12 ottobre

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Stellina788
00martedì 12 ottobre 2010 14:08

Santi Amelio e Amico Martiri

12 ottobre

 

Sono commemorati a Mortara (Pavia) dove i loro corpi furono sepolti. Appartengono, secondo gli Atti, al periodo carolingio; ma nella loro vicenda si riscontrano elementi più propri del ciclo bretone di avventura che del ciclo guerriero di Carlo Magno. Tali Atti sono favolosi e i Bollandisti rifiutarono di pubblicarli perché "in omnibus nihil videbit lector, quod factis historicis aliunde notis contrarium non sit". Tuttavia ecco quanto vi si narra. Al tempo di Pipino nacquero due bambini straordinariamente simili, uno "ex comite alvernensi", I'altro "ex quodam milite bericano". Mentre erano condotti a Roma per il battesimo, si incontrarono in Lucca, dove fecero amicizia e alleanza, e quindi andarono insieme a Roma a ricevervi il battesimo dal papa, che al figlio del conte impose il nome di Amelio, al figlio del soldato il nome di Amico. Come ricordo del battesimo ricevuto nel Laterano, ciascuno dei due ebbe in dono dal papa una coppa di legno, ornata d'oro e di pietre preziose; quindi ritornarono entrambi nella propria patria.

Dopo la morte del padre, Amico, a causa di insorte difficoltà ed inimicizie, fu costretto a lasciare la patria; partì allora con dieci servi, per recarsi presso Amelio, nella speranza di essere bene accolto, ma non lo trovò, perché anche questi si era messo in viaggio alla volta di Bericum, per visitare Amico. Dopo molte e varie avventure, Amico, afflitto per non essere riuscito nell'intento e colpito dalla lebbra, ritornò a Roma, dove fu accolto dal papa Costantino, ma dopo tre anni, essendo sopraggiunta una grande carestia, si fece riportare alla casa di Amelio, che, prima di vederlo, non sapendo che fosse l'antico compagno, gli fece apprestare il cibo nella coppa ricevuta dal papa: così si riconobbero.

Passarono intanto vari anni, finché i Longobardi, divenuti molto minacciosi, determinarono l'intervento di Carlo Magno contro Desiderio; riuscite vane le trattative, il re franco, superate le Chiuse di Susa, con il suo esercito nel quale militavano Amelio e Amico, vinse il re longobardo, e lo mise in fuga, fino al luogo, ora detto Mortarium per il gran numero dei morti in combattimento, prima chiamato Pulchrasilva per l'amenità del luogo. Amelio e Amico, i quali, benché soldati, esercitavano le virtù cristiane e conducevano vita di penitenza, morirono in quella battaglia, uniti così in vita e in morte (773). Desiderio si rifugiò in Pavia, presa poi da Carlo Magno il quale fece costruire una chiesa nel luogo della sua vittoria. Furono costruite poi anche altre due chiese: una in onore di S. Eusebio di Vercelli, I'altra in onore di S. Pietro; Amelio fu sepolto presso la chiesa di S. Pietro, Amico presso quella di S. Eusebio, in due arche fatte venire da Milano. Il giorno dopo, il sarcofago di Amelio si trovò vicino a quello di Amico: allora il vescovo Albino comandò che i corpi dei due santi fossero conservati insieme nella chiesa di S. Eusebio dove ancora si trovano.

Questo, per sommi capi, il contenuto della passio, la quale si conclude in modo molto interessante: volendo dare ai due personaggi la gloria del martirio, I'estensore della passio stessa considera Desiderio come un imperatore romano, persecutore dei cristiani, usando le stesse parole degli Atti dei Martiri: "Passi sunt sub Desiderio rege Langobardorum quarto Idus Octobris: regnante Domino nostro Iesu Christo: cui est honor et gloria in saecula saeculorum. Amen". La formula è perfettamente uguale a quella, per es., degli Acta Proconsularia di s. Cipriano: "Passus est autem beatissimus Cyprianus martyr... sub Valeriano et Gallieno imperatoribus: regnante vero domino nostro Iesu Christo cui est honor et gloria in saecula saeculorum. Amen".

Relativamente ai papi, di cui si fa cenno nella passio, non si può dire con certezza quale sia quello che abbia battezzato in Roma Amelio e Amico. sempre che la circostanza sia vera; I'altro, presso il quale si rifugiò Amico, cioè Costantino, non potrebbe essere se non l'antipapa di questo nome, ricordato tra il pontificato di s. Paolo I (757-767) e quello di Stefano IV (768-772).


Stellina788
00martedì 12 ottobre 2010 14:09

Santi Domnina (Donnina) di Anazarbo e Donnino Martiri

12 ottobre

Sec. IV

Martirologio Romano: Ad Ainvarza in Cilicia, nell’odierna Turchia, santa Domnina, martire, che si tramanda abbia patito molte torture sotto l’imperatore Diocleziano e il governatore Licia e abbia reso in carcere lo spirito a Dio.

