15 settembre

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
scri30
00martedì 15 settembre 2009 09:39

Beata Vergine Maria Addolorata

15 settembre

La memoria della Vergine Addolorata ci chiama a rivivere il momento decisivo della storia della salvezza e a venerare la Madre associata alla passione del figlio e vicina a lui innalzato sulla croce. La sua maternità assume sul calvario dimensioni universali. Questa memoria di origine devozionale fu introdotta nel calendario romano dal papa Pio VII (1814). (Mess. Rom.)

Etimologia: Maria = amata da Dio, dall'egiziano; signora, dall'ebraico

Martirologio Romano: Memoria della beata Maria Vergine Addolorata, che, ai piedi della croce di Gesù, fu associata intimamente e fedelmente alla passione salvifica del Figlio e si presentò come la nuova Eva, perché, come la disobbedienza della prima donna portò alla morte, così la sua mirabile obbedienza porti alla vita.

Ascolta da RadioVaticana:
  
Ascolta da RadioRai:
  
Ascolta da RadioMaria:
  

La Madonna è venerata nel mondo cristiano con un culto di iperdulia, che si estrinseca in vari titoli, quanti le sono stati attribuiti nei millenni per le sue virtù, il suo patrocinio, la sua posizione di creatura prediletta da Dio, per il posto primario occupato nel piano della Redenzione, per la sua continua presenza accanto all’uomo evidenziata anche dalle tante apparizioni.
Nel calendario delle celebrazioni mariane vi sono: 1° gennaio la B.V.M. Madre di Dio; 23 gennaio lo Sposalizio della B.V.M.; 2 febbraio la Presentazione al Tempio di Gesù e la Purificazione di Maria; 11 febbraio Beata Vergine di Lourdes; 25 marzo l’Annunciazione; 26 aprile B.V.M. del Buon Consiglio; 13 maggio Beata Vergine di Fatima; 24 maggio Madonna Ausiliatrice; 31 maggio Visitazione di M.V.; a giugno Cuore Immacolato di Maria; 2 luglio Madonna delle Grazie; 16 luglio B.V. del Carmelo; 5 agosto Madonna della Neve; 15 agosto Assunzione della Vergine; 22 agosto B.V.M. Regina; 8 settembre Natività di Maria; 12 settembre SS Nome di Maria; 15 settembre B. V. Addolorata; 19 settembre B. V. de La Salette; 24 settembre B.V. della Mercede; 7 ottobre B.V. del Rosario, 21 novembre Presentazione della B.V.M.; 8 dicembre Immacolata Concezione, 10 dicembre B. V. M. di Loreto.
Inoltre l’intero mese di Maggio è dedicato alla Madonna, senza dimenticare la suggestiva e devota Novena dell’Immacolata, poi vi sono le celebrazioni locali per i tantissimi Santuari Mariani esistenti; come si vede la Vergine ha un culto così diffuso, che non c’è mese dell’anno in cui non la si ricordi e veneri.
A mio parere però, fra i tanti titoli e celebrazioni, il più sentito perché più vicino alla realtà umana, è quello di Beata Vergine Maria Addolorata; il dolore è presente nella nostra vita sin dalla nascita, con il primo angosciato grido del neonato, che lascia il sicuro del grembo materno per proiettarsi in un mondo sconosciuto, non più legato alla madre e in preda alla paura e spavento; poi il dolore ci segue più o meno intenso, più o meno costante, nei suoi vari aspetti, fisici, morali, spirituali, lungo il corso della vita, per ritrovarlo comunque al termine del nostro cammino, per l’ultimo e definitivo distacco da questo mondo.
E il dolore di Maria, creatura privilegiata sì, ma sempre creatura come noi, è più facile comprenderlo, perché lo subiamo anche noi, seppure in condizioni e gradi diversi, al contrario delle altre prerogative che sono solo sue, Annunciazione, Maternità divina, Immacolata Concezione, Assunzione al Cielo, Apparizioni, ecc. le quali da parte nostra richiedono un atto di fede per considerarle.
Veder morire un figlio è per una madre il dolore più grande che ci sia, non vi sono parole che possano consolare, chi naturalmente aspettando di poter morire dopo aver generato, allevato ed educato, l’erede e il continuatore della sua umanità, vede invece morire il figlio mentre lei resta ancora in vita, quel figlio al quale avrebbe voluto ridare altre cento volte la vita e magari sostituirsi ad esso nel morire.
I milioni di madri che nel tempo hanno subito questo immenso dolore, a lei si sono rivolte per trovare sostegno e consolazione, perché Maria ha visto morire il Figlio in modo atroce, consapevole della sua innocenza, soffrendo per la cattiveria, incomprensione, malvagità, scatenate contro di lui, personificazione della Bontà infinita.
Ma non fu solo per la repentina condanna a morte, il dolore provato da Maria fu l’epilogo di un lungo soffrire, in silenzio e senza sfogo, conservato nel suo cuore, iniziato da quella profezia del vecchio Simeone pronunziata durante la Presentazione di Gesù al Tempio: “E anche a te una spada trapasserà l’anima”.
Quindi anche tutti coloro che soffrono nella propria carne e nel proprio animo, le pene derivanti da malattie, disabilità, ingiustizia, povertà, persecuzione, violenza fisica e mentale, perdita di persone care, tradimenti, mancanza di sicurezza, solitudine, ecc. guardano a Maria, consolatrice di tutti i dolori; perché avendo sofferto tanto già prima della Passione di Cristo, può essere il faro a cui guardare nel sopportare le nostre sofferenze ed essere comprensivi di quelle dei nostri fratelli, compagni di viaggio in questo nostro pellegrinare terreno.
Ma la Madonna è anche corredentrice per Grazia del genere umano, perché partecipe dell’umanità sofferente ed offerta del Cristo, per questo lei non si è ribellata come madre alla sorte tragica del Figlio, l’ha sofferta indicibilmente ma l’ha anche offerta a Dio per la Redenzione dell’umanità.
E come dalla Passione, Morte e Sepoltura di Gesù, si è passato alla trionfale e salvifica Resurrezione, anche Maria, cooperatrice nella Redenzione, ha gioito di questa immensa consolazione e quindi maggiormente è la più adatta ad indicarci la via della salvezza e della gioia, attraversando il crogiolo della sofferenza in tutte le sue espressioni, della quale comunque non potremo liberarci perché retaggio del peccato originale.

CULTO

La devozione alla Madonna Addolorata, che trae origine dai passi del Vangelo, dove si parla della presenza di Maria Vergine sul Calvario, prese particolare consistenza a partire dalla fine dell’XI secolo e fu anticipatrice della celebrazione liturgica, istituita più tardi.
Il “Liber de passione Christi et dolore et planctu Matris eius” di ignoto (erroneamente attribuito a s. Bernardo), costituisce l’inizio di una letteratura, che porta alla composizione in varie lingue del “Pianto della Vergine”.
Testimonianza di questa devozione è il popolarissimo ‘Stabat Mater’ in latino, attribuito a Jacopone da Todi, il quale compose in lingua volgare anche le famose ‘Laudi’; da questa devozione ebbe origine la festa dei “Sette Dolori di Maria SS.” Nel secolo XV si ebbero le prime celebrazioni liturgiche sulla “compassione di Maria” ai piedi della Croce, collocate nel tempo di Passione.
A metà del secolo XIII, nel 1233, sorse a Firenze l’Ordine dei frati “Servi di Maria”, fondato dai Ss. Sette Fondatori e ispirato dalla Vergine. L’Ordine che già nel nome si qualificava per la devozione alla Madre di Dio, si distinse nei secoli per l’intensa venerazione e la diffusione del culto dell’Addolorata; il 9 giugno del 1668, la S. Congregazione dei Riti permetteva all’Ordine di celebrare la Messa votiva dei sette Dolori della Beata Vergine, facendo menzione nel decreto che i Frati dei Servi, portavano l’abito nero in memoria della vedovanza di Maria e dei dolori che essa sostenne nella passione del Figlio.
Successivamente, papa Innocenzo XII, il 9 agosto 1692 autorizzò la celebrazione dei Sette Dolori della Beata Vergine la terza domenica di settembre.
Ma la celebrazione ebbe ancora delle tappe, man mano che il culto si diffondeva; il 18 agosto 1714 la Sacra Congregazione approvò una celebrazione dei Sette Dolori di Maria, il venerdì precedente la Domenica delle Palme e papa Pio VII, il 18 settembre 1814 estese la festa liturgica della terza domenica di settembre a tutta la Chiesa, con inserimento nel calendario romano.
Infine papa Pio X (1904-1914), fissò la data definitiva del 15 settembre, subito dopo la celebrazione dell’Esaltazione della Croce (14 settembre), con memoria non più dei “Sette Dolori”, ma più opportunamente come “Beata Vergine Maria Addolorata”.

