15 dicembre

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00lunedì 15 dicembre 2008 14:20

San Bacco (Dahhat) il Giovane

15 dicembre



Bacco, il cui vero nome era Dahhat (l'allegro), nacque in una famiglia palestinese cristiana. I suoi familiari apostatarono abbracciando l'Islam, mentre lui si ritirò nella laura di san Saba, presso Betlemme, prendendo il nome di Bacchus. Ritornato a Gerusalemme, riuscì a ricondurre i suoi fratelli alla fede cristiana, eccetto uno che denunciò Bacco alle autorità musulmane per il suo eccessivo zelo.Bacco fu quindi decapitato nel 786-787.
Memoria il 15 dicembre.

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00lunedì 15 dicembre 2008 14:21

Beato Carlo Steeb Sacerdote

15 dicembre

Tubinga (Würtemberg, Germania), 18 dicembre 1773 - Verona, 15 dicembre 1856

Protestante, si fa cattolico a Verona e si dedica ai malati. Fonda con Luisa Poloni (Madre Vincenza) l'Istituto delle Sorelle della Misericordia.

Etimologia: Carlo = forte, virile, oppure uomo libero, dal tedesco arcaico

Martirologio Romano: A Verona, beato Carlo Steeb, sacerdote, che, nato a Tubinga, professò la fede cattolica a Verona e, ordinato sacerdote, fondò l’Istituto delle Suore della Misericordia a sostegno degli afflitti, dei bisognosi e dei malati.


Suo padre, un uomo d’affari molto stimato (amministra anche i beni del duca di Württemberg), lo manda sedicenne a Parigi e diciottenne a Verona per imparare le lingue e la pratica commerciale. È un ragazzo riservato e maturo, tutto studio e lavoro. Fervido protestante, come tutti i suoi. Ma lo affascina il vivace mondo veronese con la sua vitalità culturale e religiosa. Lo attrae il dialogo con alcune grandi figure di sacerdoti e laici, e tutto questo lo porta nel settembre 1792 a farsi cattolico.
Quattro anni dopo sarà ordinato sacerdote, con grande amarezza della sua famiglia, che lo disereda. (Ma alla morte della sorella Guglielmina i beni paterni passeranno a lui). È tempo di guerra tra Napoleone e l’Austria: battaglie di Bassano, di Arcole, di Rivoli, e poi la rivolta antifrancese del 1797 (le “Pasque veronesi”). Verona, già sotto Venezia, per 18 anni vedrà alternarsi il dominio francese e quello asburgico. Carlo Steeb vive questo tempo tra infermerie, ospedali militari e lazzaretto degli infettivi, come sacerdote, infermiere, interprete in tre lingue.
Si mantiene insegnando; non ha altre mansioni retribuite. Il suo “posto fisso” è il letto (o la paglia) dei sofferenti, in guerra e in pace, tra i quali vive come uomo di punta della “Evangelica fratellanza dei preti e laici spedalieri”, fondata nel 1796 da Pietro Leonardi, con uomini e donne. Prende il tifo e fa testamento; ma il suo direttore spirituale, padre G.B. Bertolini, lo avvisa: "Non è l’ora vostra. Il Signore aspetta qualcosa di grande da voi".
La cosa grande nasce nel 1840, in due stanzette, ed è l’Istituto Sorelle della Misericordia, dedito a ogni sofferenza e necessità, nato con l’impulso e il sostegno economico suo, e con l’opera della veronese Luisa Poloni, poi Madre Vincenza, di cui egli è il confessore. (Confessa tutta Verona, questo tedesco dalla voce sottile). Dalle due stanze, l’Istituto inizia un cammino che continua nel terzo millennio, con case in Europa, America latina e Africa.
E lui, che molti chiamano “mamma dei malati”, muore dopo aver visto ultimata la chiesa dell’Istituto in Verona, dove è deposto il suo corpo. Papa Paolo VI lo ha beatificato nel 1975.

