10 agosto

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Stellina788
00domenica 9 agosto 2009 11:51

Beato Agostino Ota Martire del Giappone

10 agosto

Ogiza, 1570 - 10 agosto 1622

Etimologia: Agostino = piccolo venerabile, dal latino

Martirologio Romano: Nella città di Iki in Giappone, beato Agostino Ota, religioso della Compagnia di Gesù e martire, decapitato per Cristo.


Nacque verso il 1570 nell'isola di Ogiza (gruppo delle Gotò) da una famiglia pagana. La primaria educazione gli fu impartita in un monastero di bonzi; poi verso il 1585, essendosi trasferito nelI'isola di Ota, per opera dei Gesuiti, che ivi svolgevano l'evangelizzazione, si convertì al Cristianesimo. Divenne quindi un validissimo aiuto dei missionari prestandosi in ogni maniera e con grande generosità. Avendo una buona cognizione della dottrina cristiana fu incaricato dell'insegnamento catechistico nella zona di Cambò ove aveva costruito una piccola cappella.
Mortagli la moglie, ed essendo senza prole, si dedicò con maggior zelo alla causa cristiana, benché la persecuzione, scatenatasi nella seconda decade del sec. XVII, fosse violentissima. La sua attività ebbe per molto tempo il centro nella zona di Firando; si interessò di educare cristianamente parte della popolazione e nello stesso tempo si adoperò per sovvenire ad ogni necessità degli infermi e dei poveri. Divenne in seguito uno degli aiutanti piú validi del p. Camillo Costanzo; nel 1621 con lui ritornò nelle isole di Gotò ove però entrambi furono imprigionati.
Dal carcere scrisse una lettera al padre provinciale dei Gesuiti per chiedergli di essere accolto quale fratello laico nell'Ordine; la domanda fu accolta e perciò emise i voti poco tempo prima del martirio.
Fu decapitato il 10 agosto 1622 dopo quattro mesi di prigionia ad Ichi e il corpo fu disperso in mare. Venne beatificato da Pio IX il 6 luglio 1867.


Stellina788
00domenica 9 agosto 2009 11:52

Beato Arcangelo Piacentini da Calatafimi Sacerdote

10 agosto

Nato da nobile famiglia intorno al 1390, a Calatafimi, in Sicilia, il beato Arcangelo Piacentini fin da giovane si mostra incline a un'esistenza povera e solitaria. Si ritira a vita eremitica in una grotta presso la chiesetta di Santa Maria del Giubino. Si racconta che frequentemente, durante i momenti di preghiera, gli compariva la Madonna su un cipresso. È ordinato sacerdote e in seguito entra a far parte dei Frati minori a Palermo, di cui successivamente assume la guida. È fondatore del convento di S. Maria di Gesù (1430), ad Alcamo. Nella stessa cittadina fa rinascere l'ospedale di Sant'Antonio che si trovava in stato di abbandono. Al beato si attribuiscono, oltre a una fervente predicazione della Parola di Dio, numerosi miracoli, avvenuti anche dopo la morte presso la sua tomba. Muore ad Alcamo nel 1460. Le sue reliquie si conservano ancora intatte nel convento fondato dal beato. La figura di Arcangelo Piacentini da Calatafimi è molto sentita ancora nei nostri giorni, soprattutto nella zona occidentale della Sicilia. (Avvenire)

Martirologio Romano: Ad Alcamo in Sicilia, beato Arcangelo da Calatafimi Piacentini, sacerdote dell’Ordine dei Minori, insigne per austerità di vita e amore della solitudine.


Nacque circa l’anno 1390 dalla nobile famiglia Placenza e sin dalla fanciullezza si mostrò inclinato alla pietà e riluttante al mondo. Ben presto rinunziò i beni fugaci e le attrattive del secolo del quale paventò sempre i pericoli e corse non molto lontano della città natale, a nascondersi in una grotta presso la chiesetta sacra a S. Maria del Giubino. Qui meritò frequenti visioni della gran madre di Dio, la quale compiacevasi comparirgli su di un cipresso mentre egli era intento alla preghiera e alla contemplazione delle cose celesti.
Crescendo la fama della sua santità e il numero dei miracoli che Dio operava per le sue preghiere; il Giubino ben tosto divenne luogo frequentatissimo di un popolo, il quale correva in folla per implorare soccorso nei bisogni della vita. Il pio eremita si afflisse profondamente di tanto concorso di uomini e paventando le seduzioni sempre più insidiose della vanità, lasciò quel luogo e andò ad Alcamo dove sperava nascondersi più facilmente alle persone. In Alcamo ebbe concesso l'ospedale di S. Antonio, da tempo abbandonato, e raccolti ivi degli infelici li serviva con cura amorosissima; mentre nei ritagli di tempo che gli rimanevano liberi, si ritirava nella vicina grotta, detta tuttavia del Beato Arcangelo, per pregare e flagellare le sue carni innocenti. Aboliti da papa Martino V gli eremiti di Sicilia, Arcangelo andò a Palermo e vestì per mani del B. Matteo da Agrigento le sacre lane nel convento di S. Maria di Gesù. Ordinatosi sacerdote ed avuta dallo stesso Beato facoltà di fondare conventi, bentosto ritornò in Alcamo e ridusse a casa serafica il prediletto ospedale di S. Antonio, edificandovi una chiesetta che in una al convento dedicò a S. Maria di Gesù. Eletto Vicario Provinciale rifulse come custode rigidissimo della regolare osservanza, intrepido propugnatore della gloria di Dio e amatore ardentissimo della salute delle anime. Predicò con frutto la parola di Dio, si adornò di virtù insigni e fu chiarissimo per il dono dei miracoli e delle profezie. In tutto il corso della sua vita santissima fu talmente umile di cuore da desiderare ardentissimamente che nessuno lo conoscesse. Così, ricco di meriti e chiaro per virtù, morì in Alcamo nel convento da lui fondato, l'anno 1460 il giorno 24 luglio fra l'universale compianto. Numerosi miracoli sono avvenuti presso la sua tomba e il culto a lui reso da tempo immemorabile è stato approvato da Gregorio XVI.



