10 luglio

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Stellina788
00venerdì 10 luglio 2009 10:34

Sant' Amalberga Vergine

10 luglio

Ardenne - † Tamise (Belgio), VIII secolo

Oggi si ricordano due sante con il nome di Amalberga: una vissuta nell'VIII secolo, morta a Tamise e venerata a Gand. L'altra del secolo precedente, la cui vita è però ritenuta leggendaria. È Amalberga di Maubeuge. Nata a Saintes (Brabante) nei Paesi Bassi, fu sposa di Witger e madre di tre santi: Emeberto (vescovo di Cambrai), Reinalda e Godula. Dopo che il marito si era fatto monaco benedettino, anche lei lasciò il mondo per abbracciare la vita religiosa a Maubeuge. Sarebbe morta alla fine del secolo VII. Da Maubeuge il suo corpo fu portato all'abbazia di Lobbes (Hainaut), nell'attuale Belgio. (Avvenire)

Martirologio Romano: A Tamise nelle Fiandre, nel territorio dell’odierno Belgio, sant’Amalberga, alla quale san Villibrordo impose il velo delle vergini consacrate.


Antichissima era la tradizione di questo nome tra gli Ostrogoti, tanto che la loro dinastia era appunto quella degli ‘Amali’. Il nome è attualmente scomparso, mentre si è molto diffusa la forma abbreviata di ‘Amalia’.
Di s. Amalberga ve ne sono tre, di cui due contemporanee fra loro, e si festeggiano lo stesso giorno il 10 luglio, a volte anche sotto il nome di ‘Amalia’.
S. Amalberga vergine, secondo una ‘Vita’ scritta da un monaco dell’abbazia di S. Pietro di Gand, era nata nelle Ardenne, nella ‘villa Rodingi’ (Belgio), allevata a Bilsen da santa Landrada e avrebbe ricevuto il velo monacale da s. Willibrordo.
Visse tra il VII e l’VIII secolo; trascorse i suoi ultimi anni nella cittadina di Tamise, dove morì nella seconda metà del secolo VIII ed a Tamise fu sepolta. Un secolo dopo le sue reliquie furono traslate nel monastero di S. Pietro di Gand (Belgio), dove furono solennemente esposte nel 1073.
Di lei parla anche un diploma di Carlo il Calvo imperatore (823-877), che in data 1° aprile 870, attesta che le reliquie di s. Amalberga vergine, erano conservate in quel tempo, dai monaci di S. Pietro di Monte Blandino a Gand. La festa si celebra il 10 luglio.


Dell’altra s. Amalberga detta di Maubeuge, le notizie pervenutaci e redatte da un monaco di Lobbes, sono ritenute in gran parte leggendarie e non affidabili. Nacque a Saintes (Brabante) nei Paesi Bassi, fu sposa di Witger e madre di Emeberto (che diverrà poi vescovo di Cambrai) e delle sante Reinalda e Godula.
Amalberga, dopo la nascita di Godula e dopo che suo marito era morto, lasciò il mondo per abbracciare la vita religiosa a Maubeuge; ella avrebbe ricevuto il velo monastico dalle mani di s. Oberto e sarebbe morta alla fine del secolo VII.
Da Maubeuge il suo corpo fu trasportato all’abbazia di Lobbes (Hainaut) attuale Belgio. La sua festa si celebra il 10 luglio.


Stellina788
00venerdì 10 luglio 2009 10:36

Sant' Amalberga di Maubeuge Vedova e monaca

10 luglio

secolo Saintes nel Brabante - † Maubeuge (Belgio) VII sec.


Antichissima era la tradizione di questo nome tra gli Ostrogoti, tanto che la loro dinastia era appunto quella degli ‘Amali’. Il nome è attualmente scomparso, mentre si è molto diffusa la forma abbreviata di ‘Amalia’.
Di s. Amalberga ve ne sono tre, di cui due contemporanee fra loro, e si festeggiano lo stesso giorno il 10 luglio, a volte anche sotto il nome di ‘Amalia’.
S. Amalberga vergine, secondo una ‘Vita’ scritta da un monaco dell’abbazia di S. Pietro di Gand, era nata nelle Ardenne, nella ‘villa Rodingi’ (Belgio), allevata a Bilsen da santa Landrada e avrebbe ricevuto il velo monacale da s. Willibrordo.
Visse tra il VII e l’VIII secolo; trascorse i suoi ultimi anni nella cittadina di Tamise, dove morì nella seconda metà del secolo VIII ed a Tamise fu sepolta. Un secolo dopo le sue reliquie furono traslate nel monastero di S. Pietro di Gand (Belgio), dove furono solennemente esposte nel 1073.
Di lei parla anche un diploma di Carlo il Calvo imperatore (823-877), che in data 1° aprile 870, attesta che le reliquie di s. Amalberga vergine, erano conservate in quel tempo, dai monaci di S. Pietro di Monte Blandino a Gand. La festa si celebra il 10 luglio.


Dell’altra s. Amalberga detta di Maubeuge, le notizie pervenutaci e redatte da un monaco di Lobbes, sono ritenute in gran parte leggendarie e non affidabili. Nacque a Saintes (Brabante) nei Paesi Bassi, fu sposa di Witger e madre di Emeberto (che diverrà poi vescovo di Cambrai) e delle sante Reinalda e Godula.
Amalberga, dopo la nascita di Godula e dopo che suo marito era morto, lasciò il mondo per abbracciare la vita religiosa a Maubeuge; ella avrebbe ricevuto il velo monastico dalle mani di s. Oberto e sarebbe morta alla fine del secolo VII.
Da Maubeuge il suo corpo fu trasportato all’abbazia di Lobbes (Hainaut) attuale Belgio. La sua festa si celebra il 10 luglio.



Stellina788
00venerdì 10 luglio 2009 10:37

Santa Anatolia Martire

10 luglio

m. 249

Etimologia: Anatolia = proveniente dall’Anatolia, regione dell’oriente.

Martirologio Romano: In Sabina nel Lazio, sante Anatolia e Vittoria, martiri.


ANATOLIA, AUDACE E VITTORIA, santi martiri.

