13 marzo

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
scri789
00domenica 13 marzo 2011 09:35

Beato Agnello da Pisa Francescano

13 marzo

Pisa, 1194 circa - Oxford, Inghilterra, 1235/1236

Fu compagno di san Francesco d’Assisi dal 1212; da lui fu inviato nel 1217 in Francia come provinciale e poi nel 1224 in Inghilterra per istituirvi la nuova provincia francescana. Assisté al capitolo generale di Assisi nel 1230. Culto confermato da Papa Leone XII.

Etimologia: Agnello = messaggero, dal greco

Martirologio Romano: A Oxford in Inghilterra, beato Agnello da Pisa, sacerdote, che, mandato da san Francesco prima in Francia e poi in Inghilterra, vi istituì l’Ordine dei Minori e promosse lo studio delle scienze sacre.


Nel 1211, dopo una visita di S. Francesco, i Francescani si insediarono a Pisa. In quell’occasione il giovane Agnello conobbe il santo d’Assisi e, attratto dal suo ideale di vita, entrò nel primitivo convento, sorto presso la chiesa della SS. Trinità.
Nel Capitolo Generale del 1217 si decise che un gruppo di frati si sarebbe recato in Francia. Francesco cominciò il viaggio ma, incontrato lungo la strada il Cardinale Ugolino (futuro Papa Gregorio IX), dietro sue insistenze, decise di restare in Italia. A capo della spedizione fu posto Agnello, che era ancora un diacono. Giunti a Parigi, Agnello aprì nei dintorni alcuni conventi ed ebbe la felice intuizione di fondare una comunità per i francescani studenti universitari, considerando che la capitale francese era tra le più importanti dal punto di vista culturale. Dopo sette anni S. Francesco nominò nuovamente Agnello capo di una missione, composta da otto frati, questa volta diretta in Inghilterra. Tra questi vi erano tre inglesi, tra cui un sacerdote, Riccardo di Ingworth.
Passato il Canale della Manica, il gruppo sbarcò nell’isola il 10 settembre 1224. Si insediarono a Canterbury, trovando per qualche tempo soggiorno notturno presso una scuola, quando era chiusa agli studenti. Sopportarono molti disagi per le temperature rigide e per il poco cibo, ma il loro contegno e il loro entusiasmo destarono molta ammirazione. Ricevettero in dono, poi, un terreno poco ospitale su cui costruirono un convento. Da qui, due inglesi e due italiani, tra cui Agnello, si recarono a Londra dove, dopo essere stati accolti dai Domenicani, affittarono una casa. Grazie alle numerose vocazioni fu successivamente aperto un convento anche a Oxford con scuola teologica che grazie al Beato di Pisa, assunse un’importanza straordinaria.
Fedeli a “sorella povertà”, in tutti i conventi si viveva in modo austero e il tempo da dedicare agli studi non doveva compromettere la preghiera. Anche a Cambridge venne fondata una importante facoltà teologica, che però non eguagliò quella di Oxford. Il Beato Agnello, la cui fama di santità in vita raggiunse Re Enrico III, fu punto di riferimento anche per i secoli a venire. Tra i maggiori teologi che studieranno in seguito nelle scuole da lui fondate, basti citare Bacone e il Beato Duns Scoto.
Il Beato, nonostante la malferma salute, volle tornare brevemente in Italia. Ristabilitosi ad Oxford, morì il 13 marzo del 1235 o 1236, a soli quarantuno anni.
Il suo culto è stato confermato da Papa Leone XIII il 4 settembre 1892.




scri789
00domenica 13 marzo 2011 09:36

Sant' Ansovino di Camerino Vescovo

13 marzo

Sant'Ansovino fu vescovo di Camerino, di cui è patrono, alla metà del IX secolo, precisamente dall'850 all'868, presumibile data della sua morte. Di origini probabilmente longobarde, fu educato presso la scuola della cattedrale di Pavia. Prima di essere scelto come vescovo della località marchigiana, fu consigliere dell'imperatore Ludovico II sempre a Pavia. La sua carità e la visione netta del proprio ruolo pastorale lo portarono a contestare con coraggio proprio il sovrano: infatti, non accettò l'episcopato fin quando non ebbe da Ludovico l'assicurazione che non gli sarebbe stato chiesto di impugnare le armi, come purtroppo spesso accadeva ai vescovi del tempo. (Avvenire)

Emblema: Bastone pastorale

Martirologio Romano: A Camerino nelle Marche, sant’Ansovino, vescovo.