Le devozioni
I Sette Dolori di Maria, corrispondono ad altrettanti episodi narrati nel Vangelo: 1) La profezia dell’anziano Simeone, quando Gesù fu portato al Tempio “E anche a te una spada trafiggerà l’anima”. – 2) La Sacra Famiglia è costretta a fuggire in Egitto “Giuseppe destatosi, prese con sé il Bambino e sua madre nella notte e fuggì in Egitto”. – 3) Il ritrovamento di Gesù dodicenne nel Tempio a Gerusalemme “Tuo padre ed io angosciati ti cercavamo”. – 4) Maria addolorata, incontra Gesù che porta la croce sulla via del Calvario. – 5) La Madonna ai piedi della Croce in piena adesione alla volontà di Dio, partecipa alle sofferenze del Figlio crocifisso e morente. – 6) Maria accoglie tra le sue braccia il Figlio morto deposto dalla Croce. – 7) Maria affida al sepolcro il corpo di Gesù, in attesa della risurrezione.
La liturgia e la devozione hanno compilato anche le Litanie dell’Addolorata, ove la Vergine è implorata in tutte le necessità, riconoscendole tutti i titoli e meriti della sua personale sofferenza.
La tradizione popolare ha identificato la meditazione dei Sette Dolori, nella pia pratica della ‘Via Matris’, che al pari della Via Crucis, ripercorre le tappe storiche delle sofferenze di Maria e sempre più numerosi sorgono questi itinerari penitenziali, specie in prossimità di Santuari Mariani, rappresentati con sculture, ceramiche, gruppi lignei, affreschi.
Le processioni penitenziali, tipiche del periodo della Passione di Cristo, comprendono anche la figura della Madre dolorosa che segue il Figlio morto, l’incontro sulla salita del Calvario, Maria posta ai piedi del Crocifisso; in certi Comuni le processioni devozionali, assumono l’aspetto di vere e proprie rappresentazioni altamente suggestive, specie quelle dell’incontro tra il simulacro di Maria vestita a lutto e addolorata e quello di Gesù che trasporta la Croce tutto insanguinato e sofferente.
In certe località queste processioni, che nel Medioevo diedero luogo anche a rappresentazioni sacre dette “Misteri”, assumono un’imponenza di partecipazione popolare, da costituire oggi un’attrattiva oltre che devozionale e penitenziale, anche turistica e folcloristica, cito per tutte la grande processione barocca di Siviglia.

``Le espressioni artistiche
Al testo del celebre “Stabat Mater”, si sono ispirati musicisti di ogni epoca; tra i più illustri figurano Palestrina, Pergolesi, Rossini, Verdi, Dvorak.
La Vergine Addolorata è stata raffigurata lungo i secoli in tante espressioni dell’arte, specie pittura e scultura, frutto dell’opera dei più grandi artisti che secondo il proprio estro, hanno voluto esprimere in primo luogo la grande sofferenza di Maria.
La vergine Addolorata è di solito vestita di nero per la perdita del Figlio, con una spada o con sette spade che le trafiggono il cuore.
Altro soggetto molto rappresentato è la Pietà, penultimo atto della Passione, che sta fra la deposizione e la sepoltura di Gesù. Il termine ‘Pietà’ sta ad indicare nell’arte, la raffigurazione dei due personaggi principali Maria e Gesù, la madre e il figlio; Maria lo sorregge adagiato sulle sue ginocchia, oppure sul bordo del sepolcro insieme a s. Giovanni apostolo (Michelangelo e Giovanni Bellini). Capolavoro dell’intensità del dolore dei presenti, è il ‘Compianto sul Cristo morto’ di Giotto.
Nel Santuario dell’Addolorata di Castelpetroso (Isernia), secondo l’apparizione del 1888, Gesù è adagiato a terra e Maria sta in ginocchio accanto a lui e con le braccia aperte lo piange e lo offre nello stesso tempo.

In virtù del culto così diffuso all’Addolorata, ogni città e ogni paese ha una chiesa o cappella a lei dedicata; varie Confraternite assistenziali e penitenziali, come pure numerose Congregazioni religiose femminili e alcune maschili, sono poste sotto il nome dell’Addolorata, specie se collegate all’antico Ordine dei Servi di Maria.
L’amore e la venerazione per la Consolatrice degli afflitti e per la sua ‘compassione’, ha prodotto, specie nell’Ordine dei Servi splendide figure di santi, ne citiamo alcuni: I Santi Sette Fondatori, s. Giuliana Falconieri, s. Filippo Benizi, s. Pellegrino Laziosi, s. Antonio Maria Pucci, s. Gabriele dell’Addolorata (passionista), senza dimenticare, primo fra tutti, s. Giovanni apostolo ed evangelista, sempre accanto a lei per confortarla e condividerne l’indicibile dolore, accompagnandola fino al termine della sua vita.

Il nome Addolorata ebbe larga diffusione nell’Italia Meridionale, ma per l’evidente significato, ora c’è la tendenza a sostituirlo con il suo derivato spagnolo Dolores.





scri30
00martedì 15 settembre 2009 09:40

Sant' Acardo (Aicardo) di Jumieges Abate

15 settembre


Martirologio Romano: Nel monastero di Jumièges in Neustria, sempre in Francia, sant’Aicardo, abate, che, discepolo di san Filiberto, fu da lui messo a capo di questo cenobio.





scri30
00martedì 15 settembre 2009 09:40

Sant' Albino di Lione Vescovo

15 settembre

Etimologia: Albino = bianco, dal latino

Martirologio Romano: A Lione in Francia, sant’Albino, vescovo, che succedette a san Giusto.





scri30
00martedì 15 settembre 2009 09:41

Beato Anton Maria Schwartz Fondatore

15 settembre

Baden (Austria), 28 febbraio 1852 – Vienna, 15 settembre 1929

Anton Maria Schwartz nacque il 28 febbraio 1852 a Baden (Austria). Entrato nella scuola dei Piaristi, matura la vocazione sacerdotale e viene ordinato sacerdote nel 1875 dal cardinale Rauscher. Viene chiamato a Vienna come curatore spirituale dei malati degli ospedali delle Suore della Misericordia a Sechshaus. Qui fonda «L'Unione degli apprendisti cattolici sotto la protezione di san Giuseppe Calasanzio». Per quattro anni conduce l'assistenza agli ammalati e contemporaneamente quella degli apprendisti. In seguito la sua opera si rivolge anche ai giovani operai oppressi dalle condizioni di lavoro delle nuove fabbriche. Nella sua opera per gli apprendisti e operai non solo formazione cristiana, ma anche formazione umana e sociale al motto «se la Chiesa non riuscirà a portare gli operai a Cristo, la società si allontanerà sempre più da Cristo». Muore il 15 settembre 1929 e Papa Giovanni Paolo II l'ha proclamato beato il 21 giugno 1998. (Avvenire)

Martirologio Romano: A Vienna in Austria, beato Antonio Maria Schwartz, sacerdote, che fondò la Congregazione degli Operai Cristiani di San Giuseppe Calasanzio per la cura pastorale e la difesa dei diritti degli apprendisti e dei giovani lavoratori.


