14 gennaio

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
scri789
00venerdì 14 gennaio 2011 13:31

Beata Alfonsa Clerici Vergine

14 gennaio

Lainate, Milano, 14 febbraio 1860 - Vercelli, 14 gennaio 1930

Suor Alfonsa Clerici (1860-1930) era già insegnante quando entrò tra le Suore del Preziosissimo Sangue di Monza. Il suo campo di apostolato fu l’insegnamento e l’educazione dei giovani. Fu anche segretaria e consigliera generale del suo Istituto.

Etimologia: Alfonsa = valorosa e nobile, dal gotico


Alfonsa nacque a Lainate il 14 febbraio 1860, prima di undici figli. I genitori, Angelo e Maria Romanò, originari di Rovellasca (Como), trasferitisi a Lainate dopo il matrimonio erano noti e stimati per la testimonianza di fede e carità che si esprimeva nella presenza attiva in parrocchia e nell'attenzione verso i più poveri.
Alfonsa fu battezzata nella Parrocchia del paese natio il 15 gennaio. in casa ed in Parrocchia ebbe un'educazione essenziale, basata su validi principi religiosi e morali. Ricevette la Comunione e la Cresima nel 1868 a Nerviano, dalle mani di Mons. Calabiana, Vescovo di Milano. Il santuario mariano di Rho frequentato da tutta la famiglia ebbe un ruolo determinante nella formazione religiosa di Alfonsa.
Nel progetto di Dio, ogni fatto e luogo, ogni persona e situazione non sono casuali, ma rivelatori all'amore del Padre: la famiglia, la sua gente, il santuario sono le coordinate umane entro le quali si costruisce la fanciullezza di Alfonsa.
Nel 1875, per interessamento della zia Giuseppina, Alfonsa entrò nel collegio delle suore del Preziosissimo Sangue a Monza per seguire gli studi, che completò con il diploma magistrale. Dal 1880 al 1883 insegnò alla scuola elementare di Lainate e, il 15 agosto 1883, obbedendo a una vocazione che aveva sentito fin dall'adolescenza, entrò nel noviziato delle Suore del Preziosissimo Sangue a Monza. Dopo la professione dei Voti insegnò al collegio di Monza di cui fu anche direttrice dal 1898 al 1907.
Poi le vennero affidati gli incarichi di Cancelliera e assistente generale della congregazione. Nel novembre 1911 venne chiamata a dirigere il collegio "Ritiro della provvidenza" di Vercelli, istituzione per l'accoglienza di ragazze orfane. A Vercelli sr. Alfonsa rimase 18 anni, in un crescendo di maturità umana e spirituale attestata da tutti, in special modo dalle sue alunne. Nelle piccole cose di ogni giorno sr. Alfonsa raggiunse la santità. La sua carità immensa, non si fermò solo alle alunne; molti poveri e tribolati venivano ogni giorno all'Istituto per avere un pezzo di pane, un vestito e soprattutto un' pò d'amore che sr. Alfonsa sapeva donare con gioia. Nessuno se ne andava deluso, tutti ricevevano qualcosa da Lei, di materiale o di spirituale. Questa costante attenzione agli altri è la verifica più evidente della sua unione con Dio. "Se ci amiamo gli uni gli altri, Dio è presente in noi ed il suo amore è perfetto." (Giovanni 4,12). Il Padre la portò con sè in cielo il 14 gennaio 1930 mentre era in preghiera inginocchiata davanti al suo letto con la fronte per terra, segno abituale di quando pregava da sola. Ai suoi funerali tutti esclamarono: "Era una santa!".
Il processo di beatificazione aperto dall' Arcidiocesi di Vercelli nel 1966 è ancora in studio a Roma. E lei, Alfonsa è tumulata nella cappella del "Ritiro della Provvidenza" di via Montagnini, dove i numerosi devoti vanno a pregarla e a ringraziarla dell'intercessione presso il Padre.



scri789
00venerdì 14 gennaio 2011 13:32

San Dazio Vescovo di Milano

14 gennaio

+ 552

Martirologio Romano: A Milano, deposizione di san Dazio, vescovo, che nella controversia dei Tre Capitoli difese la posizione del papa Vigilio, che accompagnò poi a Costantinopoli, dove morì.