``Una prima menzione di Anatolia è nel De Laude Sanctorum (Cap.XI,in PL.XX,col.453)" composto verso il 396 da Vittrice di Rouen (330-409). La Santa vi figura tra i taumaturghi. All'inizio del sec. VI troviamo Anatolia e Vittoria ricordate insieme nel Martirologio Geronimiano al 10 luglio:"VI idus iulii in Savinis Anatholiae Victoriae"; Vittoria è anche ricordata sola al 19 dicembre:"In Savinis civitate Tribulana Victoriae".
Poco dopo le due Sante compaiono effigiate nei mosaici di S.Apollinare Nuovo in Ravenna, l'una a fianco dell'altra, in mezzo alle martiri più illustri dell'Occidente, avendo a sinistra S.Paolina, a destra S.Cristina, in quel corteggio maestoso che fa omaggio a Cristo delle proprie corone. Abbiamo, infine, databile al VI o VII sec., una Passio ss.Anatoliae et Audacis et s. Victoriae, che fu letta da Adelmo (m.709) e poi da Beda (m. 735),i quali ne derivarono, il primo il carme in lode delle due Sante, il secondo gli elogi, per Anatolia e Audace al 9 luglio, per Vittoria al 23 dicembre, nel suo martirologio. Gli elogi di Beda, riassunti in Adone e in Usuardo, furono accolti quasi per intero dal Baronie nel Martyrologio Romano, che colloca appunto Anatolia ed Audace al 9 luglio e Vittoria al 23 dicembre. La Passio è un vero centone, dove riaffiorano spunti e dettagli delle "passioni" di Nereo e Achilleo,Calogero e Partenio, Rufina e Seconda, Giovanni e Paolo e di molti altri,come ha ben dimostrato il Raschini. Secondo la Passio, Anatolia e Vittoria, giovani romane di nobile famiglia, rifiutarono le nozze con due patrizi perché consacrate a Dio. I due aspiranti, allora, col favore imperiale, le relegarono nei loro possedimenti di Sabina, Vittoria presso Trebula Mutuesca (l’odierna Monteleone Sabino sulla via Salaria), Anatolia presso Tora. Dopo varie vicende, in cui si sbizzarrisce la fantasia dell’agiografo,Vittoria venne uccisa e sepolta in una caverna: Anatolia sopravvisse di poco. Un soldato, Audace, fu incaricato di ucciderla, rinchiudendola in una stanza con un serpente. Il rettile lasciò incolume la Santa, mentre si avventò su Audace entrato, l'indomani, nella stanza per accertarne la morte. Ma Anatolia salvò Audace dal serpente e Audace si fece cristiano; quindi, ambedue furono uccisi di spada. Il martirio delle due Sante e di Audace è fissato dalla Passio al tempo di Decio(249-51).
Per quanto scarso sia il valore di questo testo,il culto delle due Sante è antichissimo e, a partire dal sec. VI-VII, ad esse è congiunto Audace, del quale non è possibile, però, garantire se sia un personaggio reale o una creazione dell'agiografo. Centro del culto è sempre stata, la Sabina,dove dovette avvenire il martirio: Trebula Mutuesca (Monteleone Sabino) per Vittoria, Tora per Anatolia e Audace. Più tardi il culto si propagò in altri luoghi in seguito a traslazioni di reliquie. Il corpo di S.Vittoria fu trasferito nell'anno 827 dall'abate Pietro di Farfa, in fuga davanti ai Saraceni, nel Piceno, sul Monte Matenano: fu poi riportato a Farfa il 20 giugno 931 dall'abate farfense Ratfredo, ma nel Piceno rimase assai vivo il culto della Santa . I corpi di Anatolia e di Audace verso la metà del sec. X furono ritrovati nelle campagne di Tora dall'abate sublacense Leone e trasferiti a Subiaco. In epoca imprecisata un braccio di S.Anatolia fu trasportato nelle diocesi di Camerino, in un paese che si chiamò da allora Santa Anatolia (oggi Esanatoglia) in prov. di Macerata. I Documenti del Regesto Farfense, Sublacense, Tiburtino, nominano frequentemente chiese e contrade recanti il nome delle due Sante. E ancora oggi nella campagna Sabina, nel Tiburtino e nel Sublacense la devozione popolare per le due Sante è notevole.
I corpi dei ss. Anatolia e Audace riposano ancora a Subiaco nella basilica di S.Scolastica, sotto l'altare del Sacramento. Al di sopra un bel quadro secentesco rappresentante la Santa nell'atto di liberare Audace dal serpente. Il capo di S.Anatolia, come pure quello di S.Vittoria sono conservati, però, nel Sacro Speco. E l'immagine delle due Sante, che compare sull'arco di ingresso alla Santa Grotta in un affresco di scuola romana del sec.XIII, sembra guidare il fedele al mistico luogo santificato dalla presenza del grande Santo di Norcia. Altra immagine di Anatolia, di scuola senese del sec. XIV, è sulla parete di destra della Scala Santa dello stesso Santuario, presso la Grotta dei pastori.



Stellina788
00venerdì 10 luglio 2009 10:39

Santi Antonio Nguyen Hûu (Nam) Quynh e Pietro Nguyen Khac Tu Martiri

10 luglio


Martirologio Romano: Nella città di Đồng Hới in Annamia, ora Viet Nam, santi Antonio Nguyễn (Nam) Quỳnh e Pietro Nguyễn Khắc Tự, martiri, che, catechisti, furono strangolati per la fede in Cristo sotto l’imperatore Minh Mạn



Stellina788
00venerdì 10 luglio 2009 10:41

Sant' Apollonio di Sardi Martire

10 luglio


Martirologio Romano: A Konya in Licaonia, nell’odierna Turchia, sant’Apollonio di Sardi, martire, che si tramanda abbia subito il martirio della crocifissione.


Stellina788
00venerdì 10 luglio 2009 10:43

Beato Arnaldo da Camerino Mercedario

10 luglio

Gentiluomo italiano, il Beato Arnaldo da Camerino, entrò nell’Ordine Mercedario e fu un religioso di estrema umiltà e obbedienza. Propagò la fede cristiana con la predicazione e per essa ebbe a soffrire molto meritandosi un’infinita ricompensa divina. Morì famoso per carismi celesti. L’Ordine lo festeggia il 10 luglio.



Stellina788
00venerdì 10 luglio 2009 10:45

Beato Ascanio Nicanore Francescano, martire

10 luglio

>>> Visualizza la Scheda del Gruppo cui appartiene

Madrid, 1814 – Damasco (Siria), 10 luglio 1860


La vicenda terrena di padre Ascanio Nicanore, si accomuna nel martirio ad altri sette religiosi francescani e tre laici maroniti, uccisi per la fede, nella notte del 10 luglio 1860 e conosciuti come “Beati Martiri di Damasco”.
Purtroppo non sono disponibili testi che riportano notizie sulla loro vita precedente allo stato religioso, essendo quasi tutti spagnoli; ma un’approfondita ricerca presso Biblioteche Francescane potrebbe essere senz’altro utile.
Ci limitiamo a raccontare il loro martirio. Essi si trovavano nel loro convento di Damasco in Siria, svolgendo la vita comunitaria, estesa all’apostolato fra la popolazione locale.
Nella notte fra il 9 e il 10 luglio 1860, furono attaccati dai Drusi di Damasco, setta religiosa di origine musulmana sciita, che in preda al loro fanatismo di insofferenza religiosa, scoppiato negli anni 1845-46 e specialmente nel 1860 contro il cristianesimo; essi percorsero la città facendo stragi di cristiani.
Gli otto francescani si rifugiarono fra le solide mura del convento, con loro si trovavano tre fratelli cristiani maroniti; purtroppo ci fu un traditore, forse fra gli inservienti locali, che introdusse gli assassini per una piccola porta, cui nessuno aveva pensato, e così furono tutti massacrati, con la ferocia che distingue i fondamentalisti islamici e che in tanti secoli ha fatto migliaia e migliaia di vittime nel mondo cristiano.

Si riportano i loro nomi;

Padri francescani:
Emanuele Ruiz, nato a Santander (Spagna) il 5 maggio 1804, 56 anni, superiore della Comunità;
Carmelo Volta, nato nella provincia di Valencia il 29 maggio 1803, 57 anni;
Engelberto Kolland, nato a Salisburgo (Austria) il 21 settembre 1827, 33 anni;
Ascanio Nicanore, nato nella provincia di Madrid nel 1814, 46 anni;
Pietro Soler, nato nella Murcia (Spagna) il 28 aprile 1827, 33 anni;
Nicola Alberga, nato nella provincia di Cordova il 10 settembre 1830, 30 anni;

Fratelli professi francescani
Francesco Pinazo, nato nella provincia di Valencia il 24 agosto 1802, 58 anni;
Giovanni Giacomo Fernandez, nato in Galizia (Spagna) il 29 luglio 1808, 52 anni;
E poi i tre fratelli, laici di religione maronita
Francesco, Abd-el-Mooti e Raffaele Massabki.