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00lunedì 15 dicembre 2008 14:22

Beata Margherita Fontana Vergine

15 dicembre

Sec. XVI


Ognuno di noi, anche le persone più generose e accondiscendenti, pazienti e addirittura noncuranti, ha sempre qualcosa, magari una piccolezza, alla quale tiene particolarmente e gelosamente, più di quanto non lo giustifichi il valore materiale dell'oggetto.
Ora è un libro, ora è un oggetto ricordo, oppure un abito, o magari una ghiottoneria. Generosi, o noncuranti, di mille altre cose, conserviamo e difendiamo quell'unica, o quelle poche, come se fosse un irripetibile tesoro.
Non meraviglia dunque che Alessandro Fontana, che pure era generoso in tutto, da bravo cristiano, affettuoso padre di famiglia, e anche, non ultimo, da buon modenese, si risentisse quando trovò vuota, in cantina, la botticella del suo vino preferito.
Era un vino buono, sapientemente invecchiato, e il Fontana lo aveva tenuto in disparte per i giorni delle feste, forse per il Natale, oppure per Capodanno. A consumarlo fino all'ultimo goccio non erano stati ì ladri, e neanche qualche buongustaio. Era stata sua sorella Margherita, che quasi giornalmente aveva spillato la botte, per dare un po' di vino ai poveri.
" Leva e non metti, ogni gran mucchio scema " dice un proverbio, e così, a forza di levare, era scemata, anzi si era vuotata, la botte nella cantina di casa Fontana.
Quella volta il fratello, che pure era generoso, andò in collera; e Margherita, che pure era colpevole a fin di bene, tremò. Pregò mentalmente, ed ebbe una rapida ispirazione. Chiese al fratello di seguirla in cantina, scese, si avvicinò alla botte e - incredibile! - si accorse, e fece accorto l'uomo, che la botte era piena di nuovo, e il vino ottimo come quello di prima, se non migliore.
Margherita Fontana, modenese, era nata verso il 1440, ed era restata orfana giovanissima. Il fratello, già sposato, la prese nella sua casa, e quell'atto di generosità, continuato per tutta la vita, venne ripagato secondo il merito.
La casa ospitale sembrò infatti diventata bersaglio di tutte le benedizioni dei cielo, per attirare le quali, come un parafulmine attira le scariche elettriche, era necessaria un'antenna di conveniente portata. E questa fu costituita, in tal caso, dalle preghiere e dalle opere buone di cui Margherita Fontana fu instancabile elargitrice.
Nella sua vita ella seguì il sistema, infallibile, dei due pesi e delle due misure. Severa con se stessa, generosa con gli altri; esigente in conto proprio, largheggiante per conto del prossimo. A sé riserbava le spine, agli altri offriva le rose.
Abbiamo accennato alla sua carità verso i poveri, che qualche volta mise addirittura in pericolo la pace familiare. Si può aggiungere che alle opere di misericordia corporale ella sommò la pratica della carità spirituale, consolando e insegnando, correggendo e convertendo. Oltre a quello della botte inaspettatamente riempita, altri episodi prodigiosi, che la videro protagonista, si raccontarono a Modena, dove ella trascorse tutta la sua vita, lunga di 73 anni, fino al 1513, e ricca fino alla fine di opere di bene, e di frutti di benedizione.

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00lunedì 15 dicembre 2008 14:23