Non crediamo che al giorno d'oggi molti cristiani e molte cristiane siano battezzati col nome di Donnino, diminutivo del romano Dominus, cioè Signore e padrone. In italiano, dunque, Donnino avrebbe il significato di signorotto e di padroncino. Ma se nell'anagrafe il nome di Donnino si è fatto raro, o addirittura è sparito, non così è nella toponomastica. Gastone Imbrighi, in un suo interessantissimo studio sui Santi nella toponomastica italiana, registra nove paesi che portano il nome del Santo di oggi: Cavaglia San Donnino, in provincia di Novara; San Donnino in provincia di Ancona, due San Donnino in provincia di Reggio Emilia; uno in provincia di Pesaro; uno in provincia di Arezzo, uno in provincia di Firenze, uno in provincia di Modena; uno in provincia di Lucca.
Ma il paese più importante che portava questo nome era, fino a qualche tempo fa, Borgo San Donnino, che venne non diciamo ribattezzato, ma piuttosto sbattezzato, per rendergli l'antico nome di Fidenza, nome augurale di una colonia romana, simile a quelli di Fiorenza, Piacenza e Potenza.
Borgo San Donnino portava il nome del Santo con buon diritto, perché proprio lì, sulla via Claudia, il cristiano Donnino, che fuggiva incalzato dalla persecuzione di Massimiano, venne raggiunto e martirizzato, all'inizio del IV secolo.
Sul terreno arrossato dal suo sangue sorse prestissimo un oratorio, e attorno all'episodio del martirio fiorì una di quelle passioni che avevano per fondamento certo l'avvenuta uccisione per mezzo della spada. Si disse allora che Donnino fosse il " cubicolario ", cioè il cameriere dell' Imperatore stesso, fuggito dal palazzo quando, inaspettatamente e improvvisamente, Massimiano si abbandonò a quella che doveva essere l'ultima delle persecuzioni.
Veramente, il San Donnino Martire caduto sulla via Claudia, e che diede il proprio nome all'antica Fidenza dovrebbe essere festeggiato il 9 ottobre. Noi lo ricordiamo oggi perché oggi ricorre la memoria di una Santa Donnina, anch'essa Martire della stessa epoca, ma in Cilicia.
Il mese di ottobre, sembra dedicato ai Santi e alle Sante di questo nome. Infatti il 4, festa di San Francesco e di San Petronio, è anche festa di un'altra Santa Donnina, Martire e madre di due Martiri, Prosdocea e Bernicea, tutt'e tre vittime anch'esse dell'ultima persecuzione.
Il loro ricordo non è affidato a leggende ma alla penna del maggiore storico della Chiesa antica, Eusebio di Cesarea, il quale racconta come, per sfuggire alle vergognose insidie dei soldati che le conducevano ad Antiochia, la madre Donnina avesse consigliato le bellissime e castissime figlie, a cercare lo scampo in un fiume, che le inghiottì tutte e tre. " Noi siamo state salvate dall'acqua - ella disse; e nelle acque troveremo la corona della gloria ".


Stellina788
00martedì 12 ottobre 2010 14:09

Sant' Edisto Martire

12 ottobre

Martirologio Romano: A Roma sulla via Laurentina, sant’Edisto, martire.

È commemorato nel Martirologio Romano il 12 ott. sotto l'indicazione topografica : « Ravennae Via Lauretina ». L'elogio proviene da Floro, il quale lo trascrisse da alcuni codd. del Geronimiano, che, però, trasmettono la seconda redazione di questo Martirologio; in quelli invece più antichi e testimoni della prima redazione si legge Romae. In realtà, né a Ravenna era conosciuto un martire di nome E., né la via Lauretina, evidente corruzione di Laurentina, aveva a che fare con Ravenna; essa infatti conduce a Laurento, antica città del Lazio inferiore, sita tra Ostia e Lavinio (oggi Paterno-Torre di Paterno).
Purtroppo, sulla personalità di questo santo non si hanno notizie attendibili. Secondo la passio leggendaria egli era stato battezzato dall'apostolo Pietro ed era scudiero di Nerone. Mentre con l'imperatore si trovava a Laurento, conobbe il presbitero Prisco, la moglie di questi, Termanzia, 'la figlia Criste (Cristina) e la serva Vittoria. Con essi Edisto partecipava alla liturgia che veniva celebrata di notte in un arenario, ma, scoperto per il tradimento di un suo servo, fu, insieme con gli amici, sepolto vivo nello stesso arenario, mentre la sola Vittoria, che era riuscita a fuggire, fu trucidata in un bosco vicino.
Il sepolcro di Edisto era al XVI miglio della via Ar-deatina nei pressi di Laurento; ivi esisteva una chiesa in onore del martire, fatta restaurare dal papa Adriano I (772-95), ed una domusculta appartenente al patrimonio di S. Pietro, chiamata appunto domusculta S. Edisti (Lib. Pont., I, p. 505). Il culto di Edisto si diffuse anche a Roma e dalle lettere di s. Gregorio Magno è documentata la esistenza di un monastero intitolato al santo, nei pressi della basilica di S. Paolo (Reg. Ep., XIV, 14, in MGH. Epistolae, ed. I. Hartmann, II, 1, Berlino 1893, p. 434). A questo monastero era annessa una chiesa, dove probabilmente si veneravano delle reliquie del santo, e che, secondo l'itinerario di Salisburgo (Notitia ecclesiarum), era dedicata ai ss. Aristo, Cristina e Vittoria. La corruzione del nome Edisto in Aristo, donde sarebbe derivato Oreste, è ammessa dagli studiosi e sotto quest'ultimo nome Edisto è venerato nella cittadina omonima ai piedi del Soratte.



