I cristiani hanno la «buona novella» da annunciare, il messaggio di Cristo; e la loro gioia è di condividerlo, questo messaggio, con ogni uomo o donna di buona volontà che sia preparato ad ascoltare.
Un messaggio che dobbiamo annunciare prima di tutto con la testimonianza delle nostre vite, perché, come Papa Paolo VI ha detto saggiamente,
«l'uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni» (Evangelii Nuntiandi, 41).
Siamo chiamati ad essere come una città collocata su un monte, come una lampada sopra un lucerniere, visibile da tutti, in modo che la nostra luce splenda come un faro che segnala il cammino sicuro verso un porto sereno (cfr. Mt 5,13-14).
La testimonianza che diamo con la nostra vita, come individui e come comunità, esprimendo i principi e i valori che professiamo in quanto cristiani, portata all'attenzione del mondo da tutti i mezzi di comunicazione in grado di riflettere veramente la realtà dei fatti, è già una forma di proclamazione del messaggio di Cristo capace di fare un gran bene.
Come sarebbe efficace tale testimonianza universale da parte dei membri della Chiesa!
Ma dai seguaci di Cristo ci si attende una proclamazione ancora più esplicita.
Noi abbiamo il dovere di proclamare i nostri principi, senza paura e senza compromessi «in piena luce» e «sui tetti», (cfr. Mt 10,27; Lc 12,3), adattando il messaggio divino, naturalmente, «al modo di parlare degli uomini del nostro tempo e alla loro mentalità» (Cfr. Communio et Progressio, 11), e sempre con quella sensibilità verso le loro reali convinzioni che ci aspettiamo da loro per le nostre.