lo canonizza nel 2003, perché di simili luci il mondo ha bisogno sempre. Per questo è necessario metterle sul candeliere: perché possano illuminare tanti.

Autore: Gianpiero Pettiti



La causa per la sua beatificazione iniziò nel 1945, papa Giovanni Paolo II lo beatificò il 6 ottobre 1985 e lo stesso pontefice nella cerimonia di canonizzazione del 4 maggio 2003, ha detto di lui: “San José Maria Rubio Peralta visse il suo sacerdozio prima come diocesano e poi come gesuita, con un dono totale di sé all’apostolato della Parola e dei sacramenti, dedicando molte ore al confessionale e guidando numerosi corsi di esercizi spirituali, nei quali formò molti cristiani che poi sarebbero morti martiri durante la persecuzione religiosa in Spagna. ‘Fare quello che Dio vuole e volere quello che Dio fa’, era il suo motto”.





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00domenica 2 maggio 2010 09:53

San Giuseppe Nguyen Van Luu Martire

2 maggio

m. 1854

Martirologio Romano: Nella città di Vĩnh Long nella Concincina, ora Viet Nam, san Giuseppe Nguyễn Văn Lựu, martire, che, contadino e catechista, si offrì spontaneamente in cambio del sacerdote Pietro Lựu ricercato dai soldati e morì in prigione sotto l’imperatore Tự Đức.






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00domenica 2 maggio 2010 09:54

Beato Guglielmo Tirry

2 maggio

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Cork (Irlanda), 1608 - 12 maggio 1654

Entrò giovane nell’Ordine di s. Agostino e studiò in Spagna, a Parigi e a Bruxelles. Nel 1641 ritornò in Irlanda alcuni anni prima del sollevamento dell'Ulster.Esercitò il ministero sacerdotale di nascosto ed ebbe diversi incarichi e uffici all’interno della Famiglia agostiniana d’Irlanda.Tradito per cinque sterline, fu catturato con indosso i paramenti sacri nella mattina del sabato santo del 1654. Furono anche ritrovati i suoi scritti in difesa della fede cattolica.Incarcerato non rinunciò alla fede e all’obbedienza al Papa. Accusato di tradimento, in virtù della proclamazione del 6 gennaio 1653 che proibì ai sacerdoti di restare nel paese, fu condannato ad essere “appeso per il collo fino a che non sopraggiunga la morte”. Nel tragitto verso il patibolo esortava la folla alla fede nella Chiesa ed alla fedeltà al Papa. Perdonò chi lo aveva tradito.

Martirologio Romano: A Clonmel in Irlanda, beato Guglielmo Tirry, sacerdote dell’Ordine dei Frati di Sant’Agostino e martire sotto il regime di Oliver Cromwell per la sua fedeltà alla Chiesa di Roma.


Nato nella città di Cork (Irlanda) nel 1608 da una famiglia di commercianti profondamente cattolica, nella quale vi fu anche uno zio vescovo con lo stesso nome, entrò nell'Ordine di s.Agostino e studiò a Valladolid (Spagna), a Parigi e a Bruxelles. Per obbedienza ai suoi superiori, ritornò in Irlanda alcuni anni prima che il sollevamento dell'Ulster cominciasse, nel 1641.
Nel 1646 divenne socio del provinciale p. O’Driscoll e nel 1649 Priore del convento di Skreen. Dopo l’arrivo di Cromwell l’esercizio di quest'ufficio gli fu impossibile. Così servì a Fethard (Tipperary) come educatore di un figlio di parenti ed esercitando di nascosto il ministero sacerdotale.
Tradito per cinque sterline, fu catturato con indosso i paramenti sacri nella mattina del sabato santo del 1654. Nella stessa circostanza si trovarono scritti suoi in difesa della fede cattolica.
P. Tirry fu gettato nel carcere di Clonmel. Gli fu offerta la libertà in cambio della sua adesione alle dottrine protestanti ma inutilmente. Il tribunale lo accusò di tradimento in virtù della proclamazione del 6 gennaio 1653 che proibiva ai sacerdoti di restare nel paese.
Nella difesa rispose che negli affari temporali avrebbe riconosciuto il governo, ma in quelli spirituali doveva seguire la sua coscienza, ubbidendo ai superiori del suo Ordine ed al Papa, e perciò doveva rimanere nel paese.
Dopo qualche esitazione, il tribunale, sotto l’influsso dei militari, lo giudicò colpevole, condannandolo ad essere “appeso per il collo fino a che non sopraggiunga la morte”.
P. Tirry vestì per l’esecuzione l’abito agostiniano con il rosario. Nel cammino verso la collina presso Fethard, in cui doveva essere eseguita la sentenza, con le catene ai polsi e una corda al collo, esortò la folla alla fede nella Chiesa ed alla fedeltà al Papa. Già sul patibolo, dopo aver perdonato ai tre che lo avevano tradito e dopo aver pregato per loro, chiese perdono dei suoi peccati, domandando l’assoluzione di qualche sacerdote, che per caso si trovasse sul posto. Sperava che p O'Driscoll potesse essere presente. E infatti era lì tra la folla.
Morì impiccato nel 1654, il 2 maggio, secondo il calendario giuliano, il 12 secondo quello gregoriano seguito nella maggior parte d'Europa.
Fu beatificato da Giovanni Paolo II il 27 settembre 1992 insieme ad altri 16 martiri irlandesi uccisi tra gli anni 1579 e 1654.
La sua memoria liturgica ricorre il 12 maggio.