Stellina788
00martedì 12 ottobre 2010 14:10

Sant’ Edwin Re di Northumbria e martire

12 ottobre

584 – 12 ottobre 633

Il santo oggi festeggiato si inserisce nella folta schiera di santità che contraddistinse parecchie corti inglesi nel primo millennio. Il regno di Northumbria era costituito principalmente da due territori, la Bernicia e la Deira, sostanzialmente gli attuali Northumbria e Yorkshire, e Sant’Edwin era un principe della Deira che trascorse molti anni di esilio, durante il regno di Etelfrith di Bernicia. Quando questi nel 616 cadde in battaglia, Edwin succedette al trono, divenendo ben presto “bretwalda”, cioè monarca assoluto con autorità estesa anche su tutti gli altri sovrani anglosassoni. In quel periodo della sua vita egli era ancora pagano e quindi, nel chiedere in moglie Etelburga, figlia del re cristiano del Kent, dovette assicurare che non avrebbe interferito con la vita religiosa della sposa. Etelburga partì allora per il nord, accompagnata dal suo cappellano San Paolino.
Secondo il celebre storico cristiano San Beda il Venerabile, Edwin era una persona assai prudente e meditò a lungo sull’eventualità della propria conversione al cristianesimo, ma infine tre fattori lo influenzarono verso tale scelta: l’essere scampato ad un attentato, il ricordo di una visione e di un voto fatto durante l’esilio ed infine, ma assolutamente non meno importante, una calorosa lettera ricevuta del pontefice San Gregorio Magno.
Come da tradizione il re radunò dunque i suoi consiglieri per sentire il loro autorevole parere ed uno di essi affermò: “O re, la vita degli uomini sulla terra, a confronto di tutto il tempo che ci è conosciuto, mi sembra come quando tu stai a cena con i tuoi dignitari d’inverno, con il fuoco acceso e le sale riscaldate, mentre fuori infuria una tempesta di pioggia e di neve, ed un passero entra in casa e passa velocissimo. Mentre entra da una porta e subito esce dall’altra, per questo poco tempo che è dentro non è toccato dalla tempesta ma trascorre un brevissimo momento di serenità; ma subito dopo rientra nella tempesta e scompare ai tuoi occhi. Così la vita degli uomini resta in vista per un momento, e noi ignoriamo del tutto che cosa sarà dopo, che cosa è stato prima. Perciò se questa nuova dottrina ci fa conoscere qualcosa di più certo, senz’altro merita di essere seguita”.
Stabilirono allora che la nuova religione avrebbe dovuto essere accolta solo nel qual caso fosse riuscita ad aiutarli a comprendere meglio il senso della vita, in quanto lo stesso sommo sacerdote dell’antico culto pagano locale riconobbe che a tal fine la religione dei loro padri non era di alcun aiuto. Invitato allora Paolino ad insegnare loro qualcosa in più sul suo Dio, decisero infine di aderire alla fede cristiana e di essere battezzati con il re Edwin a York nel 627.
Il re nominò poi San Paolino vescovo di tale città e promosse la costruzione di una chiesa in pietra nel sito ove ancora oggi sorge la cattedrale. Il santo monarca si adoperò inoltre per diffondere il cristianesimo ed una duratura pace in tutto il suo regno, tanto che Beda poté scrivere di lui: “Si tramanda che in quel tempo ci fu tanta pace in Britannia fin dove si estendeva il dominio del re Edwin che, come tuttora si usa dire proverbialmente, anche se una donna sola voleva percorrere tutta l’isola con un figlio natole da poco, poteva farlo senza pericolo alcuno”.
Nel 633 però Edwin cadde in battaglia, sconfitto preso Hetfield Chase dalle forze alleate del re gallese Cadwallon e del re pagano Penda di Mercia. In Inghilterra iniziò ben presto a nascere un culto popolare nei suoi confronti quale martire, soprattutto a York ed a Whitby, che culminò con la traslazione nell’abbazia di quest’ultima località, evento da considerarsi per quei tempi una vera e propria canonizzazione. Il pontefice Gregorio XIII concesse che venisse raffigurato tra i martiri nella cappella del Collegio inglese di Roma, dove gli furono anche dedicate una o due antiche chiese.
La presunta santità di Sant’Edwin è comunque certamente da considerarsi più sicura rispetto a quella di parecchi altri santi sovrani di varie nazionalità venerati dalle Chiese cristiane: infatti Beda, fonte sicuramente attendibilissima in materia, lo definì re giusto e capace, convertitosi alla fede cristiana non prima di una meditata riflessione ed impegnato con tutto il cuore nell’evangelizzazione dei sudditi, senza ricorrere alla forza.
Sua moglie Etelburga, che gli sopravvisse sino all’8 settembre 647 divenendo badessa di Lyming, è talvolta anch’essa venerata come santa, anche se in tono assai minore.



Stellina788
00martedì 12 ottobre 2010 14:11

Beato Eufrasio di Gesù Bambino (Barredo Fernández) Sacerdote carmelitano, martire

12 ottobre

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Cancienes, Spagna, 8 febbraio 1897 - Oviedo, Spagna, 12 ottobre 1934

Eufrasio del Niño Jesús (al secolo Eufrasio Barredo Fernández), sacerdote professo dei Carmelitani Scalzi, cadde in odio alla fede durante la sanguinosa Guerra Civile Spagnola. Papa Benedetto XVI ha riconosciuto il suo martirio il 16 dicembre 2006 ed è stato beatificato il 28 ottobre 2007 con altre 497 vittime della medesima persecuzione.