Santa Maria Crocifissa (Paola) di Rosa Vergine

15 dicembre - Comune

Brescia, 6 novembre 1813 - 15 dicembre 1855

Suo padre è un imprenditore bresciano; la madre, nobile bergamasca, muore nel 1824 quando Paola Francesca ha 11 anni. A quell'età entra nel collegio della Visitazione per gli studi, e ne esce a 17 anni. Nonostante il padre per lei preferisca il matrimonio, la giovane decide di restare fedele al voto di castità fatto in istituto. Viene così mandata a dirigere una fabbrica di filati di seta di proprietà dal padre ad Acquafredda. Ma Paola organizza aiuti per i bisognosi e si dedica all'istruzione religiosa femminile, aiutata da alcune ragazze. Insieme, da infermiere volontarie, lavorano per aiutare le vittime del colera del 1836, in due scuole per sordomuti, nella tremenda primavera del 1849, durante le «Dieci Giornate», quando la città si ribella agli austriaci. Nel 1851 la comunità ottiene la prima approvazione come congregazione religiosa, col nome di Ancelle della Carità. Nel 1852, Paola Francesca pronuncia i voti e come religiosa diventa suor Maria Crocifissa. Morirà a Brescia nel 1855. (Avvenire)

Etimologia: Paola = piccola di statura, dal latino

Emblema: Giglio

Martirologio Romano: A Brescia, santa Maria Crocifissa Di Rosa, vergine, che consacrò i suoi beni e tutta se stessa alla salvezza spirituale e materiale del prossimo e fondò l’Istituto delle Ancelle della Carità.


Suo padre, Clemente Di Rosa, è un cospicuo imprenditore bresciano. La madre, Camilla Albani, appartiene alla nobiltà bergamasca, e viene a mancare quando lei, Paola Francesca, ha soltanto 11 anni. A quell’età entra nel collegio della Visitazione per gli studi, e ne esce a 17 anni. Il padre comincia a parlarle di matrimonio, ma non se ne farà nulla, perché lei vuole restare fedele al voto di castità fatto in istituto.
Niente matrimonio, dunque. Il padre la mette subito ai lavori, allora, mandandola a dirigere una sua fabbrica di filati di seta ad Acquafredda, un paese del Bresciano in riva al fiume Chiese, con una settantina di operaie. Siamo nel regno Lombardo-Veneto che, malgrado il nome, è una provincia “a statuto speciale” dell’Impero austro- ungarico, governata dall’arciduca Ranieri d’Asburgo col titolo di viceré (austriaco è pure l’arcivescovo di Milano, il cardinale Gaetano Gaysruck, spesso però in polemica con i governanti).
Così, la giovane manager col voto di castità si impegna nell’azienda di famiglia. E al tempo stesso organizza aiuti per i poveri e gli ammalati in necessità,e si dedica all’istruzione religiosa femminile, aiutata da alcune ragazze. Insieme si fanno infermiere volontarie e lavorano senza alcun riconoscimento civile o ecclesiastico. Nel 1836 la Lombardia è colpita dal colera, che fa 32 mila morti e si estende anche al Veneto e all’Emilia. Con le sue ragazze, Paola Francesca fa servizio volontario nel lazzaretto, assiste chi è malato in casa, si occupa degli orfani. Dà anche vita a due scuole per sordomuti. Nel 1840 si trova a capo di 32 ragazze con esperienza infermieristica e preparate persino all’istruzione religiosa, ma ancora senza approvazioni ufficiali, senza “personalità giuridica”. Questo è dovuto pure alla situazione politica del tempo, a qualche ostacolo locale; e il risultato è sempre uno solo: ufficialmente Maria Francesca e tutte le ragazze non esistono. Ma per i bresciani esistono, sì: loro le vedono all’opera, e soprattutto ne ammirano il coraggio nella tremenda primavera del 1849, durante le “Dieci Giornate”; ossia quando la città si ribella agli austriaci (vincitori della guerra contro il Regno di Sardegna) esubisce poi la rappresaglia ordinata dal feldmaresciallo Haynau. In mezzo alla tragedia, loro sono lì a soccorrere i feriti e a fare coraggio. E finalmente nel 1851 l’intrepida comunità ottiene la prima approvazione della Santa Sede come congregazione religiosa, col nome di Ancelle della Carità.
Nel 1852, Paola Francesca pronuncia i voti e come religiosa diventa suor Maria Crocifissa (ha voluto chiamarsi come la sua sorella maggiore, morta nel 1839). Guidate da lei, le Ancelle della Carità incominciano a estendere la loro opera in Lombardia e nel Veneto, ma ormai le resta poco da vivere, anche se è ancora giovane. Si ammala nella casa delle Ancelle in Mantova, e di lì ritorna a Brescia solo per morirvi, a 42 anni. Pio XII Pacelli la proclamerà santa nel 1954. Le sue spoglie sono custodite nella Casa madre di Brescia.

