19 GIUGNO

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scri789
00domenica 19 giugno 2011 09:50

San Romualdo Abate

19 giugno - Memoria Facoltativa

Ravenna, ca. 952 - Val di Castro (Marche), 19 giugno 1027

Nobile, divenne eremita e dopo l'esperienza in Spagna, nei pressi di monastero sotto l'influenza di Cluny, iniziò una serie di peregrinazioni lungo l' Appennino con lo scopo di riformare monasteri ed eremi sul modello degli antichi cenobi dell'Oriente. La sua fama e il suo carisma lo misero più volte in contatto con i potenti, principi e prelati. Convertì Ottone III che lo nominò abate di S. Apollinare in Classe, carica che Romualdo rifiutò clamorosamente dopo un anno rifugiandosi a Montecassino dove portò il suo rigore ascetico. Riprese le sue peregrinazioni fondando numerosi eremi, l'ultimo dei quali fu Camaldoli. Questo nome deriva dal campo che un tale Maldolo aveva donato a Romualdo, in cerca di solitudine.

Etimologia: Romualdo = che regna glorioso, dal tedesco

Emblema: Bastone pastorale, Scala

Martirologio Romano: San Romualdo, anacoreta e padre dei monaci Camaldolesi, che, originario di Ravenna, desideroso di abbracciare la vita e la disciplina eremitica, girò l’Italia per molti anni, costruendo piccoli monasteri e promovendo ovunque assiduamente tra i monaci la vita evangelica, finché nel monastero di Val di Castro nelle Marche mise felicemente fine alle sue fatiche.

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Un mattino del settembre 978 corre a Venezia l’allarme: "E’ sparito il Doge!". Ed è vero: Pietro Orseolo I, da due anni in carica, è fuggito nella notte, diretto a un lontano monastero dei Pirenei. Ha pochi accompagnatori, tra cui il giovane monaco Romualdo, figlio del duca Sergio di Ravenna. Perché? L’Orseolo è diventato Doge dopo l’assassinio del predecessore, Pietro Candiano IV. Non è chiaro se abbia a che fare col delitto, ma l’imperatore Ottone II minaccia vendette. E allora lui, "sacrificando sé stesso, evitava al popolo pericoli, lotte intestine, attacchi esterni" (A. Zorzi, La Repubblica del leone). Nel monastero pirenaico Romualdo aiuta e assiste l’ex Doge, che muore nel 987-88 da semplice monaco (e la Chiesa lo venera come santo dal 1731).
Romualdo torna poi a Ravenna, ma non si ferma in quello che fu il suo primo monastero, Sant’Apollinare in Classe. Anzi, in verità non si ferma da nessuna parte. Diventato monaco (insieme a suo padre) dopo uno scontro sanguinoso in cui era coinvolto il suo casato, s’impone una vita severa di penitenza, preghiera e meditazione. Ma spesso lo chiamano a incombenze ecclesiastiche e politiche, per le sue relazioni con le grandi famiglie del tempo. Lui accetta per dovere, ma con l’ansia di tornare via al più presto: la sua vera casa sono gli isolotti del delta padano, le alture degli Appennini e, per qualche tempo, le coste istriane: luoghi meravigliosi per la sua solitudine, che però non dura. Arriva sempre gente che cerca Romualdo, che ha bisogno di Romualdo. Certi monaci vogliono crearsi un cenobio? E lui li aiuta, poi si ripete con altri, e infine passa la vita a fondarne da ogni parte. Sempre piccoli, però: non sopporta monasteri grossi e monaci all’ingrosso, e ha scontri continui con personaggi scadenti, o peggio: un abate, che si è comprato la carica, tenta pure di strangolarlo.
Sempre esigente e sempre con progetti: come quello, irrealizzato, di guidare spedizioni missionarie in Nord Europa. Nel 1012 scopre la meraviglia dell’Appennino casentinese (Arezzo) e vi fa sorgere, a 1098 metri, un piccolo eremo. Trecento metri più sotto edifica poi un monastero. E così nasce Camaldoli, centro di preghiera e di cultura ancora nel XX secolo. Costruire, avviare una convivenza, insegnare (ma alla predica preferisce il colloquio). Partenze e arrivi ritmano la vita di Romualdo, che si conclude in un altro monastero fondato da lui: quello marchigiano di Val di Castro. Qui egli muore da eremita qualsiasi, in una piccola cella. Ma “viaggerà” ancora: nel 1480, infatti, due monaci di Sant’Apollinare in Classe porteranno di nascosto le sue spoglie a Jesi. Ma già l’anno dopo verranno riportate, e per sempre, nella chiesa camaldolese di San Biagio a Fabriano. La Chiesa lo venera come santo dal 1595, per decisione di Clemente VIII.





scri789
00domenica 19 giugno 2011 09:51

Santissima Trinità

19 giugno (celebrazione mobile)

Martirologio Romano: Solennità della santissima e indivisa Trinità, in cui professiamo e veneriamo Dio uno e trino e la Trinità nell’unità.