Grande apostolo fra gli operai, specialmente gli apprendisti in Austria; Anton Maria Schwartz sviluppò e realizzò l’Enciclica sociale ‘Rerum Novarum’ di papa Leone XIII, ma accolto e compreso da pochi.
Nacque il 28 febbraio 1852 a Baden, quarto di tredici figli, il padre impiegato comunale, la madre casalinga, frequenta le elementari nella scuola parrocchiale di Baden, la scuola di canto a Heligenkreutz, il ginnasio dai ‘scozzesi’.
A 15 anni rimane orfano del padre e un anno dopo cadrà in preda ad una crisi di rendimento scolastico, quando in precedenza era eccellente. Superata la crisi, nel 1869 entra nella scuola dei Piaristi, dove resterà fino alla maturità; risale a quel periodo la grande devozione che portò a s. Giuseppe Calasanzio (1557-1648) fondatore dei Piaristi e delle Scuole popolari gratuite in Europa.
In previsione della soppressione in Austria del proprio Ordine, i Piaristi consigliarono ad Anton di lasciare la scuola nel proprio interesse; nel 1871 entra nel seminario diocesano. Il suo periodo di seminarista si distingue per gli eccellenti risultati negli studi e per due gravi malattie che lo colpiscono (dopo la seconda si consacra alla Madonna e l’8 dicembre 1873 aggiunge il nome ‘Maria’ come secondo nome e così Anton Maria Schwartz venne ordinato sacerdote il 25 luglio 1875 dal cardinale Rauscher.
Fu cappellano per quattro anni, poi venne chiamato a Vienna come curatore spirituale dei malati degli ospedali delle Suore della Misericordia a Sechshaus, ha l’opportunità di constatare la condizione disagiata degli apprendisti, infatti finché frequentavano la scuola, le suore potevano occuparsi di loro, ma dopo inseriti nel lavoro, non potevano più frequentarli e dare loro una educazione religiosa.
Padre Anton Maria Schwartz, fonda per loro “L’Unione degli apprendisti cattolici sotto la protezione di s. Giuseppe Calasanzio” avviando una intensa e fiorente pastorale. Per quattro anni conduce l’assistenza agli ammalati e contemporaneamente quella degli apprendisti, ad un certo punto chiede al cardinale Ganglbauer di Vienna di interessarsi dei soli apprendisti in modo più ampio, ma il vescovo rifiuta, perché crede che non sia possibile finanziare un’opera del genere.
La delusione è forte e il giovane sacerdote si mette a letto con un male inguaribile; alcune donne chiamate da una suora della Misericordia ebbero cura di lui per due anni; quando il cardinale accetta, don Anton riprenderà a vivere attivamente.
Il rinnovamento della società colpisce gli operai, che risentono più di altri dei cattivi influssi dell’epoca e fra questi soprattutto i giovani e lui si rivolge al cuore dei singoli giovani operai affinché trovino Cristo e una fede salda. Dedica a quest’opera ogni minuto della sua vita, nel 1888 fonda l’’Artigianato cristiano’ un giornale per gli artigiani e operai, che scrive per lungo tempo da solo.
Nel 1889, in otto mesi, sotto la sua direzione viene costruita la chiesa di S. Giuseppe Calasanzio, per gli operai di Vienna e in questa chiesa, il 24 novembre 1889, fonda la “Congregazione degli Operai cristiani di s. Giuseppe Calasanzio”.
Padre Schwartz cerca di combattere con tutte le forze contro gli abusi che in quel tempo si operavano contro gli operai; essi non avevano sindacato, non un regolamento per i turni di lavoro, i bambini lavoravano 12 ore al giorno, anche di domenica e giorni festivi, non venivano pagate le ore straordinarie e le condizioni di lavoro, in rapporto ad oggi, inimmaginabili.
Quindi per gli apprendisti e operai non solo formazione cristiana, ma anche formazione umana e sociale, nonché culturale (teatro, musica, ecc.), Crea un primo ufficio di collocamento per apprendisti, con migliaia di contatti con imprenditori o proprietari cristiani, con questi accordi dell’Istituzione, migliaia di apprendisti ottennero un posto di lavoro con trattamento decente e domenica libera; fonda anche un pensionato per gli apprendisti che vengono da fuori; partecipa egli stesso agli scioperi che le varie categorie in lotta, facevano a Vienna in quel periodo.
Fondò varie fondazioni in Austria, nel Sud-Tirolo, a Budapest; pochi comprendono la giustezza della sua visione che è: ‘se la Chiesa non riuscirà a portare gli operai a Cristo, la società si allontanerà sempre più da Cristo’. L’incomprensione che lo circonda lo rattrista, ma non lo ferma; resterà fedele al suo mandato fino alla morte che giungerà per lui il 15 settembre 1929.
Al suo funerale parteciparono migliaia di persone, nonostante una pioggia battente; in seguito ad un miracolo, riconosciuto tale, avvenuto a Vienna nel 1972, papa Giovanni Paolo II l’ha proclamato beato il 21 giugno 1998, durante la sua visita pastorale nella capitale austriaca.




scri30
00martedì 15 settembre 2009 09:41

Sant' Apro di Toul Vescovo

15 settembre


Martirologio Romano: A Toul vicino a Nancy nella Gallia lugdunense, sempre in Francia, sant’Apro, vescovo.





scri30
00martedì 15 settembre 2009 09:42

San Baldo Penitente a Sens

15 settembre

† Sens (Francia), 620 ca.


Una leggenda riportata in un manoscritto del priorato di S. Eligio di Parigi, datato del secolo XIV, narra la vita di s. Baldo penitente, che presenta tutti i tratti delle tragedie medioevali, degne di rappresentazioni teatrali di successo.
Nativo della Spagna o del Portogallo, Baldo sin dall’adolescenza aveva avuto il presagio che avrebbe ucciso il padre e la madre, sconvolto, per non macchiarsi di così grave delitto, abbandonò il paese natio ed andò ad abitare in un villaggio di altra regione, dove poi si sposò.
Dopo vari anni, i genitori presi dal desiderio di rivedere il figlio, si misero alla sua ricerca, trovandolo dopo molti tentativi.
Giunti alla sua casa, furono accolti dalla nuora, perché il marito era assente momentaneamente; pur non conoscendoli li trattò con affabilità, li rifocillò e visto la loro spossatezza per il lungo viaggio, li fece coricare insieme nel suo letto matrimoniale; poi uscì alla ricerca del marito.
Baldo tornò invece per altra strada non incontrandola, entrato in casa vide nel suo letto due corpi nella penombra e supponendo che fosse la moglie che lo tradiva con qualche uomo, accecato dalla gelosia e dall’ira, con una scure affilata tagliò loro la testa.
Pochi istanti dopo la moglie tornò e lui si accorse del terribile sbaglio; in espiazione della sua colpa, decise di abbandonare il tetto coniugale e di condurre vita nomade.
Fu pellegrino al Santo Sepolcro in Palestina, alle tombe degli Apostoli a Roma e ad altri celebri santuari; poi attraversò le Alpi e giunse a Sens in Francia (Gallia) di cui era vescovo Artemio, al quale si confidò chiedendo una penitenza.
Il vescovo gli porse il bastone che teneva in mano, ordinandogli di piantarlo sulla cima di un monte vicino alla città, innaffiandolo con l’acqua del fiume Icauna, finché non mettesse radici, rami, fiori e frutti.
Baldo accettò con gratitudine la penitenza, aumentando lo sforzo del trasporto dell’acqua, scegliendo una strada più lunga e aspra, invece di una breve.
Alla sua morte fu sepolto nella cella che si era costruita sulla cima del monte, si ritiene che morì verso il 620; dopo qualche tempo sul tempo fu edificata una chiesa che prese il suo nome.
Nell’ottobre 1081, la chiesa e i terreni circostanti, furono donati dall’arcivescovo di Sens, Richerio, a Guglielmo abate di S. Remigio sempre a Sens, che vi eresse un priorato detto di San Bond a Paron, meta di pellegrinaggi a Pentecoste.
Nel 1674 passò ai Padri Lazzaristi e nel 1854 divenne parrocchia, dove dopo alterne vicende riposano le sue reliquie.
Il culto fiorì in varie zone della Francia, a Parigi e a Soissons, dove è patrono della parrocchia di Pavant con festa al 15 settembre. A Sens invece è festeggiato il 29 ottobre.




scri30
00martedì 15 settembre 2009 09:43

Beato Camillo Costanzo Gesuita, martire

15 settembre

>>> Visualizza la Scheda del Gruppo cui appartiene

Bovalino (Reggio Calabria), 1572 – Tabira (Giappone), 15 settembre 1622

Martirologio Romano: Nella città di Hirado in Giappone, beato Camillo Costanzo, sacerdote della Compagnia di Gesù e martire, che, condannato dal comandante supremo Hidetada ad essere arso vivo, anche sul rogo non desistette mai dal predicare Cristo.


