10 gennaio

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scri789
00lunedì 10 gennaio 2011 09:34

Sant' Agatone Papa

10 gennaio

m. 681

(Papa dal 27/06/678 al 10/01/681)
Consacrato pontefice il 26 giugno del 678, quando, secondo la leggenda, avrebbe avuto 103 anni. Il 12 agosto ricevette dall'imperatore Costantino Pagonato una lettera nella quale questi si dichiarava pronto a riprendere il progetto di riunificazione ecclesiastica tra Roma e Bisanzio. Egli pensava di indire una conferenza episcopale in cui fossero discussi i problemi emergenti ed eliminata ogni controversia. A questo scopo chiedeva al papa l'invio a Costantinopoli di alcuni suoi rappresentanti. Per preparare la delegazione Agatone riunì in Laterano il 27 marzo del 680 un Concilio italiano che scelse i rappresentanti episcopali da mandare a Bisanzio insieme ai legati pontifici e approvò il testo sinodale che sarebbe stato presentato alla conferenza. La delegazione occidentale giunse il 10 settembre del 680. Quella che era stata indetta come una conferenza divenne, però, un vero e proprio Concilio ecumenico, il sesto in Oriente. Dopo 18 sedute si arrivò ad un decreto emanato il 16 settembre del 681 e alla richiesta al Papa di confermare le decisioni prese. Ma Agatone era già morto il 10 gennaio del 681 ed era stato sepolto in San Pietro. (Avvenire)

Etimologia: Agatone = buono, dal greco

Martirologio Romano: A Roma presso san Pietro, deposizione di sant’Agatone, papa, che contro gli errori dei monoteliti custodì integra la fede e promosse con dei sinodi l’unità della Chiesa.

Ascolta da RadioVaticana:
  

Fu consacrato pontefice il 26 giugno del 678, secondo una leggenda aveva raggiunto 103 anni ma ragionava ancora bene.
Il 12 agosto ricevette dall’imperatore Costantino Pagonato una lettera nella quale questi, avendo ormai risolte le questioni militari, si dichiarava pronto a riprendere il progetto di riunificazione ecclesiastica tra Roma e Bisanzio.
Egli pensava di indire una conferenza episcopale in cui fossero discussi i problemi emergenti ed eliminata ogni controversia. A questo scopo chiedeva al papa l’invio a Costantinopoli di alcuni suoi rappresentanti che fossero bene al corrente di tutta la problematica. Assicurava inoltre un ampia protezione imperiale alla delegazione stessa.
Per preparare la delegazione Agatone riunì in Laterano il 27 marzo del 680 un concilio italiano che scelse i rappresentanti episcopali da mandare a Bisanzio insieme ai legati pontifici e approvò il testo sinodale che sarebbe stato presentato alla conferenza.
Vi era esposta la dottrina delle due volontà e i modi di agire in Cristo con riferimento esplicito a quanto deciso nel concilio Lateranense da Martino I.
La delegazione occidentale giunse il 10 settembre del 680 a Costantinopoli e fu accolta dal patriarca Giorgio che provvide a convocare i metropoliti ed i vescovi bizantini. Quella che era stata indetta come una conferenza divenne infine un vero e proprio concilio ecumenico, il sesto in Oriente. Alla prima sessione risultarono infatti presenti i rappresentanti di tutti i patriarcati; essa si aprì il 7 novembre del 680 in una sala del palazzo imperiale.
Presidente era l’imperatore, affiancato da due presbiteri e un diacono romani quali rappresentanti del papa.
In Italia nel frattempo scoppiò una grave pestilenza che fece un numero impressionante di vittime.
A Costantinopoli intanto il concilio andò avanti; dopo 18 sedute si arrivò ad un decreto emanato il 16 settembre del 681. In esso si ribadiva la professione di fede stabilita dai cinque precedenti concili e si approvava all’unanimità la dottrina delle due volontà e delle due energie in Cristo, che non erano in contrasto con loro, confermando inoltre il testo sinodale del Laterano.
L’eresia monotelita fu ovviamente condannata.
Il concilio indirizzò infine uno scritto al papa pregandolo di confermare le decisioni prese.
Ma Agatone era già morto il 10 gennaio del 681 ed era stato sepolto in San Pietro: aveva raggiunto, a quanto pare, 107 anni.
Agatone ricevette anche la sottomissione dell’arcivescovo di Ravenna, Teodoro, il quale mise fine ad una autocefalìa condannata da Roma.
Agatone si interessò anche della sorte della Chiesa anglosassone: ricevette paternamente l’abate di Wearmouth, Benedetto Biscop, e rimise sul suo legittimo seggio l’arcivescovo di York, Vilfrido, ingiustamente deposto da Teodoro di Canterbury.
Sant’Agatone si distinse per profondità di dottrina e spirito caritativo specialmente verso i poveri. E’ il patrono di Palermo.




scri789
00lunedì 10 gennaio 2011 09:35

Sant' Aldo Eremita

10 gennaio

Non si sa esattamente in quale epoca S. Aldo sia vissuto, probabilmente nei secoli intorno al Mille. Secondo una tradizione fu eremita e carbonaio a Carbonia presso Pavia, e a Pavia fu sepolto nella cappella di S. Colombano, dalla quale fu traslato nella basilica di S. Michele. Non a caso la memoria di S. Aldo si è conservata a Pavia, che fu un tempo capitale del Regno dei Longobardi. E’ probabile, infatti, che sangue longobardo scorresse nelle vene del Santo eremita, o così almeno fa pensare l’origine del suo nome, che la parola longobarda “ald”, con il significato di vecchio.

