19 giugno

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Stellina788
00venerdì 19 giugno 2009 10:31

Sant' Abgar V Ukama (il Nero) Re di Edessa

19 giugno

I secolo


Re di Edessa nell'Osroene dal 4 a. C. al 7 d. C. e, nuovamente, dal 13 al 50 d.C. Intorno a lui fiorì la leg­genda di una sua corrispondenza epistolare con Gesù. La prima notizia ci è data da Eusebio (Hist. eccl., I, 13, 5), che dice di aver notato negli archivi della corte reale di Edessa il testo siriaco di tale corrispondenza, di cui anche dà la fedele traduzione greca. Il re, avendo udito delle virtù miracolose di Gesù, gli scrive di recarsi da lui per guarirlo da una malattia incurabile, forse la lebbra. Gesù gli risponde che gli è impossibile lasciare la Palestina, ma che dopo l'Ascensione uno dei suoi discepoli sarà inviato a Edessa e lo guarirà. E la narrazione continua dicendo come realmente Taddeo, uno dei settanta discepoli, giunge a Edessa, ridona la salute al re e evangelizza la città.
Lo stesso episodio è narrato anche nella Dottrina di Addai, scritto apocrifo del sec. IV-V, solo che qui Gesù risponde oralmente al corriere che gli consegna la lettera di Abgar. In compenso questo corriere è un valente ritrattista e coglie l'occasione per tramandarci il volto di Gesù nella famosa Im­magine Edessena. Questo racconto, specie per quel che riguarda la corrispondenza epistolare tra Abgar e Gesù, suscitò forti riserve fin dall'antichità, so­prattutto in Occidente, e oggi è generalmente rite­nuto apocrifo. Si crede possa essersi formato sotto l'impressione della conversione, del resto molto pro­blematica, di Abgar IX, re di Edessa dal 179 al 216 d.C.
L'episodio ha dato un notevole lustro agiografico al re Abgar, che è talvolta decorato del titolo di santo o di beato. Così egli è potuto anche entrare, insieme con il racconto della corrispondenza con Gesù, in varie liturgie orientali, quali la sira e l'armena. Il Sinassario della Chiesa di Costantino­poli lo ricorda al 19 giugno, al 16 e al 21 agosto. Un culto meno ufficiale fu pure riservato alla let­tera di Gesù, che era considerata come potente talismano contro un gran numero di mali. Se ne hanno tracce fino in Inghilterra, anche in tempi molto vicini a noi.


Stellina788
00venerdì 19 giugno 2009 10:32

Beato Arnaldo de Liniberio Mercedario

19 giugno

Il beato Arnaldo de Liniberio fu il IV° priore del convento mercedario di Barcellona, come redentore liberò 156 schiavi in Marocco e 32 a Granada. Religioso pieno di benevolenza verso tutti, anche verso i mori; colmo di virtù e opere sante morì santamente nella pace del Signore e fu sepolto vicino all’altare della chiesa del suo convento in Barcellona.
L’Ordine lo festeggia il 19 giugno.



Stellina788
00venerdì 19 giugno 2009 10:34

San Buonmercato di Ferrara Chierico

19 giugno


Un linciaggio dell’epoca è alla base del culto del giovane chierico Buonmercato, egli viveva con il rettore della chiesa di S. Maria del Pino, già esistente nei pressi di S. Maria Nuova di Ferrara; quando successe che nel 1378, il rettore venisse derubato ed ucciso; la folla accorsa prese Buonmercato e lo interrogò sul nome dell'aggressore; ma il giovane chierico che non sapeva niente rispose: "Dio lo sa".
Fu preso a pugni e calci perché rivelasse il nome ed infine ritenuto colpevole, fu sgozzato. Morì perdonando e raccomandandosi a Dio il 19 giugno 1378.
Nel giorno stesso dell’uccisione cominciarono i primi miracoli, un bambino deceduto e che veniva portato a seppellire, risuscitò proclamando l’innocenza del giovane chierico; nel momento della sua morte, la regina di Cipro Valentina (1372-83) di passaggio a Ferrara, vide gli angeli recare in cielo la sua anima; chiese di portare con sé il corpo, ma giunta vicino alla chiesa agostiniana di S. Barnaba, non poté più proseguire inspiegabilmente; allora il corpo fu deposto in un sarcofago e portato all’interno della chiesa, dove divenne meta di devoti pellegrinaggi.
Le reliquie furono rubate nel 1492 e papa Innocenzo VIII emanò un ‘Breve’ il 5 maggio per scomunicare gli ignoti ladri, l’atto ebbe il suo effetto e il corpo fu ritrovato e quindi il 19 settembre 1492 fu trasferito nella nuova chiesa delle suore agostiniane, dedicata a S. Agostino.
La ‘Vita’ di s. Buonmercato venne scritta per la prima volta da una suora agostiniana verso il 1574, anno in cui la forte devozione dei fedeli verso il santo giovane conobbe un’ascesa, tale da indurre il visitatore apostolico Giovanni Battista Maremonti, a disporre che il corpo del santo venisse protetto da una grata per evitare indecorose forme di venerazione.
Le reliquie vennero trasferite nel 1808 nel monastero del ‘Corpus Domini’, poi in quello di S. Vito e infine nella attuale chiesa di S. Apollonia, esposte alla venerazione dei fedeli in un cappella laterale.
Anche il culto ebbe alti e bassi, proibito dai vescovi nel 1656 e 1689, fu riammesso nel 1766, 1777 e 1783 dagli arcivescovi dell’epoca.
Grande devota del santo fu Isabella del Balzo, moglie del re di Napoli Federico d’Aragona, la quale rimasta vedova nel 1504, si ritirò nel monastero di S. Agostino di Ferrara dov’era il corpo del santo, rimanendovi fino alla morte (1533).
La festa liturgica è al 19 giugno.


Stellina788
00venerdì 19 giugno 2009 11:08

Beata Candida da Milazzo Terziaria minima

19 giugno

sec. XV


Una antichissima ed ininterrotta tradizione milazzese ci consegna la figura di Candida, venerata con il titolo di Beata, il cui corpo si conserva presso il Santuario di San Francesco da Paola in Milazzo.
Giovane milazzese vissuta nel XV secolo, sarebbe stata una delle prime discepole di San Francesco da Paola, avendo avuto il privilegio di conoscere il Santo durante il suo soggiorno a Milazzo, protrattosi tra il 1464 e il 1468.
Alla partenza del Santo dalla Città Gli avrebbe chiesto un ricordo, ed il Taumaturgo Paolano avrebbe accondisceso a tale richiesta, imprimendo prodigiosamente la propria immagine sulla porta di casa di Candida. Detta tavola era venerata sull'altare maggiore del Santuario sino a quando non andò perduta nell'incendio del 1908.
Alla pia devota di San Francesco, spentasi in odore di santità nel 1470, fu data sepoltura in una tomba isolata, ricavata nella pavimentazione della Chiesa, e, quando intorno al 1765 il Santuario fu oggetto di importanti lavori di ristrutturazione, le spoglie mortali di Candida furono ritrovate in ottime condizioni nonostante fossero trascorsi circa tre secoli dalla morte.
A seguito del ritrovamento delle venerate reliquie si ritenne opportuno ricomporre il corpo di Candida rivestendolo con gli abiti dell'epoca, con il volto ed i piedi ricoperti da una patina di cera policroma, adagiato nella posa della dormitio e riponendo accanto un piccolo vaso contenente il sangue della Beata. Nella mano destra della Beata fu posta la riproduzione di una palma, simbolo cristiano della vittoria dei Santi sulla morte, mentre il capo fu cinto da una coroncina di fiori, immagine convenzionale del candore verginale.
Le venerate spoglie furono poste quindi nell'urna in legno e vetro in cui ancor oggi si conservano, e all'urna furono apposti i sigilli del Prefetto del Sacrario Apostolico. Ad attestare l'autenticità delle reliquie fu stilato il documento di autentica a firma dello stesso Prefetto Fra' Saverio Cristiani, Vescovo di Porfiria, datato 19 Giugno 1784.
Con l'elevazione di Candida all’onore di beata l'urna fu riposta nella piccola cappella laterale che si apre vicino all'ingresso principale. A seguito dei lavori di ridimensionamento della cappelletta, attuati nella prima metà del Novecento, l'urna fu collocata sotto l'altare del SS. Crocifisso della medesima cappelletta, ove rimase sino al Settembre 2004.
Il nuovo Rettore del Santuario, a seguito del proprio insediamento, ritenne necessario compiere una nuova traslatio per rimuovere le reliquie dal pietoso stato in cui versavano, nascoste dai ponteggi e sommerse dai calcinacci, provvedendo a una più dignitosa collocazione in corrispondenza di un vano murario della Chiesa, nello spazio originariamente occupato da un confessionale, a sua volta ricollocato in prossimità della sagrestia.
Per antica consuetudine, presso il Santuario, si fa memoria della Beata Candida il 19 Giugno di ogni anno, risalendo al 19 Giugno del 1784 l'ultimo atto ufficiale della Chiesa, con il quale si ebbe la ripresa del culto relativo alla pia devota del Santo Taumaturgo Paolano.
La pietà popolare milazzese riserva una venerazione particolare al corpo della Beata, nonostante l'esiguità delle informazioni sulla sua esperienza terrena, ritenendo attestazione di garanzia della fedeltà agli insegnamenti evangelici e della sua santità la vicinanza spirituale ad un campione della Carità come San Francesco da Paola.