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00domenica 2 maggio 2010 09:54

San Guisitano Martire

2 maggio


San Guisitano, martire sardo, morto per decapitazione. Sepolto nella chiesa di San Sperate, ora le sue s. reliquie sono corservate nel Santuario della Cattedrale dal 1616.
Non esiste una memoria liturgica legata al dies natalis, ma viene venerato nel giorno del ritrovamento delle reliquie, cioè il 2 maggio.




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00domenica 2 maggio 2010 09:55

Beato Nicola Hermansson Vescovo

2 maggio

m. 1391

Martirologio Romano: A Linköping in Svezia, beato Nicola Hermansson, vescovo, che, severo con se stesso, si dedicò interamente alla sua Chiesa e ai poveri e accolse con onore le reliquie di santa Brigida.





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00domenica 2 maggio 2010 09:56

San Valdeberto Abate di Luxeuil

2 maggio

m. 665/670

Martirologio Romano: A Luxeuil in Burgundia, in Francia, san Valdeberto, abate.




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00domenica 2 maggio 2010 09:58

Santi Vendemiale, Fiorenzo, Eugenia e Longino Martiri

2 maggio

m. 483

Martirologio Romano: Commemorazione dei santi martiri Vendemiale, vescovo di Gafsa in Numidia, nell’odierna Tunisia, e Longino di Pamaria in Mauritania, ora in Algeria, che, per essersi opposti agli ariani nel Concilio di Cartagine, furono condannati dal re vandalo Unnerico alla decapitazione.






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00domenica 2 maggio 2010 09:58

Santa Viborada (o Wiborada) Vergine e martire di San Gallo

2 maggio

Turgovia, IX sec. – San Gallo (Svizzera), 1° maggio 926

Martirologio Romano: Nel territorio di San Gallo nell’odierna Svizzera, santa Viborada, vergine e martire, che, ritiratasi in una piccola cella presso la chiesa di San Magno, provvedeva alle necessità del popolo e per la sua fede e la sua condizione di religiosa trovò la morte per mano degli Ungheresi invasori.


Santa Wiborada ha il privilegio di essere stata la prima donna proclamata ufficialmente santa dalla Chiesa; la sua canonizzazione effettivamente testimoniata, avvenne nei primi giorni del gennaio 1047 ad opera di papa Clemente II, alla presenza dell’imperatore di Germania Enrico III.
La vita di questa reclusa di San Gallo, storicamente testimoniata, è descritta in due biografie, una scritta tra il 993 e il 1047 dal monaco di San Gallo Hartmann, e un’altra scritta tra il 1072 e il 1076 dal monaco Erimanno; inoltre santa Wiborada è ricordata in documenti ed Annali della celebre abbazia, fondata in Svizzera da s. Gallo († 646) monaco irlandese.
Wiborada nacque in un anno imprecisato di fine secolo IX, in una nobile famiglia alemanna della regione del Turgovia, attuale cantone della Svizzera nord-orientale.
Dietro suo consiglio, il fratello Itto divenne sacerdote e più tardi monaco a San Gallo; durante la sua giovinezza Wiborada aveva cura nella casa paterna di ammalati e poveri.
Rimasta orfana anche della madre, si ritirò come solitaria in una cella presso la chiesa di S. Giorgio sopra San Gallo dal 912 al 916, dove con preghiere ed esercizi ascetici si preparava alla vita di reclusa; pratica di ascetismo femminile che continuava nell’ambiente occidentale, la vita eremitica dei primi secoli, di solito vicino a delle comunità monastiche, dalle quali ricevevano un po’ di cibo e assistenza spirituale.
Nel 916, Wiborada venne rinchiusa a vita in una cella presso la chiesa di San Magno, dal vescovo-abate di San Gallo, Salomone III (890-920); fu certamente una delle prime recluse, la cui esistenza è provata storicamente; visse in questa condizione dieci anni, dedita alla preghiera e all’ascetismo.
Essendo dotata del dono della profezia, dispensò molti consigli, a lei si rivolse il vescovo Ulrico di Augusta (923-973) per chiederle consiglio nella controversia sorta con la comunità di San Gallo, in quel periodo priva di abate; inoltre consigliò l’abate Engilberto (925-933), per l’approssimarsi delle invasioni ungheresi, di mettere in salvo i monaci e i tesori del monastero.
E agli inizi del 926 visto le continue pressioni, i manoscritti più preziosi furono trasferiti nel monastero di Reichenau, sul Lago di Costanza.
[I Magiari, popolazione pagana conosciuta anche come Ungari, compirono devastanti e periodiche incursioni nei Paesi occidentali, specie in Germania sin oltre la metà del X secolo; furono sconfitti da Ottone I di Sassonia nel 955, la loro conversione al cristianesimo iniziò nel 973 e furono totalmente convertiti dal re s. Stefano I (997-1038)].
Wiborada fu uccisa dai suddetti magiari, durante l’invasione di tutta la zona il 1° maggio 926; l’8 maggio fu sepolta con solennità nel suo stesso reclusorio.
Venti anni dopo nel 946, i suoi resti mortali furono traslati nella Chiesa di S. Magno al tempo dell’abate Cralo; fu proclamata santa come già detto nel 1047; santa Wiborada insieme a san Gallo e sant’Osmaro, formano le tre stelle dei santi sangallesi.
Nell’iconografia, la santa viene rappresentata in abiti di suora benedettina, alla cui Regola si attenevano i monaci di san Gallo, con un libro che simboleggia il dono della profezia e l’alabarda, strumento con cui fu torturata e uccisa dagli invasori pagani. La sua festa si celebra il 2 maggio.





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