Etimologia: Aldo = vecchio, inteso come esperto, saggio, dal longobardo

Ascolta da RadioRai:
  
Ascolta da RadioMaria:
  

Di S. Aldo, assai popolare nel nord, si conosce ben poco.
Ignoriamo perfino il luogo e la data della nascita, e quando si vuol determinare l'epoca in cui visse si parla vagamente del sec. VIII, quel periodo oscuro della nostra storia che precede l'età carolingia e l'Italia è smembrata in piccoli regni barbàrici, mentre sull'intera cristianità incombe sempre più la minaccia dell'islamismo. Un dato sicuro è il luogo di sepoltura, a Pavia, dapprima la cappella di S. Colombano e poi la basilica di S. Michele.
Un'antica tradizione ce lo presenta come carbonaio ed eremita nel pressi di Pavia, a Carbonaria. L'inclusione di S. Aldo nei Martirològi dell'Ordine benedettino ha fatto supporre che egli sia stato monaco a Bobbio, il celebre monastero fondato nel 614 da S. Colombano, a mezza strada tra il cenobio degli orientali e la comunità monastica creata un secolo prima da S. Benedetto. Il punto d'incontro di queste due forme di ascesi sembra indicato dall'esperienza religiosa del santo eremita che commemoriamo, un orante dalle mani incallite e il volto annerito dalla fuliggine delle carbonaie.
I monaci irlandesi di S. Colombano non conducevano una vita eremitica in senso stretto. Ognuno si costruiva la propria capanna di legno e di pietre tirate su a secco, entro una cinta rudimentale, per isolarvici in solitaria contemplazione nelle ore dedicate alla preghiera. Poi ne usciva con gli attrezzi da lavoro per recarsi alle consuete occupazioni giornaliere e guadagnarsi da vivere tra gli uomini col sudore della fronte. Insomma, l'eremita si allontanava provvisoriamente dagli uomini per dare più spazio alla preghiera e riempire la solitudine esteriore con la gioiosa presenza di Dio. Ma non si estraniava dalla comunità, alla cui spirituale edificazione contribuiva con l'esempio della sua vita devota e anche con carità fattiva.
Possiamo quindi ritenere S. Aldo un felice innesto dello spirito benedettino con quello apportato dai fervidi missionari provenienti dall'isola di S. Patrizio, l'Irlanda, l'"isola barbara" trasformata in "isola dei santi" per la straordinaria fioritura del cristianesimo. S. Colombano ne aveva portato sul continente una primaverile ventata di nuova spiritualità. Si era cioè prodotto un movimento inverso a quello che aveva recato la buona novella nell'isola degli Scoti. Decine di monaci e di eremiti irlandesi, fattisi "pellegrini per Cristo", in un esaltante scambio evangelico, da evangelizzati diventavano evangelizzatori.





scri789
00lunedì 10 gennaio 2011 09:36

Beata Anna degli Angeli Monteagudo Domenicana

10 gennaio

Arequipa, 1602 - 10 gennaio 1686

La b. Anna de los Angeles trascorse quasi settant'anni nel monastero domenicano di Arequipa, in Perù. Tutta dedita al servizio divino, fu come un angelo del buon consiglio per il suo popolo. Morì il 10 gennaio 1686 e fu beatificata il 2 febbraio 1985. I suoi resti riposano ad Arequipa, nel monastero di S. Caterina da Siena.

Martirologio Romano: Ad Arequipa in Perù, beata Anna degli Angeli Monteagudo, vergine dell’Ordine dei Predicatori, che con il dono del consiglio e con la profezia si adoperò generosamente per il bene di tutta la città.


Anna Monteagudo Ponce de Leòn nacque ad Arequipa, in Perù nel 1602 dallo spagnolo Sebastiàn Monteagudo de la Jara e da una donna di Arequipa, Francisca Ponce de Leòn. All’età di tre anni i genitori la affidarono al monastero domenicano di Santa Caterina perché vi fosse educata. Ritornata a casa, a 14 anni, dopo un anno di permanenza in famiglia, nel 1618, volle tornare al monastero, nonostante l’opposizione paterna, per compiervi il noviziato, con il nome di Anna de lo Angeles. Nel monastero, fino al 1632, esercitò gli uffici di Sacrestana, poi, fino al 1645, di Maestra delle Novizie, e infine fino al 1647 di Priora. Fu sempre esemplare nella preghiera e nella carità, sia dentro che fuori il monastero, prodigandosi nel consiglio e nello spirito missionario, con grande misericordia anche verso le anime del purgatorio. Fu fedele alle osservanze conventuali, con costanza, maturità ed equilibrio. Dopo dieci anni di malattia, che la ridusse paralitica e cieca, morì il 10 gennaio 1686, all’età di 84 anni. Già in vita godette fama di santità. Papa Giovanni Paolo II l’ha proclamata Beata il 2 febbraio 1985 durante il suo viaggio in Perù.





scri789
00lunedì 10 gennaio 2011 09:36

Sant' Arconzio di Viviers Vescovo

10 gennaio

Martirologio Romano: Nel territorio di Viviers lungo il Rodano in Francia, sant’Arconzio, vescovo.