Furono tutti beatificati da papa Pio XI il 10 ottobre 1926 e la loro festa fissata al 10 luglio.



Stellina788
00venerdì 10 luglio 2009 10:48

Sant' Audace Martire

10 luglio


Etimologia: Audace = dal latino audax, significato evidente.

Martirologio Romano: In Sabina nel Lazio, sante Anatolia e Vittoria, martiri.


ANATOLIA, AUDACE E VITTORIA, santi martiri.

``Una prima menzione di Anatolia è nel De Laude Sanctorum (Cap.XI,in PL.XX,col.453)" composto verso il 396 da Vittrice di Rouen (330-409). La Santa vi figura tra i taumaturghi. All'inizio del sec. VI troviamo Anatolia e Vittoria ricordate insieme nel Martirologio Geronimiano al 10 luglio:"VI idus iulii in Savinis Anatholiae Victoriae"; Vittoria è anche ricordata sola al 19 dicembre:"In Savinis civitate Tribulana Victoriae".
Poco dopo le due Sante compaiono effigiate nei mosaici di S.Apollinare Nuovo in Ravenna, l'una a fianco dell'altra, in mezzo alle martiri più illustri dell'Occidente, avendo a sinistra S.Paolina, a destra S.Cristina, in quel corteggio maestoso che fa omaggio a Cristo delle proprie corone. Abbiamo, infine, databile al VI o VII sec., una Passio ss.Anatoliae et Audacis et s. Victoriae, che fu letta da Adelmo (m.709) e poi da Beda (m. 735),i quali ne derivarono, il primo il carme in lode delle due Sante, il secondo gli elogi, per Anatolia e Audace al 9 luglio, per Vittoria al 23 dicembre, nel suo martirologio. Gli elogi di Beda, riassunti in Adone e in Usuardo, furono accolti quasi per intero dal Baronie nel Martyrologio Romano, che colloca appunto Anatolia ed Audace al 9 luglio e Vittoria al 23 dicembre. La Passio è un vero centone, dove riaffiorano spunti e dettagli delle "passioni" di Nereo e Achilleo,Calogero e Partenio, Rufina e Seconda, Giovanni e Paolo e di molti altri,come ha ben dimostrato il Raschini. Secondo la Passio, Anatolia e Vittoria, giovani romane di nobile famiglia, rifiutarono le nozze con due patrizi perché consacrate a Dio. I due aspiranti, allora, col favore imperiale, le relegarono nei loro possedimenti di Sabina, Vittoria presso Trebula Mutuesca (l’odierna Monteleone Sabino sulla via Salaria), Anatolia presso Tora. Dopo varie vicende, in cui si sbizzarrisce la fantasia dell’agiografo,Vittoria venne uccisa e sepolta in una caverna: Anatolia sopravvisse di poco. Un soldato, Audace, fu incaricato di ucciderla, rinchiudendola in una stanza con un serpente. Il rettile lasciò incolume la Santa, mentre si avventò su Audace entrato, l'indomani, nella stanza per accertarne la morte. Ma Anatolia salvò Audace dal serpente e Audace si fece cristiano; quindi, ambedue furono uccisi di spada. Il martirio delle due Sante e di Audace è fissato dalla Passio al tempo di Decio(249-51).
Per quanto scarso sia il valore di questo testo,il culto delle due Sante è antichissimo e, a partire dal sec. VI-VII, ad esse è congiunto Audace, del quale non è possibile, però, garantire se sia un personaggio reale o una creazione dell'agiografo. Centro del culto è sempre stata, la Sabina,dove dovette avvenire il martirio: Trebula Mutuesca (Monteleone Sabino) per Vittoria, Tora per Anatolia e Audace. Più tardi il culto si propagò in altri luoghi in seguito a traslazioni di reliquie. Il corpo di S.Vittoria fu trasferito nell'anno 827 dall'abate Pietro di Farfa, in fuga davanti ai Saraceni, nel Piceno, sul Monte Matenano: fu poi riportato a Farfa il 20 giugno 931 dall'abate farfense Ratfredo, ma nel Piceno rimase assai vivo il culto della Santa . I corpi di Anatolia e di Audace verso la metà del sec. X furono ritrovati nelle campagne di Tora dall'abate sublacense Leone e trasferiti a Subiaco. In epoca imprecisata un braccio di S.Anatolia fu trasportato nelle diocesi di Camerino, in un paese che si chiamò da allora Santa Anatolia (oggi Esanatoglia) in prov. di Macerata. I Documenti del Regesto Farfense, Sublacense, Tiburtino, nominano frequentemente chiese e contrade recanti il nome delle due Sante. E ancora oggi nella campagna Sabina, nel Tiburtino e nel Sublacense la devozione popolare per le due Sante è notevole.
I corpi dei ss. Anatolia e Audace riposano ancora a Subiaco nella basilica di S.Scolastica, sotto l'altare del Sacramento. Al di sopra un bel quadro secentesco rappresentante la Santa nell'atto di liberare Audace dal serpente. Il capo di S.Anatolia, come pure quello di S.Vittoria sono conservati, però, nel Sacro Speco. E l'immagine delle due Sante, che compare sull'arco di ingresso alla Santa Grotta in un affresco di scuola romana del sec.XIII, sembra guidare il fedele al mistico luogo santificato dalla presenza del grande Santo di Norcia. Altra immagine di Anatolia, di scuola senese del sec. XIV, è sulla parete di destra della Scala Santa dello stesso Santuario, presso la Grotta dei pastori.



Stellina788
00venerdì 10 luglio 2009 10:49

Beato Bernardo da Quintavalle

10 luglio

sec. XII-XIII

Nato in Assisi negli ultimi decenni del sec. XII, Bernardo conobbe san Francesco e si mise al suo seguito fin dal 1209, divenendo così il primo compagno del santo e «prima plantula» dell'Ordine minoritico. Con san Francesco fu a Roma dinanzi ad Innocenzo III per l'approvazione della Regola (16 aprile 1209); raggiunse poi Firenze e Bologna (1211), città che devono a lui i loro inizi francescani, e con fra' Egidio si recò in Spagna, dove più tardi, come vogliono alcuni storici, fu ministro provinciale (1217-19). Tra il 1241 e il 1243 fu per qualche tempo a Siena. Lo ricorda il Salimbene che nella sua Cronica osserva di aver appreso da lui cose meravigliose intorno a s. Francesco. Quando i tre compagni Leone, Rufino e Angelo nel 1246 inviarono il loro memoriale su san Francesco al ministro generale Crescenzio, Bernardo era già morto. Si era spento placidamente in Assisi, come gli aveva predetto san Francesco, e fu sepolto nella basilica inferiore del santo. (Avvenire)


Nato in Assisi negli ultimi decenni del sec. XII, Bernardo avendo conosciuto s. Francesco che aveva avuto ospite nel suo palazzo, si mise al suo seguito fin dal 1209, divenendo così il primo compagno del santo e « prima plantula » dell'Ordine Minoritico.
``Con s. Francesco e i primi undici Minoriti fu a Roma dinanzi ad Innocenzo III per l'approvazione della regola serafica (16 aprile 1209); raggiunse poi Firenze e Bologna (1211), città che devono a lui i loro inizi francescani, e con fra Egidio si recò in Spagna, dove più tardi, come vogliono alcuni storici, fu ministro provinciale (1217-19). Tra il 1241 e il 1243 fu per qualche tempo a Siena. Lo ricorda il Salimbene che nella sua Cronica osserva di aver appreso da lui cose meravigliose intorno a s. Francesco. Non sembra esatta, pertanto, la data di morte fissata dal Wadding al 10 luglio 1241, ma è certo che non si può' oltrepassare il 1246, poiché l'11 agosto di quell'anno, quando i tre compagni Leone, Rufino e Angelo inviarono il loro Memoriale su s. Francesco al ministro generale, Crescenzio, Bernardo era già morto. Si era spento placidamente in Assisi, come gli aveva predetto s. Francesco, e fu sepolto nella basilica inferiore del santo. Il Martirologio Francescano lo ricorda al 10 luglio.