I Gesuiti con s. Francesco Saverio (1506-1552) furono i primi ad incominciare l’evangelizzazione del Giappone, che si sviluppò con notevoli risultati nei decenni successivi al 1549, tanto che nel 1587 i cattolici giapponesi erano circa 300.000, con centro principale a Nagasaki.
Ma proprio nel 1587 lo ‘shogun’ (maresciallo della corona) Hideyoshi, dai cristiani denominato ‘Taicosama’, che fino allora era stato condiscendente verso i cattolici, emanò un decreto di espulsione contro i Gesuiti (allora unico Ordine religioso presente nel Giappone) per delle ragioni non chiarite.
Il decreto fu in parte eseguito, ma la maggior parte dei Gesuiti rimase nel paese, mettendo in atto una strategia di prudenza, in silenzio e senza esteriorità, continuando con cautela l’opera evangelizzatrice.
Tutto questo fino al 1593, quando provenienti dalle Filippine sbarcarono in Giappone alcuni Frati Francescani, i quali al contrario dei Gesuiti, iniziarono senza prudenza una predicazione pubblica, a ciò si aggiunsero complicazioni politiche tra la Spagna e il Giappone, che provocarono la reazione dello ‘shogun’ Hideyoshi, che emanò l’ordine di imprigionare i francescani e alcuni neofiti giapponesi.
I primi arresti ci furono il 9 dicembre del 1596 e i 26 arrestati, fra cui tre gesuiti giapponesi, subirono il martirio il 5 febbraio 1597, i protomartiri del Giappone furono crocifissi e trafitti nella zona di Nagasaki, che prese poi il nome di “santa collina” e proclamati santi da papa Pio IX nel 1862.
Subentrato un periodo di tregua e nonostante la persecuzione subita, la comunità cattolica aumentò, anche per l’arrivo di altri missionari, non solo gesuiti e francescani ma anche domenicani e agostiniani.
Ma nel 1614 la numerosa comunità cattolica subì una furiosa persecuzione decretata dallo shogun Ieyasu (Taifusama), che si prolungò per alcuni decenni distruggendo quasi completamente la comunità in Giappone, causando moltissimi martiri, ma anche molte apostasie fra gli atterriti fedeli giapponesi.
I motivi che portarono a questa lunga e sanguinosa persecuzione, furono vari, a partire dalla gelosia dei bonzi buddisti che minacciavano la vendetta dei loro dei; poi il timore di Ieyasu e dei suoi successori Hidetada e Iemitsu, per l’accresciuto influsso di Spagna e Portogallo, patria della maggioranza dei missionari, che erano ritenuti loro spie, per gli intrighi dei violenti calvinisti olandesi e infine per l’imprudenza di molti missionari spagnoli.
Dal 1617 al 1632 la persecuzione toccò il picco più alto di vittime; i supplizi secondo lo stile orientale, furono vari e raffinati, non risparmiando nemmeno i bambini; i martiri appartenevano ad ogni condizione sociale, dai missionari e catechisti, ai nobili di famiglia reale; da ricche matrone a giovani vergini; da vecchi a bambini; dai padri di famiglia ai sacerdoti giapponesi.
La maggior parte furono legati ad un palo e bruciati a fuoco lento, cosicché la “santa collina” di Nagasaki fu illuminata sinistramente dalla teoria di torce umane per parecchie sere e notti; altri decapitati o tagliati membro per membro.
Non stiamo qui ad elencare le altre decine di tormenti mortali cui furono sottoposti, per non fare una galleria degli orrori, anche se purtroppo testimoniano come la malvagità umana, quando si sfrena nell’inventare forme crudeli da infliggere ai suoi simili, supera ogni paragone con la ferocia delle bestie, che perlomeno agiscono per istinto e per procurarsi il cibo.
Oltre i primi 26 santi martiri del 1597 già citati, la Chiesa raccogliendo testimonianze poté riconoscere la validità del martirio per almeno 205 vittime, fra le migliaia che persero la vita anonimamente e papa Pio IX il 7 luglio 1867 poté proclamarli beati.
Dei 205 beati, 33 erano dell’Ordine della Compagnia di Gesù (Gesuiti); 23 Agostiniani e Terziari agostiniani giapponesi; 45 Domenicani e Terziari O.P.; 28 Francescani e Terziari; tutti gli altri erano fedeli giapponesi o intere famiglie, molti dei quali Confratelli del Rosario.
Non c’è una celebrazione unica per tutti, ma gli Ordini religiosi a gruppi o singolarmente, hanno fissato il loro giorno di celebrazione.

Appartenente al gruppo dei 33 Gesuiti, vi è l’italiano Camillo Costanzo, il quale nacque a Bovalino (Reggio Calabria) nel 1572.
Ventenne lasciò l’estremo lembo meridionale della Calabria e si recò a studiare Lettere e Diritto a Napoli; nel 1592 entrò nella Compagnia di Gesù, che a Napoli ha sempre avuto fin dai primi tempi e tuttora ha, un fiorente Centro.
Come molti Gesuiti in quell’epoca, anche padre Costanzo partì per le Missioni in Estremo Oriente; nel marzo 1602 partì per l’India da dove doveva raggiungere la Cina, ma giunto nel 1604 a Macao, possedimento portoghese, trovò sbarrato l’accesso in Cina dagli stessi portoghesi, quindi si indirizzò verso il Giappone, dove il 17 agosto 1605 sbarcò a Nagasaki.
Sostò circa un anno per imparare la lingua e gli usi e costumi giapponesi, poi iniziò il suo ministero missionario prima nel regno di Burgen e poi per sei anni nella città di Sacai e dintorni; ottenendo solide conversioni, infatti quando nel 1614 infuriò la persecuzione, degli ottocento battezzati da lui, solo tre o quattro apostatarono.
Comunque l’ordine di espulsione dei missionari lo costrinse a ritornare a Macao dove rimase per sei anni; in questo lungo tempo studiò profondamente i testi canonici di Sakia-Muni (Budda) rilevando gli errori correnti allora in Cina, Siam e Giappone; per confutarli scrisse ben quindici libri e tre opuscoli divulgativi.
Resistendo agli inviti dei padri Gesuiti, che volevano trattenerlo in Cina, nel 1621 a 49 anni, s’imbarcò per il Giappone travestito da soldato, ma si era in piena persecuzione e il suo travestimento non servì, il capitano per salvare la nave e i passeggeri voleva consegnarlo al governatore.
Intervenirono due cristiani che l’avevano conosciuto a Sacai e l’aiutarono a sbarcare in un porto solitario; il suo nuovo campo di apostolato fu il regno di Figen, l’isola di Firando e le tante isolette dell’arcipelago.
Per tre mesi lavorò abbondantemente anche nell’isola di Ichitzuchi, raccogliendo molte conversioni, poi decise di raggiungere l’isola di Noscima; era appena iniziata la traversata, quando una donna cristiana di Ichitzuchi, desiderosa di convertire il marito, gli indicò dove avrebbe potuto trovare il missionario.
Ma il marito si recò a riferire tutto al governatore, il quale inviò tre barche armate alla ricerca di padre Camillo Costanzo, rintracciandolo nell’isola di Ocu, era il 24 aprile 1622; fu arrestato e trasferito prima nell’isola di Ichinoscima, finché dopo qualche tempo giunse la sentenza dell’imperatore che lo condannava al rogo; fu quindi spostato a Tabira, sulla costa di fronte alla città di Firando.
Legato al palo e acceso il fuoco, padre Costanzo subì il martirio il 15 settembre del 1622; egli pur tra le fiamme e il denso fumo, non cessò un istante di predicare ad alta voce alla moltitudine di cristiani e pagani che assistevano al supplizio; incoraggiando i convertiti e invitando a convertirsi ai pagani.