Nacque a Cancienes (Spagna) l'8 feb. 1897 e venne battezzato il giorno seguente. Trascorse l'infanzia e la fanciullezza sotto la tutela del nonno Vincenzo a La Cuesta. Dopo una breve permanenza presso i Fratelli delle Scuole Cristiane (1911), il 5 dic. 1912 lo troviamo nel collegio Teresiano di Villafranca (Navarra). Completato il tempo di formazione a Larrea (Vizcaya), il 26 lug. 1916 pronunciò la professione religiosa; seguirono gli anni degli studi teologici e filosofici, in collegi diversi dei Carmelitani (Marquina, Burgos, Vitoria e Bilbao), verso la meta del sacerdozio: p. Eufrasio venne ordinato a Santander il 23 set. 1922; il 1° ott. celebrò la sua prima messa a Oviedo. Nominato professore di filosofìa e teologia in vari collegi, nello stesso tempo si dedicò a un fecondo ministero sacerdotale.
Il 5 set. 1926 i superiori lo inviarono a Cracovia (Polonia) per rafforzare la presenza del Carmelo nei paesi dell'Est europeo; una terra che egli amò profondamente, apprendendo anzitutto la difficile lingua slava per poter esercitare l'apostolato. Richiamato a Burgos, nell'autunno del 1928, qui collaborò alle riviste «Il Monte Carmelo» ed «Eco del Carmelo e Praga»; nel lug. del 1929 lo ritroviamo come professore a Oviedo. Questa fu l'ultima tappa della sua vita terrena nella quale avrebbe reso testimonianza a Cristo con il martirio. Dal 1929 al 1934 curò e diresse gli incontri di catechesi che si tenevano nel convento, molto apprezzati dai numerosi partecipanti. Eletto priore nel mag. del 1933, seguirono giorni nei quali la comunità intuiva le ore dolorose che la rivoluzione atea stava preparando nelle Asturie (ott. 1933). In quei tragici momenti, p. Eufrasio non abbandonò i confratelli, fino a quando tutti furono posti in salvo. Egli stesso stava per allontanarsi, quando dovette ricorrere alle cure dell'ospedale di Oviedo per una lussazione all'anca che gli impediva di camminare. Riconosciuto come religioso, anzi come «il priore dei Carmelitani», così dichiarò egli stesso, il 12 ott. 1934 venne fucilato presso il muro del «Mercato Vecchio». Rivolgendosi a coloro che stavano per ucciderlo chiamandoli «figli miei», li perdonò.
Dopo il nulla osta della Congregazione delle Cause dei Santi in data 9 gen. 1992, e il processo informativo Super martyrio et virtutibus, il 3 ott. 1996 è stata presentata alla Congregazione la documentazione per la beatificazione (Positio super martyrio).



Stellina788
00martedì 12 ottobre 2010 14:12

San Felice IV (III) Papa

12 ottobre

m. 530

(Papa dal 12/07/526 al 22/09/530)
Nativo di benevento, fu eletto Papa per disposizione del re Teodorico. Intanto a Costantinopoli saliva sul trono il più grande degli Imperatori d'Oriente, Giustiniano.

Martirologio Romano: A Roma, san Felice IV, papa, che trasformò due templi del Foro romano in una chiesa in onore dei santi Cosma e Damiano e si adoperò molto per la retta fede.

Ascolta da RadioVaticana:
  

Del Sannio, papa dal 12 luglio 526 al 20 o 22 settembre 530, fu sepolto sotto il pavimento dell’atrio di S. Pietro in Vaticano, poi nel Poliandro della Basilica.
Profondo conoscitore degli scritti di S.Agostino se ne avvalse per condannare il semipelagianesimo.
Costruì la basilica in onore dei Ss. Cosma e Damiano adattando due templi pagani: il Templum Sacrae Urbis e il Tempio di Romolo. Rifece la basilica di S. Saturnino sulla via Salaria.
Prima di morire designò il suo successore: Bonifacio II.
E’ così ricordato dal Martirologio Romano alla data 22 settembre: A Roma san felice quarto, Papa, il quale moltissimo si affaticò per la fede cattolica.
E’ raffigurato nel mosaico del catino absidale dei Ss. Cosma e Damiano con pianeta gialla, dalmatica azzurra e pallio disseminato di croci.



Stellina788
00martedì 12 ottobre 2010 14:12

Santi Felice, Cipriano e 4964 compagni Martiri d'Africa

12 ottobre

+ 483

Assassinati con quasi cinquemila cristiani dal re vandalo ariano Unerico.

Martirologio Romano: Commemorazione dei santi quattromilanovecentosessantasei martiri e confessori della fede: vescovi, sacerdoti e diaconi della Chiesa di Dio insieme a una folla immensa di fedeli, durante la persecuzione vandalica in Africa, per ordine del re ariano Unnerico, furono esiliati in odio alla verità cattolica in un orrendo deserto e celebrarono, infine, il martirio dopo varie torture. Erano tra loro Cipriano e Felice, vescovi, insigni sacerdoti del Signore.