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00lunedì 10 gennaio 2011 09:37

Beato Benincasa Abate di Cava

10 gennaio

Martirologio Romano: Nel monastero di Cava de’ Tirreni in Campania, beato Benincasa, abate, che destinò cento suoi monaci al cenobio di Monreale in Sicilia da poco eretto.


Particolarmente notevole fu il governo dell’abate Benincasa nell’abbazia della SS. Trinità di Cava, il suo mandato coincise con il periodo di maggior splendore per questa già celebre abbazia, fondata nel 1020 da s. Alferio.
Il 30 gennaio 1171, succedendo al beato Marino, prese possesso del titolo, fu definito ‘pio, prudente e ottimo pastore’. Nel 1172 assisté il re di Sicilia Guglielmo II il Buono che s’era ammalato a Salerno, questi riconoscente, nel 1176 sottomise alla Congregazione di Cava, un monastero che aveva terminato di costruire a Monreale, l’abate inviò in Sicilia un centinaio di monaci per popolarlo.
Due anni dopo s’imbarcò sulla nave del monastero (e questo ci dice dell’importanza dell’abbazia) per andare a fare visita alle Case lì residenti, in tale occasione, re Guglielmo II mise sotto la sua protezione la Congregazione di Cava e in particolare l’abbazia della SS. Trinità, dando nel contempo all’abate la facoltà di creare vassalli.
Ancora il re di Gerusalemme Baldovino IV, con diploma datato 8 novembre 1181, diede alla nave di Cava il diritto di approdare nei porti del Levante, concedendo piena libertà di esportazione e importazione esenti da ogni forma di dogana.
Nel 1182 re Guglielmo risolse a favore dell’abbazia la controversia con il vescovo di Salerno, Nicola, circa il possesso del porto di Vietri. Ospitò per fare penitenza l’antipapa Innocenzo III; i vescovi desideravano avere nelle loro diocesi, i monaci cavensi per il gran bene che operavano; i papi concessero un autonomia spirituale agli abati di Cava, cosicché la loro giurisdizione si allargava sulle terre e chiese che le venivano donate, dando conto solo al papa; l’abbazia divenne un caposaldo dei papi, di cui potevano fidarsi pienamente.
Benincasa morì il 10 gennaio 1194 dopo 23 anni di governo, fu sepolto nella cripta Arsicia vicino a s. Alferio.
Il 20 ottobre 1675 le sue reliquie furono traslate insieme a quelle di altri santi e beati Cavensi nella cappella dei ‘Santi Padri’.
Il suo culto e il titolo di beato fu confermato dalla Santa Sede il 16 maggio 1928.




scri789
00lunedì 10 gennaio 2011 09:38

San Domiziano di Melitene Vescovo

10 gennaio

564-602

Etimologia: Domiziano = che appartiene alla casa, dal latino

Emblema: Bastone pastorale

Martirologio Romano: A Melitene nell’antica Armenia, san Domiziano, vescovo, che si adoperò molto per la conversione dei Persiani.


Nato verso il 564 ed eletto vescovo di Melitene, nell'Armenia Seconda o Minor, gli furono affidate dall'imperatore Maurizio, a cui era legato da vincoli di parentela, varie missioni diplomatiche. Di particolare importanza quella presso Cosroe, re dei Persiani, che egli si studiò, ma invano, di convertire alla religione cristiana. Di questo insuccesso informò il papa s. Gregorio Magno col quale ebbe uno scambio di lettere. Di ritorno dalla Persia rimase a Costantinopoli con l'incarico di dirigere spiritualmente l'imperatore, senza peraltro omettere di vigilare sulla sua Chiesa. Nel 597 Maurizio, ammalatosi gravemente, lo nominò suo esecutore testamentario, ma Domiziano gli premorì il 10 o l'11 gennaio verso il 602, ricevendo sepoltura nella chiesa dei SS. Apostoli a Costantinopoli, città in cui fu festeggiato come santo al 10 gennaio Le sue reliquie furono in seguito portate a Melitene.




scri789
00lunedì 10 gennaio 2011 09:39

Beato Egidio (Bernardino) Di Bello Eremita francescano

10 gennaio

Laurenzana, 1443 - 10 gennaio 1518

Martirologio Romano: A Laurenzana in Basilicata, beato Egidio (Bernardino) Di Bello, religioso dell’Ordine dei Frati Minori, che visse segregato in una grotta.