Ludovico II, re d'Italia, associato all'impero dal padre Lotario I, volle Ansovino a Pavia come suo consigliere e confessore. Alla morte del vescovo di Camerino, Fratello, i concittadini lo elessero suo successore, ma Ansovino accettò solo quando Ludovico, rassegnato a perderlo, lo ebbe prosciolto dall'obbligo di servire in armi l'impero. Consacrato a Roma da Leone IV, vi ritornò per il Concilio Romano indetto da Niccolò I nell'861, e si firmò Ansuinus Camerinensis.
Il suo ministero si distinse per la generosità verso i poveri e per l'impegno posto nella pacificazione delle fazioni. Morì il 13 marzo nel diciottesimo anno del suo episcopato. In quel giorno lo ricordano i martirologi, tra cui quello dei Canonici Regolari Lateranensi. Un sarcofago monumentale eretto verso il 1390 nella Metropolitana di Camerino, conserva il suo corpo.
Anticamente la festa era celebrata con luminarie a cui partecipavano i sindaci di oltre ottanta castelli dello stato di Camerino. Al suo nome e a quello di s. Venanzio fu dedicata nel 1674 dalla comunità camerinense di Roma la chiesa di S. Giovanni in Mercatello (poi di S. Maria di Loreto ai piedi del Campidoglio, demolita nel 1999. Oltre a due chiese rurali in diocesi di Camerino i torricella e Avacelli), portano il nome di Ansovino la parrocchiale di Casenove (Foligno), quella giá dei Minori Osservanti di Bevagna ed un'altra, ora scomparsa, presso Monsammartino.





scri789
00domenica 13 marzo 2011 09:37

Beato Berengario de Alenys Mercedario

13 marzo

Insigne commendatore del convento di Santa Maria in Avignone (Francia), il Beato Berengario de Alenys, fu un grande religioso mercedario che testimoniò con l’esempio della sua vita la vera fede al Signore. Colmo di meriti e famoso per la santità nello stesso convento morì in pace.
L’Ordine lo festeggia il 13 marzo.






scri789
00domenica 13 marzo 2011 09:38

Santa Cristina Martire in Persia

13 marzo

m. 559

Martirologio Romano: In Persia, santa Cristina, martire, che, percossa con le verghe, ricevette la corona del martirio sotto il regno di Cosroe I di Persia.



scri789
00domenica 13 marzo 2011 09:41

Sant' Eldrado di Novalesa Abate

13 marzo

Lambesc (Provenza) ? – Novalesa (Torino), 840 ca.

Eldrado, nato nella seconda metà dell'VIII secolo da una famiglia dell'aristocrazia guerriera franca, lasciò tutto per andare pellegrino a Compostela. Poi si diresse sul versante italiano del Moncenisio, in Piemonte, dove fu accolto nell'abbazia benedettina di Novalesa, presso Susa. Questa nel IX secolo conobbe l'apice del suo splendore. Ne fu abate e vi morì intorno all'844. Nella domenica successiva alla festa la teca con le reliquie viene portata in processione dalla chiesa parrocchiale all'abbazia. (Avvenire)

Martirologio Romano: Nel monastero di Novalesa ai piedi del Moncenisio in val di Susa, sant’Eldrado, abate, che, appassionato del culto divino, riformò il salterio e promosse la costruzione di nuove chiese.