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La solennità della Santissima Trinità è la festa del "Dio unico in Tre Persone". Con questo è già detto tutto, ma tutto resta ancora da capire, accogliere con amore, adorare nella contemplazione. Il tema ha una importanza centrale sul fronte missionario. Si afferma, con facilità, che tutti i popoli - anche i non cristiani - sanno che Dio esiste e che anche i 'pagani' credono in Dio. Questa verità condivisa – pur con alcune differenze, riserve e la necessità di purificare immagini e rapporti - è la base che rende possibile il dialogo fra le religioni, e in particolare il dialogo fra i cristiani e i seguaci di altre religioni. Sulla base di un Dio unico comune a tutti, è possibile tessere un'intesa fra i popoli in vista di azioni concertate a favore della pace, in difesa di diritti umani, per la realizzazione di progetti di sviluppo e crescita umana e sociale. Su questo fronte abbiamo visto gesti coraggiosi e positivi di intesa e collaborazione, promossi anche da grandi Papi, come Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo II; ma sempre nella chiara consapevolezza che tutto questo è soltanto una parte dell'azione evangelizzatrice della Chiesa nel mondo.

Per un cattolico l'orizzonte di relazioni fondate sull'esistenza di un Dio unico non è sufficiente, e tanto meno lo è per un missionario cosciente della straordinaria rivelazione ricevuta per mezzo di Gesù Cristo, rivelazione che abbraccia tutto il mistero di Dio, nella sua unità e trinità. Il Vangelo che il missionario porta al mondo, oltre a rafforzare e perfezionare la comprensione del monoteismo, apre all'immenso, sorprendente mistero del Dio-comunione di Persone. La parola 'mistero' è da intendersi più per ciò che rivela che per quello che nasconde. In questa materia è meglio lasciare la parola ai mistici. Per S. Giovanni della Croce "c'è ancora molto da approfondire in Cristo. Questi infatti è come una miniera ricca di immense vene di tesori, dei quali, per quanto si vada a fondo, non si trova la fine; anzi in ciascuna cavità si scoprono nuovi filoni di ricchezze". Rivolgendosi alla Trinità, S. Caterina da Siena esclama: "Tu, Trinità eterna, sei come un mare profondo, in cui più cerco e più trovo, e quanto più trovo, più cresce la sete di cercarti. Tu sei insaziabile; e l'anima, saziandosi nel tuo abisso, non si sazia, perché permane nella fame di te, sempre più te brama, o Trinità eterna".

La rivelazione cristiana del Dio trino offre parametri nuovi sul mistero di Dio. Sia in se stesso, sia nei suoi rapporti con l'uomo e il creato, come pure per le relazioni fra le persone umane. Un anonimo ha trasmesso il seguente dialogo, scarno ma essenziale, tra un musulmano e un cristiano.
- Diceva un musulmano: "Dio, per noi, è uno; come potrebbe avere un figlio?"
- Rispose un cristiano: "Dio, per noi, è amore; come potrebbe essere solo?"
Si tratta di una forma stilizzata di 'dialogo interreligioso', che manifesta una verità fondamentale del Dio cristiano, capace di arricchire anche il monoteismo ebraico, musulmano e delle altre religioni. Infatti, il Dio rivelato da Gesù (Vangelo) è soprattutto Dio-amore (cf. Gv 3,16; 1Gv 4,8). È un Dio unico, in una piena comunione di Persone. Egli si rivela a noi soprattutto come un "Dio misericordioso e pietoso" (I lettura); "Dio ricco di misericordia" (Ef 2,4).

È questo il vero volto di Dio che tutti i popoli hanno il diritto e il bisogno di conoscere * dai missionari della Chiesa. Per questo, afferma il Concilio, "la Chiesa pellegrinante è missionaria per sua natura, in quanto essa trae origine dalla missione del Figlio e dalla missione dello Spirito Santo, secondo il progetto di Dio Padre" (Ad Gentes 2). Nei primi numeri dello stesso Decreto il Concilio spiega l'origine e il fondamento trinitario della missione universale della Chiesa, offrendo, tra l'altro, una delle più alte sintesi teologiche di tutto il Concilio.