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00lunedì 15 dicembre 2008 14:24

Beata Maria Vittoria de Fornari Strata Vedova e religiosa

15 dicembre

Genova, 1562 - 1617

Nacque a Genova nel 1562. Cresciuta in un ambiente animato dalla devozione cristiana anche se austero, desiderò forse di entrare nella vita religiosa, ma quando i genitori le trovarono un fidanzato in Angelo Strata, si unì con gioia a lui in matrimonio a 17 anni. Non tardarono ad arrivare i figli, in attesa del sesto, però rimase vedova a 25 anni. Colpita da grave crisi si trovò spesso a invocare la morte, ma appena ristabilitasi pronunciò tre voti: di castità, di non portare mai gioielli e vesti di seta, e di non partecipare a feste mondane. Dopo che le figlie divennero canonichesse lateranensi e i figli entrarono tra i Minimi, si unì a Vicentina Lomellini Centurione, Maria Tacchini, Chiara Spinola e Cecilia Pastori per dar vita all'ordine delle suore Annunziate Celesti a Genova. Per il loro abito le religiose vennero chiamate Turchine o Celesti. La regola fu redatta dal gesuita Bernardino Zanoni, padre spirituale della Fornari. Maria Vittoria morì il 15 dicembre 1617 e fu beatificata da Leone XII nel 1828. (Avvenire)

Etimologia: Maria = amata da Dio, dall'egiziano; signora, dall'ebraico

Martirologio Romano: A Genova, beata Maria Vittoria Fornari, che, rimasta vedova, fondò l’Ordine dell’Annunciazione.


Poco dopo la sua morte, la Beata Maria Vittoria De Fornari Strata apparve ad una sua ammiratrice devota indossando tre vesti: la prima era di colore scuro, ma ornata di oro e argento; la seconda era scura anch'essa, ma ornata di gemme lucenti; la terza era bianco-azzurra, con un bianco sfolgorante. Questa visione, a prescindere dalla sua storicità, sintetizza i tre stati di vita (coniugale, vedovile e religioso) attraverso i quali la beata passò: fu infatti figlia, sposa, mamma, vedova e religiosa (fondatrice, superiora e semplice suora). La sua "esemplarità" giunse inoltre alla testimonianza delle più svariate virtù.
Maria Vittoria nacque a Genova nel 1562, settima dei nove figli di Geronimo e Barbara Veneroso. Cresciuta in un ambiente di amore e di pietà e anche un po' austero, la bimba desiderò forse di entrare nella vita religiosa, ma quando i genitori le trovarono un fidanzato in Angelo Strata, si unì a lui in matrimonio a 17 anni "con grande sua soddisfazione e gioia". Non tardarono ad arrivare i figli: quando Angelo morì appena otto anni e otto mesi dopo il matrimonio, cinque frugoletti si aggrappavano alle gonne della venticinquenne mammina e un sesto sarebbe nato un mese dopo.
Nonostante l'agiatezza e i figli, Maria Vittoria si sentì di colpo priva di tutto e attraversò una tremenda crisi, durante la quale invocò ripetutamente la morte: un tratto umano, che poi le avrebbe consentito di meglio comprendere e aiutare le sue figliole sconcertate da qualche amaro distacco. Superata la crisi, pronunciò tre voti: di castità, di non portare mai gioielli e vesti di seta, e di non partecipare a feste mondane.
Dopo che le figlie divennero canonichesse lateranensi e i figli entrarono tra i Minimi, ella si unì a Vicentina Lomellini Centurione, Maria Tacchini, Chiara Spinola e Cecilia Pastori per dar vita all'ordine delle suore Annunziate Celesti nel monastero preparato per loro al Castelletto di Genova da Stefano Centurione, il marito di Vicentina, che abbracciò anch'egli lo stato religioso e sacerdotale. Per il loro abito le religiose vennero chiamate Turchine o Celesti. La regola, redatta dal gesuita Bernardino Zanoni, padre spirituale della Fornari, stimolava le religiose ad un'intima devozione alla Beata Vergine dell'Annunciazione, e stabiliva un'intensa vita di pietà, una povertà genuina e una rigorosa clausura. Fondatrice e priora, Maria Vittoria trascorse gli ultimi cinque anni come semplice religiosa, dando esempi di obbedienza e umiltà. Morì il 15 dicembre 1617 e fu beatificata da Leone XII nel 1828.