Cominciamo con lo stabilire dove si trova Novalesa, esso oltre ad essere il nome di un Comune in provincia di Torino, è anche il nome della celebre Abbazia della Novalesa, posta allo sbocco della Valle di Susa nel Moncenisio, ai piedi dell’incombente Rocciamielone, a m. 822 s.m.
Essa fu fondata nell’VIII secolo e sotto i Benedettini divenne un celebre centro di cultura, poi decadde; soppressa nel periodo napoleonico e ancora successivamente nel 1855, è ora in custodia ai Benedettini.
E attraverso il valico del Moncenisio, proveniente dalla Francia, verso l’810, arrivò s. Eldrado a Novalesa (Nuova Lesa), cioè ‘nova lex’, abbazia ricca di storia e di memorie.
I documenti più antichi che parlano di lui, derivano dalla “Vita rhythmica” in versi ottonari del secolo IX-X purtroppo andata persa. E quanto si è salvato dagli antichi archivi novalisensi è stato pubblicato dall’Istituto Storico Italiano, in un’opera fondamentale dal titolo “Monumenta novaliciensia vetustiora” del 1898 e 1901.
Comunque, anche da queste fonti nulla si apprende dell’infanzia e giovinezza di Eldrado, che nato da nobile famiglia a Lambesc in Provenza, fu esemplare per la sua vita e ben presto chiamato allo stato religioso, finché venne in Italia nella Valle di Susa.
Due documenti certi, dell’825 e dell’827 accennano esplicitamente ad Eldrado chiamandolo abate di Novalesa; il primo documento è un diploma originale dell’imperatore Lotario I (795-855) che dona all’abate Eldrado il monastero di Pagno, nel cuneese; il secondo è una sentenza risolta a favore dell’abbazia di Novalesa, a seguito di una contestazione sorta fra i monaci ed alcuni abitanti di Oulx (dal 1937 al 1960 Ulzio) paese posto nella stessa provincia torinese.
Ad ogni modo risulta certo il suo zelo per il culto del Signore, come pure la sua operosità come costruttore di nuove chiese, fra le quali quella di S. Pietro nella nativa città di Lambesc, come le quattro a Monestier-les-Bains ed il grandioso campanile dell’abbazia di Novalesa; inoltre come revisore del Salterio (raccolta, nel testo ebraico, di salmi in sei libri; la Chiesa ha fatto del Salterio la preghiera liturgica per eccellenza, trasferendo i salmi nel Messale e nel Breviario).
Fra i suoi meriti si annovera la capacità di aver tutelato i diritti dell’abbazia, in quel tempo nel suo massimo splendore e l’aver fatto costruire un nuovo monastero a Monestier nella vicina Francia, località allora di intenso traffico di pellegrini e di viandanti.
La sua presenza è documentata, come ricoprente la carica di abate di una delle sedici più importanti abbazie dell’epoca, cioè Novalesa presumibilmente tra gli anni 820-825 e 840-845.
Ma la testimonianza più eclatante della santa vita di Eldrado, è l’esistenza all’interno del recinto dell’abbazia, di una chiesetta a lui intitolata, eretta tra il 1229 e il 1265 per volontà di Giacomo delle Scale, priore in quel tempo.
La cappella è fra le opere d’arte più significative del Piemonte, di evidente derivazione bizantina, con all’interno un ciclo pittorico di anonimo artista, che rappresenta varie fasi della vita di s. Eldrado. Egli è raffigurato prima come agricoltore, intento a tagliare con la scure un cespuglio, immerso nelle acque di un fiume; poi lo si vede come pellegrino davanti ad un sacerdote; poi è alla porta del monastero di Novalesa, dove un sacerdote di nome Arnulfo lo consacra e lo veste con abito monastico.
Segue un dipinto con s. Eldrado che libera la regione di Briançon dai serpenti, rinchiudendoli in una caverna; l’ultimo dipinto raffigura l’abate in punto di morte, che riceve la Comunione mentre un monaco piange.
Morì a Novalesa verso l’840; le sue reliquie, sono custodite in un’urna d’argento sbalzato, nella chiesa parrocchiale dell’omonimo paese. La sua festa si celebra il 13 marzo.