scri789
00domenica 19 giugno 2011 09:52

Sant' Abgar V Ukama (il Nero) Re di Edessa

19 giugno

I secolo


Re di Edessa nell'Osroene dal 4 a. C. al 7 d. C. e, nuovamente, dal 13 al 50 d.C. Intorno a lui fiorì la leg­genda di una sua corrispondenza epistolare con Gesù. La prima notizia ci è data da Eusebio (Hist. eccl., I, 13, 5), che dice di aver notato negli archivi della corte reale di Edessa il testo siriaco di tale corrispondenza, di cui anche dà la fedele traduzione greca. Il re, avendo udito delle virtù miracolose di Gesù, gli scrive di recarsi da lui per guarirlo da una malattia incurabile, forse la lebbra. Gesù gli risponde che gli è impossibile lasciare la Palestina, ma che dopo l'Ascensione uno dei suoi discepoli sarà inviato a Edessa e lo guarirà. E la narrazione continua dicendo come realmente Taddeo, uno dei settanta discepoli, giunge a Edessa, ridona la salute al re e evangelizza la città.
Lo stesso episodio è narrato anche nella Dottrina di Addai, scritto apocrifo del sec. IV-V, solo che qui Gesù risponde oralmente al corriere che gli consegna la lettera di Abgar. In compenso questo corriere è un valente ritrattista e coglie l'occasione per tramandarci il volto di Gesù nella famosa Im­magine Edessena. Questo racconto, specie per quel che riguarda la corrispondenza epistolare tra Abgar e Gesù, suscitò forti riserve fin dall'antichità, so­prattutto in Occidente, e oggi è generalmente rite­nuto apocrifo. Si crede possa essersi formato sotto l'impressione della conversione, del resto molto pro­blematica, di Abgar IX, re di Edessa dal 179 al 216 d.C.
L'episodio ha dato un notevole lustro agiografico al re Abgar, che è talvolta decorato del titolo di santo o di beato. Così egli è potuto anche entrare, insieme con il racconto della corrispondenza con Gesù, in varie liturgie orientali, quali la sira e l'armena. Il Sinassario della Chiesa di Costantino­poli lo ricorda al 19 giugno, al 16 e al 21 agosto. Un culto meno ufficiale fu pure riservato alla let­tera di Gesù, che era considerata come potente talismano contro un gran numero di mali. Se ne hanno tracce fino in Inghilterra, anche in tempi molto vicini a noi.




scri789
00domenica 19 giugno 2011 09:53

Beato Arnaldo de Liniberio Mercedario

19 giugno

Il beato Arnaldo de Liniberio fu il IV° priore del convento mercedario di Barcellona, come redentore liberò 156 schiavi in Marocco e 32 a Granada. Religioso pieno di benevolenza verso tutti, anche verso i mori; colmo di virtù e opere sante morì santamente nella pace del Signore e fu sepolto vicino all’altare della chiesa del suo convento in Barcellona.
L’Ordine lo festeggia il 19 giugno.




scri789
00domenica 19 giugno 2011 09:54

San Buonmercato di Ferrara Chierico

19 giugno


Un linciaggio dell’epoca è alla base del culto del giovane chierico Buonmercato, egli viveva con il rettore della chiesa di S. Maria del Pino, già esistente nei pressi di S. Maria Nuova di Ferrara; quando successe che nel 1378, il rettore venisse derubato ed ucciso; la folla accorsa prese Buonmercato e lo interrogò sul nome dell'aggressore; ma il giovane chierico che non sapeva niente rispose: "Dio lo sa".
Fu preso a pugni e calci perché rivelasse il nome ed infine ritenuto colpevole, fu sgozzato. Morì perdonando e raccomandandosi a Dio il 19 giugno 1378.
Nel giorno stesso dell’uccisione cominciarono i primi miracoli, un bambino deceduto e che veniva portato a seppellire, risuscitò proclamando l’innocenza del giovane chierico; nel momento della sua morte, la regina di Cipro Valentina (1372-83) di passaggio a Ferrara, vide gli angeli recare in cielo la sua anima; chiese di portare con sé il corpo, ma giunta vicino alla chiesa agostiniana di S. Barnaba, non poté più proseguire inspiegabilmente; allora il corpo fu deposto in un sarcofago e portato all’interno della chiesa, dove divenne meta di devoti pellegrinaggi.
Le reliquie furono rubate nel 1492 e papa Innocenzo VIII emanò un ‘Breve’ il 5 maggio per scomunicare gli ignoti ladri, l’atto ebbe il suo effetto e il corpo fu ritrovato e quindi il 19 settembre 1492 fu trasferito nella nuova chiesa delle suore agostiniane, dedicata a S. Agostino.
La ‘Vita’ di s. Buonmercato venne scritta per la prima volta da una suora agostiniana verso il 1574, anno in cui la forte devozione dei fedeli verso il santo giovane conobbe un’ascesa, tale da indurre il visitatore apostolico Giovanni Battista Maremonti, a disporre che il corpo del santo venisse protetto da una grata per evitare indecorose forme di venerazione.
Le reliquie vennero trasferite nel 1808 nel monastero del ‘Corpus Domini’, poi in quello di S. Vito e infine nella attuale chiesa di S. Apollonia, esposte alla venerazione dei fedeli in un cappella laterale.
Anche il culto ebbe alti e bassi, proibito dai vescovi nel 1656 e 1689, fu riammesso nel 1766, 1777 e 1783 dagli arcivescovi dell’epoca.
Grande devota del santo fu Isabella del Balzo, moglie del re di Napoli Federico d’Aragona, la quale rimasta vedova nel 1504, si ritirò nel monastero di S. Agostino di Ferrara dov’era il corpo del santo, rimanendovi fino alla morte (1533).
La festa liturgica è al 19 giugno.