Il Beato Egidio nasceva nel 1443 a Laurenzana, da genitori di umile condizione sociale, il padre agricoltore si chiamava Bello di Bello, e la madre Caradonna Personi. Al Battesimo gli fu imposto il nome di Bernardino di Bello, oltre a lui i genitori ebbero un altro fratello che si chiamava Vitale. Gli fu imposto il nome di un grande san Bernardino da Siena, il quale fu un grande protettore per il nostro amato Beato. Della sua fanciullezza non ci sono episodi espressivi, tranne che egli si fece frate ad un’età molto giovane. Egli da giovane frequentava molto le chiese, specialmente quella di S. Francesco, quale presagio per la sua vita futura. All’età circa di trent’anni entrò nel locale Convento francescano, nel quale qualche anno prima egli aveva patrocinato la costruzione (non sappiamo con quali fondi) di una piccola cappella dedicata a Sant’Antonio da Padova. Dopo la sua entrata in Convento, da subito egli manifesta una santità lontana dal comune, poiché aveva uno spiccato senso per la spiritualità ascetica e contemplativa, infatti, molte volte disturbato dai rumori dei curiosi o dei confratelli, si ritirava in una selva, dove vi era una grotta, in seguito da lui stesso convertita in cappella, per la preghiera e l’incontro ravvicinato con il Creatore. Egli fu un semplice frate laico, non diventò sacerdote, probabilmente considerava un onore troppo grande per la sua persona. Nella contemplazione egli si sollevava ad una certa altezza dal suolo della scena del mondo, tanto da entrare in una profonda ascesi, dove il confronto con il suo Creatore lo estraniava completamente dalle cose che lo circondavano. Dopo la sua professione solenne, emettendo i voti perpetui di castità, povertà ed obbedienza, prese il nome Fra Egidio, volendo imitare la semplicità evangelica del compagno di san Francesco, Fra Egidio d’Assisi. Così, ora Fra Egidio, dopo aver vissuto le prove della vita terrena, l’esperienza del lavoro dei campi, il dolore dei distacchi umani, decide di dedicare interamente la sua vita al Signore. Nella sua nuova vita da seguace di Francesco, egli ricoprì vari incarichi, ma sempre i più umili, di solito quelli che nessun frate voleva svolgere, dal cuoco al portinaio, al sacrista, fino all’ultimo di giardiniere, infatti, egli non usciva mai per la questua, se non pochissime volte per andare a trovare qualche ammalato a i suoi genitori. Egli da subito si rivelerà come un frate con qualità eccezionali, infatti, aveva una tale capacità di persuasione, dovuta alla sua semplicità e dolcezza che lasciava intravedere il dono totale di sé, quale uomo mite e caritatevole verso l’altro. Egli condusse una vita molto austera per la santità della sua vita, e per configurarsi sempre più a Cristo sofferente, non a caso erano frequenti i suoi digiuni, infatti, si dice che il suo unico pasto fosse un tozzo di pane, alle volte diviso con chi non poteva permetterselo, molto frequenti erano le sue penitenze e la disciplina che anche la regola imponeva. La sua vita si snoda tra estasi e preghiera, si legge appunto negli atti del processo di beatificazione che egli si solleva due palmi da terra, e che venivano spesso gli uccelli a mangiare nel palmo della sua mano. E detto da testimoni che giurarono per il processo di beatificazione, che egli dopo il suo mesto pasto, si sedeva nel giardino e conversava con gli uccelli, mentre dava loro molliche di pane, allo stesso modo del Serafico Padre S. Francesco, il quale conversava con gli uccelli. Il suo apostolato e speso interamente nella sua terra di Laurenzana, tranne alcune brevi parentesi di tempo in alcuni conventi del circondario, tra cui a Potenza nel Convento “Santa Maria del Sepolcro”. E da notare la sua permanenza a Potenza nel suddetto convento, poiché si rese autore di un avvenimento prodigioso, quale la guarigione del figlio del Conte di Potenza Guevara gravemente ammalato, il frate giunto al capezzale del moribondo tracciando un segno di croce sulla  sua fronte lo guarì. Oltre queste sue doti di taumaturgo, di lui si ricordano anche doti profetiche, infatti, a molti predisse il giorno della loro morte o di altri eventi, che poi si confermarono essere veri, oppure come il caso di un’altra signora che non aveva più notizie del marito che era andato in pellegrinaggio a Santiago de Compostela, il frate le disse che egli aveva perso un occhio, era stato malato, ma sarebbe ritornato tra le sue braccia a breve, è così avvenne.

