2 gennaio

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Stellina788
00venerdì 2 gennaio 2009 10:35

Sant' Adalardo di Corbie Abate

2 gennaio

752 - Corbie, Piccardia, Francia, 2 gennaio 827

Martirologio Romano: Nel monastero di Corbie nel territorio di Amiens in Francia, sant’Adalardo, abate, che tutto dispose in modo che ognuno avesse a sufficienza, ovvero che nessuno avesse in eccesso e nulla andasse perduto, ma tutto fosse donato amorevolmente a lode di Dio.


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Aggiunto il 23-Sep-2000
Letto da 1340 persone


Stellina788
00venerdì 2 gennaio 2009 10:39

Sant' Airaldo di Saint-Jean-de-Maurienne Monaco e vescovo

2 gennaio

+ Saint-Jean-de-Maurienne, 1146/1160

Emblema: Bastone pastorale

Martirologio Romano: A Maurienne nella Savoia, sant’Airaldo, vescovo, che, tanto nell’eremo di Portes-en-Bugey quanto nella sede episcopale di Maurienne, alla prudenza e alla saggezza di pastore unì l’austerità e le consuetudini certosine.


La vallata francese della Maurienne (nome solitamente italianizzato come Moriana) è comunemente nota quale “berceu de la Maison de Savoia”, cioè “culla della Casa di Savoia”, come esplicato dalle iscrizioni della segnaletica autostradale. Questa contea fu infatti il primo possedimento di Umberto Biancamano, capostipite sabaudo, le cui spoglie ancora oggi riposano nella cattedrale del capoluogo della vallata, Saint-Jean-de-Maurienne. Nient’affatto casuale è il nome di tale città, legato ad alcune venerate reliquie ivi custodite del precursore di Gesù, qui trasportate su interessamento della vergine Santa Tigre, originaria della vallata savoiarda.
L’antico borgo di Maurienne assunse così il nome di Saint-Jean-de-Maurienne e la città fu promossa dal re burgundo San Gontrano al rango di vescovado nel VI secolo, divenendo la vera capitale di quello che fu in seguito il primo feudo sabaudo. La cattedrale, oltre a divenire custodia delle reliquie del Battista, come già detto fu alcuni secoli dopo la prima necropoli che accolse le spoglie degli esponenti di Casa Savoia.
Sulla cattedra episcopale di Maurienne secondo la tradizione sedettero nel corso dei secoli ben cinque santi: “Saint Felmase”, forse prima evangelizzatore della vallata nel IV secolo, “Saint Æconius” (581-602), primo vescovo insiediato dal re Gontrano, Sant’Emiliano, martire dei saraceni tra il 736 ed il 738? – 916, Sant’Odilardo (o Edolardo), ucciso dai Saraceni nel 916 con l’arcivescovo di Embrun San Benedetto, ed infine Sant’Airaldo nell’XII secolo, oggi festeggiato.
Ayrald fu inizialmente monaco certosino, sino a divenire priore della certosa di Portes, nel territorio della diocesi di Belley. Nel 1132, alla morte del vescovo Amedeo, appartenente alla nobile famiglia dei Baroni del Faucigny, Airaldo fu chiamato a succedergli alla cattedra episcopale di Maurienne. Come ricorda il Martyrologium Romanum nel commemorarlo in data odierna, sia da monaco che da vescovo il santo unì sempre alla prudenza ed all’incoraggiamento del pastore l’austerità e le abitudini proprie dei certosini. Costantemente dedito allo studio ed alla meditazione, specie sulla passione di Gesù, nell’iconografia certosina è infatti rappresentato con il libro in mano, simbolo di saggezza, dinnanzi al crocefisso. Esercitò santamente il suo ministero sino al giorno della sua morte, avvenuta in un anno imprecisato collocabile tra il 1146 ed il 1160. Il suo culto fu poi confermato dalla Santa Sede.
Gli succedette Louis de La Palud quale nuovo vescovo di Maurienne. Oggi questa antica diocesi e stata accorpata a quelle vicine di Tarantaise e Chambery, raggruppando così sotto l’autorità di un unico vescovo le Chiese dell’odierno dipartimento francese della Savoia.


Autore:
Fabio Arduino

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Aggiunto il 4-Sep-2006
Letto da 3423 persone



Stellina788
00venerdì 2 gennaio 2009 10:43

Santi Argeo, Narciso e Marcellino Martiri

2 gennaio

IV sec.