Stellina788
00domenica 9 agosto 2009 11:54

San Besso Martire

10 agosto

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+ Campiglia, Torino, fine III secolo

Secondo la tradizione, Besso era un soldato della legione Tebea convertitosi al Cristianesimo. Intorno al 286 , l’imperatore romano Massimiano si trovava con le sue truppe ad Agaunum (odierna Saint-Maurice in Svizzera). I soldati cristiani della legione Tebea, vennero massacrati per aver rifiutato di sacrificare agli dei pagani. All'eccidio scamparono solo pochi legionari, che presero a vagare per i monti, portando il messaggio della nuova fede. Questi soldati spesso martirizzati, furono i primi evangelizzatori di molte vallate della Alpi Occidentali. Anche Besso riuscì a convertire un gran numero di montanari della Val Soana, finchè venne catturato e scaraventato giù dal Monte Fautenio. Besso morì, ma lasciò miracolosamente la sua impronta sulla roccia sottostante, dove ora sorge il santuario a lui dedicato.

Patronato: Campiglia (To), Valprato Soana (To), Cogne (Ao)

Emblema: Palma, Spada, Stendardo, Croce Maurizian


Tra i numerosi martiri pseudo-tebei, cioè presunti appartenenti alla mitica Legione Tebea, San Besso pare essere quello con un culto popolare maggiormente radicato ed ancor oggi fiorente. In realtà incerte ed oscure sono le notizie che lo riguardano. La leggenda ne ha fatto come dicevamo un ex soldato della Legione Tebea, dunque compagno di San Maurizio, scampato al tragico eccidio di Agunum (odierna Saint-Maurice in Svizzera) ordinato dall’imperatore Massimiano e, passando per la Valle d’Aosta ed in particolare da Cogne ove è venerato, rifugiatosi in Piemonte. Qui si sarebbe dedicato all’evangelizzazione dei montanari pagani. Talvolta però Besso è considerato un vescovo di Ivrea, vissuto nell’VIII secolo e viene allora avanzata l’ipotesi, peraltro non suffragata da antiche fonti, che si possa trattare di due personaggi ben distinti: il primo sarebbe stato un eremita morto e venerato nel santuario alpestre sopra Campiglia in Val Soana, mentre il secondo un martire di Ivrea, qui venerato sin dall’antichità, a volte fu creduto addirittura vescovo della città. Ad aumentare la confusione circa la reale identità del santo contribuisce la doppia festa liturgica in suo onore il 10 agosto ed 1° dicembre, celebrata sia nel santuario che ad Ivrea.
``Anche sulle circostanze del martirio di San Besso esistono molteolici versioni. Quella riportata in un breviario del 1473 conservato presso la diocesi di Ivrea, racconta di come il santo, invitato da alcuni ladri di bestiame ad un banchetto ed accortosi della provenienza furtiva della carne di pecora che gli era stata offerta, deplorò aspramente il costume dei montanari che lo ospitavano. Questi, adirati contro di lui, lo scaraventarono giù dal Monte Fautenio e lì, ancora in vita, egli sarebbe stato raggiunto e trucidato dai legionari romani rimasti sulle sue tracce da Agaunum. Sulla roccia sarebbe miracolosamente impressa una sua impronta. Secondo la tradizione, il santuario fu costruito sul luogo del martirio sotto al grande masso, ancora oggi meta di pellegrinaggi. La stessa fonte documentale riporta che, secondo un’altra versione, il santo si sarebbe miracolosamente salvato e, rifugiatosi nella vicina Valle di Cogne, in quest’ultima dimora sarebbe stato massacrato dai legionari romani.
``Lo storico ed antropologo francese Robert Hertz raccolse nel 1912 ancora un’altra versione della vita di San Besso, tramandata oralmente tra la gente di Cogne, secondo la quale il santo non fu un milite tebeo, ma semplicemente un devoto pastore locale che Dio ricompensava facendo prosperare il suo gregge. Secondo tale versione, egli sarebbe stato scaraventato giù dalla rupe da alcuni montanari miscredenti, furenti dall’invidia nei suoi confronti.
``Sulle vicende delle spoglie mortali del santo, la leggenda vuole che nel IX secolo, dopo esser state trafugate da pii ladri avidi di reliquie, esse siano finite in avventurose circostanze ad Ozegna, ove ora sorge il santuario della Beata Vergine del Convento e del Bosco. Un paio di secoli dopo, ad opera del celebre Re Arduino, le sacre reliquie vennero da qui traslate nella cripta della cattedrale di Ivrea, ove trovarono degna collocazione in un antico sarcofago romano tuttora visibile. Oggi riposano invene in un altare laterale di detta cattedrale insieme ad altri santi martiri.
``San Besso ebbe fama di grande santo taumaturgo, autore di innumerevoli miracoli, protettore dei soldati contro i pericoli della guerra. La speciale devozione verso il santo si esprime ancor oggi nella festa in suo onore celebrata annualmente il 10 agosto nel santuario posto tra le montagne del Parco Nazionale del Gran Paradiso, nell’alta Val Soana ad oltre 2000 metri di altitudine. I fedeli accorrono numerosi in pellegrinaggio sia da Campiglia che dalla vallata di Cogne, da cui occorre partire il giorno prima e pernottare presso il ricovero del santuario. Molti, un tempo, indossavano i coloratissimi costumi tradizionali delle diverse valli. La statua del santo viene portata in processione compiendo un giro attorno alla grande rupe che fu testimone del suo martirio: l’onore di portare la statua del santo, oggi attribuito ponendola all’incanto, fu un tempo causa di violenti liti tra Campigliesi e Cognensi, due comunità oggi appartenenti a differenti diocesi, ma prima del 1200 unite sotto la diocesi di Ivrea, oltre che dalla comune parlata dialettale franco-provenzale.
``Nelle credenze e nei riti popolari è possibile individuare elementi che rimandano alle antiche venerazioni di rocce ritenute centri di irradiazione di una forza divina. Talune fonti affermano che “durante il rito devozionale, i fedeli effettuano pratiche segrete e misteriose basate sulla convinzione che il contatto con la pietra favorisca la fecondità”. In realtà l’origine di questo culto è certamente precristiana ed è caratterizzata dalla persistenza di un forte culto litico. Ancora oggi le popolazioni di Cogne e Campiglia sono fortemente attaccate alla tradizione dei poteri taumaturgici della roccia di Besso, ovvero di scaglie scalpellate dalla roccia del monte Fautenio. Occorre infine come sia del tutto singolare e significativa l’assonanza tra il nome di San Besso ed il dio egizio Bes, anch’egli particolarmente invocato per la fecondità. Un’ulteriore somiglianza fra il santo cristiano e la divinità pagana è prettamente iconografica, in quanto entrambi sono sovente raffigurati con un copricapo di piume di struzzo.