Di San Dazio, ventiseiesimo vescovo di Milano, morto tra febbraio e marzo 552, va ricordata la carità intelligente e operosa. Quando nel 535-536 una terribile carestia colpì la regione, ottenne dal prefetto, Cassiodoro, di distribuire alla popolazione affamata le riserve di grano, custodite a Pavia e Tortona. È il segno di quanto Dazio fosse stimato, e insistente nel bussare sino a che non si apre la porta del cuore. Convinto che fosse dovere del vescovo farsi carico anche delle sofferenze del suo popolo, nel 538 si mise in viaggio per Roma, per convincere Belisario ad inviare truppe contro i Goti, che devastavano la diocesi e l’Alta Italia. Purtroppo, mentre era lontano Milano fu devastata dai Goti e Dazio non poté più tornare tra i suoi. «Troppi muoiono senza battesimo per l’assenza del vescovo», scrissero i presbiteri al vescovo, ma questi era a Costantinopoli, coinvolto nello sforzo di salvare la libertà della Chiesa dall’invadenza di Giustiniano, che si piccava di imporre per legge le sue teologie. Ambrogio, invece, insegnava: «Gesù Cristo, nostro Signore, ha ritenuto che gli uomini possano essere obbligati e stimolati a fare il bene, più con la benevolenza che con la paura».

Autore: Ennio Apeciti



San Dazio, in precedenza monaco, venne eletto vescovo di Milano nel periodo della Guerra Gotica in corso tra il regno italico dei goti fondato da Teodorico e l’esercito bizantino inviato al fine di riconquistare l’Italia. Milano tornò in mano a Costantinopoli, ma si trovò straziata dalla fame, che causò anche non pochi casi di antropofagia.
Il vescovo Dazio si schierò in soccorso del popolo bisognoso cercando viveri, facendo aprire i magazzini militari e chiamando in soccorso delle truppe per difendere la città da ulteriori attacchi. Purtroppo però nel 538 e 539 Milano fu nuovamente invasa dai goti e dai burgundi, che massacrarono migliaia di uomini e prelevarono le donne quale bottino.
Dazio, pastore della Chiesa ambrosiana, si adoperò inoltre per riconciliare il papa Vigilio e l’imperatore Giustiniano, che soleva intervenire anche in questioni prettamente teologiche. In particolare prese le difese del pontefice nella disputa sui “Tre Capitoli”. Accompagnò egli stesso il papa a Costantinopoli, capitale imperiale, ma morì nel 552 nel pieno della missione.
Le sue spoglie mortali furono riportate a Milano e deposte nella chiesa di San Vittore. Il Martyrologium Romanum commemora in data odierna San Dazio proprio nell’anniversario della sepoltura.





scri789
00venerdì 14 gennaio 2011 13:33

Sant' Engelmaro Martire

14 gennaio


Era un eremita, molto popolare e molto stimato, che visse nell’XI secolo in un bosco nei pressi di Passau, Passavia in italiano, l’incantevole città bavarese protesa come la prua di una nave sulla confluenza a «V» dell’Inn nel Danubio; proprio nel punto in cui si uniscono i due grandi e solenni fiumi che bagnano sui due fianchi il centro abitato, un terzo fiume, l’Ilz, si getta in quelle acque, contribuendo a rendere il luogo veramente suggestivo. Passau - nella cui cattedrale gotica si trova uno dei più grandi organi del mondo, ricco di ben 17.000 canne che ogni domenica mattina fanno sentire in un pubblico concerto la maestosità e l’incanto del loro suono - era sede vescovile fin dal 739, e alla sinistra del Danubio, su uno sperone dominante la città, sorge ancora la fortezza d’Oberhaus (XVIII secolo), residenza dei vescovi. Engelmaro nacque in Baviera in una povera famiglia di contadini. Incline alla pietà e alla vita solitaria, poté avere come maestro dello spirito un pio eremita armeno, di nome Gregorio, ex-vescovo desideroso di solitudine e di perfezione, il quale si era ritirato nella foresta bavarese per prepararsi alla morte. Morto Gregorio nel 1093, Engelmaro rimase solo in quell’eremo, nei pressi del piccolo centro di Windberg, conducendo vita di lavoro, austerità e preghiera. Gli abitanti della regione continuarono ad andare a fargli visita, per chiederne consigli e conforto, come facevano quando il vescovo era ancora vivo. Presto il santo eremita fu circondato dalla stima e dall’affetto di tutti; ma la grande venerazione di cui divenne oggetto e le sue stesse virtù suscitarono l’invidia di un tale che da qualche tempo si era subdolamente associato a lui, facendo credere di voler condurre sotto la sua guida quella dura esistenza, e che nella notte tra il 13 e il 14 gennaio 1100 lo uccise barbaramente, nascondendone il corpo sotto la neve e abbandonando subito il paese. Secondo un’altra tradizione quel miserabile uccise Engelmaro per impadronirsi dei tesori che supponeva egli avesse: ma non trovò nulla, poiché il buon eremita distribuiva ai poveri tutte le offerte che riceveva. Sta di fatto che quell’azione orribile fu scoperta soltanto alcuni mesi dopo, quando si sciolsero le nevi e le spoglie dell’eremita riaffiorarono e furono notate da un sacerdote, che provvide a seppellirle. La leggenda racconta che dal corpo del morto si irradiò un fascio di luce. Nel 1331 i Premonstratensi di Windberg trasportarono i resti di Engelmaro nella loro chiesa, dove la tomba del santo è ancora oggi meta di pellegrinaggio. Ogni anno gli abitanti del villaggio di Saint-Englmar praticano tuttora un’antica usanza, detta «In cerca di Engelmaro», fingendo appunto di andare alla ricerca del corpo del santo nascosto dall’omicida: si nasconde nel bosco un’immagine del santo che, una volta trovata, è riportata in paese con una solenne processione.