Martirologio Romano: Nel territorio di Cori a trenta miglia da Roma, santi Argéo, Narciso e Marcellino, martiri.


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Aggiunto il 23-Sep-2000
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Stellina788
00venerdì 2 gennaio 2009 10:47

San Basilio Magno Vescovo e dottore della Chiesa

2 gennaio

Cesarea di Cappadocia, attuale Kaysery, Turchia, 330 – 1 gennaio 379

Nato intorno al 330 in Cappadocia, a Cesarea, oggi la città turca di Kaysery, Basilio proveniva da una famiglia dalla profonda spiritualità. Oltre ai genitori anche tre dei suoi nove fratelli sono annoverati tra i santi. Prima di essere vescovo nella sua terra natale, aveva vissuto in Palestina e Egitto. Vi era stato attratto dal richiamo del deserto e della vita monastica. Fu in solitudine che, insieme con Gregorio di Nazianzo conosciuto durante gli studi ad Atene, elaborò la regola per i monaci basiliani, che sarà imitata anche in Occidente. Visse appena 49 anni ma la sua intensa e profonda attività di predicatore gli valsero il titolo di «Magno». Ricevette l'ordinazione sacerdotale verso il 364 da Eusebio di Cesarea cui successe sulla cattedra vescovile nel 370. Durante il servizio episcopale si impegnò attivamente contro l'eresia ariana. Morì l'1 gennaio 379 a Cesarea dove fu sepolto. Tra le sue opere dottrinali si ricorda soprattutto il celebre trattato teologico sullo Spirito Santo. (Avvenire)

Etimologia: Basilio = re, regale, dal greco

Emblema: Bastone pastorale

Martirologio Romano: Memoria dei santi Basilio Magno e Gregorio Nazianzeno, vescovi e dottori della Chiesa. Basilio, vescovo di Cesarea in Cappadocia, detto Magno per dottrina e sapienza, insegnò ai suoi monaci la meditazione delle Scritture e il lavoro nell’obbedienza e nella carità fraterna e ne disciplinò la vita con regole da lui stesso composte; istruì i fedeli con insigni scritti e rifulse per la cura pastorale dei poveri e dei malati; morì il primo di gennaio. Gregorio, suo amico, vescovo di Sásima, quindi di Costantinopoli e infine di Nazianzo, difese con grande ardore la divinità del Verbo e per questo motivo fu chiamato anche il Teologo. Si rallegra la Chiesa nella comune memoria di così grandi dottori.
(1 gennaio: A Cesarea in Cappadocia, nell’odierna Turchia, deposizione di san Basilio, vescovo, la cui memoria si celebra domani).