Stellina788
00domenica 9 agosto 2009 11:55

San Blano Vescovo

10 agosto


Martirologio Romano: A Dumblain in Scozia, san Blano, vescovo.



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00domenica 9 agosto 2009 11:56

Beato Edoardo (Edward) Grzymala Sacerdote e martire

10 agosto

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Kolodziaz, Polonia, 29 settembre 1906 – Dachau, Germania, 10 agosto 1940

Il beato Edward Grzymala, sacerdote diocesano, nacque a Kolodziaz, Polonia, il 29 settembre 1906 e morì a Dachau, Germania, il 10 agosto 1940. Fu beatificato da Giovanni Paolo II a Varsavia (Polonia) il 13 giugno 1999 con altri 107 martiri polacchi.

Martirologio Romano: Nel campo di prigionia di Dachau vicino a Monaco di Baviera in Germania, beati Francesco Drzewiecki, della Congregazione della Piccola Opera della Divina Provvidenza, ed Edoardo Grzymała, sacerdoti e martiri, che, polacchi di origine, durante la devastazione della patria in tempo di guerra furono messi dai loro persecutori in un carcere straniero e raggiunsero Cristo uccisi in una camera a gas.



Stellina788
00domenica 9 agosto 2009 11:57

Sant' Erico (Erik) IV Re di Danimarca, martire

10 agosto

1216 - 10 agosto 1250


Primo figlio di Valdemar Sejr e di Berengaria, nacque nel 1216 e visse in uno dei più tormentati periodi che la Danimarca abbia attraversato. Era stato nominato duca della regione di Sonderjylland nel 1218 ed era stato incoronato re nel 1232, ma cominciò a regnare nel 1241. Uno dei suoi fratelli, Abele, rifiutò di riconoscerlo re e ne nacque una guerra intestina fra i numerosi fratelli durante la quale la più gran parte del Sonderjylland fu devastata. Nel 1249 progettò una crociata in Estonia e per sostenere le spese mise un'imposta su ogni aratro, provocando una sommossa nella Scania, la parte meridionale dell'attuale Svezia, che allora apparteneva alla Danimarca. Da questa imposta gli derivò il sopranno­me di Plovpennings, con il quale è passato alla sto­ria (da plov = aratro e penning — moneta, da­naro). La crociata fu rimandata, ma l'anno dopo Erico entrò improvvisamente nel paese di Abele e co­strinse il fratello a sottomettersi. Poco dopo, du­rante una discussione, Abele fece prendere il fra­tello a tradimento e lo consegnò ad uno dei suoi nemici mortali, che, fattolo decapitare, ne buttò il cadavere in mare (10 ag. 1250). Quando, il gior­no dopo, il cadavere fu trovato da alcuni pescatori, fu sepolto dai « frati neri » (così si chiamavano allora nel Nord i Domenicani) nella loro chiesa. Nel 1257 fu trasportato nella chiesa di Ringsted, dove sono sepolti molti re danesi. La impressio­nante morte di Erico e la sorte che, come un castigo di Dio, era toccata ai suoi assassini (tutti moriro­no di morte violenta), fecero sì che il popolo dane­se lo considerasse come un martire e molte con­fraternite sorgessero in suo onore e col suo nome. La sorte tragica del re Erico offrì materia al grande poeta danese Ohlenschlager (1779-1850) per un dramma, Enrico ed Abele, scritto nel 1820. La sua festa si celebra il 9 o il 10 agosto.