scri789
00venerdì 14 gennaio 2011 13:33

Sant' Eufrasio Vescovo

14 gennaio

Martirologio Romano: A Clermont-Ferrand nella regione dell’Aquitania, in Francia, sant’Eufrasio, vescovo, la cui ospitalità è lodata da san Gregorio di Tours.


scri789
00venerdì 14 gennaio 2011 13:34

San Felice da Nola Confessore e martire

14 gennaio

Nola, III sec. – 14 gennaio 313?

La vita del prete Felice ci è narrata da san Paolino di Nola, a cui si deve anche l'importante complesso di basiliche paleocristiane a Cimitile, a sei chilometri dalla località campana. Qui erano state deposte le spoglie di Felice, morto probabilmente dopo il 313. Nato a Nola nel III secolo da un ricco padre di origini orientali, aveva sofferto le persecuzioni ed era stato imprigionato, torturato e poi liberato miracolosamente da un angelo che lo condusse in un luogo deserto (per questo, pur non essendo stato ucciso è stato venerato come martire). Grazie alla pace costantiniana Felice era rientrato in diocesi. Qui, pur essendo stato indicato come successore dal vescovo Massimo, alla morte di questi rifiutò l'elezione e visse in povertà fino alla fine dei suoi giorni. In suo onore si tengono due feste con processioni dal 5 al 14 gennaio, data della sua memoria liturgica. (Avvenire)

Etimologia: Felice = contento, dal latino

Martirologio Romano: A Nola in Campania, san Felice, sacerdote, che, come riferisce san Paolino, durante l’imperversare delle persecuzioni, patì in carcere atroci torture e, una volta ristabilita la pace, fece ritorno tra i suoi, ritirandosi in povertà fino ad avanzata vecchiaia, invitto confessore della fede.

Ascolta da RadioVaticana:
  
Ascolta da RadioRai:
  