Stellina788
00venerdì 19 giugno 2009 11:09

San Donato di St-Diè Vescovo

19 giugno

m. 679 circa

Martirologio Romano: Sui monti Vosgi in Burgundia, nel territorio dell’odierna Francia, san Deodato, vescovo di Nevers, che si tramanda abbia fondato in questo luogo un monastero che prese poi il suo nome.


scri30
00venerdì 19 giugno 2009 11:10

Beato Gerlando d’Alemagna Cavaliere di Malta

19 giugno

XIII secolo

Martirologio Romano: A Caltagirone in Sicilia, traslazione del beato Gerlando, che, cavaliere dell’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme, si dedicò con amore alle vedove e agli orfani.


Le fonti più antiche affermano che il Beato Gerlando di Alemagna, presumibilmente di origini polacche, fosse un cavaliere dell’Ordine degli Ospitalieri di San Giovanni di Gerusalemme, più tardi detti poi Cavalieri di Malta. Giunto in Sicilia al tempo dell’imperatore Federico II Barbarossa, prese dimora presso la chiesetta della Madonna del Tempio a pochi chilometri da Caltagirone, della quale divenne custode, attività consona al suo Ordine di appartenenza. Con amore si fece protettore delle vedove e dei bambini orfani, ed allo stesso tempo si cimentava in aspre pratiche di penitenza.
Morì verso l’anno 1279 e ricevette sepoltura nella sua chiesetta. Immediatamente nacque un culto popolare nei confronti del santo cavaliere, per cui una cinquantina di anni dopo, il 19 giugno 1327, i suoi resti furono trasferiti nella basilica di San Giacomo Maggiore in Caltagirone. Qui ancora oggi è conservato il suo teschio in una teca d’argento, che si espone alla pubblica venerazione in svariate occasioni, mentre il resto del corpo si trova nel reliquiario della basilica.
La festa del Beato Gerlando ricorre nell’aniversario della traslazione, essendo ignota la data della morte.





scri30
00venerdì 19 giugno 2009 11:11

Santi Gervasio e Protasio Martiri

19 giugno

sec. II-III

A chi visita la basilica milanese di Sant'Ambrogio il nome di Gervaso e Protaso, martiri del II secolo, potrà dire poco. Ma se si scende nella cripta ecco le loro reliquie accanto alla tomba del vescovo. Fu infatti Ambrogio a far scavare davanti alla basilica dei santi Nabore e Felice, a Porta Vercellina. E lì rinvenne i resti dei due martiri vissuti due secoli prima e quasi dimenticati. Dopo la traslazione nella basilica sono diventati "pietre angolari" della diocesi. (Avvenire)

Etimologia: Gervasio = dalla lancia acuta, dal tedesco

Emblema: Palma

Martirologio Romano: A Milano, commemorazione dei santi Gervasio e Protasio, martiri, i cui corpi furono rinvenuti da sant’Ambrogio e in questo giorno solennemente traslati nella nuova basilica da lui costruita.


GERVASIO e PROTASIO, santi, martiri a MILANO

Le notizie piú antiche sui santi Gervasio e Protasio risalgono al 386, anno della invenzione dei loro corpi a Milano ad opera di s. Ambrogio.
Il 7 giugno 386, nella zona cimiteriale di Porta Vercellina (nell'area compresa tra la basilica di S. Ambrogio, l'Università Cattolica e la caserma Garibaldi), nel sottosuolo antistante la basilica cimiteriale dei SS. Nabore e Felice, s. Ambrogio fece operare uno scavo: vi si trovarono i corpi dei due martiri il cui ricordo era andato praticamente perduto nella Chiesa di Milano: tuttavia i vecchi, ad invenzione avvenuta, affermarono di averne sentito, un tempo, i nomi e di averne letta l'iscrizione sepolcrale. S. Agostino, presente a Milano in quegli anni e Paolino di Milano, segretario e biografo di s. Ambrogio dicono che il santo ebbe una rivelazione (i due scritti sono rispettivamente del 397-401 e del 422); s. Ambrogio, invece, scrivendo alla sorella Marcellina la cronaca di quegli avvenimenti, parla solo di un presentimento.
La sera del 18 giugno le sacre spoglie furono trasportate nella vicina basilica Fausta per una veglia notturna di preghiere: il giorno seguente, venerdí 19 giugno, esse furono solennemente traslate, con un grandissimo, entusiastico concorso di popolo, nella basilica detta attualmente di S. Ambrogio, che si era appena finito di costruire, per consacrarla con questa deposizione di reliquie. S. Ambrogio dice d'aver predisposto il luogo sotto l'altare della nuova basilica come sua tomba: scoperti i corpi dei due martiri, cedette loro dexteram portionem.
Da quanto consta dalle fonti sopraindicate, sembra da escludersi in modo assoluto che l'invenzione dei corpi dei martiri Gervasio e Protasio sia stata un espediente di Ambrogio per meglio resistere, attraverso l'entusiasmo delle folle, alla corte in generale ed a Giustina in particolare, che pretendevano la consegna agli ariani di una basilica milanese; parimenti affatto gratuita è l'opinione che i due martiri siano una trasposizione cristiana dei Dioscuri.
La traslazione delle reliquie dei martiri Gervasio e Protasio fatta da Ambrogio a scopo liturgico, sull'esempio delle traslazioni liturgiche orientali, ebbe un influsso notevole in tutto l'Occidente, segnando una svolta decisiva nella storia del culto dei santi e delle loro reliquie.
I due santi godettero subito di una notevole popolarità, soprattutto in Occidente: furono particolarmente venerati in Italia, a Ravenna, a Brescia ed a Roma, dove, sotto il pontificato di Innocenzo I (402-417), la matrona Vestina eresse una chiesa dedicata in loro onore, l'attuale S. Vitale in via Nazionale; in Gallia, a Vienne ed a Rouen; in Spagna, a Carmona; in Africa, a Cartagine. L'anniversario della invenzione dei loro corpi ben presto entrò nei piú importanti Calendari e Sacramentari, come il Calendario Cartaginese, il Sacramentario Gregoriano ed il Martirologio Geronimiano che li ricordano tutti, concordemente, il 19 giugno Il Geronimiano, poi, li ricorda anche altre volte: il 20 maggio (sembra per un errore di lettura e di trascrizione); il 28 luglio, giorno dei ss. Nazario e Celso, nei cui Atti si parla anche dei ss. Gervasio e Protasio ed il 30 ottobre (per cause ignote).
Data la fama dei due santi e la scarsità delle notizie che li concernevano, tra la fine del sec, V e l'inizio del VI, un autore rimasto anonimo, ne compose la passio, inserendola in una lettera falsamente attribuita a s. Ambrogio, nella quale, autore della passio stessa, figura nientemeno che Filippo, il primo grande benefattore della Chiesa di Milano al tempo del vescovo s. Caio (v.), il quale avrebbe sepolto i due santi nella sua casa.
La passio presenta Gervasio e Protasio come figli gemelli dei ss. Vitale e Valeria. Morti i genitori, i due fratelli vendettero i beni di famiglia, ne distribui rono il ricavato ai poveri e si ritirarono in una casetta ove passarono dieci anni in preghiera e me ditazione. Denunziati come cristiani ad Astasio, di passaggio per Milano diretto alla guerra contro i Marcomanni, non vollero assolutamente sacrificare e perciò furono condannati a morte. Gervasio morí sotto i colpi dei flagelli, Protasio venne invece decapitato.
La leggenda intorno ai nostri martiri si arricchì di ulteriori precisazioni: la Datiana historia eccle siae Mediolanensis afferma che i due santi furono convertiti al Cristianesimo, assieme ai loro genitori, nobilissimi cittadini di Milano, dal ve scovo s. Caio che avrebbe retto la Chiesa della città dal 63 all'85 e il loro martirio sarebbe avvenuto ai tempi di Nerone (54-68).
In realtà sembra che il martirio di Gervasio e Protasio si debba attribuire o alla persecuzione di Diocleziano (e perciò all'inizio del sec. IV) o molto piú probabilmente a qualcuna delle persecuzioni della metà del sec. III (di Decio o Valeriano).
Importante è la ricognizione delle reliquie dei ss. Ambrogio, Gervasio e Protasio avvenuta poco dopo la metà del sec. scorso, e precisamente negli anni 1864 e 1871. Il 13 gennaio 1864, sotto 1'altare maggiore della basilica di S. Ambrogio, furono trovati due loculi: verso nord (e cioè a destra di chi celebra con la faccia rivolta verso il popolo) il loculo piú grande dei due martiri, a sinistra, quello piú stretto di s. Ambrogio. I corpi erano rimasti in quei due loculi fino all'anno 835, circa, allorché 1'arcivescovo Angelberto II, in occasione del rifacimento totale della cadente basilica del sec. IV e della costruzione dell'altare d'oro del maestro Wolvinio, li riuní in una sola urna di porfido (anch'essa scoperta, ma non aperta nel 1864) che venne disposta in senso trasversale sopra i ,due loculi che furono lasciati vuoti in situ. L'8 agosto 1871, per ordine dell'arcivescovo Luigi Nazari di Calabiana, I'urna di porfido fu scoperchiata. Era per due terzi piena di acqua limpida; sul fondo stavano i tre scheletri che, esaminati diligentemente, risultarono appartenenti ad uomini che misuravano rispettivamente cm. 163 (s. Ambrogio), 180 e 181 (Gervasio e Protasio). Risulterebbe da indagini fatte allora ed in seguito, che una ricognizione dei loro corpi doveva essere avvenuta tra la fine del sec. V e l'inizio del VI.
Quando nel 1871 si annunciò la scoperta milanese dei corpi dei ss. Gervasio e Protasio, cinque città asseritono di possederli anch'esse e proteste vivacissime presso la cur1a di Milano furono fatte soprattutto dalla città di Alt Breisach sul Reno.
La festa dei due martiri viene celebrata il 19 giugno anniversario della loro solenne traslazione del 386 nella basilica di S. Ambrogio; il 14 maggio la liturgia ambrosiana ricorda la reposizione dei corpi dei ss. Ambrogio, Gervasio e Protasio nella nuova, attuale urna preziosa, eseguita nell'anno 1874, dopo la ricognizione del 1871.