Stellina788
00domenica 9 agosto 2009 11:59

Beato Francesco Drzewiecki Sacerdote orionino, martire

10 agosto

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Zduny, Polonia, 26 febbraio 1908 - Dachau, Germania, 13 settembre 1942

Nato a Zduny, il 26 febbraio 1908, Francesco entrò adolescente nel seminario di Zdunska Wola nella Piccola Opera della Divina Provvidenza di san Luigi Orione. Dopo gli studi liceali e filosofici, nel 1931 andò in Italia, nella Casa madre di Tortona, per il noviziato e gli studi di teologia. Fu ordinato sacerdote il 6 giugno 1936. Operò poi al Piccolo Cottolengo di Genova-Castagna. Ritornato in Polonia nel 1937, fu educatore nel collegio di Zdunska Wola. Nell'estate del 1939 fu chiamato ad occuparsi della parrocchia «Sacro Cuore» e del Piccolo Cottolengo di Wloclawek. Qui lo sorprese la guerra. L'occupazione nazista in Polonia divenne persecuzione religiosa. Il 7 novembre 1939, don Drzewiecki e quasi tutto il clero della diocesi di Wloclawek, compresi i seminaristi e il vescovo, furono arrestati e tradotti in carcere. Internato a Dachau il 14 dicembre 1940, don Franciszek, dopo due anni di stenti, di privazioni, di lavori forzati e di nobile presenza umana e religiosa, fu eliminato perché «invalido a lavorare». Morì il 13 settembre 1942. (Avvenire)

Martirologio Romano: Nel campo di prigionia di Dachau vicino a Monaco di Baviera in Germania, beati Francesco Drzewiecki, della Congregazione della Piccola Opera della Divina Provvidenza, ed Edoardo Grzymała, sacerdoti e martiri, che, polacchi di origine, durante la devastazione della patria in tempo di guerra furono messi dai loro persecutori in un carcere straniero e raggiunsero Cristo uccisi in una camera a gas.


Don Orione l’aveva quasi profetizzato e certamente si era augurato che la sua ancor giovane congregazione venisse fecondata dalla testimonianza e dal sangue di martiri, ma certamente non poteva prevedere che questo suo desiderio si sarebbe attuato tanto presto. Infatti, il primo martire degli Orionini, riconosciuto tale dalla Chiesa, arriva appena due anni dopo la morte del fondatore. Francesco Drzewiecki nasce il 26 febbraio 1908, in Polonia, a Zduny, ed entra nel seminario di Zdunska Wola, cioè nella città in cui è nato San Massimiliano Kolbe, anch’egli martire dei lager. La sua vocazione è chiara e ben delineata: diventare sacerdote e religioso all’interno della Piccola Opera della Divina Provvidenza. Lo mandano a fare il noviziato e a studiare teologia a Tortona, proprio dove vive don Orione, che con la sua sola presenza plasma e modella i suoi figli. Più o meno negli stessi anni e nella stessa Casa si sta forgiando la centallese suor Plautilla, anche lei avviata alla gloria degli altari. Ordinato sacerdote il 6 giugno 1936, fa una breve esperienza nella struttura per handicappati gravi del Piccolo Cottolengo di Genova-Castagna, e poi a fine 1937 ritorna in patria, dove lo attende un’intensa attività educativa e pastorale, che svolge con generosità e dedizione. Tutto ciò fino al 1° settembre 1939, giorno in cui la Germania invade la Polonia, dando inizio ad una feroce persecuzione religiosa. Il successivo 7 novembre quasi tutto il clero della diocesi di Wloclawek, Vescovo e seminaristi compresi, viene arrestato e incarcerato: tra loro anche don Francesco, che inizia così una via crucis, le cui “stazioni” dolorose hanno i nomi di Wloclawek, Lad, Szczyglin, Sachsenhausen, corrispondenti ai vari “campi” in cui viene internato e in ciascuno dei quali il pretino viene ricordato come “l’uomo che edificava con la sua cortesia e premura”. Il 14 dicembre 1940 fa il suo ingresso nel famigerato lager di Dachau e destinato alle piantagioni: così, alle sofferenze e alle umiliazioni degli altri campi, si aggiungono estenuanti marce di trasferimento da una coltivazione all’altra e un duro lavoro sotto sole, vento o pioggia che finiscono per stremare quei poveri corpi già minati dalla fame e dalle malattie. Anche qui si accorgono della sua presenza, perché “si distingue fra tutti come il più buono, il più servizievole, il più caritatevole”. Accovacciato per terra, come gli altri, per togliere erbaccia, o piegato a zappare e vangare, tiene davanti a sé la scatoletta dell’Eucaristia e fa adorazione ed è evidentemente questa a dargli la forza non solo per non disperare, ma anche per incoraggiare gli altri. Arriva però il giorno in cui anche don Francesco si ammala e deve essere eliminato “perché invalido a lavorare”. Il 10 agosto 1942 inizia il suo ultimo viaggio verso la morte, che si concluderà nella camera a gas del castello di Hartheim, nei pressi di Linz. “Come polacchi offriremo la nostra vita per Dio, per la Chiesa, per la Patria”: sono le ultime parole, accompagnate da un sorriso, che un chierico orionino di 24 anni raccoglie dalle sue labbra prima della partenza e che fanno, della sua, non una morte subita, ma un’offerta deliberatamente e coscientemente compiuta.Viene eliminato il 13 settembre 1942, ad appena 34 anni di età e 6 di ordinazione, lasciando in tutti la sensazione di un vero martire. E poiché anche la Chiesa tale lo ha riconosciuto, è stato beatificato da Giovanni Paolo II° nel 1999.``
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Autore: Gianpiero Pettiti