A sei km da Nola, a Cimitile vi è uno dei più importanti complessi paleocristiani del Mezzogiorno d’Italia; fino al II secolo d.C. esisteva una necropoli pagana, vicino alla quale i primi cristiani della zona, seppellirono i loro morti in un ‘cæmeterium’, termine da cui deriva il toponimo di Cimitile.
In seguito i nolani vi deposero le spoglie del prete s. Felice, la fama dei miracoli che si verificarono sulla tomba del santo, fece della località, una meta di pellegrinaggio. Già nel IV secolo, nel recinto erano presenti diverse basiliche, divenute sei nei tempi successivi, esse sono adiacenti fra loro, alcune sovrapposte e sono: San Felice in Pincis, Santo Stefano, San Giovanni, San Paolino, Santissimi Martiri e San Gaulonio, ad esse si aggiunge la parrocchiale del 1789, posta in alto sul sito archeologico e dedicata anch’essa a San Felice in Pincis.
L’origine di questi importanti luoghi di culto e di preghiera, si collega ad un ‘monasterium’ fatto costruire dal vescovo di Nola s. Paolino, originario di Bordeaux, il quale stabilendosi nel 394 a Cimitile ne determinò la crescita, infatti presso il ‘monasterium’ si riunirono molti amici del santo vescovo, divenuto poi il santo patrono di Nola e a cui è dedicata, nel giorno della sua festa il 22 giugno, la grande e celebre Festa dei Gigli di Nola; questi uomini, conducendo una vita di lavoro e di preghiera, anticiparono di un secolo la Regola di s. Benedetto.
S. Paolino divenuto vescovo di Nola nel 409, lasciò il ‘monasterium’, ingrandì il cimitero e fece costruire la Basilica Nuova (400-403) inglobata poi nel XVI secolo nella Basilica di S. Giovanni; questa comunicava mediante un passaggio a triplice arcata, con quella di San Felice in Pincis.
Quest’ultima è senz’altro la più importante delle sette basiliche, edificata nel IV secolo, sui resti della necropoli dei “gentili” di Nola, custodisce il sepolcro del prete martire s. Felice, custodito in un’arca formata da una celletta, in cui furono deposti anche i resti di altri due vescovi.
La piccola costruzione divenne un “martyrium” con una apertura che serviva di passaggio ai fedeli che introducevano nella tomba degli unguenti, ritenuti miracolosi e protettivi contro le malattie, dopo il contatto con il corpo del santo.
Il sepolcro è inserito in un’edicola monumentale, sorretta da colonne e decorata da un mosaico del V secolo, il tutto incastonato nella più ampia Basilica; il sepolcro-altare, inizialmente piccolo e povero, divenne come la sorgente di edifici spaziosi e rimane adesso come una gemma incastonata in cinque basiliche, i cui tetti, visti da lontano danno l’immagine di una grande città; così come lo descriveva s. Paolino nel carme 18.
Tutto quello che si conosce di s. Felice, ci è trasmesso dal santo vescovo Paolino, il quale già devoto del santo, quando arrivò a Nola ed a Cimitile, gli dedicò ben 14 dei suoi carmi, che sono detti ‘natalizi’ (carmina natalizia) perché scritti dal 395 al 409 nella ricorrenza del ‘dies natalis’ della festa del santo, il 14 gennaio.
Il racconto poetico di Paolino è il primo documento storico della vita di s. Felice, cioè la prima elaborazione scritta della tradizione orale, da lui appresa in zona.
Felice nacque a Nola nel III secolo da padre siro, trasferitosi dall’Oriente in Italia, molto ricco; aveva un fratello Ermia che scelse la carriera militare, mentre lui si consacrò a Cristo come presbitero.
Divenne fedele collaboratore del vescovo di Nola, Massimo, che durante l’ultima persecuzione contro i cristiani, lasciò Nola per rifugiarsi in luogo deserto, lasciando in città il prete Felice che voleva come suo successore.
Ma Felice fu imprigionato e torturato, poi liberato miracolosamente da un angelo che lo condusse nel luogo deserto, dove il vecchio vescovo Massimo era moribondo, consumato dagli stenti e dalle sofferenze. Lo rifocillò con il succo di uva miracolosa e poi caricatolo sulle spalle, lo riportò a Nola, affidandolo alle cure di una anziana cristiana.
Durante la sospensione della persecuzione, poté riprendere il suo ministero sacerdotale, ma quando la persecuzione riprese, Felice fu di nuovo ricercato, ma egli sfuggì alla cattura rifugiandosi in una cisterna disseccata, dove per sei mesi fu alimentato, senza essere conosciuto, da una pia donna.
Cessata definitivamente la persecuzione con la pace di Costantino (313), Felice ritorna a Nola, dove morto il vecchio vescovo Massimo viene candidato a succedergli, ma egli rifiuta a favore del prete Quinto, rinuncia anche ai beni che gli erano stati confiscati e trascorre il resto dei suoi giorni nella povertà e nel lavoro.
Non si consce l’anno della sua morte, alcuni dati dicono sotto Valeriano (258), ma come spiegare che sia lui, che il vescovo Massimo non furono uccisi, è probabile quindi che siano morti dopo la pace di Costantino, quindi dopo il 313.
S. Felice fu comunque sempre venerato come martire, anche se non era stato ucciso, ma certamente aveva tanto sofferto e solo miracolosamente aveva avuto salva la vita. La sua tomba fu detta “Ara Veritatis”, perché gli si attribuiva particolare efficacia per il trionfo della verità, contro gli spergiuri.
Al santo patrono di Cimitile, sono dedicate dai fedeli ben due feste con processioni, che iniziate il 5 gennaio, vengono completate il 14 gennaio, giorno della sua festa liturgica; la prima parte dall’antichissimo sepolcro nell’area delle basiliche paleocristiane e finisce nell’ultima in ordine di tempo, cioè nella chiesa parrocchiale di S. Felice in Pincis; l’altra percorre il paese di Cimitile.
San Paolino resta il suo più grande cantore, con i ‘carmina’ ne descrive i numerosi miracoli operati, il culto che riceveva, la descrizione particolareggiata dei luoghi, delle primitive basiliche; ma nonostante ciò San Felice, forse per il suo nome, così numeroso nell’agiografia cristiana, fu confuso spesso con altri santi omonimi, che portarono ad un culto fuori della zona nolana, anche a Roma (in Pincis); inoltre la presenza di un presunto protovescovo di Nola (festa il 15 novembre) di nome s. Felice, ha complicato l’identificazione.
Ma è fuori discussione che il s. Felice, prete martire di Nola, è quello celebrato il 14 gennaio.