Stellina788
00venerdì 19 giugno 2009 11:11

Beato Gerlando d’Alemagna Cavaliere di Malta

19 giugno

XIII secolo

Martirologio Romano: A Caltagirone in Sicilia, traslazione del beato Gerlando, che, cavaliere dell’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme, si dedicò con amore alle vedove e agli orfani.


Le fonti più antiche affermano che il Beato Gerlando di Alemagna, presumibilmente di origini polacche, fosse un cavaliere dell’Ordine degli Ospitalieri di San Giovanni di Gerusalemme, più tardi detti poi Cavalieri di Malta. Giunto in Sicilia al tempo dell’imperatore Federico II Barbarossa, prese dimora presso la chiesetta della Madonna del Tempio a pochi chilometri da Caltagirone, della quale divenne custode, attività consona al suo Ordine di appartenenza. Con amore si fece protettore delle vedove e dei bambini orfani, ed allo stesso tempo si cimentava in aspre pratiche di penitenza.
Morì verso l’anno 1279 e ricevette sepoltura nella sua chiesetta. Immediatamente nacque un culto popolare nei confronti del santo cavaliere, per cui una cinquantina di anni dopo, il 19 giugno 1327, i suoi resti furono trasferiti nella basilica di San Giacomo Maggiore in Caltagirone. Qui ancora oggi è conservato il suo teschio in una teca d’argento, che si espone alla pubblica venerazione in svariate occasioni, mentre il resto del corpo si trova nel reliquiario della basilica.
La festa del Beato Gerlando ricorre nell’aniversario della traslazione, essendo ignota la data della morte.



scri30
00venerdì 19 giugno 2009 11:11

Santa Giuliana Falconieri Vergine

19 giugno

m. 1341

Nipote di uno dei Sette santi fondatori dei Servi di Maria, sant’Alessio, Giuliana Falconieri (1270-1341) ne seguì le orme diventando fondatrice e prima superiora delle Sorelle dell’ordine dei Servi della beata Vergine Maria, dette Mantellate. Con lei avevano preso il velo alcune sue amiche che la seguirono in uno stile di vita improntato al carisma dei Serviti e a una regola molto rigida. Nata a Firenze da una famiglia nobile, visse la vocazione sin da ragazza in casa, divenendo a 14 anni Terziaria. Vestito l’abito, anzi l’ampio mantello scuro che caratterizzò le religiose, resse il convento per 40 anni. Non potendo comunicarsi, nei suoi ultimi giorni la santa chiese che un’ostia consacrata le fosse posata sul petto. La particola – mentre lei moriva dicendo «Mio dolce Gesù, Maria!» – scomparve e ne rimase impresso il segno. Venne beatificata nel 1678 e canonizzata nel 1737. (Avvenire)

Etimologia: Giuliana = appartenente alla 'gens Julia', illustre famiglia romana, dal latino

Emblema: Giglio

Martirologio Romano: A Firenze, santa Giuliana Falconieri, vergine, che istituì le Suore dell’Ordine dei Servi di Maria, chiamate per il loro abito religioso ‘Mantellate’.


Giuliana dalla vita ha ricevuto tanto: nobiltà di casato, ricchezza di famiglia, amore sviscerato dei genitori, che avevano atteso talmente tanto la sua nascita da considerarla dono del Cielo e, pertanto, meritevole di ogni premurosa attenzione. Dalla vita ha ricevuto anche bellezza fisica, vantaggiose proposte di matrimonio, un’ottima educazione. Ed anche uno zio santo, quel tal Sant’ Alessio Falconieri, che figura tra i Sette Fondatori dei Servi di Maria. Nonostante questo insieme di doni naturali c’è chi da subito pensa che quella ragazza bella, forse allevata nella bambagia come tutti i figli nati quando i genitori sono avanti negli anni, sia fatta più per il cielo che per la terra. E non si sbaglia. Non sa cosa sia uno specchio, non si cura del proprio abbigliamento, non dimostra alcun interesse per gioielli e piaceri mondani, che pure non le mancherebbero se soltanto volesse. Rimanda al mittente le proposte di matrimonio, anche quelle serie e motivate e serie, che riceve; dimostra una straordinaria inclinazione per le pratiche di pietà e per la vocazione religiosa: insomma, una ragazza da convento. Ed infatti in convento ci va, non appena mamma, morendo, la lascia completamente sola; anzi, fonda un monastero proprio, scegliendo, com’è naturale, la linea spirituale tracciata dal santo zio Alessio, la spiritualità dei Servi di Maria, appunto, che ha già respirato in famiglia e nella quale si è addestrata con la guida di un altro santo, Filippo Benizi, vivendo in casa come una consacrata. L’esempio di Giuliana è contagioso viene e seguito da molte compagne della ricca borghesia fiorentina; dai Servi di Maria ereditano l’ampio mantello nero a causa del quale vengono subito battezzate dal popolo come “le Mantellate”. Vivono in contemplazione ed esercitano la carità, digiunano completamente il mercoledì e il venerdì di ogni settimana, il sabato si accontentano di pane ed acqua, tutti i giorni trascorrono la maggior parte del loro tempo nella preghiera e nella meditazione dei sette dolori di Maria. Il clima fiorentino in cui si trovano a vivere è pervaso da nuova vita e da antichi rancori, la città è divisa da inimicizie e discordie che ogni giorno si traducono in sanguinose vendette. Le Mantellate si assumono spontaneamente il compito di pregare e digiunare, per rasserenare gli animi, per ottenere la pace dei loro concittadini. Giuliana, in particolare, alle opere di digiuno e di preghiera, aggiunge anche il dono prezioso dei suoi dolori fisici, soprattutto quelli di stomaco, che la perseguitano per diversi anni, giungendo al punto da consumarla completamente e da non permetterle di assumere il benchè più leggero alimento. E’ per questo che quel 19 giugno 1341, a lei, morente, viene negato anche il conforto del viatico, perché si ha paura che neppure riesca a deglutire l’ostia consacrata. Gliela depongono solo su un corporale, che è stato steso sul suo petto, ma tra lo stupore di tutti l’ostia svanisce. Le sue monache credono di sciogliere l’enigma quando, appena spirata e mentre ne stanno ricomponendo il cadavere, notano in corrispondenza del cuore un marchio viola, grande appunto come l’ostia consacrata, come se questa si fosse impressa nel suo corpo: il marchio che le Mantellate ancora oggi portano impresso sul loro abito religioso, a ricordo della miracolosa ultima “comunione” della loro fondatrice. Proclamata santa da Clemente XII nel 1737, Giuliana Falconieri è festeggiata il 19 giugno ed invocata particolarmente contro i dolori di stomaco.





scri30
00venerdì 19 giugno 2009 11:12

Sant' Ildemarca (Childomarca) di Fecamp Badessa

19 giugno

m. 682 circa

Martirologio Romano: Nel monastero di Fécamp in Neustria, in Francia, santa Ildemarca, badessa, che accolse benignamente e curò san Leodegario mutilato da Ebroíno.



scri30
00venerdì 19 giugno 2009 11:12

San Lamberto di Saragozza Martire

19 giugno

sec. VIII

Patronato: Bambini

Etimologia: Lamberto = splendore del paese, dal tedesco

Martirologio Romano: A Saragozza in Spagna, san Lamberto, martire.