Stellina788
00martedì 12 ottobre 2010 14:13

San Giovanni Martire, Arcivescovo di Riga

12 ottobre (Chiese Orientali)

San Giovanni, Arcivescovo di Riga, “Nuovo Martire” della Chiesa Ortodossa Russa, è festeggiato al 12 ottobre.



Stellina788
00martedì 12 ottobre 2010 14:14

Beato Giovanni Osiense Mercedario

12 ottobre

Mercedario del convento di Santa Maria a Guardia de los Prados (Spagna), il Beato Giovanni Ostiense, era maestro in Sacra Teologia.Santo religioso pieno di prudenza compì un numero considerevole di miracoli, morì presso il suo convento raggiungendo le gioie eterne del paradiso.
L'Ordine lo festeggia il 12 ottobre.



Stellina788
00martedì 12 ottobre 2010 14:14

Beato Giuseppe Gonzalez Huguet Sacerdote e martire

12 ottobre

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Martirologio Romano: Nel villaggio di Ribarroja de Turía nel territorio di Valencia in Spagna, beato Giuseppe González Huguet, sacerdote e martire, che, durante la persecuzione contro la fede, portò a termine il glorioso combattimento per Cristo.



Stellina788
00martedì 12 ottobre 2010 14:15

San Massimiliano di Celeia Arcivescovo di Lorch

12 ottobre

All'inizio dell'VIII secolo, il vescovo Ruperto di Salisburgo fondò una cappella sulla tomba di un certo Massimiliano a Bischofshofen nel Pongau, a Sud di Salisburgo. Questa è l'unica, sicura notizia storica, che lascia supporre che questo santo fosse già venerato dai romani viventi nel Pongau, prima ancora dell'arrivo di Ruperto. Forse era vissuto fra loro come missionario. Intorno al 1300 si formò il testo noto come «Vita Maximiliani», secondo cui il santo era originario di Celeia, oggi Cilje, in Jugoslavia. Egli aveva ricevuto dal papa Sisto II (257-58), l'incarico di evangelizzare la Pannonia; in seguito era divenuto arcivescovo di Lauriacum, capitale del Norico (Lorch, a Sud-Est di Linz) ed era morto martire nel 281 a Celeia. Questa Vita, però, scritta mille anni dopo la morte di Massimilano è di scarso valore storico. Tuttavia egli è considerato l'apostolo del Norico, è patrono dei vescovadi di Passau (insieme a san Valentino) e di Linz (fino al 1962) ed è forse lo stesso personaggio che in Istria è venerato come vescovo di Capodistria. (Avvenire)

Martirologio Romano: Nel territorio dell’odierna Austria, san Massimiliano, che si ritiene sia stato vescovo di Lorch.


All'inizio del sec. VIII, il vescovo Ruperto di Salisburgo (m. 720 ca.) fondò una cappella sulla tomba di un certo Massimiliano a Bischofshofen nel Pongau, a Sud di Salisburgo. Questa è l'unica, sicura notizia storica, che lascia supporre che questo santo fosse già venerato dai romani viventi nel Pongau, prima ancora dell'arrivo di Ruperto. Forse era vissuto fra loro come missionario.
Un documento ricorda che il re Carlomanno (m. 880) nell'878 fece dare sepoltura ai corpora di un confessore Massimiliano e di una martire Felicita, nella chiesa da lui fondata ad Altótting. Poiché Felicita morì a Roma, lo Zibermayr suppone che il re entrasse in possesso delle reliquie dei due santi in Italia nell'877, ma respinge l'opinione diffusa secondo la quale Massimiliano di Bischofshofen e l'omonimo di Altotting sarebbero la stessa persona.
Dopo il 976 il vescovo Pilgrimo di Passau fece trasportare nella sua sede le reliquie del santo di Altotting e le seppellí accanto a quelle del vescovo Valentino. Tali reliquie sono andate perdute sin dal 1662.
In un documento del 985 Massimiliano è detto ancora "confessore", ma un Messale di Frisinga del 990 ca. lo designa come "martire" e uno di Salisburgo del sec. XI, per la prima volta, come "vescovo". Queste indicazioni, tuttavia, sono troppo scarse e tarde, per poterne trarre delle conclusioni sulla vita, la condizione e la morte del santo.
Già Pilgrimo si faceva passare per successore degli "arcivescovi" di Lorch, per dar lustro al vescovado di Passau con una lunga storia ed un più elevato rango. Questa tendenza appare anche nella Storia dei vescovi di Passau, composta poco prima del 1300, che retrocede di parecchio tempo le origini della Chiesa di Lorch e fa di Massimiliano il suo primo "arcivescovo ".
Nello stesso periodo si formò anche la Vita Maximiliani, secondo cui il santo era originario di Celeia, oggi Cilje, in Jugoslavia. Egli aveva ricevuto dal papa Sisto II (257-58), l'incarico di evangelizzare la Pannonia; in seguito era divenuto arcivescovo di Lauriacum, capitale del Norico (Lorch, a Sud-Est di Linz) ed era morto martire nel 281 a Celeia. Questa Vita, però, scritta mille anni dopo la morte di M., non ha alcun valore storico.
Tuttavia Massimiliano è considerato l'apostolo del Norico, è patrono dei vescovadi di Passau (insieme a s. Valentino) e di Linz (fino al 1962) ed è molto probabilmente lo stesso personaggio che in Istria è venerato come vescovo di Capodistria. Il Martirologio Romano ne fa menzione il 12 e il 29 ottobre.
Il nome di Massimiliano fu scelto ripetutamente nelle famiglie degli imperatori tedeschi e dei re di Baviera.