Il calendario liturgico latino fa oggi memoria di due Padri e Dottori della Chiesa, San Gregorio Nazianzeno e San Basilio Magno, intimi amici, che parteciparono alla medesima ansia di santità, ebbero un’analoga formazione culturale e nutrirono entrambi l’aspirazione alla vita monastica.
La presente scheda agiografica vuole soffermarsi in particolar modo sul secondo, San Basilio. Questi nacque a Cesarea di Cappadocia, attuale Kaysery in Turchia, verso il 330 da un ricco rètore e avvocato. La sua famiglia era intrisa di santità: suo nonno morì martire nella persecuzione di Diocleziano e sua nonna, Santa Macrina, fu discepola di San Gregorio Taumaturgo nel Ponto. Santi furono i suoi genitori Basilio ed Emmelia, che ebbere oltre a Basilio altri cinque figli tra cui San Gregorio, poi vescovo di Nissa, e San Pietro, vescovo di Sebaste, e cinque figlie. La primogenita, Santa Macrina, omonima della nonna, visse nella sua proprietà di Annesi che aveva trasformata in monastero.
Il padre di Basilio, che pare si fosse trasferito a Neocesarea, fu primo maestro del figlio, che continuò poi i suoi studi a Cesarea, a Costantinopoli ed infine ad Atene, capitale culturale del mondo ellenico e pagano, dove legò un’intima amicizia con il suo conterraneo San Gregorio Nazianzeno. Ritornato in patria verso il 356, insegnò retorica e coltivò sogni di gloria, ma infine cedette alle esortazioni della sorella e si diede alla vita ascetica. Secondo gli usi del tempo ricevette finalmente il battesimo ed intraprese la visita dei grandi asceti dell’Egitto, della Palestina e della Mesopotamia, al fine di farsi un’idea circa il loro stile di vita. Quando fece ritorno in patria non esitò a distribuire parte dei suoi beni ai poveri ed a ritirarsi in solitudine sulle rive dell’Iris, di fronte ad Annosi, presso Neocesarea. Ai suoi seguaci, presenti con lui nel cenobio, diede una solida formazione morale e ascetica, prima con le Grandi Regole e poi con le Piccole Regole, concernenti i doveri e le virtù dei monaci, che gli valsero l’appellativo di “legislatore del monachesimo orientale”.
Basilio restò per cinque anni nella solitudine, finché il suo vescovo Eusebio, eletto ancora catecumeno, gli conferì l’ordinazione sacerdotale perché potesse coadiuvarlo nel difficile ministero. Preferì tuttavia ritornare ben presto alla vita solitaria, non appena si accorse di avere suscitato con il suo prestigio la gelosia del poco istruito pastore. Quando sotto l’imperatore ariano Valente l’ortodossia si vide minacciata, l’intercessione di San Gregorio Nazianzeno ottenne il ritorno dell’amico a Cesarea, che poté così lavorare proficuamente per il mantenimento della fede, il regolamento della liturgia ed il rimedio ai danni cagionati da una spaventosa carestia. Nel 370 successe ad Eusebio, divenuto ormai celebre per la sua “Storia ecclesiastica” in dieci volumi, nella sede metropolitana di Cesarea, che contava una cinquantina di diocesi suffraganee suddivise in undici province. Malgrado la breve durata del suo episcopato, l’azione pastorale di San Basilio fu così molteplice e feconda da meritargli dai contemporanei il titolo di “Magno”, che come è ben noto è stato riservato nel corso della storia a ben pochi personaggi su scala mondiale, quali il re macedone Alessandro, gli imperatori romani Costantino e Teodosio, il primo sacro romano imperatore Carlo ed i papi Leone I, Gregorio I e Giovanni Paolo II.
A quel tempo infuriava la lotta a favore dell’eresiarca Ario. Valente tornò a Cesarea nel 371 e tentò ripetutamente di indurre Basilio a concessioni, ma non osò ricorrere alla violenza contro di lui. Per diminuirne però l’influenza, divise in due parti la Cappadocia. Per difendere i diritti della sua sede Basilio creò allora alcune diocesi e consacrò l’amico Gregorio a vescovo di Sàsima, borgo importante per le comunicazioni, ma costui assai riluttante anziché prenderne possesso preferì fuggire nella solitudine.
Basilio si rivelò abile amministratore del suo territorio: con mano ferma seppe correggere abusi e bizzarrie, trasformare preti e monaci in modelli di santità, difendere le immunità ecclesiastiche di fronte al potere civile e proteggere i poveri e gli indifesi. Manifestò particolarmente il suo zelo ed il suo genio nell’organizzazione delle attività caritatevoli. In ogni circoscrizione amministrata da un corepiscopo, previde l’istituzione di un ospizio. A Cesarea costruì addirittura una cittadella della carità, quasi un “Cottolengo” d’altri tempi, con funzioni di locanda, ospizio, ospedale e lebbrosario, soprannominata dal popolo “Basiliadc”. Nonostante questa fondazione godesse di diffidenza da parte del potere civile, il santo vescovo acquistò un tale ascendente che, lasciando da parte i loro dissensi religiosi, Valente lo incaricò di ristabilire in Armenia la concordia tra i vescovi e provvedere alle sedi vacanti.
Parecchi vescovi suffraganei, tuttavia, invidiosi della sua elevazione, si sottrassero al suo influsso ed insinuarono persino dubbi sulla sua ortodossia. Basilio scrisse allora il trattato sullo Spirito Santo, per dimostrare contro gli ariani che ad egli è dovuto lo stesso onore che al Padre e al Figlio. A più riprese dal 371 al 376 intrattenne una fitta corrispondenza con il papa San Damaso e con altri vescovi occidentali per implorare il loro intervento, desolato per la diffusione dell’eresia e per la competizione di Melezio e di Paolino riguardo alla sede patriarcale di Antiochia. A Roma però si sosteneva Paolino, mentre i più illustri vescovi orientali erano partigiani dichiarati di Melezio e Basilio se ne lamentò fortemente.
L’ora della distensione, tanto sospirata dal santo, arrivò con la morte di Valente, caduto nel 378 in lotta contro i Goti. Il suo successore, San Teodosio I il Grande, ristabilì la libertà religiosa e pose sulla sede di Costantinopoli San Gregorio Nazianzeno, su proposta della Chiesa latina e con l’appoggio di San Basilio. Fu questo l’ultimo atto ufficiale del grande uomo di azione e di pensiero poiché, sfinito dalle preoccupazioni, dalle austerità e dalle malattie, morì il 1° gennaio 379. I suoi funerali, officiati a Cesarea di Cappadocia, furono un vero trionfo.
San Gregorio Nazianzeno dipinge l’amico dal volto sempre pallido, dall’espressione pensosa, resa ancor più tale dalla barba di monaco e filosofo. Di grandissimo interesse è l’Epistolario di Basilio che consta di ben 365 lettere, preziose per un’approfondita conoscenza della sua dottrina, della sua vita e della storia della Chiesa di quel tempo. Dal punto di vista teologico fu suo grande merito aver definitivamente formulato il dogma trinitario con la celebre espressione: “Una sola essenza in tre ipostasi”. Dal punto di vista letterario Basilio è indubbiamente il più classico tra i Padri greci, benché le sue opere siano state composta anzitutto per soddisfare necessità pratiche immediate. Anche dai suoi discorsi emerge costantemente la figura del pastore attento ai bisogni delle anime e presenta nella forma più adatta al grande pubblico la dottrina e la morale cristiana, avvalendosi della sua vasta cultura e dell’accurata formazione retorica.
San Basilio Magno è commemorato dal Martyrologium Romanum al 1° gennaio, anniversario della sua nascita al cielo, mentre il giorno seguente si celebre la sua memoria liturgica comunemente con il suo amico San Gregorio Nazianzeno.