Stellina788
00venerdì 10 luglio 2009 10:55

Santi Bianore e Silvano Martiri

10 luglio


Martirologio Romano: In Pisidia, nell’odierna Turchia, santi Biánore e Silvano, martiri.



Stellina788
00venerdì 10 luglio 2009 10:57

San Canuto IV Re di Danimarca

10 luglio

1040 circa – Odense (Danimarca), 10 luglio 1086

Patronato: Danimarca

Emblema: Corona, Scettro, Palma

Martirologio Romano: A Odense in Danimarca, san Canuto, martire, che, re ardente di zelo, incrementò nel suo regno il culto divino, sovvenne alle condizioni del clero e, dopo aver fondato le Chiese di Lund e di Odense, fu infine ucciso da alcuni rivoltosi.


Knud nacque all’incirca nel 1040, figlio illegittimo di Sven Estridsen, nipote del re inglese Canuto (1016-1035). Ricevette la corona danese nel 1080 e si dimostrò immediatamente favorevole all’approvazione di nuove leggi in sostegno della neonata Chiesa del suo paese. Istituì una sorta di sostentamento del clero, trasferì gran parte del potere dai conti ai vescovi che vennero così investiti anche di cariche temporali. Il re Canuto IV si fece inoltre promotore dell’edificazione di numerose chiese ed effettuò cospicue donazioni in favore dei nuovi monasteri fondati dai missionari inglesi.
Ritenne sempre illegittima l’occupazione dell’Inghilterra compiuta dai normanni e perciò tentò ripetutamente di sconfiggere Guglielmo il Conquistatore, in nome di una ritrovata unità fra Danimarca ed Inghilterra. Tra il 1069 ed il 1070 si recò con la flotta vichinga in aiuto dei ribelli inglesi e cinque anni dopo collaborò ad n’incursione su York, anche se poi dovette tornare sui suoi passi appena falli la rivolta inglese.
Nel 1085 Canuto avrebbe voluto intraprendere nuovamente una spedizione, ma trovò la netta opposizione del suo popolo, guidato dai conti che egli aveva spodestato, stremato dalle pesanti tasse che egli aveva imposto. Strinto d’assedio presso Odense, al re Canuto non restò che rifugiarsi nella chiesa di Sant’Albano. Qui il 10 luglio 1086, dopo aver ricevuto la comunione, fu ucciso con otto suoi seguaci mentre era inginocchiato ai piedi dell’altare. Lo storico moderno Barlow sostenette che in tal modo l’anarchia imperante in Scandinavia salvò per l’ennesima volta l’Inghilterra ed “il calendario nordico si arricchì di un altro santo incerto”, facendo evidentemente riferimento ai santi sovrani martiri Olav II di Norvegia ed Erik IX di Svezia.
Ma siccome le circostanze della sua morte ci mostrano come i ribelli si stessero indirettamente opponendo alle sue politiche filo-ecclesiastiche, la Chiesa non esitò a considerare sin da subito vero martirio quello a cui fu sottoposto il re Canuto IV di Danimarca. Verificatosi parecchi miracoli sulla sua tomba, il suo culto fu approvato già nel 1101 dal papa Pasquale II ed ancora oggi lo si è voluto ricordare così nel nuovo Martyrologium Romanum nell’anniversario della morte: “A Odense, in Danimarca, ricordo di S. Canuto (Knut), martire, che, re infiammato di passione, durante il suo regno difese e diffuse il culto divino, contribuì al sostentamento del clero, finché, fondate le Chiese di Lund e di Odense, venne ucciso per la sua politica favorevole alla Chiesa da alcuni sudditi ribelli”. E’ talvolta possibile trovarlo in alcuni calendari al 19 gennaio, data in cui era tradizionalmente ricordato il santo re danese presso Odense.



Stellina788
00venerdì 10 luglio 2009 10:58

Beati Emanuele Ruiz e compagni Martiri Francescani di Damasco

10 luglio

† Damasco (Siria), 10 luglio 1860

Martirologio Romano: A Damasco in Siria, passione dei beati martiri Emanuele Ruíz, sacerdote, e compagni, sette dell’Ordine dei Frati Minori e tre fratelli fedeli della Chiesa Maronita, che, con l’inganno consegnati ai nemici da un traditore, furono sottoposti per la fede a varie torture.


Si tratta di un gruppo di 11 martiri dei musulmani, uccisi per la fede il 10 luglio 1860; di essi sei erano Padri Francescani Minori, due erano Fratelli professi Francescani e tre erano fratelli di sangue laici maroniti. Sono conosciuti come ‘Beati Martiri di Damasco’ Versarono il loro sangue come tanti altri prima di loro in quelle terre che videro sempre, dal tempo di s. Francesco, lo sforzo missionario dei Francescani nel mondo islamico.
Purtroppo non sono disponibili testi che riportano notizie sulla loro vita precedente allo stato religioso, essendo quasi tutti spagnoli; ma un’approfondita ricerca presso Biblioteche Francescane potrebbe essere senz’altro utile.
Ci limitiamo a raccontare il loro martirio. Essi si trovavano nel loro convento di Damasco in Siria, svolgendo la vita comunitaria, estesa all’apostolato fra la popolazione locale.
Nella notte fra il 9 e il 10 luglio 1860, furono attaccati dai Drusi di Damasco, setta religiosa di origine musulmana sciita, che in preda al loro fanatismo di insofferenza religiosa, scoppiato negli anni 1845-46 e specialmente nel 1860 contro il cristianesimo; essi percorsero la città facendo stragi di cristiani.
Gli otto francescani si rifugiarono fra le solide mura del convento, con loro si trovavano tre fratelli cristiani maroniti; purtroppo ci fu un traditore, forse fra gli inservienti locali, che introdusse gli assassini per una piccola porta, cui nessuno aveva pensato, e così furono tutti massacrati, con la ferocia che distingue i fondamentalisti islamici e che in tanti secoli ha fatto migliaia e migliaia di vittime nel mondo cristiano.

Si riportano i loro nomi:

Padri francescani:
Emanuele Ruiz, nato a Santander (Spagna) il 5 maggio 1804, 56 anni, superiore della Comunità;
Carmelo Volta, nato nella provincia di Valencia il 29 maggio 1803, 57 anni;
Engelberto Kolland, nato a Salisburgo (Austria) il 21 settembre 1827, 33 anni;
Ascanio Nicanore, nato nella provincia di Madrid nel 1814, 46 anni;
Pietro Soler, nato nella Murcia (Spagna) il 28 aprile 1827, 33 anni;
Nicola Alberga, nato nella provincia di Cordova il 10 settembre 1830, 30 anni;

Fratelli professi francescani:
Francesco Pinazo, nato nella provincia di Valencia il 24 agosto 1802, 58 anni;
Giovanni Giacomo Fernandez, nato in Galizia (Spagna) il 29 luglio 1808, 52 anni;

E poi i tre fratelli, laici di religione maronita:
Francesco, Abd-el-Mooti e Raffaele Massabki.