Stellina788
00martedì 12 ottobre 2010 14:16

Nostra Signora del Pilar

12 ottobre

 

Il più antico santuario della Spagna e forse della cristianità è quello della Beata Vergine del Pilar a Saragozza. In stile barocco, la costruzione è a forma rettangolare, divisa a tre navate e riccamente decorata e affrescata da Velázquez, Francisco de Goya, Ramon e Francisco Bayen. Lunga ben centotrentacinque metri e larga cinquantanove, ha quattro torri e undici cupole, di cui quella centrale, particolarmente imponente, svetta per ben ottanta metri.
Secondo la leggenda, la cappella primitiva sarebbe stata costruita da S. Giacomo il Maggiore verso l’anno 40, in ricordo della prodigiosa “Venuta” della Vergine da Gerusalemme a Saragozza per confortare l'apostolo assai deluso dei risultati negativi della sua predicazione. Il “Pilar” è appunto la colonna di alabastro su cui la Vergine avrebbe posato i piedi.
Alcuni mistici, come la venerabile Maria d’Agreda e Anna Caterina Emmerick,confermarono questa antichissima tradizione secondo le loro rivelazioni e visioni, ma già nel 1200 l’episodio è riportato in quello che è considerato il primo documento scritto sulla Madonna del Pilar.
Bisogna anche dire, per amore di verità storica, che la chiesa di “Sancta Maria intra muros” a Saragozza esisteva ancor prima della invasione araba, avvenuta nel 711. Il monaco Aimoinus, giunto in Spagna nell’anno 855 alla ricerca delle reliquie di S. Vincenzo, scrisse che “la chiesa dedicata alla Vergine a Saragozza era la madre di tutte le chiese della città, e che S. Vincenzo vi aveva esercitato le funzioni di diacono al tempo del vescovo Valerio”.
Nel 1118 Saragozza, liberata dal dominio dei musulmani, ritornò capitale del regno di Aragona e nel 1294 Santa Maria del Pilar venne restaurata per accogliere schiere sempre più numerose di pellegrini.
Al tempo dell’unificazione della Spagna (sec. XV) per opera del re di Aragona Ferdinando il Cattolico e della regina Isabella di Castiglia, sua sposa, il culto della Madonna del Pilar si affermò in campo nazionale. Con la scoperta dell’America tale culto raggiunse anche il Nuovo Mondo: nell’anno 1492 avveniva la cacciata definitiva dei Saraceni dalla Spagna, Cristoforo Colombo partiva con tre caravelle, di cui una si chiamava per l’appunto “Santa Maria”, e – fatto abbastanza curioso, se non addirittura strabiliante – la data della scoperta del continente americano coincideva proprio con la data della festa del Pilar, il 12 ottobre.
Forse per tutte queste circostanze, nel 1958, la festa “pilarica” del 12 ottobre fu dichiarata festa della hispanidad, cioè della Spagna e di tutte le nazioni di lingua e cultura spagnola.
Ma nel 1640 un miracolo spettacolare doveva rendere ancora più celebre il santuario. Un giovane di diciassette anni, Miguel-Juan Pellicer di Calanda, conducendo un giorno un carro aggiogato a due muli, cadde dalla cavalcatura e andò a finire sotto una ruota del carro, che gli spezzò e gli schiacciò nel mezzo la tibia della gamba destra. Trasportato in ospedale per le cure del caso, si ritenne urgente amputargli la gamba a circa quattro dita dalla rotula.
Prima dell’operazione, l’infelice si era recato al santuario del Pilar per farvi le sue devozioni e ricevervi i sacramenti. Dopo l'intervento, vi era tornato per ringraziare la Madonna di averlo conservato in vita. Ma,non potendo più lavorare, Miguel-Juan si era unito agli altri mendicanti che domandavano l’elemosina all’ingresso della basilica. Nel frattempo, ogni volta che veniva rinnovato l’olio delle 77 lampade d’argento, accese nella cappella della Vergine, egli vi strofinava le sue piaghe, benché il chirurgo glielo avesse sconsigliato in quanto l’olio ritardava la cicatrizzazione del moncherino.
Tornato infine a Calanda, con la gamba di legno e una gruccia cominciò a mendicare spingendosi fino ai paesi vicini. Ma, il 29 marzo 1640, rientrò a casa sua e, a sera, dopo aver invocato, come al solito, la Vergine del Pilar, si addormentò. Al mattino, svegliandosi, si ritrovò con due gambe ed avvertì così i suoi genitori che la gamba destra, amputata da due anni e cinque mesi, era segnata al polpaccio dalle stesse cicatrici di prima dell’infortunio.
Fu istituita subito una Commissione d’inchiesta, nominata dall’arcivescovo,e i suoi membri, nel corso di accurati accertamenti, con loro grande meraviglia non trovarono più la gamba di Miguel sepolta tempo prima nel cimitero dell’ospedale. La fama del miracolo corse per tutta la Spagna e fu la causa della realizzazione del grandioso santuario attuale, iniziato nel 1681 e consacrato il 10 ottobre 1872.
Nel santuario, all’inizio della navata centrale è situata la “santa cappella”, dove si venera una piccola statua della Vergine col Bambino del secolo XIV, che poggia i piedi sul “Pilar” ricoperto di bronzo e argento, e che viene rivestita con manti diversi a seconda dei tempi liturgici e delle circostanze.
Questa immagine fu incoronata il 20 maggio 1905, con una corona tempestata da circa diecimila perle preziose, e solennemente benedetta dal pontefice S. Pio X.
La Madonna del Pilar, come Patrona della Spagna, da secoli attrae masse imponenti di pellegrini appartenenti a ogni classe sociale: dai più umili contadini ai più grandi re di Spagna, da Ferdinando il Cattolico a Juan Carlos, dal cardinale di Retz nel 1654 al papa Giovanni Paolo II nel 1982.
I pellegrinaggi al santuario sono ininterrotti lungo tutto l’arco dell’anno e si svolgono con la partecipazione alla santa Messa, alla recita del Rosario, con canti mariani e con il bacio alla colonna sulla piccola parte scoperta, che, a causa di questa devozione, presenta un marcato solco prodotto proprio dall’usura.
Molte famiglie spagnole danno il nome di Pilar alle loro bambine e tengono ad avere la sacra immagine in casa; numerosi altari e cappelle, dedicati alla Madonna del Pilar, si trovano nella Spagna e nell’America Latina. C’è a tal proposito un canto popolare spagnolo il cui ritornello a suon di nacchere ripete giustamente questa semplice verità: “Es la Virgen del Pilar, la que màs altares tiene, y no hay un buen español, que en su pecho no la lleve”: “È la Vergine del Pilar, quella che ha più altari, né si trova uno spagnolo, che non la porti nel cuore”.