Autore:
Fabio Arduino

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Aggiunto il 23-Feb-2006
Letto da 8379 persone



Stellina788
00venerdì 2 gennaio 2009 10:50

Santi Basilio Magno e Gregorio Nazianzeno Vescovi e dottori della Chiesa

2 gennaio

IV secolo

Martirologio Romano: Memoria dei santi Basilio Magno e Gregorio Nazianzeno, vescovi e dottori della Chiesa. Basilio, vescovo di Cesarea in Cappadocia, detto Magno per dottrina e sapienza, insegnò ai suoi monaci la meditazione delle Scritture e il lavoro nell’obbedienza e nella carità fraterna e ne disciplinò la vita con regole da lui stesso composte; istruì i fedeli con insigni scritti e rifulse per la cura pastorale dei poveri e dei malati; morì il primo di gennaio. Gregorio, suo amico, vescovo di Sásima, quindi di Costantinopoli e infine di Nazianzo, difese con grande ardore la divinità del Verbo e per questo motivo fu chiamato anche il Teologo. Si rallegra la Chiesa nella comune memoria di così grandi dottori.


Il 2 di gennaio la Chiesa celebra la memoria liturgica di:

San BASILIO MAGNO, Vescovo e dottore della Chiesa
Nato intorno al 330 in Cappadocia, a Cesarea, oggi la città turca di Kaysery, Basilio proveniva da una famiglia dalla profonda spiritualità. Oltre ai genitori anche tre dei suoi nove fratelli sono annoverati tra i santi. Prima di essere vescovo nella sua terra natale, aveva vissuto in Palestina e Egitto. Visse appena 49 anni ma la sua intensa e profonda attività di predicatore gli valsero il titolo di «Magno». Ricevette l'ordinazione sacerdotale verso il 364 da Eusebio di Cesarea cui successe sulla cattedra vescovile nel 370. Durante il servizio episcopale si impegnò attivamente contro l'eresia ariana. Morì l'1 gennaio 379 a Cesarea dove fu sepolto.

San GREGORIO NAZIANZENO, Vescovo e dottore della Chiesa
Nazianzo, attuale Nemisi in Turchia, 330 – 25 gennaio 389/390
Condivise con l’amico Basilio la formazione culturale e il fervore mistico. Fu eletto patriarca di Costantinopoli nel 381. Temperamento di teologo e uomo di governo, rivelò nelle sue opere oratorie e poetiche l’intelligenza e l’esperienza del Cristo vivente e operante nei santi misteri.

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Aggiunto il 26-Dec-2008
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Stellina788
00venerdì 2 gennaio 2009 10:54

San Blidulfo (Bladulfo) Monaco a Bobbio

2 gennaio

m. 630

Martirologio Romano: Nel monastero di Bobbio in Emilia, san Bladolfo, sacerdote e monaco, discepolo di san Colombano.