Di lui si sa quanto racconta una leggenda fondata su tradizioni popolari; era al servizio di un padrone pagano che dopo aver discusso con lui sul Dio dei cristiani, un giorno gli ordinò, mentre arava la terra, di accettare il culto degli idoli pena la decapitazione, cosa che fece quando Lamberto rifiutò.
La leggenda poi dice che Lamberto prese la testa con le mani e s’incamminò seguito dai buoi, con cui stava arando, fino alla chiesa di S. Encrazia indicando così il luogo dove voleva essere sepolto. Per il resto solo supposizioni, come che sia morto durante la persecuzione di Diocleziano, analizzando il nome potrebbe essere stato francese e che probabilmente subì il martirio nell’epoca in cui Saragozza era dominata dai musulmani.
Nel 1389 furono riscoperti i sepolcri dei 18 martiri di Saragozza detti “Gli innumerevoli” che erano posti nella cripta della chiesa di s. Encrazia di Saragozza e insieme a loro vennero alla luce le reliquie della titolare e di s. Lamberto, il culto si riaccese per tutti, dopo un lungo periodo in cui si era persa la loro memoria.
L’olandese papa Adriano VI, passando per Saragozza volle venerare le reliquie di s. Lamberto, forse per la devozione che portava a s. Lamberto di Maastrich sua città natale; in quell’occasione il papa prese una mascella del martire da cui scaturì del sangue miracolosamente, una parte di esso è ancora conservato in un reliquiario di vetro.
Lo stesso papa nel 1522 diede il permesso e il sostegno affinché sul luogo tradizionale del martirio fosse costruito un monastero a lui intitolato. Questo monastero fu distrutto nel 1808 durante la guerra per l’indipendenza della Spagna contro la Francia.
La festa che una volta era al 19 giugno fu messa dal Baronio nel Martirologio Romano al 16 aprile nello stesso giorno che vengono commemorati i “18 martiri di Saragozza”.
Il nome di origine longobarda significa “illustre nel paese”.





scri30
00venerdì 19 giugno 2009 11:13

Santi Martiri Mercedari di Maiorca

19 giugno

Mentre navigavano verso l’Africa per redenzione, questi Santi mercedari di Maiorca (Spagna), furono presi dai piratimori, i quali vedendoli rimanere costanti nella professione della loro fede li gettarono in mare e trionfanti raggiunsero la corona dei martiri di Gesù Cristo.
L’Ordine li festeggia il 19 giugno.




scri30
00venerdì 19 giugno 2009 11:13

Beata Michelina (Metelli Malatesta) da Pesaro

19 giugno

Pesaro, 1300 - 19 giugno 1356

Morti suo marito e suo figlio, divenne terziaria francescana a Pesaro. Distribuì i suoi beni tra i poveri e adottò una vita da penitente.

Etimologia: Michelina (come Michele) = chi come Dio?, dall'ebraico

Martirologio Romano: A Pesaro, beata Michelina, vedova, che donò tutti i suoi beni ai poveri e, vestito l’abito del Terz’Ordine di San Francesco, mendicando il pane condusse una vita umile e disciplinata dall’osservanza.


Nacque a Pesaro nel 1300. A dodici anni sposò uno dei Malatesta, signori di Pesaro. Nel 1320 rimase vedeva e poco dopo perse l'unico figlio. Aiutata dalla beata Soriana superò la dolorosa prova e si fece terziaria francescana. Per amore di Cristo donò ai poveri tutte le sue ricchezze e si impegnò in una vita di austera penitenza e preghiera. Col Beato Cecco fondò la confraternita della SS. Annunziata per servire i poveri, assistere gli infermi e seppellire i morti. Più volte Cristo le parlò dalla croce. In età matura andò pellegrina in Terrasanta per visitare i luoghi della passione di Gesù.
Morì il 19 giugno 1356. E' venerata come compatrona della città. Il suo corpo è custodito nel santuario di S. Maria delle Grazie di Pesaro.





scri30
00venerdì 19 giugno 2009 11:14

San Modeste Andlauer Gesuita martire in Cina

19 giugno

Rosheim, Francia, 22 maggio 1847 – Wuyi, Cina, 19 giugno 1900

Modeste Andlauer nacque il 22 maggio del 1847 a Rosheim, in Alsazia, entrò nella Compagnia nel 1872. Dieci anni più tardi, nel 1882, fu destinato alla Cina. Stimato per la sua umiltà ed il suo spirito di preghiera, soffrì il martirio insieme al Padre Rémi Isoré il 19 giugno del 1900.

Emblema: Palma

Martirologio Romano: Nel villaggio di Wuyi vicino alla città di Xianxian nella provincia dello Hebei in Cina, santi Remigio Isoré e Modesto Andlauer, sacerdoti della Compagnia di Gesù e martiri, che, durante la persecuzione dei Boxer, furono uccisi mentre pregavano davanti all’altare.


Dal primo annuncio del Vangelo in terra cinese sino ai giorni nostri, i missionari francesi, spagnoli ed italiani, nonché i cristiani indigeni, hanno subito ripetute violente persecuzioni perpetrate dai vari regimi succedutisi. Il 1° ottobre 2000 in Piazza San Pietro a Roma papa Giovanni Paolo II canonizzò 120 martiri caduti in Cina in odio alla fede cattolica tra il 1648 ed il 1930. Poiché il martirio avvenne in diverse regioni affidate dalla Santa Sede a religiosi di differenti ordini e congregazioni, i martiri sono stati divisi in gruppi secondo le loro rispettive congregazioni: Dominicani (6), Francescani (30), Gesuiti (56), Salesiani (2), e Missioni Estere di Parigi (24). Due martiri non appartengono a nessuno dei gruppi citati. La maggioranza dei martiri furono laici, ma non mancano anche alcuni vescovi, sacerdoti e religiosi. Il gruppo complessivo canonizzato da papa Wojtyla fu denominato “Santi Agostino Zhao Rong e 119 compani” e la memoria facoltativa è stata inserita nel calendario liturgico romano al 9 luglio.
L’apice delle persecuzioni in terra cinese si ebbe nell’anno 1900, con la cosiddetta “rivolta dei Boxers”: iniziata nello Shandong, diffusasi poi nello Shanxi e nell’Hunan, raggiunse anche lo Tcheli Orientale Meridionale, allora Vicariato Apostolico di Xianxian, affidato ai Gesuiti, ove i cristiani uccisi si contarono a migliaia. Secondo alcuni storici, in tale vicariato circa 5000 Cattolici offrirono la loro vita per la fede in Cristo, ma purtroppo si è a conoscenza dell’identità solamente di 3069 di loro. Fra questa immensa schiera i padri gesuiti raccolsero materiale e testimonianze circa quattro loro confratelli di origine francese (Leon Ignace Mangin, Paul Denn, Modeste Andlauer, e Remi Isore) e ben 52 laici cristiani cinesi: uomini, donne e bambini, sposati e catecumeni, il più anziano (Pablo Liou-Tsinn-Tei) aveva l’età di 79 anni, mentre il più giovane (Andrea Wang Tien-K'ing), soltanto 9 anni. Tutti subirono il martirio nel mese di luglio 1900; molti di essi furono uccisi nella chiesa del villaggio di Tchou-Kia-ho in cui si erano rifugiati ed erano in preghiera insieme ai primi due dei missionari sopra elencati. Per questo folto gruppo, denominato “Leon-Ignace Mangin e 55 compagni” fu introdotta dunque la causa di canonizzazione il 28 maggio 1948, che portò alla beatificazione il 17 aprile 1955, in seguito al riconoscimento del loro martirio avvenuto il 22 febbraio precedente, ed infine come già anticipato all’ufficializzazione della loro santità da parte di Giovanni Paolo II durante il Grande Giubileo del 2000.