Al lager di Dachau è legata una delle pagine più tragiche e gloriose del Clero polacco: in esso furono reclusi ben 1780 ecclesiastici e di essi 868 vi trovarono la morte. La Chiesa non ha esitato a esaminare gli eventi nella ricerca degli elementi sufficienti per dare a molte vittime la gloriosa corona del martirio. Pensiamo a Massimiliano Kolbe, Tito Brandsma e ad Edith Stein, tra i più noti di una eroica schiera di testimoni di Cristo, periti nei lager.
````I martiri di questi campi non ebbero troncata la vita con un attimo pur eroico di sofferenza: si trattò di un lungo calvario fatto di umiliazioni, ingiurie, maltrattamenti, che prepararono e determinarono spesso l'olocausto conclusivo finale. ``Tra gli eroici testimoni della fede e della carità cristiana morti a Dachau, brilla di eminente splendore la figura di Mons. M.Kozal, vescovo di Wloclawek, e la corona di "socii martyres", con lui morti a Dachau. Per 107 di essi è stata introdotta la causa di beatificazione che mira a provare la loro esemplarità eroica sia nel martirio e sia nella loro vita cristiana: 3 vescovi, 51 sacerdoti diocesani, 21 sacerdoti religiosi, 3 chierici, 7 fratelli coadiutori, 8 suore e 9 laici. Don Francesco Drzewiecki è uno di questi.
````Nato a Zduny, il 26.2.1908, Francesco entrò adolescente nel seminario di Zdunska Wola (città di San Massimiliano Kolbe) per realizzare la sua vocazione sacerdotale e religiosa nella Piccola Opera della Divina Provvidenza del beato Don Luigi Orione. Dopo gli studi liceali e filosofici, nel 1931 andò in Italia, nella Casa madre di Tortona, per il noviziato e gli studi della teologia. Fu ordinato sacerdote il 6 giugno 1936. Spese le sue primizie sacerdotali al Piccolo Cottolengo di Genova-Castagna, una istituzione per handicappati gravi, dove era anche formatore di un gruppo di "vocazioni adulte". Ritornato in Polonia sul finire del 1937, Don Francesco continuò la sua attività di educatore nel collegio di Zdunska Wola. Nell'estate del 1939 fu chiamato ad occuparsi della Parrocchia "Sacro Cuore" e del Piccolo Cottolengo di Wloclawek. Qui lo sorpresero i noti e tremendi eventi bellici, scantenatisi a partire dall'invasio-ne tedesca del 1° settembre 1939.
````L'occupazione nazista si trasformò ben presto in persecuzione religiosa, realizzata in modo sistematico e particolarmente violento nella Polonia cattolica. Il 7 novembre di quel 1939, Don Drzewiecki e quasi tutto il Clero della diocesi di Wloclawek, compresi i seminaristi e il Vescovo Mons. M. Kozal, furono arrestati e tradotti in carcere. Iniziava una lunga via crucis di umiliazioni e di sofferenze: Wloclawek, Lad, Szczyglin, Sachsenhausen e infine Dachau. Dai compagni di lager fu ricordato come "l'uomo che edificava con la sua cortesia e premura", secondo l'espressione di Mons. F.Korszynski nel suo noto libro Jasne promienie w Dachau (Pallottinum, Poznan) p.193. Internato a Dachau il 14 dicembre 1940, Don Franciszek Drzewiecki, dopo due anni di stenti, di privazioni, di lavori forzati e di nobile presenza umana e religiosa, fu eliminato perché "invalido a lavorare". Morì il 13 settembre 1942. Aveva solo 34 anni: 6 di sacerdozio.
````Tante sono le testimonianze della nobiltà e santità d'animo di Don Drzewiecki, spicca quella di Don Jozef Kubicki, anch'egli Orionino e chierico di 24 anni al momento della reclusione a Dachau. Don Kubicki racconta: "Al campo di concentramento, don Drzewiecki era stato destinato alle piantagioni. Doveva fare lunghe ed estenuanti marce di trasferimen-to a piedi, lavorare sotto sole, pioggia, vento. Venne il tempo in cui don Drzewiecki, si indebolì e si ammalò gravemente. Gli mancavano le forze per camminare. Andò al revier (inferme-ria). Mentre don Drzewiecki si trovava al revier è venuta una Commissione e tutti quelli che non erano in grado di lavorare ("i mussulmani", li chiamavano) li eliminavano: o venivano gasati o uccisi con altri modi. Fu così che don Drzewiecki fu iscritto per il trasporto di invalidi". Quei viaggi terminavano al forno crematoio. Con il trasporto del 10 agosto 1942, egli fu portato per l'eliminazione con il gas al Castello di Hartheim, nei pressi di Linz. Era mattino presto. Avevo finito il turno notturno di lavoro. Nella strada principale del lager avevano radunato gli invalidi per il carico dell'invali-dentrasport. Don Francesco, pur sapendo di rischiare, attraver-sò la strada e mi venne a dare l'addio. Ha bussato alla finestra e io sono saltato su dal giaciglio. Don Drzewiecki mi disse: Giuseppino, addio! Partiamo. Ero tanto abbattuto che non riuscivo a dire neanche una parola di rammarico. E don Drzewiecki continuò: Giuseppino non ti dar pena. Noi, oggi, tu domani... E con grande calma disse ancora: Noi andiamo... Ma offriremo come Polacchi la nostra vita per Dio, per la Chiesa e per la Patria" (da Due Orionini al Lager. Memoriale, Roma, 1997). ``
``Don Drzewiecki manifestò in questo supremo e drammatico momento di essere buon pastore "pronto a dare la vita per le sue pecore" (Gv 10,11) e lo espresse nell'offrire, coscientemente e liberamente, quella vita che, all'apparenza dei fatti, gli era tolta iniquamente. Come Gesù. "Io offro la mia vita e poi la riprendo. Nessuno me la toglie; sono io che la offro di mia volontà" (Gv 10,17-18). Per don Drzewiecki, "agnello mansueto condotto al macello", la conformazione a Cristo, raggiunge il suo apice in quel saluto, prima di salire sul convoglio dell'invalidentrasport: "Per Dio, per la Chiesa e per la Patria". La carità, frutto della sua abituale unione con Dio, fu il tessuto della sua vita. Lo rese prima chierico esemplare, poi educatore e pastore zelante, infine, lo sostenne ed esaltò nella terribile prova e morte nel lager. La causa di Don Francesco Drzewiecki, come quella dei "Socii martyres", è iniziata nella diocesi di Wloclawek nel 1992. Conclusa la fase istruttoria, la Congregazione per le Cause dei Santi ha emesso il Decreto di validità del processo diocesano il 24 gennaio 1995. L'Informatio de vita, virtutibus, martyrio et fama martyrii è pronta per il giudizio conclusivo.