Altro elemento rilevante della vita del Beato Egidio fu la sua continua lotta con il Principe di questo mondo, Satana. Mentre Egidio passa le notti in preghiera, com’era sua abitudine, poiché tra le sue penitenze vi era quella del mortificare anche il sonno, i diavoli lo assalgono e lo scuotono con violenza inaudita e lo trascinano per terra. Egli cerca sempre di nascondere questa esperienza, come ogni vero uomo di Dio fa, sapendo come essa sia un segno della volontà divina, il quale permette certe cose per provare la vera santità degli uomini, perché alle volte possono essere solo simulazione ed inganno diabolico, per cui va soggetta a corrompersi a causa dell’orgoglio e della troppa coscienza di sé, ed è un’esperienza che Dio fa alle anime più robuste.  Molti suoi confratelli testimoniarono che sentivano Fra Egidio lamentarsi e scacciare qualcuno all’interno della sua cella, però non videro mai nessuno, ma dopo frequenti lamenti e rumori non poterono più nascondere il fatto e lo riferirono al Padre guardiano, al quale dopo ripetuti interrogatori Fra Egidio non poté non confessare tutto e ammettere che il demonio lo percuoteva quasi tutte le notti. Comunque l’ultimo assalto Satana lo sferra la notte di Natale del 1517, infatti, Fra Egidio passa tutta la notte in chiesa, vegliando davanti al Santissimo Sacramento, quando ad un tratto l’ira e la stizza del demonio inizia a disturbare l’orazione del fraticello spegnendo ripetutamente la lampada ad olio posta davanti al S. Sacramento. Ad un certo punto non sopportando la sovrumana pazienza del frate gli alita il fuoco sul corpo, ustionandogli il braccio sinistro e  poi trascinandolo per terra e rovesciandogli addosso definitivamente l’olio bollente della lampada e poi scomparve. Le ustioni procurate e le sofferenze subite portarono l’ormai 75enne frate ad ammalarsi gravemente e a non alzarsi più dal letto. Nonostante le premurose cure di una nobildonna procuratrice dei frati, una certa Donna Lucrezia Trara, che gli fasciò le ferite, si spense il 10 Gennaio del 1518, passando serenamente tra le braccia del Padre, mentre la comunità salmodiava le preghiere del transito. Particolare curioso fu che al momento della sua morte, le campane suonavano pur essendo ferme, cosa che accadde anche sei anni dopo, nel giorno della sua esumazione, per collocarlo in una nuova e più dignitosa sepoltura. Subito dopo la sua morte moltitudini di popolo e numerosissimi fedeli, giunsero al Convento di Laurenzana da tutte le parti della Regione ed oltre, poiché la fama di santità che già avvolgeva la sua persona quando ancora era in vita, aumentò sempre più nel corso degli anni, raggiungendo numeri considerevoli che provenivano addirittura dalle Puglie, dalla Calabria e dalla Campania. Negli anni successivi alla sua morte furono registrati innumerevoli prodigi e guarigioni associati alla sua intercessione, tanto da far suscitare nella pietà popolare da subito la sua proclamazione a “Santo”. Nel 1593 fu l’anno del passaggio del Convento ai P. Riformati e della prima raccolta delle testimonianze sull’eroicità delle virtù di Fra Egidio da Laurenzana e mandate alla Sacra Congregazione per i Riti per attestarne l’eroicità di vita e poterne venerare le sacre spoglie; difatti ciò avvenne nel 1596 quando la Congregazione ne ratifica l’eroicità delle virtù e ne proclama il culto. Intanto i beneficiari di miracoli e di eventi prodigiosi continuano a segnalare tutto ciò alle autorità civili e religiose, i quali raccogliendo tutto il materiale, danno vita ad un comitato ad hoc per iniziare una possibile causa che lo proclami ne attesti la fama di santità per poterlo proclamare Beato. Intanto si susseguivano gli anni e generazioni di persone che ne attestavano la fama e la santità, ma il corso degli eventi socio-politici e culturali non permise un rapido corso per proclamare in terra una santità che agli occhi di Dio da sempre era evidente. A più riprese anche dai vescovi diocesani fu portata avanti la causa di beatificazione, fin quando nel 1876 l’Arcivescovo Metropolita di Acerenza Pietro Giovine fece ripartire con forza il processo, concludendo la fase diocesana, ed inviando a Roma la documentazione necessaria, la quale Congregazione per volere di Leone XIII ne approvò il culto immemorabile e lo confermò Beato in San Pietro il 24 Giugno del 1880.

Tutt’oggi il culto verso il Beato Egidio e molto vivo tra le popolazioni dell’area centro settentrionale della Basilicata e ne tiene viva la memoria di un conterraneo che ancora oggi fa rivivere il suo spirito di carità, e di santità votata all’amore per il prossimo e al grande culto per l’Eucarestia fino a donare la sua vita per il suo Sposo, né continua a segnare un sentiero sicuro e una bussola per le generazioni di questo popolo, certi che il Signore propone per noi modelli di come la santità consista nel vivere la vita con semplicità, poiché proprio l’amore ci libera e fa raggiungere le vette più alte del cielo.





scri789
00lunedì 10 gennaio 2011 09:40

Santa Francesca Salesia (Leonia Aviat) Religiosa, fondatrice

10 gennaio

Sézanne, Champagne, 16 settembre 1844 - Perugia, 10 gennaio 1914

Nacque il 16 settembre 1844 a Sézanne nella regione francese di Champagne. Educata dalle suore visitandine di Troyes nel 1866 espresse il desiderio di intraprendere la vita religiosa. Nel frattempo l'abbé Louis Brisson aveva fondato le Opere operaie per le giovani lavoratrici intitolate a san Francesco di Sales. In una visita di Leonia a padre Brisson questi gli espose la sua intenzione di fondare una Congregazione religiosa che continuasse la sua opera. La ragazza entusiasta diede la sua disponibilità e nel 1868 vestì l'abito religioso assieme a Lucie Cannet sua ex compagna di studi e prese il nome di suor Francesca di Sales; nel 1872 diventa superiora della nascente Congregazione delle Suore Oblate di San Francesco di Sales. Dopo aver portato la congregazione a Parigi invia le sue suore in Namibia, Africa del Sud, Equatore, Svizzera, Austria, Inghilterra e Italia, aprendo dappertutto case ed opere di assistenza. Nel 1903 le nuove leggi dell'anticlericale Emile Combes la costringono alla fuga: Leonia si rifugia a Perugia. Negli ultimi anni si dedica alla stesura definitiva delle Costituzioni che presenta a Pio X. Muore a Perugia a 69 anni il 10 gennaio 1914 nella Casa religiosa di via della Cupa. (Avvenire)

Martirologio Romano: A Perugia, santa Francesca di Sales (Leonia) Aviat, vergine, che con materno amore e operosità si dedicò all’assistenza delle giovani e istituì le Oblate di San Francesco di Sales.