scri789
00venerdì 14 gennaio 2011 13:35

San Firmino Vescovo

14 gennaio

sec. V

Martirologio Romano: Presso Mende in Francia, san Firmino, vescovo.



scri789
00venerdì 14 gennaio 2011 13:36

San Fulgenzio di Astigi Vescovo

14 gennaio

Cartagena (Spagna), sec. VI – Astigi (Écija) 632 ca.

San Fulgenzio nacque a Cartagena nel VI secolo e morì ad Astigi (Spagna) nel 632. La sua fu una famiglia di santi. Infatti Fulgenzio, conosciuto come vescovo di Astigi, nell'Andalusia, ebbe come fratelli san Leandro vescovo di Siviglia, il grande sant'Isidoro, dottore della Chiesa, e santa Fiorentina, badessa benedettina. Fu Fulgenzio a chiedere al fratello Isidoro di scrivere una delle sue grandi opere, «De origine officiorum sive de ecclesiasticis». Non ci sono notizie sicure sulla gioventù di Fulgenzio, ma sembra certo che nel 610, quando aveva circa 50 anni, fosse già vescovo di Astigi (Andalusia). In precedenza sembra fosse monaco benedettino e probabilmente abate. Nel 610 sottoscrisse il decreto del re Gundemaro (610-614) che costituiva la provincia di Toledo, staccandone il territorio da quello di Cartagena, allora sotto il dominio dei bizantini. Non si sa molto del suo episcopato, che comunque durò più di venti anni; infatti l'ultima data certa della sua vita è il 619, quando prese parte al II Concilio provinciale di Siviglia, presieduto dal fratello Isidoro. Fulgenzio morì intorno al 632. (Avvenire)

Martirologio Romano: Ad Écija in Andalusia, in Spagna, san Fulgenzio, vescovo, fratello dei santi Leandro, Isidoro e Fiorentina; a lui Isidoro dedicò il trattato sugli uffici ecclesiastici.