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00lunedì 15 dicembre 2008 14:24

Beato Marino Abate di Cava dei Tirreni

15 dicembre

m. Cava, 15 dicembre 1170

Martirologio Romano: Nel monastero di Cava de’ Tirreni in Campania, beato Marino, abate, mirabile nella sua fedeltà al Romano Pontefice.


Settimo abate della celebre ed importante abbazia della Trinità di Cava dei Tirreni, fondata intorno al 1020 da s. Alferio, venne eletto al governo della badia il 9 luglio 1146, succedendo al beato Falcone e governando per 24 anni.
Fu dapprima semplice monaco, distintosi con il compito di vestatario, il quale oltre a provvedere per il vestiario dei monaci, era anche custode delle cose preziose e dei documenti d’archivio.
Secondo le consuetudini cavensi, si recò a Roma, all’inizio del suo mandato, per avere la benedizione papale; il papa di allora Eugenio III (1145-1153) cistercense, discepolo di s. Bernardo, lo accolse con onore e in quell’occasione gli affidò il monastero di S. Lorenzo in Panisperna, per farlo rifiorire secondo le regole cavensi. Lo stesso papa con Bolla del 6 maggio 1149, prendeva sotto la sua protezione l’abbazia, rendendola soggetta alla Sede Apostolica, nominandola così indipendente dalle Autorità diocesane.
Il governo dell’abate Marino, fu fecondo di opere e prosperità per le generose donazioni di vescovi, principi e signori feudali; altri monasteri e altre chiese vennero a porsi alle sue dipendenze.
Le ricchezze affluite, furono utilizzate per aiutare i poveri e sofferenti, per il sostentamento dei numerosi monaci, per la costruzione degli edifici e per lo splendore del culto.
La basilica abbaziale fu rivestita di marmi preziosi ad intarsio, decorata con affreschi, pavimentata con mosaici policromi; inoltre per la sua opera di plenipotenziario per la pace tra il re di Sicilia Guglielmo il Malo (1120-66) e papa Adriano IV (1154-59), essendosi recato alla corte di Palermo, ottenne dal re un diploma che confermava i beni posseduti dall’abbazia, prendendola sotto la protezione regale, esentandola dalle tasse; poteva poi nominare vassalli, arruolare soldati, nominare giudici e notai.
Marino morì santamente il 15 dicembre 1170; il suo corpo venne sepolto nella basilica vicino a s. Constabile.
Nel 1648 fu ritrovato e poi le sue reliquie, dopo la conferma del culto di beato del 16 maggio 1928, da parte di papa Pio XI, furono sistemate sotto un altare particolare. Celebrazione liturgica il 15 dicembre.

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00lunedì 15 dicembre 2008 14:26

San Massimino di Micy Abate

15 dicembre


Martirologio Romano: Nel territorio di Orléans nella Gallia lugdunense, ora in Francia, san Massimino, sacerdote, ritenuto primo abate di Micy.