scri30
00martedì 15 settembre 2009 09:43

Beato Carlo da Montegranelli Fondatore, eremita

15 settembre




Carlo di Bandino dei conti Guidi di Romena, nacque verso il 1330 nella contea di Montegranelli (Romagna Fiorentina); come i suoi avi feudatari fedeli all’imperatore, intraprese la carriera delle armi. Nel pieno della sua gioventù, sentì la chiamata di Dio allo stato ecclesiastico, divenne sacerdote a Firenze, dove da tempo si era trasferito, dedicando tutto sé stesso all’apostolato.
Ma non era soddisfatto, volendo estraniarsi dal frastuono del mondo, che anche allora si faceva sentire soprattutto per le lotte fra il papato e l’imperatore, fra i poteri declinanti dei feudatari e il sorgere delle Signorie; Carlo decise nel 1360 di ritirarsi a vivere fra i ruderi delle mura che circondavano la rocca di Fiesole.
Probabilmente, Cosimo de’ Medici il Vecchio, gli donò il terreno su cui si era rifugiato e qui costruì una cella ed un oratorio dedicato a S. Gerolamo, vivendo così una vita di eremita. Ma il suo santo esempio attirò vari giovani anch’essi desiderosi di dedicarsi totalmente a Dio per cui fu necessario ingrandire il suo romitorio aggiungendo altre cellette.
Consigliato da eminenti domenicani del tempo, decise di istituire una nuova Congregazione religiosa e così nel 1405, nacque a Fiesole e poi diffusasi in tutta Italia, la Congregazione degli Eremiti di S. Gerolamo, approvata nello stesso anno dal papa Innocenzo VII e con la Regola di S. Agostino.
Gli eremiti vestivano una rozza tonaca con cappuccio, scapolare e mantello di colore grigio con zoccoli ai piedi. Per venire incontro alla devozione dei pellegrini fiorentini che specie il sabato, salivano a Fiesole, fondò la Compagnia di S. Gerolamo, inoltre istituì presso l’Ospedale di S. Maria della Scala, una Congregazione per ragazzi detta di S. Michele Arcangelo poi approvata nel 1427; fondò conventi in varie città specie dell’Italia Centro-Settentrionale.
Desiderando andare in Terra Santa si recò a Venezia per imbarcarsi, ma nell’attesa di farlo, si ammalò e qui morì il 15 settembre 1417, fu sepolto nella chiesa di S. Maria delle Grazie; mentre in seguito, la reliquia del cranio, fu conservata nella chiesa di S. Gerolamo a Fiesole.
Cosimo de’ Medici, che vivente il fondatore Carlo da Montegranelli, avrebbe voluto ingrandire e abbellire il romitaggio di Fiesole, ricevendone sempre un rifiuto, perché si desiderava restare a vivere in povertà, dopo la morte del suo amico fondatore, nel 1540 fece erigere un nuovo convento e una nuova chiesa su progetto di Michelozzo.
La Congregazione degli Eremiti di S. Gerolamo a Fiesole, fu soppressa da papa Clemente IX il 6 settembre 1668, pur essendo abbastanza fiorente con 40 conventi di eremiti. L’eremo passò di proprietà tra varie Istituzioni lungo i secoli, per essere utilizzato attualmente da una Comunità di suore.
La sua festa liturgica sin dal XV secolo è al 15 settembre.




scri30
00martedì 15 settembre 2009 09:44

Santa Caterina Fieschi Adorno da Genova Vedova

15 settembre - Comune

Genova, 1448 –1510

Nasce nel 1447 in una delle principali famiglie genovesi. A sedici anni viene data in moglie a Giuliano Adorno, appartenente ad una importante famiglia ghibellina. Vive una vita frivola e mondana ma dopo un incontro con la sorella suora, decide di cambiare vita e condivide le sue esperienze mistiche e caritative con un piccolo gruppo di figli spirituali. Muore il 15 settembre 1510. Dopo la conversione, la vita di Caterina ha il proprio centro nel rapporto con Cristo. Non si dedica però solo alla contemplazione, ma anche all'azione, rivolgendo il suo impegno concreto soprattutto agli ammalati. Opera nella Compagnia delle dame della Misericordia e inizia a visitare il lebbrosario di san Lazzaro, svolge le mansioni più umili; cura pure i bambini abbandonati e fronteggia varie epidemie di peste. Nel 1497 fonda la prima «Compagnia del divino amore», che sarà il modello per analoghe istituzioni di altre città italiane nel quadro di quella che è stata chiamata la Riforma cattolica. Il suo corpo è conservato nella chiesa genovese della Santissima Annunziata in Portoria. (Avvenire)

Etimologia: Caterina = donna pura, dal greco

Martirologio Romano: A Genova, santa Caterina Fieschi, vedova, insigne per il disprezzo del mondo, i frequenti digiuni, l’amore per Dio e la carità verso i bisognosi e gli infermi.

Ascolta da RadioMaria:
  

Nel 1494-95 l’esercito del re francese Carlo VIII ha percorso l’Italia, portando con sé, come dice Francesco Guicciardini, i semi "di orribilissimi accidenti... e infermità fino a quel dì non conosciute". L’infermità che atterrisce è la sifilide. Esisteva già, ma lo scorrazzare degli eserciti l’ha propagata in dimensioni catastrofiche e con effetti ripugnanti. I malati ricchi chiamano i medici in casa, quelli poveri muoiono per le strade, nei fossi. Ma a Genova, nel 1497, emerge un gruppo che si dedica a questi scarti umani, li accoglie, li nutre, li cura. Animatrice: una signora di rango, Caterina Fieschi, moglie del nobile Giuliano Adorno. Li hanno sposati le famiglie e sono due malmaritati, che stanno insieme per ragioni di facciata; e delle avventure di lui parla tutta Genova.``Lei però si libera da questa situazione attraverso un’esperienza mistica che la porta a guidare in Genova la reazione evangelica alla decadenza della Chiesa, anche attraverso la dedizione agli abbandonati; a diventare riformatrice con largo anticipo, attirando nell’impresa anche il marito, e dirigendo l’impegno dei rinnovatori verso un obiettivo preciso: vivere l’esperienza dell’amore di Dio andando dai più infelici e disprezzati. "Andava lei e nettava le miserie e brutture di detti infermi e poveri... con puzze quasi intollerabili et trovava anche quelli che dicevano parole terribili di disperazione". Qui c’è un aspetto applicato della sua esperienza, che non si ferma a quest’opera com’è descritta dai suoi discepoli. Caterina è una mistica che si tuffa nella realtà, con singolari doti che nel XX secolo si chiameranno manageriali: cambia organizzazione negli ospedali, cerca il nuovo e il meglio tra medici e cure. Ma parte sempre dall’idea di Dio-Amore, di quest’amore che va trasmesso subito a tutti, cominciando dai disperati.``Il notaio e umanista genovese Ettore Vernazza, su impulso di lei, dà vita alla fraternità del Divino Amore, movimento di clero e di laici protesi a una riforma radicale della vita cristiana, che servirà di modello ad altre associazioni simili, tutte fondate sulla riforma interiore da un lato e sullo spendersi dall’altro, in ogni necessità. “Madonna Caterinetta”, come la chiamano, si ammala anche di peste curando una malata. E i suoi discepoli scrivono che, "sanata che fu, ritornò al servizio dell’hospidal con gran cura e diligenzia". Il movimento di riforma cattolica, dall’interno e senza ribellione, reagisce all’indifferenza colpevole di Roma insegnando e facendo, dando coraggio a molti cristiani anche nei tempi più demoralizzanti. Bisogna "piantare in li cori nostri il divino amore, cioè la carità". Questo è l’insegnamento di Caterina, dispensato e vissuto fino alla morte; la ricetta contro l’inerzia, la premessa per la ripresa. Morta nel 1510, Caterina Fieschi Adorno sarà canonizzata da Clemente XII nel 1737.
La Diocesi di Genova ne celebra il culto il 12 settembre.