Stellina788
00domenica 9 agosto 2009 12:00

San Geraint II Re del Cornwall

10 agosto

+ 556 circa


Nella Vita di s. Teilo si legge che questi, fuggendo in Armorica per sottrarsi alla peste gialla del 547, passò per il Cornwall e vi fu ricevuto amichevolmente dal re Gerennius (forse nipote di Geraint I), al quale, riconoscente, promise assistenza spirituale in punto di morte. Nel 555 o 556 Teilo tornò dall’Armorica e, sbarcato a Dingerein, si recò da Geraint che trovò in fin di vita: il re ricevette da Teilo l’Eucaristia, morì e fu sepolto nel sarcofago che il santo gli aveva portato in dono (miracolosamente, poiché la pesante pietra aveva navigato trainata da buoi dinanzi alla nave del santo). Geraint morì quindi nel 556 ca. e la voce popolare, forse per i rapporti che lo legavano a Teilo, lo proclamò santo.
``La chiesa di St. Gerrans, presso St. Just (indicata nei registri dei vescovi di Exeter come “ecclesia Sti. Gerentis”), nel Roseland, è probabilmente dedicata a lui, dato che Din Gerrein, il palazzo di Geraint, è nel territorio della parrocchia, in cui la festa di Geraint si celebra la seconda domenica di agosto precedentemente il 10 agosto).


Stellina788
00domenica 9 agosto 2009 12:01

Beati Giovanni Martorell Soria e Pietro Mesonero Rodriguez Salesiani, martiri

10 agosto

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+ Spagna, agosto 1936

Martirologio Romano: A Valencia ancora in Spagna, beato Giovanni Martorell Soria, sacerdote della Società Salesiana e martire, che patì il martirio nella medesima persecuzione. Insieme a lui si commemora anche il beato martire Pietro Mesonero Rodríguez, religioso della stessa Società, che nel villaggio di Vedat de Torrent nel territorio di Valencia in un giorno ignoto ricevette la gloriosa corona per aver testimoniato Cristo.


Juan Martorell Soria
``Picasent, Spagna, 1 settembre 1889 – Valencia, Spagna, 10 agosto 1936
``Nacque a Picassent (Valenza) il 1° settembre 1889. Fu un uomo umile e semplice. Divenne saleslano quando era già avanti negli anni, dopo aver lavorato da sagrestano nella nostra chiesa di S.Antonio Abate. Qui ritornò dopo l'ordinazione, nel 1923. Si trovò a svolgere il suo lavoro pastorale nei difficili anni della Repubblica. La fede cominciava a essere perseguitata, e il suo lavoro apostolico nel quartiere non fu sempre ben accolto da tutti. Ma Don Juanfu sempre un buon pastore per tutti, specialmente per i più umili. Dopo l'assalto al collegio,passò una settimana in carcere con il resto dei salesianl: uscendo fu nuovamente fermato e, ricondotto al collegio, fu sottoposto a diverse torture. Un testimone afferma che, mentre perdeva sangue in prigione,si dava da fare per incoraggiare i compagni di prigionia. A metà agosto fu portato via per essere ucciso.

``Pedro Mesonero Rodriguez
``Aldearrodrigo, Spagna, 29 maggio 1912 – El Vedat, Spagna, agosto 1936
``Nato a Aldearrodrigo (Salamanca) il 29 maggio 1912. Cominciò i suoi studi nel seminario di Astudillo (Palencia) e li continuò a Campello (Alicante), ma la precarietà della sua salute l'obbligò a ritornare a casa. Dopo la morte del fratello, anche lui salesiano, andò di nuovo a Campello ed emise la sua professione religiosail 3 agosto 193I. Passò a Mataro e poi a Valenza, dove lo sorprese la guerra. Fu un uomo di carattere gentile e simpatico, molto apprezzato dai compagni.Uscendo dal carcere si rifugiò, insieme con un altro sacerdote, in Meliana(Valenza), dadove,piùtardi, dovette fuggire. Fermato, si rifiutò di denunciare altri religiosi. Fu ucciso in "EI Vedat",vicino alla cittadina di Torrente (Valenza).