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00lunedì 15 dicembre 2008 14:29

Beato Paolo Gracia Sanchez Coadiutore salesiano, martire

15 dicembre

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Lérida, Spagna, 23 marzo 1892 - Madrid, Spagna, metà di dicembre del 1936


Nacque a Lérida il 23 marzo 1892. Inclinato alla pietà, venne ammesso al Noviziato di Carabanchel Alto (Madrid) ed emise i voti il 25 luglio 1920 come coadiutore. Nel lavoro e nella preghiera trascorse i suoi anni di vita salesiana. Amava singolarmente il nascondimento e la povertà.
Fu arrestato con la comunità di Carabanchel Alto il 20 luglio del 1936. Rimesso in libertà, andò vagando di rifugio in rifugio, passando il tempo fra la preghiera ed eventuali lavori per sostentarsi. Fu denunciato come religioso, arrestato e lungamente interrogato. Subì la fucilazione verso la metà di dicembre del 1936.
Beatificato il 28 ottobre 2007.

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00lunedì 15 dicembre 2008 14:31

Beato Raimondo Eirin Mayo Coadiutore salesiano, martire

15 dicembre

>>> Visualizza la Scheda del Gruppo cui appartiene

San Martin de Ubierna, Spagna, 31 ottobre 1908 - Madrid, Spagna, 15 dicembre 1936


Nacque a La Coruña il 26 agosto 1911 e ricevette il Battesimo poco dopo. Frequentando il collegio salesiano di quella città, chiese di farsi salesiano e fu ammesso come coadiutore al Noviziato di Mohernando (Guadalajara), dove emise i voti il 10 ottobre 1930. Venne inviato in Italia per il corso di perfezionamento professio-nale, e al ritorno in patria gli fu affidata la direzione del Laboratorio "Falegnami-Ebanisti" a Madrid.
Quando il collegio fu preso d'assalto nel 1936, riuscì a nascondersi e a impiegarsi in un ospedale. Il suo contegno riservato e schivo ingenerò sospetti. Il 15 dicembre 1936 fu arrestato e non ritornò più.
Beatificato il 28 ottobre 2007.

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00lunedì 15 dicembre 2008 14:32

San Valeriano di Avensano Vescovo

15 dicembre


Martirologio Romano: Commemorazione di san Valeriano, vescovo di Avensano nell’Africa settentrionale, che, a più di ottant’anni, durante la persecuzione vandalica, si rifiutò fermamente di consegnare gli arredi sacri della Chiesa come richiesto dal re Genserico e fu per questo scacciato tutto solo fuori della città, con l’ordine che nessuno gli prestasse ospitalità né in casa né tra i campi; giacque, dunque, per lungo tempo a cielo aperto sulla pubblica strada, giungendo, in tal modo, al termine della sua santa vita da confessore della retta fede.

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00lunedì 15 dicembre 2008 14:33

Santa Virginia Centurione Bracelli

15 dicembre

Genova, 2 aprile 1587 - Carignano, 15 dicembre 1651

Figlia del doge di Genova, rimasta vedova a soli 20 anni spese la sua vita a favore dei bisognosi. Suo motto fu: «Servire Dio nei suoi poveri». Il suo apostolato fu rivolto in modo particolare agli anziani, donne in difficoltà e malati. L'istituzione con la quale passò alla Storia fu L'Opera di Nostra Signora del rifugio. Gratificata dal Signore con estasi, visioni, locuzioni interiori moriva il 15 dicembre 1651, all'età di 64 anni. Giovanni Paolo II l'ha proclamata beata a Genova il 22 settembre 1985.

Martirologio Romano: Nella stessa città, santa Virginia Centurione Bracelli, vedova, che, dedita a servire Dio, accorse in molti modi in aiuto dei poveri, sostenne le chiese rurali e istituì e resse le Signore della Misericordia Protettrici dei Poveri.