La sua fu una famiglia di santi fratelli spagnoli, infatti s. Fulgenzio conosciuto come vescovo di Astigi (Écija) nell’Andalusia, ebbe come fratelli s.Leandro vescovo di Siviglia († 600), il grande s. Isidoro vescovo di Siviglia († 636), Dottore della Chiesa e s. Fiorentina († 610), badessa benedettina.
S. Fulgenzio nacque a Cartagena in Spagna, verso la metà del secolo VI ed aveva come genitori Severiano e Tortora (anche se quest’ultima sembra che fosse una balia, perché non si conosce con certezza il nome della loro madre).
Suo padre, a seguito dell’invasione bizantina di Cartagena, fuggì verso il 554 a Siviglia, portando con sé la moglie ed i figli Leandro, Fulgenzio e Fiorentina, mentre Isidoro nacque nell’esilio sivigliano, tra il 560 e 570. Morti i due genitori, capo della famiglia divenne il fratello maggiore Leandro, che guidò la formazione umana e letteraria di Fulgenzio e di Isidoro, allevato quest’ultimo, essendo il più piccolo, dalla sorella Fiorentina.
A questo punto, della famiglia originaria di Fulgenzio, aggiungiamo che Fiorentina ancora giovane, si fece monaca benedettina nel monastero di Écija (Astigi), città di cui sarà vescovo il fratello Fulgenzio; a lei il fratello Leandro, anch’egli monaco benedettino e poi vescovo di Siviglia, dedicò una nota “Regola”, adattamento della Regola benedettina per le religiose e che ebbe una grande diffusione nei monasteri femminili dell’Alto Medioevo.
Per san Fulgenzio non vi sono notizie certe sulla sua gioventù, ma nel 610 egli era già vescovo di Astigi (Écija) quindi sui 50 anni, in precedenza egli deve essere stato monaco benedettino e probabilmente abate; perché sia lui che il fratello più piccolo Isidoro, frequentarono scuole monastiche contemporanee e prestigiose.
Nel 610 con la sua firma, sottoscrisse il decreto del re Gundemaro (610-614) che costituiva la provincia di Toledo, staccandone il territorio da quello di Cartagena, allora sotto il dominio dei bizantini.
Purtroppo al contrario dei suoi grandi fratelli Leandro e Isidoro, di lui non si sa molto del suo episcopato, che comunque durò più di venti anni; infatti l’ultima data certa della sua vita è il 619, quando prese parte al II Concilio provinciale di Siviglia, presieduto dal fratello Isidoro, dove furono trattati per la prima volta in un Concilio spagnolo, problemi relativi alle circoscrizioni ecclesiastiche e alla disciplina sacramentaria, sulla base di argomentazioni tratte dal Diritto Romano.
Fulgenzio morì nel 632 ca. perché nel 633, anno in cui si svolse l’importante IV Concilio di Toledo, sempre sotto la presidenza del fratello Isidoro, giunto ormai agli ultimi anni della sua vita, al Concilio era presente Marziano, suo successore come vescovo di Astigi.
Fu lui a chiedere al fratello Isidoro di scrivere una delle sue grandi opere “De origine officiorum sive de ecclesiasticis ecc.”. Nel Medioevo gli furono attribuite alcune opere letterarie, come anche ci furono descrizioni della sua attività e virtù, confondendolo però con l’altro vescovo s. Fulgenzio di Ruspe in Africa (1° gennaio).
Per quanto riguarda le reliquie, esse in seguito si accomunarono con quelle di sua sorella. A causa delle invasioni arabe, nel secolo VIII, i cristiani di Astigi nascosero le loro reliquie; che furono ritrovate nel 1330 ca. nei monti di Guadalupe (Badajoz) e sistemate dai fedeli nella chiesa di Berzocana della diocesi di Plasencia, dove furono conservate con grande venerazione fino al 1592, quando la città di Cartagena chiese al re Filippo II, le reliquie dei due fratelli; il priore del monastero di Guadalupe, dietro ordine del re, prese quattro grandi ossa e le consegnò alla chiesa cattedrale di Cartagena; altre sono al monastero dell’Escoriale e nella cattedrale di Murcia e di Avila.
S. Fulgenzio è patrono delle diocesi di Cartagena e di Plasencia e dal 1624 è venerato localmente come Dottore. La sua festa, secondo il “Martyrologium Romanum” ricorre il 14 gennaio.



scri789
00venerdì 14 gennaio 2011 13:48

San Glicerio Diacono e martire

14 gennaio

Martirologio Romano: Ad Antiochia di Siria, oggi in Turchia, san Glicerio, diacono e martire.



scri789
00venerdì 14 gennaio 2011 13:49

14 gennaio


93937 > Beato Guglielmo de Sanjulia Mercedario 14 gennaio

37625 >
Santa Macrina l'Anziana 14 gennaio

93022 >
Santi Monaci del Monte Sinai e d’Egitto Martiri 14 gennaio MR

91921 >
Santa Nino (Nouné, Nina, Cristiana) Apostola della Georgia 14 gennaio MR

90548 >
Beato Oddone (Oddo) di Novara Monaco 14 gennaio MR

37700 >
Beato Odorico da Pordenone Sacerdote 14 gennaio MR

91264 >
Beato Pietro Donders Redentorista 14 gennaio MR

91841 >
San Potito Adolescente martire 14 gennaio MR

37725 >
San Saba Arcivescovo di Serbia 14 gennaio (Chiese Orientali)

Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 18:35.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com