Léonie nacque il 16 settembre 1844 a Sézanne nella regione francese di Champagne, da genitori cristiani e onesti commercianti. A 10 anni fu affidata, secondo le consuetudini dell’epoca, alle Suore Visitandine di Troyes. Rimase con loro fino all’età di sedici anni, qui ricevé la Prima Comunione e Cresima e sotto la saggia guida del cappellano abate Luigi brisson e della Madre superiora Chappuis, ricevé un’educazione umanistica, una profonda formazione religiosa e morale e iniziata alla dottrina salesiana dell’abbandono alla divina volontà.
Ritornata in famiglia nel 1866, Léonie rifiutò un vantaggioso matrimonio ed espresse il desiderio di ritornare nel monastero per intraprendere la vita religiosa. Nel frattempo l’abbé Brisson, sensibile ai disagi di tante ragazze che lasciata la campagna venivano a lavorare a Troyes nelle fabbriche in cerca di facili guadagni, aveva fondato le Opere operaie per le giovani lavoratrici intitolate a s. Francesco di Sales, dapprima come patronati poi come case-famiglia per la loro assistenza.
In una visita di Léonie a padre Brisson questi gli espose la sua intenzione di fondare una Congregazione religiosa che potesse continuare nel tempo ed in forma più organizzata la sua opera., Léonie entusiasta dà la sua disponibilità e nel 1868 veste l’abito religioso assieme a Lucie Cannet sua ex compagna di studi e prende il nome di Suor Francesca di Sales; nel 1872 diventa superiora della nascente Congregazione delle Suore Oblate di San Francesco di Sales.
Si dedica all’apostolato fra le ragazze operaie dando loro, ricreazione, sicurezza, educazione religiosa e pratica per un futuro di madri di famiglia. Stabilizzata l’Opera a Troyes, Madre Aviat va per otto anni a Parigi dove organizza un educandato per ragazze agiate, rivelandosi un’educatrice eccezionale, ottenendo presso l’alta società parigina lo stesso successo avuto con le ragazze lavoratrici a Troyes.
Ritornata alla Casa madre vi risiede per altri 15 anni, ricoprendo fino alla morte l’incarico di superiora tranne un’intervallo di 4 anni come semplice suora.
Invia le sue suore in Namibia, Africa del Sud, Equatore, Svizzera, Austria, Inghilterra e Italia, aprendo dappertutto case ed opere di assistenza. Nel 1903 le nuove leggi eversive dell’anticlericale Emile Combes, decretano lo scioglimento delle Congregazioni religiose e delle loro case, spogliandole dei loro beni. Vengono chiuse 23 case dell’Opera più 6 dei padri Oblati, la madre Aviat insieme al Consiglio si rifugia a Perugia, dove le Oblate hanno una casa sin dal 1896 per l’assistenza delle giovani lavoratrici domestiche.
Da qui segue l’attività della Congregazione e delle Opere collegate esortando le sue suore con lettere, visite e insegnamenti. Il 2 febbraio 1908 muore il venerato padre Brisson nel suo villaggio nativo e Léonie può assistere ai suoi funerali solo se vestita di abiti civili.
Negli ultimi anni si dedica alla stesura definitiva delle Costituzioni che presenta al papa s. Pio X. Muore a Perugia, il cosiddetto “Nido di aquile”, a 69 anni il 10 gennaio 1914 nella Casa religiosa di via della Cupa.
Le sue spoglie inumate prima nel cimitero, furono poi traslate nella chiesa di s. Maria della Valle e ora riposano nella cripta della Casa Madre di Troyes in Francia.
Beatificata il 27 settembre 1992 da papa Giovanni Paolo II, è stata canonizzata dallo stesso pontefice il 25 novembre 2001, nella Basilica Vaticana.





scri789
00lunedì 10 gennaio 2011 09:41

San Giovanni Vescovo

10 gennaio

Martirologio Romano: A Gerusalemme, san Giovanni, vescovo, che, al tempo della controversia sulla retta dottrina, si adoperò molto per la fede cattolica e per la pace nella Chiesa.




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00lunedì 10 gennaio 2011 09:42

San Gregorio di Nissa Vescovo

10 gennaio

Cesarea di Cappadocia, circa 335 - 395

È uno dei più importanti Padri della Chiesa d'Oriente. A lui si deve il primo trattato sulla perfezione cristiana, il «De virginitate». Nato intorno al 335, a differenza del fratello Basilio, futuro vescovo di Cesarea, inizialmente non scelse la vita monastica ma gli studi di filosofia e retorica. Fu solo dopo aver insegnato per anni che raggiune Basilio ad Annesi, sulle rive dell'Iris, dove si era ritirato insieme a Gregorio di Nazianzo. E quando Basilio fu eletto alla sede arcivescovile di Cesarea, volle i suoi due compagni come vescovi a Nissa e a Sasima. Nella sua sede episcopale Gregorio dovette affrontare non poche difficoltà: accuse mossegli dagli ariani lo portarono nel 376 all'esilio, ma quando si scoprì che erano false venne reintegrato nella sede. Nel 381 i padri che con lui parteciparono al Concilio Costantinopolitano I lo definirono la «colonna dell'ortodossia». Morì intorno al 395. (Avvenire)

Etimologia: Gregorio = colui che risveglia, dal greco

Emblema: Bastone pastorale

Martirologio Romano: A Nissa in Cappadocia, nell’odierna Turchia, san Gregorio, vescovo, fratello di san Basilio Magno: illustre per vita e per dottrina, a motivo della retta fede da lui professata fu scacciato dalla sua città dall’imperatore ariano Valente.