Modeste Andlauer nacque il 22 maggio 1847 a Rosheim, in Alsazia, diocesi di Strasburgo. Entrò nella Compagnia nel 1872 e dieci anni più tardi, ricevuta l’ordinazione presbiterale, fu destinato alla missione in Cina. Operò nella provincia di Hebei, non lontano dal padre Rémy Isoré. Era assai stimato per la sua umiltà ed il suo spirito di preghiera. Nel 1900, con l’infuriare della persecuzione dei Boxers, dinnanzi al pericolo i due missionari si incontrarono per discutere circa la difficile situazione.
Entrambi vennero sorpresi dai Boxers il 19 giugno di tale anno nel villaggio di Ho-oui, ove aveva sede la missione di padre Isoré, che si fermarono nella piccola cappella della loro comunità. Tutti i cristiani presenti furono radunati sul piazzale antistante e vennero proposte loro due alternative: “Se andrete a destra, vuol dire che siete cristiani. Se andrete a sinistra, sarete salvi”. Una trentina di persone optarono per la prima possibilità e furono subito massacrate, tra i quali i due missionari francesi.
Il Martyrologium Romanum, che commemora separatamente i martiri in base agli anniversari di morte, commemora i Santi Modeste Andlauer e Remy Isoré al 19 giugno, mentre la celebrazione comune a tutti i martiri cinesi è posta al 9 luglio.





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00venerdì 19 giugno 2009 11:14

San Nazario di Capodistria Vescovo

19 giugno

Elpidium (Boste) 475 ca. – Capodistria, 556 ca.

Etimologia: Nazario = consacrato a Dio, dall'ebraico

Emblema: Palma


Il culto antichissimo tributato a Capodistria per il vescovo Nazario, ha portato a formulare un’altrettanto antica tradizione, anche se non documentabile.
Essa racconta che Stefano patriarca di Aquileia, non riuscendo più a governare la troppo vasta diocesi e volendo venire incontro alle esigenze della popolazione, con l’appoggio dell’imperatore bizantino Giustino I, chiese nel 524 al papa Giovanni I di dare un vescovo proprio, alle principali città dell’Istria.
Vennero scelti sei presuli fra cui s. Nazario per la città di Capris o Egida sul golfo.
Egli nacque ad Elpidium (Boste) tra il 470 e il 480, consacrato vescovo come detto, resse la diocesi per più di 30 anni, con vera abnegazione pastorale; di lui non si sa altro, morì prima del 557 e fu sepolto nella cattedrale di S. Maria.
La minaccia delle incursioni barbariche, specie dei Longobardi, provocò l’occultamento del luogo della sepoltura, per cui se ne perse il ricordo. Esso fu poi ritrovato prodigiosamente, non si sa bene quando, forse nel 601 o nel secolo XIV; riposto sotto dei gradini di pietra entro una cassa, dove vi era una lamina di piombo con il suo nome inciso.
Da quel periodo s. Nazario divenne il patrono della città, che nel frattempo, sotto il dominio bizantino, aveva preso il nome di Giustinopoli; tanto più che molti miracoli, si erano verificati dopo l’’invenzione’ delle reliquie.
Passato sotto il dominio di Venezia, Giustinopoli prese anche il nome di Capodistria, che finì poi per prevalere; nel 1380 durante la guerra di Chioggia i Genovesi saccheggiarono la città, trafugando le reliquie di s. Nazario e di s. Alessandro.
Dopo 42 anni nel 1422, il vescovo di Capodistria Geremia Pola, ne riuscì ad ottenere la restituzione dall’arcivescovo di Genova, Pileo de Marini.
Le reliquie furono portate nella cattedrale e sistemate entro una cassa di marmo, che ancora oggi costituisce l’altare maggiore. Nella diocesi di Capodistria continua ad essere celebrato il 19 giugno.




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00venerdì 19 giugno 2009 14:42

San Remi Isoré Gesuita martire in Cina

19 giugno

Bambecque, Francia, 22 gennaio 1852 – Wuyi, Cina, 19 giugno 1900

Rémy Isoré nacque il 22 gennaio 1852 a Bambecque, in Francia. Nel 1875 stava per essere ordinato sacerdote diocesano quando chiese di essere ammesso nella Compagnia di Gesù. Nel 1882 fu inviato missionario in Cina, dove quattro anni dopo, il 30 luglio 1886, ricevette l'ordinazione presbiterale con san Leon-Ignace Mangin. Si trovava in una comunità dei gesuiti a Chiang Kiach quando ebbe inizio la rivolta dei Boxers. Mentre tornava al suo posto di missione, fece tappa a Ho-oui, dove si incontrò con il confratello Modeste Andlauer. Entrambi vennero sorpresi dai Boxers il 19 giugno 1900 nel villaggio di Ho-oui. Tutti i cristiani presenti furono radunati e vennero proposte loro due alternative: «Se andrete a destra, vuol dire che siete cristiani. Se andrete a sinistra, sarete salvi». Una trentina di persone optarono per la prima possibilità e furono massacrate. Tra questi i due missionari francesi. (Avvenire)

Emblema: Palma

Martirologio Romano: Nel villaggio di Wuyi vicino alla città di Xianxian nella provincia dello Hebei in Cina, santi Remigio Isoré e Modesto Andlauer, sacerdoti della Compagnia di Gesù e martiri, che, durante la persecuzione dei Boxer, furono uccisi mentre pregavano davanti all’altare.


Dal primo annuncio del Vangelo in terra cinese sino ai giorni nostri, i missionari francesi, spagnoli ed italiani, nonché i cristiani indigeni, hanno subito ripetute violente persecuzioni perpetrate dai vari regimi succedutisi. Il 1° ottobre 2000 in Piazza San Pietro a Roma papa Giovanni Paolo II canonizzò 120 martiri caduti in Cina in odio alla fede cattolica tra il 1648 ed il 1930. Poiché il martirio avvenne in diverse regioni affidate dalla Santa Sede a religiosi di differenti ordini e congregazioni, i martiri sono stati divisi in gruppi secondo le loro rispettive congregazioni: Dominicani (6), Francescani (30), Gesuiti (56), Salesiani (2), e Missioni Estere di Parigi (24). Due martiri non appartengono a nessuno dei gruppi citati. La maggioranza dei martiri furono laici, ma non mancano anche alcuni vescovi, sacerdoti e religiosi. Il gruppo complessivo canonizzato da papa Wojtyla fu denominato “Santi Agostino Zhao Rong e 119 compani” e la memoria facoltativa è stata inserita nel calendario liturgico romano al 9 luglio.
L’apice delle persecuzioni in terra cinese si ebbe nell’anno 1900, con la cosiddetta “rivolta dei Boxers”: iniziata nello Shandong, diffusasi poi nello Shanxi e nell’Hunan, raggiunse anche lo Tcheli Orientale Meridionale, allora Vicariato Apostolico di Xianxian, affidato ai Gesuiti, ove i cristiani uccisi si contarono a migliaia. Secondo alcuni storici, in tale vicariato circa 5000 Cattolici offrirono la loro vita per la fede in Cristo, ma purtroppo si è a conoscenza dell’identità solamente di 3069 di loro. Fra questa immensa schiera i padri gesuiti raccolsero materiale e testimonianze circa quattro loro confratelli di origine francese (Leon Ignace Mangin, Paul Denn, Modeste Andlauer, e Remi Isore) e ben 52 laici cristiani cinesi: uomini, donne e bambini, sposati e catecumeni, il più anziano (Pablo Liou-Tsinn-Tei) aveva l’età di 79 anni, mentre il più giovane (Andrea Wang Tien-K'ing), soltanto 9 anni. Tutti subirono il martirio nel mese di luglio 1900; molti di essi furono uccisi nella chiesa del villaggio di Tchou-Kia-ho in cui si erano rifugiati ed erano in preghiera insieme ai primi due dei missionari sopra elencati. Per questo folto gruppo, denominato “Leon-Ignace Mangin e 55 compagni” fu introdotta dunque la causa di canonizzazione il 28 maggio 1948, che portò alla beatificazione il 17 aprile 1955, in seguito al riconoscimento del loro martirio avvenuto il 22 febbraio precedente, ed infine come già anticipato all’ufficializzazione della loro santità da parte di Giovanni Paolo II durante il Grande Giubileo del 2000.