 


scri789
00domenica 19 giugno 2011 09:55

Beata Candida da Milazzo Terziaria minima

19 giugno

sec. XV


Una antichissima ed ininterrotta tradizione milazzese ci consegna la figura di Candida, venerata con il titolo di Beata, il cui corpo si conserva presso il Santuario di San Francesco da Paola in Milazzo.
Giovane milazzese vissuta nel XV secolo, sarebbe stata una delle prime discepole di San Francesco da Paola, avendo avuto il privilegio di conoscere il Santo durante il suo soggiorno a Milazzo, protrattosi tra il 1464 e il 1468.
Alla partenza del Santo dalla Città Gli avrebbe chiesto un ricordo, ed il Taumaturgo Paolano avrebbe accondisceso a tale richiesta, imprimendo prodigiosamente la propria immagine sulla porta di casa di Candida. Detta tavola era venerata sull'altare maggiore del Santuario sino a quando non andò perduta nell'incendio del 1908.
Alla pia devota di San Francesco, spentasi in odore di santità nel 1470, fu data sepoltura in una tomba isolata, ricavata nella pavimentazione della Chiesa, e, quando intorno al 1765 il Santuario fu oggetto di importanti lavori di ristrutturazione, le spoglie mortali di Candida furono ritrovate in ottime condizioni nonostante fossero trascorsi circa tre secoli dalla morte.
A seguito del ritrovamento delle venerate reliquie si ritenne opportuno ricomporre il corpo di Candida rivestendolo con gli abiti dell'epoca, con il volto ed i piedi ricoperti da una patina di cera policroma, adagiato nella posa della dormitio e riponendo accanto un piccolo vaso contenente il sangue della Beata. Nella mano destra della Beata fu posta la riproduzione di una palma, simbolo cristiano della vittoria dei Santi sulla morte, mentre il capo fu cinto da una coroncina di fiori, immagine convenzionale del candore verginale.
Le venerate spoglie furono poste quindi nell'urna in legno e vetro in cui ancor oggi si conservano, e all'urna furono apposti i sigilli del Prefetto del Sacrario Apostolico. Ad attestare l'autenticità delle reliquie fu stilato il documento di autentica a firma dello stesso Prefetto Fra' Saverio Cristiani, Vescovo di Porfiria, datato 19 Giugno 1784.
Con l'elevazione di Candida all’onore di beata l'urna fu riposta nella piccola cappella laterale che si apre vicino all'ingresso principale. A seguito dei lavori di ridimensionamento della cappelletta, attuati nella prima metà del Novecento, l'urna fu collocata sotto l'altare del SS. Crocifisso della medesima cappelletta, ove rimase sino al Settembre 2004.
Il nuovo Rettore del Santuario, a seguito del proprio insediamento, ritenne necessario compiere una nuova traslatio per rimuovere le reliquie dal pietoso stato in cui versavano, nascoste dai ponteggi e sommerse dai calcinacci, provvedendo a una più dignitosa collocazione in corrispondenza di un vano murario della Chiesa, nello spazio originariamente occupato da un confessionale, a sua volta ricollocato in prossimità della sagrestia.
Per antica consuetudine, presso il Santuario, si fa memoria della Beata Candida il 19 Giugno di ogni anno, risalendo al 19 Giugno del 1784 l'ultimo atto ufficiale della Chiesa, con il quale si ebbe la ripresa del culto relativo alla pia devota del Santo Taumaturgo Paolano.
La pietà popolare milazzese riserva una venerazione particolare al corpo della Beata, nonostante l'esiguità delle informazioni sulla sua esperienza terrena, ritenendo attestazione di garanzia della fedeltà agli insegnamenti evangelici e della sua santità la vicinanza spirituale ad un campione della Carità come San Francesco da Paola.


scri789
00domenica 19 giugno 2011 09:56

San Donato di St-Diè Vescovo

19 giugno

m. 679 circa

Martirologio Romano: Sui monti Vosgi in Burgundia, nel territorio dell’odierna Francia, san Deodato, vescovo di Nevers, che si tramanda abbia fondato in questo luogo un monastero che prese poi il suo nome.


 


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