Stellina788
00martedì 12 ottobre 2010 14:17

Sant' Opilio (Opilione) di Piacenza Diacono

12 ottobre

Martirologio Romano: A Piacenza, sant’Opilione, diacono.


Stellina788
00martedì 12 ottobre 2010 14:17

Beato Pacifico da Valencia (Pedro Salcedo Puchades) Religioso e martire

12 ottobre

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1874 - 1936

Martirologio Romano: Nel villaggio di Massamagrel nello stesso territorio in Spagna, beato Pacifico (Pietro) Salcedo Puchades, religioso dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini e martire, che nella medesima persecuzione si conformò alla passione di Cristo.


Era nato a Castellar (Valencia) il 24 febbraio 1874. Era il secondo dei cinque figli degli sposi D. Matías Salcedo e Donna Elena Puchades. Fu battezzato il 25 febbraio 1874 nella sua parrocchia natale. L’ambiente familiare era povero, ma profondamente cristiano e devoto. La sua infanzia e la sua giovinezza furono un fedele riflesso di tale ambiente familiare. Prima di entrare in convento, ogni domenica frequentava il convento dei Cappuccini di Massamagrell.
Nel suo paese lo ricordano come “un bambino buono, di famiglia onorata e devota”. “Era molto pacifico - dice una conoscente - e la sua qualità più notevole era la pietà, fino al punto che quando in casa si pregava il rosario non voleva che si facessero lavori che potessero impedire l’attenzione”. E raccontano di lui che “entrò in religione mosso da un grande amore alla penitenza”.
Si fece cappuccino, vestendo l’abito come fratello, a Ollería il 21 luglio 1899, dalle mani del P. Francisco M. de Orihuela. Fece la professione temporanea a ventisei anni davanti a P. Luís de Massamagrell il 21 giugno 1900 e la professione perpetua il 21 febbraio 1903.
Destinato al convento di Massamagrell, per 37 anni esercitò l’ufficio di questuante. I religiosi non risparmiano elogi quando parlano di lui: “Il suo temperamento era semplice e tranquillo. Godeva di molta buona fama fra i compagni e i fedeli ed era un religioso molto osservante...Era un uomo molto virtuoso, soprattutto era molto umile e molto attento ad adempiere i voti religiosi...Il suo temperamento era bonario. Era devotissimo della santissima Vergine e consacrò la sua vita interamente a vivere l’austerità e la povertà in grado eminente. Era molto umile e pieno di abnegazione e il suo letto era seminato di pietre e di cocci per una maggiore mortificazione”. Era molto stimato da tutti sia dentro che fuori del convento.
Quando nel luglio del 1936 fu chiuso il convento di Massamagrell a causa della persecuzione religiosa, fr. Pacífico si rifugiò in casa di un suo fratello, dove rimase quattro mesi, dedicandosi alla preghiera. Qui la notte del 12 ottobre fu preso dai miliziani che lo portarono via a spinte e a colpi di calcio del fucile, mentre recitava il rosario, in direzione di Monteolivete fino a el Azud, vicino al fiume, dove fu ucciso.
Il giorno seguente alcuni suoi nipoti, andando al mercato a Valencia, scoprirono il suo cadavere, che teneva fortemente stretto sul petto il crocifisso con la mano sinistra. I suoi resti furono sepolti nel cimitero di Valencia, ma non poterono essere identificati.



Stellina788
00martedì 12 ottobre 2010 14:18

Beato Romano (Roman) Sitko Sacerdote e martire

12 ottobre

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Polonia, 1880 – Auschwitz, Polonia, 12 ottobre 1942

Il beato Roman Sitko, sacerdote diocesano polacco, nacque nel 1880 e morì ad Auschwitz-Oswincim, Germania (oggi Polonia), il 12 ottobre 1942. Fu beatificato da Giovanni Paolo II a Varsavia (Polonia) il 13 giugno 1999 con altri 107 martiri polacchi.