Furono tutti beatificati da papa Pio XI il 10 ottobre 1926 e la loro festa fissata al 10 luglio.



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00venerdì 10 luglio 2009 11:00

Beato Engelberto Kolland Francescano, martire

10 luglio

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Salisburgo (Austria), 21 settembre 1827 – Damasco (Siria), 10 luglio 1860


La vicenda terrena di padre Engelberto Kolland, si accomuna nel martirio ad altri sette religiosi francescani di cui sei sacerdoti, due fratelli professi e di tre fratelli di sangue, laici maroniti.
Sono conosciuti come ‘Beati Martiri di Damasco’; versarono il loro sangue come tanti altri prima di loro in quelle terre, che videro sempre dal tempo di s. Francesco, lo sforzo missionario dei Francescani nel mondo islamico.
Purtroppo non sono disponibili testi che riportano notizie sulla loro vita precedente allo stato religioso, essendo quasi tutti spagnoli, ma un’approfondita ricerca presso Biblioteche Francescane potrebbe essere senz’altro utile.
Ci limitiamo qui a raccontare il loro martirio. Essi si trovavano nel loro convento di Damasco in Siria, svolgendo la vita comunitaria, estesa all’apostolato fra la popolazione locale.
Nella notte fra il 9 e il 10 luglio 1860, furono attaccati dai Drusi di Damasco, setta religiosa di origine musulmana sciita, che in preda al loro fanatismo di insofferenza religiosa, scoppiato negli anni 1845-46 e specialmente nel 1860 contro il cristianesimo, percorsero la città facendo stragi di cristiani.
Gli otto francescani si rifugiarono fra le solide mura del convento, con loro si trovavano tre fratelli cristiani maroniti; purtroppo ci fu un traditore, forse fra gli inservienti locali, che introdusse gli assassini per una piccola porta, cui nessuno aveva pensato e così furono tutti massacrati, con la ferocia che distingue i fondamentalisti islamici e che in tanti secoli ha fatto migliaia e migliaia di vittime nel mondo cristiano.

Si riportano i loro nomi:

Padri Francescani:
Emanuele Ruiz, nato a Santander (Spagna) il 5 maggio 1804, 56 anni, superiore della Comunità;
Carmelo Volta, nato nella provincia di Valencia il 29 maggio 1803, 57 anni;
Engelberto Kolland, nato a Salisburgo (Austria) il 21 settembre 1827, 33 anni;
Ascanio Nicanore, nato nella provincia di Madrid nel 1814, 46 anni;
Pietro Soler, nato nella Murcia (Spagna) il 28 aprile 1827, 33 anni;
Nicola Alberga, nato nella provincia di Cordova il 10 settembre 1830, 30 anni;

Fratelli professi francescani:
Francesco Pinazo, nato nella provincia di Valencia il 24 agosto 1802, 58 anni;
Giovanni Giacomo Fernandez, nato in Galizia (Spagna) il 29 luglio 1808, 52 anni;
E poi i tre fratelli, laici di religione maronita
Francesco, Abd-el-Mooti e Raffaele Massabki.

Furono tutti beatificati da papa Pio XI il 10 ottobre 1926 e la loro festa comune fissata al 10 luglio.



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00venerdì 10 luglio 2009 11:02

Santi Felice, Filippo, Vitale, Marziale, Alessandro, Silano e Gennaro Martiri

10 luglio


Martirologio Romano: A Roma, santi martiri Felice e Filippo nel cimitero di Priscilla, Vitale, Marziale e Alessandro in quello dei Giordani, Silano in quello di Massimo, e Gennaro in quello di Pretestato: della loro congiunta memoria si rallegra la Chiesa di Roma, in un solo giorno.


Stellina788
00venerdì 10 luglio 2009 11:03

Beati Francesco, Abdel-Mooti e Raffaele Massabki Martiri maroniti

10 luglio

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Damasco, Siria, † 10 luglio 1860

I tre fratelli Francesco, Abdel-Mooti e Raffaele Massabki, laici cattolici maroniti, furono vittime di una sanguinosa persecuzione scatenata nel XIX dai turchi contro la Chiesa patriarcale maronita. Essi morirono a Damasco, in Siria, il 10 luglio 1860 ed in tale anniversario sono commemorati dal Martyrologium Romanum, essendo stati beatificati nel 1926 dal pontefice Pio XI. L’iconografia sorta su di loro li raffigura solitamente insieme, inginocchiati dinnanzi all’altare, talvolta con la sciabola, oggetto del loro martirio.


Bisogna dire che i tre fratelli Massabki, sono già citati nella scheda dei Beati Martiri Francescani di Damasco, con i quali subirono il martirio e furono beatificati il 10 ottobre 1926 da papa Pio XI.
``Essi perirono nella tragica notte del 9-10 luglio 1860, che ridusse il quartiere cristiano di Damasco in Siria, ad un cumulo di macerie fumanti; gli otto missionari francescani, sette spagnoli e un austriaco, svolgevano la loro vita comunitaria nel convento di Damasco, estendendo l’apostolato fra la popolazione locale.
``Fino a quando i Drusi, setta religiosa di origine musulmana sciita, in preda al loro fanatismo di insofferenza religiosa, scoppiato negli anni 1845-46 e poi specialmente nel 1860, contro il cristianesimo, percorsero con furia omicida la città, facendo stragi di cristiani.
``I francescani Emanuele Ruiz, Carmelo Volta, Engelberto Kolland, Ascanio Nicanore, Pietro Soler, Nicola Alberga, Francesco Pinzo, Giovanni Giacomo Fernandez, si rifugiarono fra le solide mura del convento e con loro anche tre fedeli cristiani maroniti, loro collaboratori.
``Purtroppo, forse fra gli inservienti locali, ci fu un traditore che segnalò una porticina secondaria, che nessuno aveva pensato di sprangare, permettendo ai fanatici fondamentalisti islamici, di massacrare tutti a colpi di scimitarra.
``Diamo qui qualche notizia sui tre fratelli di sangue di Damasco; essi godevano nella comunità maronita di vasta stima di osservanti e zelanti cristiani, Francesco, il fratello maggiore era un negoziante di seta molto ricco, ciò nonostante osservava i precetti religiosi con esattezza, facendoli osservare dai familiari; fu molto duro con una figlia che aveva violato il digiuno quaresimale; iniziava la sua giornata assistendo alla celebrazione della Messa e la terminava con la funzione liturgica serale e per questo anticipava la chiusura del negozio.
``Abdel-Mooti (= servo del Donatore), invece si era ritirato dagli affari di commerciante, temendo di non poter sempre tenere la coscienza tranquilla e si dedicò all’insegnamento nella scuola dei Francescani.
``Anche lui ogni mattina assisteva alla Messa con la figlia, uscendo con ogni tempo anche con la neve; prevedendo la sua fine, quel giorno si congedò dai suoi alunni, esortandoli a non temere il martirio, considerandolo una grazia divina.
``Raffaele Massabki era celibe e amava la solitudine contemplativa, tra la casa e la vicina chiesa, trascorreva molte ore ogni giorno nella preghiera e nella meditazione, aiutava il fratello Francesco nel negozio e il sacrestano nella vicina chiesa francescana.
``Quando verso l’una dopo mezzanotte, i Drusi penetrarono nel convento, dove si erano rifugiati con gli otto francescani, essi furono chiamati per nome e invogliati dai fondamentalisti ad abiurare la fede cristiana e ritornare a quella islamica, così avrebbero avuto salva la vita, ma essi singolarmente, come i cristiani dei primi tempi, rifiutarono con parole di fede genuina e convinta e furono massacrati a colpi di scimitarra, sciabola, mazze ferrate, a Raffaele fu staccato il capo di netto e il suo corpo calpestato.
``Quando il 17 dicembre 1885 fu iniziato il processo per la beatificazione dei martiri francescani di Damasco, i tre fratelli Massabki, benché periti nello stesso giorno, luogo, motivo e circostanze, furono dimenticati.
``Ma quando nella primavera del 1926, a causa conclusa, si fissò la data della solenne beatificazione per il 10 ottobre, l’episcopato maronita che come è noto è legato alla Chiesa di Roma, con a capo l’arcivescovo di Damasco, presentò a papa Pio XI una urgente istanza, affinché i tre fratelli Massabki maroniti, periti anch’essi nell’eccidio attuato dai Drusi musulmani, fossero accomunati nella gloria ai padri francescani, come lo furono nella vita e nel martirio.
``Papa Pio XI con un gesto rimasto unico nella storia della Congregazione dei Riti, riconoscendo legittima la richiesta, dispose un processo sommario sulla vita e sulla morte di Francesco, Abdel-Mooti e Raffaele Massabki, incaricando per questo mons. C. Salotti, promotore della fede e il padre Santarelli, postulatore dei Frati Minori, che si recarono in Siria e in Libano per le indagini, raccogliendo le dovute e genuine testimonianze, compresa quella del parroco maronita, Moussa Karam loro contemporaneo e miracolosamente sfuggito alla strage.
``Il 7 ottobre papa Pio XI, viste le prove raccolte e concedendo la dispensa dei miracoli prescritti, firmò il decreto per la loro beatificazione, che come già detto ebbe luogo il 10 ottobre successivo insieme agli otto francescani.
``La loro celebrazione comune fu fissata al 10 luglio.