Rémy Isoré nacque il 22 gennaio 1852 a Bambecque, diocesi di Cambrai. Intrapresi gli studi seminaristici, nel 1875 stava per essere ordinato sacerdote diocesano quando chiese di essere ammesso nella Compagnia di Gesù. Nel 1882 fu inviato missionario in Cina, dove quattro anni dopo, il 30 luglio 1886, ricevette l’ordinazione presbiterale con San Leon-Ignace Mangin. Si trovava in una comunità dei gesuiti a Chiang Kiach quando ebbe inizio la rivolta dei Boxers e non gli rimase che mettersi subito in cammino per tornare al suo posto di missione, Weihsien. Fece tappa a Ho-oui, dove si incontro con il confratello Modeste Andlauer per discutere circa la difficile situazione.
Entrambi vennero sorpresi dai Boxers il 19 giugno di tale anno nel villaggio di Ho-oui, ove aveva sede la missione di padre Isoré, che si fermarono nella piccola cappella della loro comunità. Tutti i cristiani presenti furono radunati sul piazzale antistante e vennero proposte loro due alternative: “Se andrete a destra, vuol dire che siete cristiani. Se andrete a sinistra, sarete salvi”. Una trentina di persone optarono per la prima possibilità e furono subito massacrate, tra i quali i due missionari francesi.
Il Martyrologium Romanum, che commemora separatamente i martiri in base agli anniversari di morte, commemora i Santi Modeste Andlauer e Remy Isoré al 19 giugno, mentre la celebrazione comune a tutti i martiri cinesi è posta al 9 luglio.




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00venerdì 19 giugno 2009 14:43

San Romualdo Abate

19 giugno - Memoria Facoltativa

Ravenna, ca. 952 - Val di Castro (Marche), 19 giugno 1027

Nobile, divenne eremita e dopo l'esperienza in Spagna, nei pressi di monastero sotto l'influenza di Cluny, iniziò una serie di peregrinazioni lungo l' Appennino con lo scopo di riformare monasteri ed eremi sul modello degli antichi cenobi dell'Oriente. La sua fama e il suo carisma lo misero più volte in contatto con i potenti, principi e prelati. Convertì Ottone III che lo nominò abate di S. Apollinare in Classe, carica che Romualdo rifiutò clamorosamente dopo un anno rifugiandosi a Montecassino dove portò il suo rigore ascetico. Riprese le sue peregrinazioni fondando numerosi eremi, l'ultimo dei quali fu Camaldoli. Questo nome deriva dal campo che un tale Maldolo aveva donato a Romualdo, in cerca di solitudine.

Etimologia: Romualdo = che regna glorioso, dal tedesco

Emblema: Bastone pastorale, Scala

Martirologio Romano: San Romualdo, anacoreta e padre dei monaci Camaldolesi, che, originario di Ravenna, desideroso di abbracciare la vita e la disciplina eremitica, girò l’Italia per molti anni, costruendo piccoli monasteri e promovendo ovunque assiduamente tra i monaci la vita evangelica, finché nel monastero di Val di Castro nelle Marche mise felicemente fine alle sue fatiche.


Un mattino del settembre 978 corre a Venezia l’allarme: "E’ sparito il Doge!". Ed è vero: Pietro Orseolo I, da due anni in carica, è fuggito nella notte, diretto a un lontano monastero dei Pirenei. Ha pochi accompagnatori, tra cui il giovane monaco Romualdo, figlio del duca Sergio di Ravenna. Perché? L’Orseolo è diventato Doge dopo l’assassinio del predecessore, Pietro Candiano IV. Non è chiaro se abbia a che fare col delitto, ma l’imperatore Ottone II minaccia vendette. E allora lui, "sacrificando sé stesso, evitava al popolo pericoli, lotte intestine, attacchi esterni" (A. Zorzi, La Repubblica del leone). Nel monastero pirenaico Romualdo aiuta e assiste l’ex Doge, che muore nel 987-88 da semplice monaco (e la Chiesa lo venera come santo dal 1731).
Romualdo torna poi a Ravenna, ma non si ferma in quello che fu il suo primo monastero, Sant’Apollinare in Classe. Anzi, in verità non si ferma da nessuna parte. Diventato monaco (insieme a suo padre) dopo uno scontro sanguinoso in cui era coinvolto il suo casato, s’impone una vita severa di penitenza, preghiera e meditazione. Ma spesso lo chiamano a incombenze ecclesiastiche e politiche, per le sue relazioni con le grandi famiglie del tempo. Lui accetta per dovere, ma con l’ansia di tornare via al più presto: la sua vera casa sono gli isolotti del delta padano, le alture degli Appennini e, per qualche tempo, le coste istriane: luoghi meravigliosi per la sua solitudine, che però non dura. Arriva sempre gente che cerca Romualdo, che ha bisogno di Romualdo. Certi monaci vogliono crearsi un cenobio? E lui li aiuta, poi si ripete con altri, e infine passa la vita a fondarne da ogni parte. Sempre piccoli, però: non sopporta monasteri grossi e monaci all’ingrosso, e ha scontri continui con personaggi scadenti, o peggio: un abate, che si è comprato la carica, tenta pure di strangolarlo.
Sempre esigente e sempre con progetti: come quello, irrealizzato, di guidare spedizioni missionarie in Nord Europa. Nel 1012 scopre la meraviglia dell’Appennino casentinese (Arezzo) e vi fa sorgere, a 1098 metri, un piccolo eremo. Trecento metri più sotto edifica poi un monastero. E così nasce Camaldoli, centro di preghiera e di cultura ancora nel XX secolo. Costruire, avviare una convivenza, insegnare (ma alla predica preferisce il colloquio). Partenze e arrivi ritmano la vita di Romualdo, che si conclude in un altro monastero fondato da lui: quello marchigiano di Val di Castro. Qui egli muore da eremita qualsiasi, in una piccola cella. Ma “viaggerà” ancora: nel 1480, infatti, due monaci di Sant’Apollinare in Classe porteranno di nascosto le sue spoglie a Jesi. Ma già l’anno dopo verranno riportate, e per sempre, nella chiesa camaldolese di San Biagio a Fabriano. La Chiesa lo venera come santo dal 1595, per decisione di Clemente VIII.





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00venerdì 19 giugno 2009 14:44

Sacro Cuore di Gesù

19 giugno (celebrazione mobile)


Martirologio Romano: Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù, il quale, mite e umile di cuore, esaltato sulla croce, è divenuto fonte di vita e di amore, a cui tutti i popoli attingeranno.


Sacro Cuore di Gesù, confido in Te!;
Dolce Cuore del mio Gesù, fa ch’io t’ami sempre più!;
O Gesù di amore acceso, non Ti avessi mai offeso!.