Stellina788
00domenica 9 agosto 2009 12:02

Beato Giuseppe Toledo Pellicer Sacerdote e martire

10 agosto

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Martirologio Romano: In località El Saler vicino a Valencia in Spagna, beato Giuseppe Toledo Pellicer, sacerdote e martire: conformato a Cristo sommo sacerdote, che tanto aveva amato, lo imitò nella gloria del martirio.



Stellina788
00domenica 9 agosto 2009 12:04

Santi Ireneo ed Aurelio Martiri, venerati a Cutigliano

10 agosto

 


Cutigliano (Val di Lima, diocesi e provincia di Pistoia) conserva nella sua chiesa parrocchiale i corpi di questi due martiri. Tolti, come tanti altri, dalle catacombe romane e forse individuati nel nome da un'iscrizione tombale e nella qualità di martiri dalla consueta, non sicura, simbologia di segni in essa incisi o graffiti, ovvero dalla presenza - di valore probativo altrettanto incerto - di presunte ampolle di sangue, essi furono trasferiti lassú nella seconda metà del sec. XVII. Ne ottenne la concessione dal papa Alessandro VIII un giureconsulto oriundo di Cutigliano e dimorante a Roma, I'auditore Pietro Pacioni, fratello minore del piú celebre Giuliano.
Le reliquie dei due presunti martiri ottennero una intensa venerazione nel paese di Cutigliano e in tutta la montagna pistoiese. Un artistico altare in loro onore venne eretto nella nieve. La loro festa si celebrò solennemente ogni anno, il 10 agosto, giorno anniversario della loro traslazione. Con beni donati per testamento dallo stesso Pietro Pacioni, il 1° gennaio 1697 fu istituita un'opera pia, ad essi intitolata, che esercitò per lungo tempo benefica attività, mantenendo nel paese una scuola di grammatica e retorica ed assegnando sussidi a giovani che mostrassero disposizione a frequentare i corsi universitari, ma ne fossero impediti da mancanza di mezzi.
A scopo di culto e di suffragio per i defunti sorse pure, sotto il titolo dei suddetti santi martiri, una confraternita, eretta con decreto vescovile in data 16 novembre 1843 ed arricchita d'indulgenze e privilegi dal pontefice Gregorio XVI con breve del 22 maggio 1844.
La devozione popolare verso questi due santi si è oggi affievolita. Anche la festa annuale, che un tempo si celebrava con notevole concorso di popolo e con manifestazioni devozionali e folkloristiche di vario genere, ha oggi perduto quasi del tutto la sua solennità e le sue originarie caratteristiche.


Stellina788
00domenica 9 agosto 2009 12:06

San Lorenzo Diacono e martire

10 agosto

Martire a Roma, 10 agosto 258

Fin dai primi secoli del cristianesimo, Lorenzo viene generalmente raffigurato come un giovane diacono rivestito della dalmatica, con il ricorrente attributo della graticola o, in tempi più recenti, della borsa del tesoro della Chiesa romana da lui distribuito, secondo i testi agiografici, ai poveri. Gli agiografi sono concordi nel riconoscere in Lorenzo il titolare della necropoli della via Tiburtina a Roma È certo che Lorenzo è morto per Cristo probabilmente sotto l'imperatore Valeriano, ma non è così certo il supplizio della graticola su cui sarebbe stato steso e bruciato. Il suo corpo è sepolto nella cripta della confessione di san Lorenzo insieme ai santi Stefano e Giustino. I resti furono rinvenuti nel corso dei restauri operati da papa Pelagio II. Numerose sono le chiese in Roma a lui dedicate, tra le tante è da annoverarsi quella di San Lorenzo in Palatio, ovvero l'oratorio privato del Papa nel Patriarchio lateranense, dove, fra le reliquie custodite, vi era il capo. (Avvenire)

Patronato: Diaconi, Cuochi, Pompieri

Etimologia: Lorenzo = nativo di Laurento, dal latino

Emblema: Graticola, Palma

Martirologio Romano: Festa di san Lorenzo, diacono e martire, che, desideroso, come riferisce san Leone Magno, di condividere la sorte di papa Sisto anche nel martirio, avuto l’ordine di consegnare i tesori della Chiesa, mostrò al tiranno, prendendosene gioco, i poveri, che aveva nutrito e sfamato con dei beni elemosinati. Tre giorni dopo vinse le fiamme per la fede in Cristo e in onore del suo trionfo migrarono in cielo anche gli strumenti del martirio. Il suo corpo fu deposto a Roma nel cimitero del Verano, poi insignito del suo nome.