Martirologio Romano: Nel campo di sterminio di Auschwitz vicino a Cracovia in Polonia, beato Romano Sitko, sacerdote e martire, che, durante l’occupazione della Polonia nel corso della guerra, crudelmente torturato dai persecutori della dignità umana e della fede, passò alla visione della beatitudine eterna.



Stellina788
00martedì 12 ottobre 2010 14:19

San Serafino da Montegranaro Religioso

12 ottobre

Montegranaro, Ascoli Piceno, 1540 - Ascoli Piceno, 12 ottobre 1604

Serafino nacque nel 1540 a Montegranaro nelle Marche. Era povero: per un periodo fece il custode di gregge. A 18 anni entrò in convento a Tolentino. Fu accolto come religioso fratello nell'Ordine dei Frati Minori Cappuccini e fece noviziato a Jesi. Peregrinò per tutti i conventi delle Marche, perché, nonostante la buona volontà e la massima diligenza che poneva nel fare le cose, non riusciva ad accontentare né superiori, né confratelli, che non gli risparmiarono rimproveri. Ma egli dimostrò sempre tanta bontà, povertà, umiltà, purezza e mortificazione. Nel 1590 Serafino si stabiliva definitivamente ad Ascoli Piceno. Due i «libri» fondamentali per lui: il crocefisso e la corona del rosario con cui si faceva messaggero di pace e di bene. Aveva 64 anni e la fama della sua santità si diffondeva per Ascoli, quando egli stesso chiese con insistenza il viatico. La morte lo colse il 12 ottobre 1604. Dopo essere spirato, semplice anche nella morte, la voce del popolo che lo diceva santo giunse anche alle orecchie del Papa Paolo V, il quale autorizzò l'accensione di una lampada sulla sua tomba. Fu canonizzato da Clemente XIII il 16 luglio 1767. (Avvenire)

Etimologia: Serafino = colui che infonde calore, dall'ebraico

Martirologio Romano: Ad Ascoli, san Serafino da Montegranaro (Felice) de Nicola, religioso dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, che, vero povero, rifulse per umiltà e pietà.

Ascolta da RadioVaticana:
  
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San Serafino nacque nel 1540 a Montegranaro nelle Marche, da Girolamo Rapagnano e da Teodora Giovannuzzi, di umili condizioni, ma cristiani ferventi. A causa della povertà familiare, lavorò per un certo tempo in qualità di garzone presso un contadino alla custodia del gregge.
A 18 anni bussò alla porta del convento di Tolentino. Dopo alcune difficoltà, fu accolto come religioso fratello nell'Ordine dei Frati Minori Cappuccini e fece noviziato a Jesi. Peregrinò, si può dire per tutti i conventi delle Marche, perché, nonostante la buona volontà e la massima diligenza che poneva nell'espletamento dei compiti che gli venivano affidati, non riusciva ad accontentare né superiori, né confratelli, che non gli risparmiarono rimproveri, ma egli dimostrò sempre tanta bontà, povertà, umiltà, purezza e mortificazione. Negli uffici che esercitò di portinaio e di questuante, a contatto con i più svariati ceti, sapeva trovare parole opportune, squisita delicatezza di sentimenti per condurre le anime a Dio.
Nel 1590 San Serafino si stabiliva definitivamente ad Ascoli Piceno.
La città si affezionò talmente a lui che nel 1602, essendosi diffusa la notizia di un suo trasferimento, le autorità scrissero ai superiori per evitarlo. Vero messaggero di pace e di bene, esercitava infatti un influsso grandissimo presso tutti i ceti, e la sua parola riusciva a comporre situazioni allarmanti, ad estinguere odi inveterati e ad infervorare alla virtù.
Preghiera, umiltà, penitenza, lavoro e pazienza, tanta pazienza, perché i rimproveri per lui erano sempre abbondanti. E Dio si incaricò di aiutarlo supplendo alle sue capacità, in cucina, alla porta, nell'orto, alla questua, con i miracoli, l'introspezione dei cuori, il dono di saper confortare tutti in maniera inimitabile. Da parte sua rimase sempre contento di amare Dio conoscendo e studiando due soli libri: il crocifisso e la corona del rosario.
Aveva 64 anni e già la fama della sua santità si diffondeva per Ascoli, quando egli stesso chiese con insistenza il viatico, mentre nessuno credeva alla sua prossima fine. La morte lo colse il 12 ottobre 1604. Dopo spirato, semplice anche nella morte, la voce del popolo che lo diceva santo, giunse anche alle orecchie del Papa Paolo V, il quale autorizzo l'accensione di una lampada sulla sua tomba. Fu canonizzato da Clemente XIII il 16 luglio 1767.



Stellina788
00martedì 12 ottobre 2010 14:20

Beato Tommaso Bullaker Martire

12 ottobre

Martirologio Romano: A Londra in Inghilterra, beato Tommaso Bullaker, sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori e martire, che, arrestato sotto il regno di Carlo I nel momento stesso in cui celebrava la Messa, morì impiccato a Tyburn per il suo sacerdozio e sventrato mentre era ancora vivo.

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