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00venerdì 10 luglio 2009 11:04

Santi Gennaro e Marino Martiri

10 luglio


Martirologio Romano: In Africa, santi Gennaro e Marino, martiri.


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00venerdì 10 luglio 2009 11:06

Santi Leonzio, Maurizio, Daniele, Antonio, Aniceto, Sisinno e compagni Martiri

10 luglio

I santi Leonzio, Maurizio, Daniele, Antonio, Aniceto, Sisinno ed altri loro compagni patirono il martirio in odio alla fede cristiana presso Nicopoli in Armenia sotto l’imperatore Licinio ed il governatore Lisia.

Martirologio Romano: A Nicopoli nell’antica Armenia, santi Leonzio, Maurizio, Daniele, Antonio, Aniceto, Sisinio e altri, martiri, che sotto l’imperatore Licinio e il governatore Lisia furono sottoposti a supplizi di ogni genere.



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00venerdì 10 luglio 2009 11:07

Beate Maria Gertrude da S. Sofia de Ripert d'Alauzin e Agnese del Gesù (Silvia) de Romillon Martiri

10 luglio

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Martirologio Romano: A Orange in Francia, beate Maria Geltrude di Santa Sofia di Ripert d’Alauzin e Agnese di Gesù (Silvia) de Romillon, vergini dell’Ordine di Sant’Orsola e martiri durante la rivoluzione francese.


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00venerdì 10 luglio 2009 11:08

Beato Nicola Alberga Sacerdote francescano, martire

10 luglio

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Cordova, Spagna, 10 settembre 1830 – Damasco, Siria, 10 luglio 1860


Nato il 10 sett. 1830 a Cordova da Slanas e Maia Valentina, a venticinque anni entrò nell'Ordine francescano. Manifestata la volontà di farsi missionario, venne preparato al sacerdozio e alla missione nel collegio di Priego assieme ad altri due religiosi, martiri come lui, a Damasco : i beati Pietro Soler e Nicànore Ascanio. La santa educazione ricevuta in famiglia (dei suoi dieci fratelli, sei si consacrarono a Dio) lo portava ad affermare : « Soffrirò mille volte la morte, ma non tradirò mai il mio Signore », e a prepararsi, quasi consapevolmente, al martirio. Nel 1859 Alberga partì per la missione di Damasco.
``In Siria e in Terra Santa la vita dei cristiani era costantemente in pericolo : i Turchi, infatti, preparavano un progroom, contro i cristiani per vendicarsi del Trattato di Parigi del 1856 che aveva abolito le Capitolazioni. L'intenzione di compiere una carneficina era tanto palese che il grande patriota algerino cAbd-el-Kadir, ritiratosi a Damasco dopo una disperata resistenza all'invasione francese nella sua terra, disgustato, decise di servirsi dei suoi fedeli per proteggere i cristiani. Tuttavia, quando il 9 lugl. iniziò la caccia al « giaurro », cAbd-el-Kadir non riuscì a portare soccorso ai missionari che si erano rinchiusi nel convento, fidando nelle sue forti muraglie : la notte del 9 lugl. un giudeo (o un musulmano) introdusse i Turchi nel convento da una porta laterale, di cui nessuno si era ricordato. Alberga fu barbaramente trucidato con una fucilata assieme ad altri sette confratelli la mattina del 10 lugl. 1860.
``Pio XI il 10 ott. 1926 beatificò gli otto martiri di Damasco, quasi a commemorare degnamente il settimo centenario della morte di s. Francesco. La festa di Alberga ricorre il 10 luglio.



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00venerdì 10 luglio 2009 11:10

Beato Pacifico

10 luglio

Marca d’Ancona – Convento di Lens, Pas-de-Calais, 1234 circa


Fu uno dei compagni prediletti di san Francesco che gli impose il nome Pacifico. Dopo una vita mondana, iniziando un cammino di conversione, si mise al seguito di Francesco, che predicava a San Severino Marche. Era il 1212. Introdusse i francescani nella regione Franco - Belga nel 1217 che san Francesco si era riservata. Ritornato in Italia, Gregorio IX gli affidò nel 1227 la cura delle clarisse di Siena. Frate Elia lo invitò di nuovo, dopo il 1230, a dirigere la provincia della Francia settentrionale.
Ricordato nel “Martirologio francescano” il 10 luglio.


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00venerdì 10 luglio 2009 11:11

San Pascario di Nantes Vescovo

10 luglio


Martirologio Romano: A Nantes in Bretagna, san Pascario, vescovo, il quale accolse sant’Ermelando, che aveva chiamato dal convento di Fontenelle, insieme a dodici compagni e lo inviò sull’isola di Indre perché vi fondasse un monastero.



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00venerdì 10 luglio 2009 11:12

San Pietro (Vincioli) da Perugia Monaco

10 luglio

m. 1009

Fu un monaco-architetto il perugino Pietro Vincioli di cui si ignora la data di nascita. A lui si deve, infatti, la costruzione, nel X secolo, della splendida chiesa di San Pietro (edificio che fu costantemente arricchito nei secoli successivi) con annesso il monastero benedettino di cui lui stesso fu abate. Prima, in quel luogo, esisteva una chiesetta in rovina, che, un tempo, era stata la cattedrale di Perugia. Fu l'allora vescovo Onesto ad affidare al Vincioli la ricostruzione della chiesa. E Pietro vi profuse tutto il dinamismo di un vero e grande impresario edile. Si racconta che proprio durante la costruzione del nuovo luogo di culto egli compì molti prodigi. Ma il santo, morto nel 1009, viene ricordato anche come grande esempio di carità verso i poveri " dei quali si occupò costantemente " e difensore della sua città dalle durissime vessazioni imposte dagli imperatori tedeschi del periodo. (Avvenire)

Martirologio Romano: A Perugia, san Pietro Vincioli, sacerdote e abate, che ricostruì la fatiscente chiesa di San Pietro e vi aggiunse un monastero, in cui, fra molti contrasti, ma con grande pazienza, introdusse le consuetudini cluniacensi.