Queste sono alcune delle tante amorose e devote giaculatorie, che nei secoli sono state e sono pronunciate dai cattolici in onore del Sacro Cuore di Gesù, che nella loro semplice poesia, esprimono la riconoscenza per l’amore infinito di Gesù dato all’umanità e nello stesso tempo la volontà di ricambiare, delle tante anime infiammate e innamorate di Cristo.
Al Sacro Cuore di Gesù, la Chiesa Cattolica, rende un culto di “latria” (adorazione solo a Dio, Gesù Cristo, l’Eucaristia), intendendo così onorare: I – il Cuore di Gesù Cristo, uno degli organi simboleggianti la sua umanità, che per l’intima unione con la Divinità, ha diritto all’adorazione; II – l’amore del Salvatore per gli uomini, di cui è simbolo il Suo Cuore.
Questa devozione già praticata nell’antichità cristiana e nel Medioevo, si diffuse nel secolo XVII ad opera di S. Giovanni Eudes (1601-1680) e soprattutto di S. Margherita Maria Alacoque (1647-1690). La festa del Sacro Cuore fu celebrata per la prima volta in Francia, probabilmente nel 1685.
Santa Margherita Maria Alacoque, suora francese, entrò il 20 giugno 1671 nel convento delle Visitandine di Paray-le-Monial (Saone-et-Loire), visse con grande semplicità e misticismo la sua esperienza di religiosa e morì il 17 ottobre 1690 ad appena 43 anni.
Sotto questa apparente uniformità, si nascondeva però una di quelle grandi vite del secolo XVII, infatti nel semplice ambiente del chiostro della Visitazione, si svolsero le principali tappe dell’ascesa spirituale di Margherita, diventata la messaggera del Cuore di Gesù nell’epoca moderna.
Ella già prima di entrare nel convento, era dotata di doni mistici che si accentuarono con la sua nuova condizione di religiosa; ebbe numerose manifestazioni mistiche, ma nel 1673 cominciarono le grandi visioni che resero famoso il suo nome; esse furono quattro rivelazioni principali, oltre numerose altre di minore importanza.
La prima visione avvenne il 27 dicembre 1673, festa di s. Giovanni Evangelista, Gesù le apparve e Margherita si sentì “tutta investita della divina presenza”; la invitò a prendere il posto che s. Giovanni aveva occupato durante l’Ultima Cena e le disse: “Il mio divino Cuore è così appassionato d’amore per gli uomini, che non potendo più racchiudere in sé le fiamme della sua ardente carità, bisogna che le spanda. Io ti ho scelta per adempiere a questo grande disegno, affinché tutto sia fatto da me”.
Una seconda visione le apparve agli inizi del 1674, forse un venerdì; il divin Cuore si manifestò su un trono di fiamme, più raggiante del sole e trasparente come cristallo, circondato da una corona di spine simboleggianti le ferite inferte dai nostri peccati e sormontato da una croce, perché dal primo istante che era stato formato, era già pieno d’ogni amarezza.
Sempre nel 1674 le apparve la terza visione, anche questa volta un venerdì dopo la festa del Corpus Domini; Gesù si presentò alla santa tutto sfolgorante di gloria, con le sue cinque piaghe, brillanti come soli e da quella sacra umanità uscivano fiamme da ogni parte, ma soprattutto dal suo mirabile petto che rassomigliava ad una fornace e essendosi aperto, ella scoprì l’amabile e amante Cuore, la vera sorgente di quelle fiamme.
Poi Gesù lamentando l’ingratitudine degli uomini e la noncuranza rispetto ai suoi sforzi per far loro del bene, le chiese di supplire a questo. Gesù la sollecitò a fare la Comunione al primo venerdì di ogni mese e di prosternarsi con la faccia a terra dalle undici a mezzanotte, nella notte tra il giovedì e il venerdì.
Vennero così indicate le due principali devozioni, la Comunione al primo venerdì di ogni mese e l’ora santa di adorazione.
La quarta rivelazione più meravigliosa e decisiva, ebbe luogo il 16 giugno 1675 durante l’ottava del Corpus Domini. Nostro Signore le disse che si sentiva ferito dalle irriverenze dei fedeli e dai sacrilegi degli empi, aggiungendo: “Ciò che mi è ancor più sensibile è che sono i cuori a me consacrati che fanno questo”.
Gesù chiese ancora che il venerdì dopo l’ottava del Corpus Domini, fosse dedicato a una festa particolare per onorare il suo Cuore e con Comunioni per riparare alle offese da lui ricevute. Inoltre indicò come esecutore della diffusione di questa devozione, il padre spirituale di Margherita, il gesuita san Claude de la Colombiere (1641-1682), superiore della vicina Casa dei Gesuiti di Paray-le-Monial.
Margherita Maria Alacoque proclamata santa il 13 maggio 1920 da papa Benedetto XV, ubbidì all’appello divino fatto attraverso le visioni e divenne l’apostola di una devozione che doveva trasportare all’adorazione dei fedeli al Cuore divino, fonte e focolaio di tutti i sentimenti che Dio ci ha testimoniati e di tutti i favori che ci ha concessi.
Le prime due cerimonie in onore del Sacro Cuore, presente la santa mistica, si ebbero nell’ambito del Noviziato di Paray il 20 luglio 1685 e poi il 21 giugno 1686, a cui partecipò tutta la Comunità delle Visitandine.
A partire da quella data, il movimento non si sarebbe più fermato, nonostante tutte le avversità che si presentarono specie nel XVIII secolo circa l’oggetto di questo culto.
Nel 1765 la Sacra Congregazione dei Riti affermò essere il cuore di carne simbolo dell’amore; allora i giansenisti intesero ciò come un atto di idolatria, ritenendo essere possibile un culto solo al cuore non reale ma metaforico.
Papa Pio VI (1775-1799) nella bolla “Auctorem fidei”, confermava l’espressione della Congregazione notando che si adora il cuore “inseparabilmente unito con la Persona del Verbo”.
Il 6 febbraio 1765 papa Clemente XIII (1758-1769) accordò alla Polonia e all’Arciconfraternita romana del Sacro Cuore la festa del Sacro Cuore di Gesù; nel pensiero del papa questa nuova festa doveva diffondere nella Chiesa, i passi principali del messaggio di s. Margherita, la quale era stata lo strumento privilegiato della diffusione di un culto, che era sempre esistito nella Chiesa sotto diverse forme, ma dandogli tuttavia un nuovo orientamento.
Con lei non sarebbe più stata soltanto una amorosa contemplazione e un’adorazione di quel “Cuore che ha tanto amato”, ma anche una riparazione per le offese e ingratitudini ricevute, tramite il perfezionamento delle nostre esistenze.
Diceva la santa che “l’amore rende le anime conformi”, cioè il Signore vuole ispirare nelle anime un amore generoso che, rispondendo al suo, li assimili interiormente al divino modello.
Le visioni e i messaggi ricevuti da s. Margherita Maria Alacoque furono e resteranno per sempre un picco spirituale, dove venne ricordato al mondo, l’amore appassionato di Gesù per gli uomini e dove fu chiesta a loro una risposta d’amore, di fronte al “Cuore che si è consumato per essi”.
La devozione al Sacro Cuore trionfò nel XIX secolo e il convento di Paray-le-Monial divenne meta di continui pellegrinaggi; nel 1856 con papa Pio IX la festa del Sacro Cuore divenne universale per tutta la Chiesa Cattolica.
Sull’onda della devozione che ormai coinvolgeva tutto il mondo cattolico, sorsero dappertutto cappelle, oratori, chiese, basiliche e santuari dedicati al Sacro Cuore di Gesù; ricordiamo uno fra tutti il Santuario “Sacro Cuore” a Montmartre a Parigi, iniziato nel 1876 e terminato di costruire dopo 40 anni; tutte le categorie sociali e militari della Francia, contribuirono all’imponente spesa.
Proliferarono quadri e stampe raffiguranti il Sacro Cuore fiammeggiante, quasi sempre posto sul petto di Gesù che lo indica agli uomini; si organizzò la pia pratica del 1° venerdì del mese, i cui aderenti portano uno scapolare con la raffigurazione del Cuore; si composero le meravigliose “Litanie del Sacro Cuore”; si dedicò il mese di giugno al suo culto.
Affinché il culto del Cuore di Gesù, iniziato nella vita mistica delle anime, esca e penetri nella vita sociale dei popoli, iniziò, su esortazione di papa Pio IX del 1876, tutto un movimento di “Atti di consacrazione al Cuore di Gesù”, a partire dalla famiglia a quella di intere Nazioni ad opera di Conferenze Episcopali, ma anche di illuminati e devoti governanti; cito per tutti il presidente dell’Ecuador, Gabriel Garcia Moreno (1821-1875).
Fu tanto il fervore, che per tutto l’Ottocento e primi decenni del Novecento, fu dedicato al culto del Sacro Cuore, che di riflesso sorsero numerose congregazioni religiose, sia maschili che femminili, tra le principali vi sono: “Congregazione dei Sacerdoti del Sacro Cuore” fondata nel 1874 dal beato Leone Dehon (Dehoniani); “Figli del Sacro Cuore di Gesù” o Missioni africane di Verona, congregazione fondata nel 1867 da san Daniele Comboni (Comboniani); “Dame del Sacro Cuore” fondate nel 1800 da santa Maddalena Sofia Barat; “Ancelle del Sacro Cuore di Gesù” fondate nel 1865 dalla beata Caterina Volpicelli, diversi Istituti femminili portano la stessa denominazione.
Attualmente la festa del Sacro Cuore di Gesù viene celebrata il venerdì dopo la solennità del Corpus Domini, visto che detta ricorrenza è stata spostata alla domenica; il sabato che segue è dedicato al Cuore Immacolato di Maria, quale segno di comune devozione ai Sacri Cuori di Gesù e Maria, inscindibili per il grande amore donato all’umanità.
In un papiro egiziano di circa 4000 anni fa, troviamo l’espressione della comune nostalgia d’amore: “Cerco un cuore su cui appoggiare la mia testa e non lo trovo, non ci sono più amici!”.
Lo sconosciuto poeta egiziano era dolente per ciò, ma noi siamo più fortunati, perché l’abbiamo questo cuore e questo amico, al pari di s. Giovanni Evangelista che poggiò fisicamente il suo capo sul petto e cuore di Gesù.
Possiamo avere piena fiducia in un simile amico, Egli vivendo in perfetta intimità col Padre, sa e può rivelarci tutto ciò che serve per il nostro bene.





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00venerdì 19 giugno 2009 14:44

Beati Sebastiano Newdigate, Umfrido Middlemore e Guglielmo Exmew Sacerdoti certosini, martiri

19 giugno

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+ Londra, Inghilterra, 19 giugno 1535

Diciotto monaci Certosini di Londra morirono martiri tra il 1535 e il 1537, durante la persecuzione scatenata dal re Enrico VIII d'Inghilterra dopo lo scisma. Per aver rifiutato di disconoscere l'autorità del Papa i monaci William Exmew, Humphrey Middlemore e Sebastian Newdigate furono arrestati, torturati ed infine, il 19 giugno 1535, martirizzati. Papa Leone XIII li beatificò il 9 dicembre 1886 insieme ad altri martiri della medesima persecuzione.