Fondatrice delle " Suore di N.S. del Rifugio in Monte Calvario - Genova" e delle "Figlie di N.S. al Monte Calvario - Roma".
Virginia Centurione Bracelli nacque a Genova il 2 aprile 1587 da Giorgio, poi Doge della Repubblica e da Lelia Spinola. Dopo un’infanzia molto pia e studiosa, nonostante l’orientamento decisivo verso la vita monastica, all’età di 15 anni dovette andare sposa – per volontà del padre – a Gaspare Grimaldi Bracelli, da cui ebbe due figlie, Lelia e Isabella. Gaspare, a causa delle sue sregolatezze, mori tisico ad Alessandria nel 1607, dove si era recato in cerca di beneficio al suo male, assistito affettuosamente da Virginia, la quale ebbe la gioia di riportarlo a Dio.
Rimasta vedova ventenne, comprese che una speciale volontà di Dio la chiamava a servirLo nei suoi poveri, ciò che cercò di accordare con i suoi doveri di madre e d’amministratrice saggia e prudente della casa.
Ben presto suo particolare interesse, che già era oggetto della sua sollecitudine, divenne la sua attività fondamentale, sempre più chiaramente precisa e definita quale organizzazione d’autentico servizio di promozione degli emarginati "perché stiano senza offesa di Dio e si guadagnino per quanto possono il loro vivere con le loro mani".
Promosse L’Opera delle Chiese povere rurali alle quali donava danaro e vestiti. Si diede al servizio dei fanciulli abbandonati, dei vecchi, dei malati mettendo a disposizione le proprie rendite, fondò scuole di formazione e d’addestramento per i fanciulli poveri. Una notte d’inverno accolse in casa una fanciulla abbandonata al freddo e ai pericoli della strada. Fu il piccolo seme che doveva germogliare in una pianta robusta, specialmente in quei tristi tempi di guerra e di sconvolgimenti nell’Italia settentrionale. Nel 1626, dopo aver rinunziato a tutte le sue sostanze, in favore dei poveri, fondò la "Ausiliarie delle Signore della Misericordia". Non ci fu miseria in Genova che non trovasse Virginia disponibile a farle proprie. Intanto spiegava il catechismo ai bambini, predicava il Vangelo. Le svariate opere fondate trovarono il loro punto d’incontro nell’"Opere di Nostra Signora del Rifugio in Monte Calvario", un ricovero per accogliere molte giovani abbandonate e pericolanti. Quando il suo palazzo non poté più bastare, prese in affitto il monastero di Monte Calvario, poi una seconda casa e una terza.
La sua attività ha qualcosa d’incredibile. E’ inspiegabile senza la fede e la fiducia in Dio illimitata. Mori in concetto di santità nella casa di Carignano il 15 dicembre 1651.
La fama di santità, che è sempre rimasta viva, è divampata quando il 20 settembre 1801, venne alla ribalta intatta la sua salma, palpabile come fosse sepolta nel sonno. Da allora i prodigi e i segni si moltiplicarono, chiara manifestazione della volontà di Dio che voleva glorificare la sua serva.
Fu proclamata Beata dal Papa Giovanni Paolo II il 22 settembre 1985 a Genova. Il suo corpo incorrotto è conservato nella cappella delle Suore di N.S. del Rifugio in Monte Calvario a Genova.
E' stata canonizzata da papa Giovanni Paolo II a Roma il 18 maggio 2003.

Due Congregazioni, distinte e parallele incarnano e proiettano nel tempo e nello spazio lo spirito di Virginia: la Congregazione delle Suore di N.S. del Rifugio in Monte Calvario, con sede a Genova, e la Congregazione delle Figlie di N.S. al Monte Calvario con sede a Roma. I due Istituti sono la continuazione storica mai venuta meno, delle Figlie di Virginia. Ma per motivi contingenti, e indubbiamente provvidenziali, essi si articolano in due famiglie.
L’eco della loro azione, era andata oltre i confini di Genova e nel 1827 aveva convinto l’allora Papa Leone XII a chiamare in Roma un gruppo di "Sorelle" alle quali il Papa affidò la direzione dell’Ospizio delle Terme di Diocleziano, un Ospizio con finalità vicine a quelle del Rifugio.
La situazione storica impose in appresso, prima, di fatto, e poi di diritto, due vie parallele, per quanto lo spirito fosse rimasto identico e unico.

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