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00venerdì 10 luglio 2009 11:13

Sante Rufina e Seconda Martiri di Roma

10 luglio

† Roma, 260 ca.

Le informazioni sul martirio di Rufina e Seconda sono concordi. Condannate, sotto Valeriano e Gallieno, dal prefetto Giunio Donato, furono martirizzate a Roma al decimo miglio della via Cornelia. La tradizione le vuole sorelle che, fidanzate a due giovani cristiani divenuti apostati, si votarono alla verginità. Non essendo con riusciti con ogni sforzo ad indurle all' apostasia e al matrimonio, i due giovani le denunciarono. Quasi sicuramente, già ne IV secolo, sul loro sepolcro fu eretta una basilica, forse da papa Giulio I, di cui oggi è impossibile indicare l'ubicazione in maniera sicura. Rufina e Seconda, con il loro esempio ci ricordano che in una società multireligiosa come quella verso cui ci stiamo incamminando, le ragioni della fede sono superiori a quelle del cuore. (Avvenire)

Etimologia: Rufina = fulva, rossiccia, dal latino
Seconda = figlia secondogenita, dal la

Emblema: Palma

Martirologio Romano: A Roma al nono miglio della via Cornelia, sante Rufina e Seconda, martiri.


Santa Rufina e santa Seconda sono due martiri realmente esistite in Roma, esse sono ricordate in numerosi e sicuri documenti, come il ‘Martirologio Geronimiano’, gli ‘Itinerari’ romani, la ‘Notizia’ di Guglielmo di Malmesbury, inoltre sono menzionate nel famoso ‘Calendario Marmoreo’ di Napoli ed infine nel ‘Martirologio Romano’ che le celebra ambedue il 10 luglio.
L’antica ‘passio’ compilata verso la seconda metà del V secolo, ne colloca il martirio ai tempi di Valeriano e Gallieno, nel 260 ca., e seguendo le narrazioni agiografiche di altre ‘passio’ di celebri coppie di martiri romani, le due sante sono presentate come sorelle e fidanzate con due giovani cristiani.
A seguito delle ricorrenti persecuzioni contro i cristiani, i due fidanzati apostatarono e quindi le due ragazze si votarono alla verginità. Ma i due giovani non vollero rinunciare a loro e quindi cercarono di indurle ad apostatare per proseguire il loro fidanzamento; ma di fronte ai dinieghi di Seconda e Rufina, le denunciarono al conte Archesilao, il quale le raggiunse al XIV miglio della Flaminia, mentre nel tentativo di sfuggire ai persecutori, si allontanavano da Roma, e le consegnò al prefetto Giunio Donato, che da antichi documenti risulta essere ‘praefectus urbis’ nel 257.
Come per tanti martiri di quell’epoca, le due sorelle furono sottoposte a pressioni, interrogatori e proposte di apostatare e di matrimonio, ma di fronte alla loro resistenza e rifiuto, al prefetto non restò altro che ordinarne la morte.
Allora Archesilao le condusse al X miglio della via Cornelia in un fondo chiamato Buxo (oggi Boccea) dove Rufina venne decapitata, mentre Seconda fu bastonata a morte.Il celebre quadro del XVII secolo, dipinto da tre celebri pittori e custodito a Milano nella Pinacoteca di Brera, raffigura la crudele scena del martirio e resta una delle più significative opere artistiche che le raffigura.
I corpi come d’uso, vennero abbandonati in pasto alle bestie, ma una certa matrona romana di nome Plautilla ne raccolse i corpi, dopo che le martiri in sogno le avevano indicato il luogo del martirio e invitandola a convertirsi; Plautilla le seppellì nello stesso luogo.
La selva luogo del martirio, che era denominata ‘nigra’, in ricordo delle due martiri Seconda e Rufina e del successivo martirio nello stesso luogo dei santi Marcellino e Pietro, venne poi chiamata ‘Silva Candida’.
Sulla loro tomba, già nel secolo IV fu eretta una basilica ad opera di papa Giulio I (341-353), poi restaurata da papa Adriano I (772-795), mentre papa Leone IV (847-855) l’arricchì di doni.
Dal secolo V tutta la regione della villa imperiale ‘Lorium’ che comprendeva la basilica delle due martiri, ebbe un proprio vescovo, il quale nel 501 si sottoscriveva “episcopus Silvae Candidae” e più tardi come “episcopus Sanctae Rufinae”.
Al tempo di papa Callisto II (1119-1124) la diocesi venne unita a quella suburbicaria di Porto e si chiamò di Porto e Santa Rufina. Papa Anastasio IV (1153-1154) fece trasferire i loro corpi nel Battistero Lateranense nell’altare di sinistra dell’atrio, di fronte a quello dei ss. Cipriano e Giustina, dove riposano tuttora; mentre l’antica basilica sulla via Cornelia andò in rovina e ancora oggi non si riescono ad identificarne i resti con precisione.



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00venerdì 10 luglio 2009 11:14

San Silvano (Silano) Martire

10 luglio


Romagnano Sesia, antico borgo alle porte della Valsesia in provincia e diocesi di Novara, venera come suo patrono San Silvano, di cui celebra la festa ogni anno il 10 luglio.
Il santo è tradizionalmente identificato con uno dei sette figli di Santa Felicita che, secondo il racconto di una nota passio, sarebbero stati uccisi a Roma, con la loro madre, durante la persecuzione dell’imperatore Antonino. Si è molto dibattuto in campo agiografico circa l’attendibilità dei fatti narrati nel testo, che si credeva redatto nel VI secolo e, per la sua evidente dipendenza letteraria dall’episodio biblico dell’uccisione dei fratelli Maccabei, giudicato non meritevole di storicità. A dar ragione di questa opinione sembrava contribuire anche il silenzio di papa Damaso, noto cultore delle memorie dei martiri di cui ricercò e restaurò numerosi sepolcri, che in un carme composto in onore dei martiri Felice e Filippo (due martiri che il testo indica tra i figli della santa), non dimostrò di conoscere eventuali legami famigliari tra loro o con altri martiri sepolti nelle catacombe dell’Urbe. Alcune fonti archeologiche sono però venute a smentire l’idea che l’episodio dell’uccisione di Felicita e dei suoi sette figli sia nato dalla fervida fantasia di qualche agiografo altomedievale, confermando come almeno già all’epoca di Damaso esisteva la tradizione del martirio del numeroso nucleo famigliare.
Tra la fine degli anni sessanta e i primi anni settanta, una campagna di scavi nel complesso cimiteriale dei Giordani, sulla Via Salaria, ha permesso di riportare alla luce frammenti di una lastra marmorea su cui erano incisi, nei bellissimi e chiari caratteri filocaliani, alcuni versi celebranti un martire septimus ex numero fratrum che ulteriori testimonianze epigrafiche (un carme di papa Vigilio e un’iscrizione votiva di un certo Marcello) hanno permesso di identificare con Alessandro, appunto uno dei nomi attribuiti ai sette figli di Felicita che, sia la Depositio Martyrum, sia il Liber Pontificalis indicano sepolto in quella catacomba. La storia dei Sette Santi Fratelli, come sono ricordati nella tradizione ecclesiastica, deve dunque possedere un fondo di storicità, quantomeno in riferimento al loro martirio, i cui particolari forse già allora perduti, vennero proposti alla metà del IV secolo nella nota passio, redatta richiamandosi ad un analogo episodio biblico di eroica testimonianza. La sepoltura di Silvano, indicata con quella della madre nel cimitero di Massimo, venne violata dai seguaci del sacerdote Novaziano, che contestavano alla Chiesa il diritto di assolvere da colpe gravi. Le sue reliquie, trasportate in un loro luogo di culto, furono recuperate da papa Innocenzo I (401 - 417) e riportate nel loculo catacombale, come confermano alcune iscrizioni posteriori, dove rimasero fino al tempo delle grandi traslazioni nelle basiliche urbane. Alla fine del VIII secolo, infatti, papa Leone III traslò i corpi di Felicita e Silvano in Santa Susanna dove ancora si troverebbero all’interno dell’altare della cripta. La tradizione locale di Romagnano attribuisce invece al conte Bosone la traslazione nella chiesa abbaziale del borgo delle reliquie di San Silvano, da lui recuperate non a Roma ma a Benevento, dove furono portate dal re longobardo Desiderio. E’ evidente che non è possibile documentare con certezza il loro percorso dalla catacomba alle diverse chiese che ne rivendicano il possesso, molto probabilmente oggetto delle varie traslazioni non fu l’intero corpo del giovane martire ma una parte dei suoi resti. Storicamente è dimostrato che, almeno dal 1040, la locale abbazia di Santa Croce già aveva mutato il titolo in San Silano di cui l’edificio conserva il corpo. Nel corso dei secoli le reliquie del santo subirono vari spostamenti: dal sarcofago paleocristiano ritrovato nel 1771 sotto l’altare maggiore, di cui attualmente costituisce la mensa, allo scurolo edificato negli anni venti del novecento dove ora riposano all’interno di una statua di cera. Il simulacro viene trasportato processionalmente per le vie di Romagnano ogni venticinque anni, come avvenuto a partire dal 1925 in occasione dell’inaugurazione della cappella. Ancora oggi sono numerose le persone che portano il nome del santo, raffigurato nell’arte locale sia come fanciullo, accanto alla madre Santa Felicita (statua nello scurolo), sia come soldato romano, ricorrente iconografia dei giovani martiri romani (paliotto in rame argentato dell’altare maggiore).