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Aggiunto il 23-Sep-2000
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Stellina788
00venerdì 2 gennaio 2009 10:57

San Defendente di Tebe Martire

2 gennaio

† Agauno (Marsiglia), 286 ca.

Soldato della legione Tebea,fu martirizzato con alcuni compagni presso Marsiglia, sul fiume Rodano. E'invocato contro i lupi e contro gli incendi.

Patronato: Romano di Lombardia

Emblema: Palma


S. Defendente è uno dei martiri cristiani della Legione Tebea, guidata da s. Maurizio, che furono martirizzati, perché non vollero lasciare la fede cristiana, sotto l’imperatore romano Massimiano (250-310) di origine pannonica.
L’eccidio avvenne mediante decapitazione, ad Agauno, presso il Rodano nel territorio di Marsiglia, dove erano accampati, per essere poi mandati a combattere contro i Galli irrequieti; prima della partenza si fece un solenne sacrificio agli dei, a cui non vollero prendere parte i soldati cristiani presenti fra le truppe.
Massimiano per domare questa opposizione, fece flagellare e decapitare un soldato ogni dieci, ma non recedendo nessuno dalla propria fede, ordinò di decapitare tutti gli altri; il numero esatto dei martiri non è conosciuto, centinaia sicuramente, ma non l’intera Legione Tebea, proveniente dall’Egitto, che era composta di circa mille uomini.
Il martirio dovette avvenire intorno al 286; durante l’episcopato di Teodoro, vescovo di Martigny, verso il 380, si trovò un cimitero gallo-romano e si pensò che si trattasse del luogo di sepoltura di questi soldati, per cui il vescovo fece erigere una chiesa in loro onore trasferendovi le reliquie; il culto prese a diffondersi e varie chiese, basiliche e abbazie furono dedicate ai santi martiri di Agauno, in particolare per s. Maurizio il comandante.
Per s, Defendente è importante sapere che almeno dal secolo XIV (1328) esso godeva di largo culto nell’Italia Settentrionale, nelle città di Chivasso, Casale Monferrato, Novara, Lodi, ecc. se ne celebrava la festa il 2 gennaio; a lui erano intitolati oratori, altari e confraternite.
Veniva rappresentato vestito da militare e si invocava contro il pericolo dei lupi e degli incendi. Invece nel territorio di Marsiglia è festeggiato il 25 settembre, ma solo in tempi recenti gli è stata dedicata una chiesa.
Alcuni studiosi pensano, forse a ragione, che il s. Defendente venerato in Italia, sia altra persona diversa dal martire tebeo.


Autore:
Antonio Borrelli

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Aggiunto il 28-Dec-2002
Letto da 6117 persone



Stellina788
00venerdì 2 gennaio 2009 11:00

San Giovanni il Buono Vescovo di Milano

2 gennaio

Camogli o Recco (Liguria), VII secolo – Milano, 659 circa

Nato a Camogli (GE), fu soprannominato "Buono" per la sua vita esemplare. Annoverato tra il clero di Milano, ne divenne vescovo e rifulse per l'attività caritativa. Morì nel 669. Da San Carlo Borromeo il suo corpo fu traslato e sepolto nella chiesa cattedrale.

Emblema: Bastone pastorale

Martirologio Romano: A Milano, memoria di san Giovanni Bono, vescovo, che riportò nella sua città la sede episcopale, precedentemente trasferita a Genova a causa dei Longobardi; per la sua fede e i suoi buoni costumi gradito a Dio e agli uomini.