Emblema: Palma

Martirologio Romano: A Londra in Inghilterra, beati martiri Sebastiano Newdigate, Unfredo Middlemore e Guglielmo Exmew, sacerdoti della Certosa della città, che, messi in carcere sotto il re Enrico VIII per essere rimasti fermamente fedeli alla Chiesa di Cristo, tenuti per diciassette giorni incatenati a delle colonne, portarono a termine il loro martirio con l’impiccagione a Tyburn.


Nella grande persecuzione contro i cattolici, decretata da Enrico VIII re d’Inghilterra, ogni Ordine religioso dell’epoca, unitamente al clero diocesano, lasciò un tributo di sangue e martirio per la difesa della Chiesa Cattolica.
Anche i certosini, per quanto benvoluti essendo monaci non dediti a nessuna attività politica, contribuirono a questo martirio; i monaci della Certosa di Londra ricevettero anch’essi la visita dei funzionari del re che in base al decreto emanato, chiedevano a tutti i maggiorenni, religiosi compresi, l'approvazione del ripudio da parte del re, della regina Caterina d'Aragona e quindi l'accettazione come sovrana di Anna Bolena.
Il priore e il procuratore finirono in carcere per aver obiettato sulla legittimità del ripudio, ma dopo un mese, convinti che questo giuramento non toccava la fede, finirono per giurare e quindi liberati; ritornati alla Certosa convinsero gli altri monaci delle loro argomentazioni e così il 25 maggio 1534, essi giurarono ai funzionari, che erano tornati accompagnati dai soldati.
La pace così sperata durò poco, perché a fine anno 1534 un nuovo decreto del re e del Parlamento, stabilì che tutti i sudditi dovevano disconoscere l’autorità del papa e riconoscere invece il re come capo della Chiesa anglicana anche nelle cose spirituali e chi non consentiva era reo di lesa maestà.
Avutane notizia, il priore Giovanni Houghton riunì tutti i certosini comunicando ciò e tutti questa volta si dissero pronti a morire per la Chiesa romana. Nella certosa erano arrivati anche due priori di altre case, i quali messi al corrente della pericolosa situazione dei monaci, si recarono di comune accordo presso il vicario del re Tommaso Cromwell, per chiedergli di convincere il re Enrico VIII di esentarli da questo giuramento che non era possibile fare.
I due priori dopo aver fatto le loro richieste, furono fatti arrestare dal Cromwell indignato e rinchiusi nella Torre di Londra come ribelli e traditori. Dopo una settimana subirono un processo a Westminster dove ribadirono il loro rifiuto e quindi condannati a morte e di nuovo rinchiusi, lì furono raggiunti da altri due religiosi condannati per lo stesso motivo.
Il 4 maggio 1535 i due priori padre Roberto Laurence e padre Agostino Webster, unitamente al padre Riccardo Reynolds dell’Ordine di s. Brigida e al sacerdote Giovanni Haile, parroco di Isleworth, indossati gli abiti religiosi furono legati stesi su delle stuoie e trascinati per le vie sassose e fangose che portavano al Tyburn, famigerato luogo delle esecuzioni capitali.
Il padre Giovanni Houghton, priore di Londra, anch’egli arrestato e condannato, salì per primo il patibolo e collaborò con il boia per l’impiccagione proferendo parole di perdono e di fiducia in Dio; ma non era ancora morto soffocato che uno dei presenti tagliò la corda e il padre cadde a terra, il boia lo denudò e gli cavò ancora vivo le viscere per poter mostrare il cuore ai consiglieri del re; seguì l’esecuzione degli altri quattro e i loro corpi furono fatti a pezzi ed esposti al popolo per incutere terrore ai ‘papisti’.
Altri tre certosini Umfrido Middlemore vicario, Guglielmo Exmew dotto latinista e Sebastiano Newdigate di nobili origini furono arrestati, torturati e martirizzati il 19 giugno 1535. Altri due che si erano trasferiti da Londra alla Certosa di Hull furono denunziati, arrestati e impiccati l’11 maggio 1537.
Ancora altri dieci certosini furono imprigionati il 29 maggio 1537 nel carcere di Newgate e lì morirono di stenti e patimenti in breve tempo, tranne uno Guglielmo Horn che sopravvissuto al carcere, venne impiccato il 4 novembre 1540.
Nella certosa rimasero altri diciotto monaci, che speranzosi di salvare il monastero avevano aderito al giuramento, ma dopo qualche tempo essi vennero espulsi e la certosa venduta a privati.
I 18 Certosini di Londra, unitamente ad altri 35 martiri di quel periodo, furono beatificati da papa Leone XIII il 9 dicembre 1886. I primi tre morti nel 1535 sono stati canonizzati da papa Paolo VI il 25 ottobre 1970 compresi in un gruppo di 40 martiri della medesima persecuzione inglese. Festività religiosa comune il 4 maggio, mentre i singoli sono ricordati nei rispettivi anniversari di martirio.





scri30
00venerdì 19 giugno 2009 14:46
Beato Tommaso Woodhouse Sacerdote gesuita, martire 19 giugno >>> Visualizza la Scheda del Gruppo cui appartiene Martirologio Romano: Sempre a Londra, beato Tommaso Woodhouse, sacerdote della Compagnia di Gesù e martire, che, ordinato sacerdote sotto la regina Maria la Cattolica e poi tenuto in carcere durante la persecuzione della regina Elisabetta I a motivo della sua fede per più di dodici anni, si adoperò strenuamente per riconciliare i compagni di prigionia con la Chiesa cattolica, finché sul patibolo di Tyburn coronò il suo martirio. Tra i numerosi cattolici arrestati in Inghilterra nel 1561, sotto la falsa accusa di aver congiurato contro la regina Elisabetta, trovavasi anche il rev. Tommaso Woodhouse, che, sorpreso a celebrare la Messa, venne immediatamente rinchiuso nelle pri­gioni del Fleet, dove rimase a languire per dodici anni, coronando infine con il martirio la sua lunga detenzione sofferta per la fede.Della vita precedente del Woodhouse si sa soltanto che egli era stato ordinato sacerdote nell'ultimo anno di regno della cattolica Maria Tudor e che, dopo la morte della regina (17 nov. 1558), era stato costretto a lasciare il posto di rettore di una piccola parrocchia nella contea di Lincoln, che ricopriva da appena un anno, a causa della persecu­zione anticattolica scatenata dalla nuova regina Elisabetta. Rifugiatosi allora nel Galles (1560), il Woodhouse visse facendo il precettore al figlio di un gentiluomo della regione, finché non venne arre­stato il 14 lugl. 1561.Favorito sin dal principio di una certa libertà di azione, il Woodhouse fece della prigione un nuovo cam­po di apostolato, adoperandosi ad ottenere conver­sioni tra i suoi sventurati compagni di cattività; uno dei riconciliati da lui alla Chiesa cattolica fu, per esempio Tomaso Gascoigne, un gentiluomo imprigionato per debiti.Tanto vivo era sempre stato nel Woodhouse il desi­derio del martirio per la fede che cercò di attuarlo nel magg. del 1571, chiedendo di prendere il posto del beato Giovanni Storey, che aveva saputo essere stato allora condannato a morte. Accolto per lettera nella Compagnia di Gesù, in cui aveva ardentemente desiderato di entrare, dopo segrete trattative intercorse con il Provinciale gesuita di Parigi, nell'empito della sua gioia per essere stato esaudito, il Woodhouse scrisse a Lord William Cecil Burghley, Tesoriere del regno, una lettera datata 19 nov. 1572, nella quale egli lo sollecitava a persua­dere la regina a fare atto di sottomissione al papa Pio V, da cui era stata giustamente deposta « per la sua grande disubbidienza ». Chiamato qualche giorno dopo a comparire davanti al Lord Tesoriere per essere interrogato al riguardo, il Woodhouse parlò ancor più schiettamente ed altrettanto fece davanti al Consiglio privato della regina, che cercò inutil­mente di farlo passare per pazzo.Al processo celebrato nell'apr. del 1573 al Guildhall, il Woodhouse non solo si rifiutò di riconoscere l'autorità dei giudici, ma contestò anche la compe­tenza di quel tribunale secolare di giudicare un sacerdote. Riconosciuto infine come reo di alto tradimento, fu condannato alla pena capitale, ve­nendo impiccato al Tyburn il 19 seguente. Pro­clamato beato da Leone XIII nel 1886, il Woodhouse, che i Gesuiti considerano come il protomartire della Compagnia sul suolo inglese, viene commemorato il 19 giugno.
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