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Forse da ragazzo ha visto le grandiose feste per i mille anni della città di Roma, celebrate nel 237-38, regnando l’imperatore Filippo detto l’Arabo, perché figlio di un notabile della regione siriana. Poco dopo le feste, Filippo viene detronizzato e ucciso da Decio, duro persecutore dei cristiani, che muore in guerra nel 251. L’impero è in crisi, minacciato dalla pressione dei popoli germanici e dall’aggressività persiana. Contro i persiani combatte anche l’imperatore Valeriano, salito al trono nel 253: sconfitto dall’esercito di Shapur I, morirà in prigionia nel 260. Ma già nel 257 ha ordinato una persecuzione anticristiana.
Ed è qui che incontriamo Lorenzo, della cui vita si sa pochissimo. E’ noto soprattutto per la sua morte, e anche lì con problemi. Le antiche fonti lo indicano come arcidiacono di papa Sisto II; cioè il primo dei sette diaconi allora al servizio della Chiesa romana. Assiste il papa nella celebrazione dei riti, distribuisce l’Eucaristia e amministra le offerte fatte alla Chiesa.
Viene dunque la persecuzione, e dapprima non sembra accanita come ai tempi di Decio. Vieta le adunanze di cristiani, blocca gli accessi alle catacombe, esige rispetto per i riti pagani. Ma non obbliga a rinnegare pubblicamente la fede cristiana. Nel 258, però, Valeriano ordina la messa a morte di vescovi e preti. Così il vescovo Cipriano di Cartagine, esiliato nella prima fase, viene poi decapitato. La stessa sorte tocca ad altri vescovi e allo stesso papa Sisto II, ai primi di agosto del 258. Si racconta appunto che Lorenzo lo incontri e gli parli, mentre va al supplizio. Poi il prefetto imperiale ferma lui, chiedendogli di consegnare “i tesori della Chiesa”.
Nella persecuzione sembra non mancare un intento di confisca; e il prefetto deve essersi convinto che la Chiesa del tempo possieda chissà quali ricchezze. Lorenzo, comunque, chiede solo un po’ di tempo. Si affretta poi a distribuire ai poveri le offerte di cui è amministratore. Infine compare davanti al prefetto e gli mostra la turba dei malati, storpi ed emarginati che lo accompagna, dicendo: "Ecco, i tesori della Chiesa sono questi".
Allora viene messo a morte. E un’antica “passione”, raccolta da sant’Ambrogio, precisa: "Bruciato sopra una graticola": un supplizio che ispirerà opere d’arte, testi di pietà e detti popolari per secoli. Ma gli studi (v. Analecta Bollandiana 51, 1933) dichiarano leggendaria questa tradizione. Valeriano non ordinò torture. Possiamo ritenere che Lorenzo sia stato decapitato come Sisto II, Cipriano e tanti altri. Il corpo viene deposto poi in una tomba sulla via Tiburtina. Su di essa, Costantino costruirà una basilica, poi ingrandita via via da Pelagio II e da Onorio III; e restaurata nel XX secolo, dopo i danni del bombardamento americano su Roma del 19 luglio 1943.



Stellina788
00domenica 9 agosto 2009 12:07

Santi Martiri Alessandrini

10 agosto


Martirologio Romano: Commemorazione dei santi martiri, che ad Alessandria d’Egitto, durante la persecuzione dell’imperatore Valeriano, sottoposti per lungo tempo dal prefetto Emiliano a molteplici e raffinate torture, ottennero con vari generi di morte la corona del martirio.


Stellina788
00domenica 9 agosto 2009 12:09

Santa Plettrude VII-VIII secolo

10 agosto


Nacque da una nobile famiglia franca nelle vicinanze di Treviri. Suo padre Ugoberto, parente del santo vescovo Teodardo, divenne, nel 705, vescovo di Maastricht e sua madre fu, come oggi viene generalmente riconosciuto, la b. Irmina, che mori come badessa di Oren ed è presumibilmente sepolta a Weissenburg. Andata sposa al maggiordomo franco Pipino, Plettrude esercitò su di lui un benefico influsso e dal matrimonio nacquero due figli, Drogo e Grimoaldo che mori­rono precocemente. I suoi rapporti con lo sposo tuttavia furono spesso offuscati dalla presenza di una concubina, Alpaida (Chalpaida), da cui nacque Carlo Martello.
``Partecipò in misura determinante alla fondazione nel 697-98 del monastero di Echternach, nell'odierno Lussemburgo, che fu affidato a s. Willibrordo, e a quella di Kaiserswerth con l'aiuto di s. Suitberto. Da questi due centri partirono missionari anglosassoni destinati in particolare alla conversione dei Frisoni.
``Dopo la morte di Pipino nel 714, P. affidò la reggenza a Carlo Martello e si ritirò a Colonia, dove fondò una chiesa in onore della Madre di Dio, che più tardi prese il nome di « S. Maria in Capitolio », e una comunità conventuale. Secondo la tradizione mori a Colonia il 10 ag. 725 e vi fu sepolta.
``Il culto di Plettrude rimase limitato alla chiesa da lei fondata e al convento di S. Maria in Capitolio dove la sua tomba si trovava nel centro del coro dinanzi all'altare maggiore e dove si conserva ancora il coperchio del sepolcro col ritratto della santa scolpito nel sec. XI.
``Le notizie relative a Plettrude derivano anzitutto dalla Chronica Regia del sec. XII, quindi sono tardive, ma la tradizione che la riguarda come fondatrice e come santa è rimasta ininterrotta. Il giorno della sua morte è stato sempre celebrato in S. Maria in Capitolio come « memoria Plektrudis reginae fundatricis huius ecclesiae » e malgrado l'opinione dei Bollandisti, il suo culto è provato senza alcun dubbio. Il Calendario di Essen del sec. XIII o XIV riporta il suo nome, così come le litanie del Liber Capitularis di S. Maria nel sec. XIV. La sua festa veniva celebrata prima il 10, più tardi l'11 ag. ed anche il 18 settembre.


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