Ascolta da RadioMaria:
  

S. Gregorio di Nissa è uno dei grandi "Padri Cappadoci" a nessuno di loro inferiore come filosofo, teologo e mistico. Fratello di S. Basilio il Grande e di S. Macrina, di cui scrisse la vita, nacque a Cesarea verso il 335. Si applicò allo studio delle lettere in patria e in seno alla famiglia molto religiosa e ricca. Non pare che abbia avuto occasione di frequentare le grandi scuole del tempo, tanto più che suo padre era retore e avvocato.
Gregorio nella sua chiesa adempiva già l'ufficio di lettore quando, sedotto dalle attrattive del mondo, innamorato dell'arte di Libanio, sofista e rètore pagano, si fece professore di belle lettere e sposò la giovane Teosebia. Tuttavia, le rimostranze di suo fratello e di S. Gregorio di Nazianzo gli fecero ben presto comprendere la vanità del mondo. Allora abbandonò la cattedra, verso il 360 raggiunse i suoi amici nel cenobio fondato da S. Basilio sulle rive dell'Iris, nel Ponto, per darsi all'ascesi e allo studio della Scrittura e dei grandi teologi, in modo speciale Origene. Possiamo farci un'idea del suo stato d'animo in quel tempo leggendo il De Virginitate che scrisse per ordine di Basilio, suo maestro. Da quanto dice era pienamente felice di potersi dedicare alla vita contemplativa, lontano dal tumulto degli affari.
In quella solitudine Gregorio rimase per oltre dieci anni, fino a tanto cioè che suo fratello, eletto metropolita di Cesarea di Cappadocia, nel 371 lo richiamò per consacrarlo, nonostante la sua resistenza, vescovo di Nissa. S. Basilio non poté mai vantarsi delle attitudini amministrative dell'eletto. In diverse lettere egli si lamenta della sua ingenuità. A chi, nel 375, gli propose di inviarlo in missione a Roma, onde superare le difficoltà sorte con papa Damaso, che non si rendeva ben conto della situazione in Oriente, rispose, conscio dell'inesperienza assoluta di lui negli affari ecclesiastici: "Gregorio sarebbe certamente venerato e apprezzato da un uomo benevolo, ma con un uomo altero come Damaso, compreso della sua importanza, posto in alto e appunto per questo incapace di intendere coloro che, dal basso, gli dicono la verità, la visita di uno così estraneo all'adulazione come Gregorio, non servirebbe a nulla".
Ciò nonostante S. Basilio aveva un'assoluta fiducia in lui perché lo sapeva fedele sostenitore del Concilio di Nicea. Fu difatti il suo costante attaccamento alla dottrina di S. Atanasio che gli attirò l'odio e la persecuzione degli ariani. Nella primavera del 376, un sinodo di vescovi cortigiani, convocato da Demostene, governatore del Ponto, e tenuto a Nissa stessa, depose Gregorio durante la sua assenza, con il falso pretesto di aver dilapidato i beni della sua chiesa. Questi avrebbe voluto ritirarsi ma S. Gregorio di Nazianzo lo esortò a tenere duro. La morte dell'imperatore Valente, avvenuta il 9-8-378 nella lotta contro i Goti. Gli permise difatti di rientrare trionfalmente nella sua sede.
Nel 379, nove mesi dopo la morte di suo fratello, S. Gregorio prese parte al concilio di Antiochia, riunito per estinguere lo scisma Meleziano ivi sorto e in cui si vide affidare dai padri conciliari una missione di grande fiducia presso i vescovi discordi del Ponto e dell'Armenia. Mentre assolveva il suo compito, nel 380 fu scelto come arcivescovo di Sebaste. Egli protestò per quella sua elezione, ma per qualche mese s'incaricò provvisoriamente dell'amministrazione religiosa della diocesi.
Il vescovo di Nissa, se era poco abile negli affari, s'imponeva con la sua eloquenza e la vastità della scienza filosofìca e teologica. Nel 2° concilio ecumenico radunato da Teodosio I nel 381 a Costantinopoli fu salutato "colonna dell'ortodossia". In esecuzione del 3° canone del concilio, l'imperatore stabilì che sarebbero stati esclusi, come eretici notori, dalle chiese della provincia del Ponto, coloro che non erano in comunione con i vescovi Elladio di Cesarea, Otreio di Mitilene nella Piccola Armenia, e Gregorio di Nissa. E probabile che il santo sia stato incaricato di redigere la professione di fede che concluse i lavori del concilio. Sembra pure che abbia ricevuto l'incombenza di stabilire l'ordine nelle chiese della Palestina e dell'Arabia. San Gregorio ricomparirà ancora più di una volta, a Costantinopoli per i discorsi d'occasione e per le grandi orazioni funebri in morte della principessa Pulcheria e dell'imperatrice Flacilla. Nel 394 prese parte al concilio celebrato sotto la presidenza del patriarca Nettario. Nella suddetta città, dopo d'allora, il suo nome non compare più nei documenti del tempo. Se ne deduce che sia morto poco dopo.
San Gregorio fu oratore stimato, ma meno vivo del Nazianzeno, fu uomo di azione, ma inferiore a Basilio. Fu invece il più speculativo dei Cappadoci e il più profondo dei padri greci del secolo IV. Contro Eunomio, vescovo ariano di Cizico, difese energicamente dalle accuse suo fratello, e contro Apollinare di Loadicea rivendicò a Cristo un corpo umano e un'anima razionale. Nella controversia trinitaria rappresentò l'ortodossia cattolica e seguì la terminologia già fissata dagli altri cappadoci. Nella spiegazione teologica del dogma qualche volta fu molto audace, altre volte invece assai impreciso. La vita spirituale non è considerata dal Nisseno come contemplazione di Dio presente nell'anima, bensì come un avvicinarsi dell'anima a Dio e come l'unione con Lui nell'estasi dell'amore. La via della perfezione comincia quindi con l'illuminazione della fede, che coincide con la purificazione dell'anima; attraversa la seconda fase, che è l'oscurarsi delle realtà sensibili, mentre l'anima scopre in sé l'immagine della Santissima Trinità; nella fase finale sfocia nella conoscenza di Dio nella tenebra, che spinge l'anima alla ricerca instancabile dello Sposo divino, perché trovare Iddio non è riposarci in Lui, ma cercarlo senza sosta.
L'escatologia di Gregorio è molto discussa perché da una parte afferma l'eternità delle pene dell'inferno, e dall'altra - basandosi sull'efficacia dell'immenso amore del Verbo incarnato e sul trionfo finale del regno di Dio - insegna la restaurazione universale, teoria tanto cara ad Origine, ma riprovata dalla Chiesa.