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00venerdì 10 luglio 2009 11:16

Santa Vittoria Martire

10 luglio

Patronato: Monteleone Sabino (RI)

Martirologio Romano: In Sabina nel Lazio, sante Anatolia e Vittoria, martiri.


ANATOLIA, AUDACE E VITTORIA, santi martiri.

``Una prima menzione di Anatolia è nel De Laude Sanctorum (Cap.XI,in PL.XX,col.453)" composto verso il 396 da Vittrice di Rouen (330-409). La Santa vi figura tra i taumaturghi. All'inizio del sec. VI troviamo Anatolia e Vittoria ricordate insieme nel Martirologio Geronimiano al 10 luglio:"VI idus iulii in Savinis Anatholiae Victoriae"; Vittoria è anche ricordata sola al 19 dicembre:"In Savinis civitate Tribulana Victoriae".
Poco dopo le due Sante compaiono effigiate nei mosaici di S.Apollinare Nuovo in Ravenna, l'una a fianco dell'altra, in mezzo alle martiri più illustri dell'Occidente, avendo a sinistra S.Paolina, a destra S.Cristina, in quel corteggio maestoso che fa omaggio a Cristo delle proprie corone. Abbiamo, infine, databile al VI o VII sec., una Passio ss.Anatoliae et Audacis et s. Victoriae, che fu letta da Adelmo (m.709) e poi da Beda (m. 735),i quali ne derivarono, il primo il carme in lode delle due Sante, il secondo gli elogi, per Anatolia e Audace al 9 luglio, per Vittoria al 23 dicembre, nel suo martirologio. Gli elogi di Beda, riassunti in Adone e in Usuardo, furono accolti quasi per intero dal Baronie nel Martyrologio Romano, che colloca appunto Anatolia ed Audace al 9 luglio e Vittoria al 23 dicembre. La Passio è un vero centone, dove riaffiorano spunti e dettagli delle "passioni" di Nereo e Achilleo,Calogero e Partenio, Rufina e Seconda, Giovanni e Paolo e di molti altri,come ha ben dimostrato il Raschini. Secondo la Passio, Anatolia e Vittoria, giovani romane di nobile famiglia, rifiutarono le nozze con due patrizi perché consacrate a Dio. I due aspiranti, allora, col favore imperiale, le relegarono nei loro possedimenti di Sabina, Vittoria presso Trebula Mutuesca (l’odierna Monteleone Sabino sulla via Salaria), Anatolia presso Tora. Dopo varie vicende, in cui si sbizzarrisce la fantasia dell’agiografo,Vittoria venne uccisa e sepolta in una caverna: Anatolia sopravvisse di poco. Un soldato, Audace, fu incaricato di ucciderla, rinchiudendola in una stanza con un serpente. Il rettile lasciò incolume la Santa, mentre si avventò su Audace entrato, l'indomani, nella stanza per accertarne la morte. Ma Anatolia salvò Audace dal serpente e Audace si fece cristiano; quindi, ambedue furono uccisi di spada. Il martirio delle due Sante e di Audace è fissato dalla Passio al tempo di Decio(249-51).
Per quanto scarso sia il valore di questo testo,il culto delle due Sante è antichissimo e, a partire dal sec. VI-VII, ad esse è congiunto Audace, del quale non è possibile, però, garantire se sia un personaggio reale o una creazione dell'agiografo. Centro del culto è sempre stata, la Sabina,dove dovette avvenire il martirio: Trebula Mutuesca (Monteleone Sabino) per Vittoria, Tora per Anatolia e Audace. Più tardi il culto si propagò in altri luoghi in seguito a traslazioni di reliquie. Il corpo di S.Vittoria fu trasferito nell'anno 827 dall'abate Pietro di Farfa, in fuga davanti ai Saraceni, nel Piceno, sul Monte Matenano: fu poi riportato a Farfa il 20 giugno 931 dall'abate farfense Ratfredo, ma nel Piceno rimase assai vivo il culto della Santa . I corpi di Anatolia e di Audace verso la metà del sec. X furono ritrovati nelle campagne di Tora dall'abate sublacense Leone e trasferiti a Subiaco. In epoca imprecisata un braccio di S.Anatolia fu trasportato nelle diocesi di Camerino, in un paese che si chiamò da allora Santa Anatolia (oggi Esanatoglia) in prov. di Macerata. I Documenti del Regesto Farfense, Sublacense, Tiburtino, nominano frequentemente chiese e contrade recanti il nome delle due Sante. E ancora oggi nella campagna Sabina, nel Tiburtino e nel Sublacense la devozione popolare per le due Sante è notevole.
I corpi dei ss. Anatolia e Audace riposano ancora a Subiaco nella basilica di S.Scolastica, sotto l'altare del Sacramento. Al di sopra un bel quadro secentesco rappresentante la Santa nell'atto di liberare Audace dal serpente. Il capo di S.Anatolia, come pure quello di S.Vittoria sono conservati, però, nel Sacro Speco. E l'immagine delle due Sante, che compare sull'arco di ingresso alla Santa Grotta in un affresco di scuola romana del sec.XIII, sembra guidare il fedele al mistico luogo santificato dalla presenza del grande Santo di Norcia. Altra immagine di Anatolia, di scuola senese del sec. XIV, è sulla parete di destra della Scala Santa dello stesso Santuario, presso la Grotta dei pastori.



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