scri30
00martedì 15 settembre 2009 09:45

Beato Cristiano da Perugia

15 settembre




Le notizie che abbiamo su questo frate non sono molte. Nacque a Perugia da nobile casato e pare abbia ricevuto l'abito religioso da s. Domenico a Bologna, dove era stato mandato dai genitori per frequentare l'università. Secondo il Fontana, lo stesso s. Domenico lo avrebbe mandato a Perugia insieme col b. Nicola da Giovinazzo, per erigervi un convento. I due domenicani conquistarono gli animi dei perugini, i quali concessero loro di scegliere il posto per la costruzione della chiesa e del convento da edificarsi a spese del comune. Nel 1235, Gregorio IX concesse un'indulgenza a coloro che avessero collaborato alla fabbrica che fu completata nel 1260 e consacrata da Clemente IV nel 1264, sebbene i frati avessero cominciato ad officiarla dal 1240, dedicandola a s. Domenico e a s. Stefano protomartire. In essa Gregorio IX canonizzò s. Elisabetta d'Ungheria, e Innocenzo IV s. Pietro martire.
Il Fontana, parlando degli uomini illustri del convento di Perugia, annovera Cristiano fra coloro che vitae sanclitate floruere, aggiungendo che ebbe particolare devozione per s. Agostino, il quale, apparendogli, lo esortò ad una vita più severa di penitenza. Fu priore del convento perugino e, come dice il necrologio, "quam plurimum gratus fratribus" e amato dai concittadini. Morì verso il 1276, dopo essere vissuto nell'Ordine cinquantacinque anni. Ebbe sepolcro comune con il b. Nicola da giovinazzo nella chiesa di S. Domenico.
I Bollandisti lo pongono tra i praetermissi con queste parole: "Vitam cum titulo Beati ad hunc diem (15 settembre) dat Jacobillus in Sanctis Umbriae". Anche il Masetti ed altri gli danno il titolo di beato.




scri30
00martedì 15 settembre 2009 09:46

Santi Emila e Geremia Martiri

15 settembre

Emila, giovane diacono e Geremia furono decapitati durante la persecuzione dei mori a Cordova.

Martirologio Romano: A Córdova nell’Andalusia in Spagna, santi martiri Emíla, diacono, e Geremia, che, durante la persecuzione dei Mori, dopo essere stati a lungo lasciati a marcire in carcere, conclusero con la decapitazione il loro martirio per Cristo.





scri30
00martedì 15 settembre 2009 09:47

Santi Francesco, Giacomo, Sancio, Ildefonso, Giovanni e Dionisio Martiri mercedari

15 settembre

+ Marocco, 1437

Catturati dai mori nelle vicinanze di Valenza in Spagna, i Santi: Francesco, Giacomo, Sancio, Ildefonso, Giovanni e Dionisio, furono poi trasportati in Marocco. Per la difesa della fede e confessione di Cristo, furono maltrattati ed infine crocifissi e onorevolmente ricevettero la corona della gloria unendosi alla grande schiera dei martiri, nell’anno 1437. L’Ordine lo festeggia il 15 settembre.






scri30
00martedì 15 settembre 2009 09:47

Beato Giordano di Pulsano Abate

15 settembre




Nacque a Monteverde, allora città episcopale (provincia di Avellino), da ragguardevole famiglia. Non può precisarsi l'anno. I genitori lo affidarono fanciullo ad uno zio in Benevento perché ne curasse l'educazione anche letteraria. Durante una malattia che lo colpi da grandicello comprese i pericoli che lo insidiavano a quella scuola; perciò, appena guarito, manifestò il proposito di partire; maltrattato per questo dallo zio, fuggí e si nascose in una selva. Fu lí che lo incontrò s. Giovanni da Matera (v.), il quale allora tornava da Capua in Puglia. Egli lo ristorò, lo condusse con sé e lo istruí nella vita monastica. In essa il giovane fece tali progressi, che Giovanni lo considerò sempre come il suo piú caro discepolo e a Pulsano lo ebbe quale valido collaboratore.
Morto Giovanni nel 1139, per unanime consenso Giordano fu chiamato a succedergli. Accettata l'elezione, non volle però presentarsi al re Ruggero, che proprio allora era stato scomunicato da Innocenzo II. Avvenuta poi la riconciliazione del papa col re, Giordano mandò Gioele con altri due monaci al monarca, che li accolse favorevolmente e promise loro, anche per reverenza alla memoria di Giovanni, il suo aiuto e la sua protezione. Con Giordano ebbe nuovo impulso la propagazione della Congregazione di Pulsano; nel 1140 ebbe dal vescovo di Troia la chiesa di S. Nicola presso Foggia; al vescovo di Piacenza concesse alcuni suoi monaci per la fondazione di un cenobio a Ponte sulla Trebbia Egli affermò il principio dell'unità e della dipendenza di tutti i monasteri della Congregazione dal l'abate di Pulsano che aveva il diritto di correzione e di visita su tutti. Il sistema fu sanzionato anche dai papi.
Dopo aver governato con saggezza e santità, Giordano morí il 15 settembre 1145 e presto fu venerato come santo. Anche oggi nella chiesa di Pulsano; son conservati i suoi resti in un altare a lui dedicato, ornato di una bella tela di scuola napoletana del sec. XVIII.
Nelle "Lezioni" del suo Ufficio, viene paragonato allo Sposo, nel quale Dio riversa tutto il suo amore. Viene indicato come un uomo giusto, ed il giusto, è come "un albero piantato``lungo il corso delle acque" che porta incessantemente frutti (Ger.17,8), e dal frutto di questi giusti nasce l'albero della vita. Cristo stesso è il frutto più bello che il cielo (Dio Padre) fa nascere dalla terra (Maria). E' ricordato nell’acta sanctorum e nel calendario liturgico il 5 di settembre, data della sua morte. Con decreto episcopale viene venerato a Monteverde (AV) nello stesso giorno.





scri30
00martedì 15 settembre 2009 09:48

Beati Giovanni Battista e Giacinto de los Ángeles Martiri indios

15 settembre


Martirologio Romano: In località Santo Domingo Xagacía in Messico, beati Giovanni Battista e Giacinto de los Ángeles, martiri, che, catechisti, crudelmente percossi per essersi rifiutati di venerare idoli pagani al posto di Cristo, imitando la sua passione meritarono di ottenere il premio della vita eterna.