scri789
00lunedì 10 gennaio 2011 09:42

Beato Gregorio X Papa

10 gennaio

Piacenza, 1210 - Arezzo, 10 gennaio 1276

(Papa dal 27/03/1272 al 10/01/1276)
Tedaldo Visconti (non apparteneva alla celebre famiglia di Milano) nacque a Piacenza verso il 1210.
Si trovava in Terra Santa quando il 1 settembre 1271 fu eletto Papa dal conclave riunito a Viterbo da più di tre anni. Si adoperò incessantemente per la pace e convocò il Concilio Ecumenico a Lione. Scelse come suoi teologi San Tommaso d'Aquino (che morì prima di arrivare) e San Bonaventura da Bagnoregio, che invece morì a Lione. Per il Concilio fu momentaneamente ricomposta l'unità con la Chiesa ortodossa.
Nel ritorno a Roma, stanco ed ammalato, si fermò ad Arezzo dove morì il 10 gennaio 1276.

Martirologio Romano: Ad Arezzo, transito del beato Gregorio X, papa: da arcidiacono di Liegi fu eletto alla sede di Pietro; favorì in ogni modo la comunione con i Greci e, per ricomporre le divisioni tra i cristiani e recuperare la Terra Santa, convocò il secondo Concilio Ecumenico di Lione.

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Siamo ai primi dell’anno 1271, e non si riesce a nominare il successore di Clemente IV, morto nel novembre 1268. I cardinali, riuniti a Viterbo da più di due anni non si mettono d’accordo, perché a quell’elezione sono interessate le dinastie angioina (Francia) e sveva (Germania), che si contendono l’Italia. Invano i magistrati di Viterbo premono, e allora interviene la gente: tagliando i viveri ai cardinali e scoperchiando il tetto del palazzo. L’elezione pare un imbroglio senza uscita, perché nessuno dei cardinali eleggibili è gradito a filotedeschi e filofrancesi insieme. Risolve tutto Bonaventura di Bagnoregio, successore di san Francesco, che propone: "Facciamo Papa uno che non sia cardinale". E così si elegge Tedaldo (o Teobaldo) Visconti di Piacenza che non è sacerdote, pur avendo la dignità di arcidiacono di Liegi, segretario di cardinali, diplomatico esperto.
Ma lui è ora in Palestina come cappellano dei crociati. Ed è lì che lo raggiungono i messaggeri (a San Giovanni d’Acri, oggi Akko) con la notizia sbalorditiva: "Ti hanno fatto Papa, devi venire a Roma!". Arriva a fine marzo. Viene consacrato vescovo, poi incoronato Papa, col nome di Gregorio X. E tutti, poi, lo vogliono tirare dalla loro parte.
Il suo programma, invece, è di liberare la Terrasanta, impegnando i cristiani d’Oriente e Occidente, insieme. Cosicché prima si devono riconciliare tra loro. A questo scopo convoca a Lione (Francia) un Concilio a cui partecipano anche i cristiani separati d’Oriente. Si decide la riunificazione delle Chiese, che poi non sarà realizzata nei fatti. Vi si parla di una nuova crociata, ma non si arriverà a liberare proprio nulla. Gregorio X vorrebbe parteciparvi di persona, ma muore ad Arezzo nel viaggio di ritorno a Roma.
È l’uomo delle grandi imprese non riuscite. Alla sua beatificazione si arriva per il culto spontaneo che gli viene presto tributato a Liegi, Lione, Piacenza e Arezzo. Nel 1713 Clemente XI conferma il culto in tutta la Chiesa, riconoscendo a Gregorio X il titolo di beato. E' stato sepolto nella cattedrale di Arezzo.





scri789
00lunedì 10 gennaio 2011 09:43

10 gennaio



36900 > San Guglielmo di Bourges Vescovo 10 gennaio MR

90749 >
Beato Gundisalvo (Gonzalo, Gonsalvo) di Amarante Domenicano 10 gennaio MR

90854 >
Beata Marchesina Luzi Vergine e martire 10 gennaio

36840 >
San Marciano di Costantinopoli Sacerdote 10 gennaio MR

91482 >
Beata Maria Dolores Rodriguez Sopena 10 gennaio MR

81050 >
San Milziade (o Melchiade) Papa 10 gennaio MR

37750 >
San Paolo di Tebe Eremita 10 gennaio MR

36830 >
San Petronio Vescovo di Die 10 gennaio MR

91342 >
San Pietro Orseolo (Urseolo) Monaco 10 gennaio MR

93929 >
Beato Raimondo de Fosso Mercedario 10 gennaio

36860 >
San Valerio Eremita 10 gennaio MR

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