Autore: Antonio Borrelli




Nella sua importante famiglia provenzale, la vocazione militare passa di padre in figlio, ma lui rompe con la tradizione: né armi, né tornei, né partenze per campagne di guerra. Parte solo per andare pellegrino a San Giacomo di Compostella, in Spagna. E questo è tutto ciò che sappiamo di lui in gioventù. Una sua biografia in versi latini, scritta poco dopo la morte, è andata perduta, e noi lo conosciamo attraverso documenti e atti pubblici dei suoi anni maturi.
In epoca imprecisata, il provenzale Eldrado scende in Italia dai valichi del Moncenisio e si presenta all’abbazia della Novalesa, in Valle di Susa, sulla strada che collega l’Italia alla Francia. Questa comunità è stata fondata nel 726 da Abbone, personaggio eminente del regno franco al tempo di Pipino il Breve (padre di Carlo Magno). Agli inizi era una cosa modesta: un Monasteriolum virorum con la Regola di san Benedetto; un piccolo monastero maschile dedicato agli apostoli fratelli, Pietro e Andrea. Abbone stesso ha pilotato l’espansione della comunità, ingrandendo gli edifici per accogliere più monaci, creare lo Studium e dare ospitalità a pellegrini e poveri. Infine, morendo, lascerà all’abbazia gran parte del suo imponente patrimonio terriero nella Francia centrale e meridionale.
Ed è qui che arriva Eldrado. Ma non come pellegrino di passaggio. Per lui la Novalesa è il traguardo. Pronuncia i voti, riceve l’abito, lavora e prega come tutti. Altro non sappiamo di lui monaco. Ma a un certo momento lo ritroviamo abate, per una durata imprecisata, collocata tragli anni 820 e 840.
Di lui come abate si ricorda in particolare un’iniziativa liturgica e culturale che avrà effetti importanti anche fuori dall’abbazia e dall’Ordine benedettino. Lo preoccupano le imprecisioni e gli errori che trova disseminati nel libro dei Salmi (usato per il culto) a opera di copisti ignoranti, che generano altra ignoranza. Decide di offrire ai celebranti e ai fedeli i testi biblici nella purezza della loro versione latina e si rivolge per questo compito a Floro, un dottissimo diacono di origine spagnola, che vive e insegna a Lione. Floro si impegna in un lungo lavoro di controllo e di correzione, anche attraverso il confronto con il testo ebraico: così Eldrado e la Novalesa offrono ai cristiani d’Europa un Salterio riveduto «secondo la regola della verità». Veicoli importanti di questa conoscenza sono i pellegrini, che di anno in anno sostano all’abbazia, partecipando alla sua vita liturgica: e che diffondono poi nei loro Paesi la versione corretta dei Salmi.
Quanto a Eldrado, è incerta anche la data della sua morte: verso l’anno 840, si ritiene. Pochi decenni dopo, l’abbazia è devastata e saccheggiata da bande saracene. I monaci fuggono a Torino salvando i libri e le cose più preziose. E fanno poi ritorno alla Novalesa verso l’anno Mille, costituendo un priorato che dipende dall’abbazia di Breme (Pavia).
Nel Duecento vi “ritorna” anche Eldrado, proclamato santo per voce popolare e onorato con la dedicazione di una cappella che racconterà la sua vita pure alla gente del XXI secolo, sulle sue pareti stupendamente affrescate: lo si vede nei grandi momenti della vita, con gli strumenti delle sue fatiche, con uno dei suoi amati libri. E una comunità di benedettini, oggi, dopo traversie secolari, vive nell’antica abbazia, dedicandosi alla preghiera e ancora ai libri, al restauro di preziosi volumi.





scri789
00domenica 13 marzo 2011 09:41

Sant' Eufrasia di Nicomedia Vergine e Martire

13 marzo

sec. IV

Una giovane cristiana che coronò col martirio la sua fedeltà a Cristo all'inizio del secolo IV.

Etimologia: Eufrasia = che rallegra, che dà gioia, dal greco

Emblema: Palma

Ascolta da RadioRai:
  

I Sinassari bizantini commemorano al 19 gennaio sant’Eufrasia vergine di Nicomedia, la stessa santa viene riportata in altri Martirologi fra cui quello Romano al 13 marzo.
Essa era una cristiana molto pia , vissuta all’inizio del secolo IV; sotto la persecuzione di Massimiano, fu catturata e al suo rifiuto di sacrificare agli dei fu consegnata ad un "barbaro" perché ne abusasse.
Preferendo perdere la propria vita piuttosto che la sua castità, ella mise in atto, quello che gli agiografi chiamano "lo stratagemma della vergine" e che è comune ad alcune altre sante morte allo stesso modo.
Per sviare l’aggressore dal suo proposito Eufrasia disse di conoscere un unguento capace di rendere inviolabile il corpo di chiunque se ne spalmasse e quindi per rafforzare il suo dire propose al "barbaro" di provarlo su se stessa.
Ingannato dalle sue parole egli con la spada la colpì violentemente al capo decapitandola. L’episodio posto al tempo del vescovo s. Autimio è riferito nella "Storia Ecclesiastica" di Niceforo Callisto.
Il nome deriva dal greco Eyphrasia e significa ‘gioia, letizia’.