Beati JUAN BAUTISTA e JACINTO DE LOS ANGELES, indios martiri

I due indios zapotechi della Sierra di Oaxaca in Messico, Juan Bautista e Jacinto de Los Angeles, sono stati beatificati da papa Giovanni Paolo II il 1° agosto 2002, nella basilica della Madonna di Guadalupe a Città del Messico.
Essi sono l’esempio più lampante di come si debba tenere fede al proprio battesimo di cristiani, rifiutando in questo caso, l’idolatria anche a costo della propria vita.
La storia dei cristiani martiri, specie dei primi secoli è densa di figure, che hanno affrontato la morte nelle più strazianti forme, pur di non rinunciare alla fede cristiana da poco abbracciata e rifiutando i riti di devozione agli idoli dell’epoca.
Così è successo secoli e secoli dopo con i due indios messicani oggi beati; nacquero intorno al 1660-63 a S. Francisco Cajonos (Oaxaca), erano dei semplici laici sposati, catechisti responsabili di una cappellania rurale, dirigevano il culto ed aiutavano il parroco; inoltre essendo cristiani maturi e di indubbia moralità e fede, avevano l’incarico di ‘fiscales’ cioè avevano il dovere di denunciare ai sacerdoti e alle autorità civili, ogni caso di spergiuro, immoralità, apostasia che venisse compiuto dalla popolazione.
Giacché vi erano stati alcuni casi di idolatria fra gli indios già convertiti al cristianesimo, essi fecero la loro denunzia; la requisizione delle offerte rituali da parte dei militari, fece infuriare la popolazione che decise di incendiare la chiesa e il convento con i padri domenicani dentro, se non gli fossero stati consegnati i due ‘fiscales’.
Il capitano comandante acconsentì e i due indios dopo aver ricevuto i sacramenti, per evitare danni ai padri si consegnarono nelle mani dei rivoltosi; furono frustati, ingiuriati e sollecitati ad abiurare il cristianesimo e ritornare ad adorare i loro idoli ancestrali; al loro diniego furono condotti nella località montuosa di S. Domingo Xagacía e qui uccisi a colpi di bastone e di machete, era il 16 settembre 1700; il monte del martirio porta ancora il nome di “Fiscal-Santo”.
Papa Giovanni Paolo II, durante la cerimonia di beatificazione ha detto: “I due beati costituiscono un esempio di come, senza mitizzare i propri costumi ancestrali, si possa giungere a Dio senza rinunciare alla propria cultura, lasciandosi però illuminare dalla luce di Cristo, che rinnova lo spirito religioso delle migliori tradizioni dei popoli”.
La festa liturgica è stata fissata al 18 settembre, al termine di una suggestiva cerimonia a cui hanno partecipato migliaia di indios delle varie etnie e provenienti da tutto il Messico.




scri30
00martedì 15 settembre 2009 09:48

Beato Ladislao (Wladyslaw) Miegon Sacerdote e martire

15 settembre

>>> Visualizza la Scheda del Gruppo cui appartiene

Samborzec, Polonia, 30 settembre 1892 – Dachau, Germania, 15 settembre 1942

Il beato Wladyslaw Miegon, sacerdote cappellano militare, nacque a Samborzec (Sandomierz) il 30 settembre 1892 e morì a Dachau, Germania, il 15 settembre 1942. Fu beatificato da Giovanni Paolo II a Varsavia (Polonia) il 13 giugno 1999 con altri 107 martiri polacchi.

Martirologio Romano: Vicino a Monaco di Baviera in Germania, beato Ladislao Miegon, sacerdote e martire, che, deportato per la sua fede dalla Polonia soggiogata da un regime nemico di Dio e degli uomini nel campo di prigionia di Dachau, pervenne attraverso le torture alla corona della gloria.





scri30
00martedì 15 settembre 2009 09:49

San Niceta il Goto Martire

15 settembre

Nord del Danubio, † 370

Nel giorno in cui la Chiesa ricorda la Beata Vergine Maria Addolorata, si festeggia anche Niceta, nato a nord del Danubio, dove allora erano accampati i Goti. La maggior parte della popolazione era pagana, mentre i cristiani si dividevano in ariani, convertiti all'inizio del secolo IV da Ulfila, e in cattolici. Tra questi ultimi c'era Niceta. Atanarico, pagano, perseguitava entrambi i gruppi, per costringerli a ritornare al paganesimo. A tale scopo fece portare fra il popolo un idolo, dando l'ordine di adorarlo. Coloro che si rifiutarono furono bruciati vivi. Anche Niceta pagò con la vita la testimonianza a Cristo. Era il 370. Il 15 settembre 375, in seguito ad uno scambio, le reliquie del martire Niceta il Goto vennero trasportate a Mopsuestia in Cilicia. Il culto del martire si diffuse soprattutto a Costantinopoli, dove fu edificata una chiesa, in cui si credeva fosse custodito il corpo del martire. Il giorno della morte è sconosciuto, per questo motivo Niceta il Goto è ricordato il 15 settembre, giorno della deposizione delle reliquie a Mopsuestia. (Avvenire)

Patronato: Melendugno (LE)

Emblema: Palma

Martirologio Romano: Sulle rive del Danubio, san Niceta il Goto, martire, che fu messo al rogo per la sua fede cattolica per ordine del re ariano Atanarico.


Anche fra i barbari vi furono dei martiri, a conferma che in ogni popolo anche se pagano, è stato necessario dare un tributo di sangue per l’affermazione della nuova religione.
Niceta era nato a Nord del Danubio, dove allora erano accampati i Goti, che erano divisi in due gruppi al comando di Fritigerno e Atanarico. La maggior parte di loro era ancora pagana, mentre gli altri si dividevano in ariani, convertiti all’inizio del secolo IV da Ulfila e in cattolici; tra questi ultimi c’era Niceta.
Atanarico, pagano, non faceva distinzione fra i due gruppi di cristiani e li perseguitava indiscriminatamente, per costringerli a ritornare al paganesimo; a tale scopo fece portare fra il popolo un idolo con l’ordine di adorarlo.
Molti si rifiutarono e quindi morirono bruciati, in buona parte nelle loro tende e fra questi Niceta; era il 370.
Il 15 settembre 375, in seguito ad uno scambio, le reliquie del martire Niceta il Goto, vennero trasportate a Mopsuestia in Cilicia.
I fatti sono riportati in un’antica ‘passio’, scritta verso la fine del secolo V a Mopsuestia; i sinassari bizantini riportano che il culto del martire si era instaurato a Costantinopoli, dove fu edificata una chiesa a lui dedicata, nei pressi di quella di S. Romano e in cui si credeva custodisse il corpo del santo martire.
Il giorno della morte è sconosciuto, pertanto s. Niceta il Goto, è ricordato al 15 settembre in ricordo della deposizione delle reliquie a Mopsuestia.




scri30
00martedì 15 settembre 2009 09:49

San Nicomede di Roma Martire

15 settembre


Emblema: Palma

Martirologio Romano: A Roma, san Nicomede, martire, il cui corpo, sepolto nel cimitero sulla via Nomentana, fu onorato dal papa Bonifacio V con una basilica sepolcrale.


Di lui si parla nella leggendaria ‘passio’ dei santi Nereo ed Achilleo composta nel V-VI secolo il cui autore, afferma che Nicomede era un sacerdote (presbitero).
Fu scoperto mentre seppelliva il corpo della martire Felicola e arrestato da un certo Flacco, giacché non volle sacrificare agli dei, fu sottoposto ad una crudele flagellazione, durante la quale morì; il suo corpo fu gettato nel Tevere; un suo chierico di nome Giusto lo recuperò e lo seppellì in un orticello lungo la via Nomentana.
L’autore della ‘passio’ non accenna al giorno della morte ma dal contesto si può desumere che fu al tempo dell’imperatore Domiziano (51-96), studi e recensioni successive ipotizzano il 15 settembre; mentre altra ‘passio’ del secolo VII pone la sua morte al 1° giugno sotto Massimiano (240-310).
Comunque sia, l’esistenza e il culto di questo martire Nicomede sono attestati da documenti degni di fede, mentre le notizie biografiche sono incerte; del resto egli è citato in almeno otto 'Martirologi' storici, in quello ‘Romano’ è rimasta la sua festa al 15 settembre.
Già nel secolo VII, si sa che i pellegrini veneravano, sulla via Nomentana, il sepolcro del martire, sul quale il papa Bonifacio V (619-625) aveva fatta erigere una basilica, restaurata poi da Adriano I (†795).





scri30
00martedì 15 settembre 2009 09:50

Beato Paolo Manna Missionario

15 settembre

Avellino, 16 gennaio 1872 - Napoli, 15 settembre 1952

Missionario in Birmania ( Myanmar ). Superiore Generale del P.I.M.E. Fondatore della Pontificia Unione Missionaria.