scri789
00domenica 13 marzo 2011 09:44

Beata Francesca Trehet Vergine e martire

13 marzo

>>> Visualizza la Scheda del Gruppo cui appartiene

Saint-Mars-sur-la-Futaie, Francia, 8 aprile 1756 – Ernée, Francia, 13 marzo 1794

Francoise Tréhet, religiosa professa delle Soeurs de la Charité de Notre-Dame d’Evron, era addetta alla scuola parrocchiale di St-Pierre-des-Landes sin dal 1783. Fu ghigliottinata durante la Rivoluzione Francese per avere rifiutato i giuramenti prescritti e nascosto i preti refrattari al giuramento. Spiccando per il suo coraggio, salì sul patibolo cantando la Salve Regina. Le sue spoglie mortali, insieme a quelle della consorella Jeanne Véron, dal 1814 sono venerate nella chiesa di St-Pierre-des-Landes. Entrambe furono beatificate il 19 giugno 1955.

Martirologio Romano: A Ernée nel territorio di Mayenne in Francia, beata Francesca Tréhet, vergine della Congregazione della Carità e martire, che si adoperò in ogni modo per l’istruzione dei fanciulli e la cura dei malati e, durante la rivoluzione francese, trafitta con la spada subì il martirio per Cristo.


Francoise Tréhet nacque presso Saint-Mars-sur-la-Futaie l’8 aprile 1756, da una nobile e benestante famiglia di possidenti terrieri. Professò i voti religiosi nella Congregazione delle Soeurs de la Charité de Notre-Dame d’Evron, dedite all’educazione delle giovani ed a varie opere di carità. Per il loro caraterristico abito di colore grigio, erano note come “le piccole sorelle grigie”.
Attorno al 1783 Francesca fu inviata a Saint-Pierre-des-Landes per aprirvi una scuola parrocchiale e ben presto la raggiunse per coadiuvarla nella sua attività la consorella Jeanne Véron. Le due religiose insegnavano e si dedicavano inoltre all’assistenza dei malati. Francesca aveva un carattere molto forte e con la sua vivace intelligenza presagì il male che ben presto sarebbe derivato dalla Rivoluzione francese, non solo per la Chiesa ma per l’intera nazione.
Nonostante non vi furono denunce o lamentele nei confronti delle due suore, furono comunque inserite in una lista di condannati alla ghigliottina, per poi essere arrestate tra la fine di febbraio ed i primi di marzo del 1794. Furono entrambe detenute ad Ernée, Francesca in prigione, mentre la consorella in ospedale. Il 13 marzo Francesca fu chiamata a comparire dinnanzi al tribunale detto “Commission Clément” ove, accusata di aver aiutato i monarchici, rispose che sia i vandeani fedeli al sovrano che i rivoluzionari erano comunque tutti suoi fratelli in Gesù Cristo e di conseguenza non avrebbe rifiutato ad alcuno il suo generoso aiuto. Le fu allora richiesto di gridare: “Lunga vita alla Repubblica!”, ma la religiosa rifiutò e venne allora definitivamente condannata. Il verdetto redatto dalla commissione l’accusò di aver “nascosto sacerdoti refrattari e nutrito e protetto dei rivoltosi vandeani”.
Alla tragica sentenza fu data esecuzione quel medesimo giorno e Francesca salì sul patibolo cantando la Salve Regina: aveva soli trentasette anni. Sette giorni dopo toccò la stessa sorte a Giovanna Véron. Le loro spoglie mortali dal 1814 sono venerate nella chiesa di St-Pierre-des-Landes. Entrambe furono beatificate il 19 giugno 1955, insieme ad altri martiri della diocesi di Laval.




scri789
00domenica 13 marzo 2011 09:44

13 marzo

45150 > Santa Giuditta di Ringelheim Badessa 13 marzo

92257 >
Santi Graziano e Felino, Carpoforo e Fedele Martiri 13 marzo

43000 >
San Leandro di Siviglia Vescovo 13 marzo MR

44900 >
Santi Macedonio, Patrizia e Modesta di Nicomedia Martiri 13 marzo MR

44920 >
San Pienzio di Poitiers Vescovo 13 marzo MR

91313 >
Beato Pietro II Abate di Cava 13 marzo MR

44950 >
San Rodrigo di Cordova Sacerdote e martire 13 marzo MR

92505 >
San Sabino Martire in Egitto 13 marzo MR

45000 >
San Salomone di Cordova Martire 13 marzo MR

Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 16:10.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com