Martirologio Romano: A Napoli, beato Paolo Manna, sacerdote del Pontificio Istituto per le Missioni Estere, che, lasciato il ministero di missionario in Birmania a causa della sua malferma salute, si adoperò molto per l’opera di evangelizzazione, dedicandosi con grande zelo alla predicazione della parola di Dio e alla promozione dell’unità dei cristiani.


Il Beato Padre Paolo Manna nacque ad Avellino il 16 gennaio 1872. Dopo gli studi elementari e tecnici ad Avellino e a Napoli proseguì i suoi studi a Roma. Mentre frequentava l'Università Gregoriana per la Filosofia, seguendo la chiamata del Signore, nel settembre 1891 entrò nel Seminario dell'Istituto Missioni Estere a Milano per i corsi teologici. Il 19 maggio 1894 ricevette l'ordinazione sacerdotale nel Duomo di Milano.``
Il 27 settembre 1895 partì per la Missione di Toungoo nella Birmania Orientale. Vi lavorò a tre riprese per un decennio, fino a che nel 1907 per grave malattia rimpatriò definitivamente.``
Dal 1909 in poi, per oltre quarant'anni, si dedicò con tutte le sue forze, con gli scritti e con le opere, a diffondere l'idea missionaria tra il popolo ed il clero. Per "risolvere nel modo più radicale possibile il problema della cooperazione dei cattolici all'apostolato", nel 1916 fondò l'Unione Missionaria del Clero, elevata da Pio XII a "Pontificia" nel 1956. Il suo principio era che un clero missionario avrebbe animato missionariamente tutto il popolo cristiano. Oggi L’Unione Missionaria del Clero è diffusa in tutto il mondo cattolico ed accoglie nelle sue file anche seminaristi, religiosi, religiose e laici consacrati.``
Direttore di " Le Missioni Cattoliche" nel 1909, nel 1914 fondò "Propaganda Missionaria", foglio popolare a larghissima diffusione, e nel 1919 anche "Italia Missionaria" per la gioventù.``
Su incarico della S.C. de Propaganda Fide, per un maggiore sviluppo missionario del Sud d'Italia, il Padre Manna aprì a Ducenta (Caserta ) il Seminario Meridionale "S.Cuore" per le Missioni Estere, progetto da tanto tempo da lui caldeggiato.``
Nel 1924 venne eletto Superiore Generale dell'Istituto Missioni Estere di Milano, che nel 1926, per l'unione col Seminario Missionario di Roma, per volontà di Pio XI diventò il Pontificio Istituto Missioni Estere ( P.I.M.E.).``
Su mandato dell'Assemblea Generale del P.I.M.E. (1934), nel 1936 ebbe parte di primo piano alla fondazione delle Missionarie dell' Immacolata.``
Dal 1937 al 1941 diresse il Segretariato Internazionale dell'Unione Missionaria del Clero.``
Eretta nel 1943 la Provincia P.I.M.E dell’Italia Meridionale, Padre Manna ne divenne primo Superiore, trasferendosi così a Ducenta, ove fondò pure "Venga il tuo regno", periodico missionario per le famiglie.``
P. Manna ha avuto una grande attività di scrittore e pubblicista con opuscoli e libri, che hanno lasciato una traccia duratura, come " Operarii autem pauci", " I Fratelli separati e noi" , " Le nostre Chiese e la propagazione del Vangelo", e " Virtù Apostoliche ". Formulò anche proposte innovative circa i metodi missionari, precorrendo il Vaticano II. Ma soprattutto rimane di lui l'esempio d'una vita interamente animata da una totale passione missionaria, che nessuna prova o malattia potè mai diminuire. Giustamente fu definito dal Tragella, suo primo biografo, "Un'anima di fuoco". Il suo motto sino alla fine fu: "Tutta la Chiesa per tutto il mondo!".``
Padre Paolo Manna morì a Napoli il 15 settembre 1952. Le sue spoglie riposano a Ducenta, nel “suo Seminario” che il 13 dicembre 1990 venne visitato da Papa Giovanni Paolo II.``
Iniziate a Napoli nel 1971 le pratiche per la Causa di Beatificazione, si sono concluse a Roma il 24 aprile 2001 col decreto papale sul miracolo attribuito al Servo di Dio.



scri30
00martedì 15 settembre 2009 09:51

Beato Pasquale Penades Jornet Sacerdote e martire

15 settembre

>>> Visualizza la Scheda del Gruppo cui appartiene


Martirologio Romano: Nel villaggio di Llosa de Ranes nel territorio di Valencia in Spagna, beato Pasquale Penadés Jornet, sacerdote e martire, che, durante la persecuzione, con il suo combattimento terreno giunse alla pienezza della salvezza eterna.







scri30
00martedì 15 settembre 2009 09:51

Beato Rolando (Orlando) de' Medici Eremita

15 settembre

m. 15 settembre 1386

Nato dalla famiglia milanese de' Medici, si ritirò nei boschi tra Tabiano e Salsomaggiore. Morto nel 1386, riposa a Busseto.

Etimologia: Orlando = che dà gloria alla patria, dal tedesco

Martirologio Romano: A Busseto vicino a Fidenza in Emilia, beato Rolando de’ Medici, anacoreta, che visse in sommo spirito di penitenza tra luoghi impervi e deserti delle Alpi, conversando soltanto con Dio.


Nato dalla famiglia de’ Medici di Milano, a trent’anni circa, nel 1360 spinto dal desiderio di una vita santa si ritirò in vita eremitica nei boschi tra Tabiano e Salsomaggiore nei pressi di Bargone, castello dei Pallavicino. Visse per ventisei anni in continuo silenzio nutrendosi di ciò che il bosco gli offriva e in inverno chiedeva a gesti qualcosa da mangiare; non ricevette carità in quanto la sua vita e il suo modo di presentarsi dava solo il senso della pazzia: spesso fu percosso a sangue. Vestiva con l’abito con quale inizio la sua vita eremita, poi rattoppato con foglie, ed infine con una pelle di capra.
La sua vita fu una continua preghiera e contemplazione: contemplava nel creato e negli astri il suo Creatore. Sfinito dalle penitenze fu trovato quasi morto presso il castello di Bargone. Portato nella chiesa del castello sciolse il suo silenzio durante la visita del carmelitano Domenico de Dominicis di Cremona: qui giustificò la sua impossibilità di riceve i Sacramenti durante la sua vita eremita, che ricevette volentieri.
Un periodo di riposo allungò la sua vita che si spense il 15 settembre 1386. Fu sepolto a Busseto nella Chiesa della SS. Trinità attigua alla parrocchiale di san Bartolomeo.
Il culto fu prestato fin dalla morte, anche se la Chiesa riconobbe il culto al beato Rolando de’ Medici solo il 25 settembre 1853 dopo un lungo processo di canonizzazione iniziato nel 1563. Il martirologio lo ricorda il 15 settembre.



 




scri30
00martedì 15 settembre 2009 09:52

Santi Stratone, Valerio, Macrobio e Gordiano Martiri

15 settembre


Martirologio Romano: A Costanza in Scizia, nell’odierna Romania, santi Stratone, Valerio, Macrobio e Gordiano, martiri che si tramanda abbiano subito la passione sotto l’imperatore Licinio.





scri30
00martedì 15 settembre 2009 09:52

Beato Tommasuccio di Foligno (da Nocera)

15 settembre




Nacque a Nocera Umbra nel 1319. Quando era ancora molto giovane si ritirò a Serra Santa , nei pressi di Gualdo Tadino, sempre in Umbria. Dedicò tutta la sua vita alla predicazione itinerante in Umbria e soprattutto in Toscana. Morì a Foligno. Il corpo del Beato, che faceva parte dell’Ordine francescano, è sepolto all’interno della chiesa di Sant’Agostino a Foligno. Un ritratto del Beato Tomassuccio si trova all’interno del convento di San Bartolomeo a Foligno.




scri30
00martedì 15 settembre 2009 09:53

San Valeriano di Tournus Martire

15 settembre


Martirologio Romano: A Tournus lungo la Saône nella Gallia lugdunense, ora in Francia, san Valeriano, martire.





Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 01:16.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com