L’arcidiocesi milanese, universalmente nota come “Chiesa ambrosiana” dal nome del suo più grande vescovo e dottore della Chiesa sant’Ambrogio, conta una schiera di ben 143 vescovi, tra i quali 38 santi e 2 beati. Nel corso dei suoi diciassette secoli di storia, vi fu un periodo in cui la sede episcopale dell’antica Mediolanum dovette trasferirsi temporaneamente in Liguria, a causa dell’invasione dei longobardi ancora pagani. Proprio al termine di questo triste periodo si colloca l’episcopato di San Giovanni il Buono.
Nato a Camogli, in provincia di Genova, o secondo un’antichissima tradizione a Recco, cittadina della riviera ligure di Levante, le sue vicende storiche si intrecciano inevitabilmente a parecchi tratti leggendari. Alcune notizie biografiche del santo ci giungono da un componimento poetico composto assai probabilmente tra l’XI ed il XIII secolo. L’anonimo autore del testo sostiene che Giovanni nacque a Camogli, da nobile famiglia della valle di Recco e questa potrebbe forse costituire una spiegazione all’antico duello tra le due città contendenti la suoi natali. Ancora bambino Giovanni sarebbe stato condotto a Milano, dove affrontò gli studi ecclesiastici e venne incardinato nella Chiesa milanese. Nel frattempo, dopo quasi ottant’anni di esilio forzato il celebre re longobardo Rotari, che aveva invaso anche la riviera ligure, si accordò con il clero ambrosiano circa il ritorno del loro vescovo alla sua sede naturale. Fu così che Giovanni, ormai apprezzato da tutti per le sue doti umane e per la sua intelligenza, all’incirca nel 641 fu acclamato trentaseiesimo vescovo di Milano, primo a sedere nuovamente nella ripristinata sede episcopale della città lombarda.
La sua umiltà e la sua generosità divennero quasi proverbiali fra il gregge affidato alle sue cure pastorali, che presto iniziò a soprannominarlo semplicemente ed affettuosamente Giovanni “il Buono”. Il carme predetto ricorda di lui: “Era solito confortare e consolare i miseri, dava da mangiare agli affamati, vestiva i nudi, dava da bere agli assetati, visitava gli ammalati e i prigionieri, offriva ospitalità ai viandanti. Pieno di grazia, di fede e di buoni costumi, gradito a Dio e agli uomini, rifulse nelle sue azioni. Giovanni si mostrò tanto umile dinanzi a tutti che, grazie alla sua umiltà, era difficile discernere se veramente egli fosse il vescovo”. L’unico episodio storicamente accertato della vita di questo santo vescovo è un viaggio a Roma che effettuò verso la fine del 649, in occasione di un sinodo convocato dal papa Martino I che si celebrò nella basilica lateranense. San Giovanni il Buono morì a Milano dopo almeno una decina d’anni di episcopato ed i suoi resti mortali trovarono sepoltura nella chiesa oggi scomparsa di San Michele in Duomo, così denominata in quanto sorgeva accanto alla “Domus sancti Ambrosii”, antico appellativo del vescovado. Quattro secoli dopo il vescovo Ariberto ne ravvivò il culto in tutta la diocesi, in seguito al ritrovamento del corpo che si temeva perduto. Fu però San Carlo Borromeo a far trasferire tali reliquie nel duomo il 24 maggio 1582, e qui fu poi eretto in suo onore un altare tra i più ricchi e sfarzosi dell’intero edificio sacro. Nel 1951 il beato cardinal Ildefonso Schuster ordinò una nuova ricognizione dei resti del santo, che risultò misurare ben 190 centimetri d’altezza, e li fece quindi ricomporre in una nuova urna metallica. Anche nella borgata di Recco nel 1288 venne effettuato un lascito per la costruzione di un altare nella chiesa parrocchiale, destinato a conservarvi un braccio ed una costola del santo. Tali reliquie furono presumibilmente un dono dello stesso Ariberto, che volle così suggellare l’amicizia ed il gemellaggio nella fede fra la Chiesa ligure e quella ambrosiana.


Autore:
Fabio Arduino

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Aggiunto il 26-May-2002
Letto da 2697 persone



Stellina788
00venerdì 2 gennaio 2009 11:05

San Gregorio Nazianzeno Vescovo e dottore della Chiesa

2 gennaio (e 25 gennaio)

Nazianzo, attuale Nemisi in Turchia, 330 – 25 gennaio 389/390

Condivise con l’amico Basilio la formazione culturale e il fervore mistico. Fu eletto patriarca di Costantinopoli nel 381. Temperamento di teologo e uomo di governo, rivelò nelle sue opere oratorie e poetiche l’intelligenza e l’esperienza del Cristo vivente e operante nei santi misteri. (Mess. Rom.)

Patronato: Poeti

Etimologia: Gregorio = colui che risveglia, dal greco

Emblema: Bastone pastorale

Martirologio Romano: Memoria dei santi Basilio Magno e Gregorio Nazianzeno, vescovi e dottori della Chiesa. Basilio, vescovo di Cesarea in Cappadocia, detto Magno per dottrina e sapienza, insegnò ai suoi monaci la meditazione delle Scritture e il lavoro nell’obbedienza e nella carità fraterna e ne disciplinò la vita con regole da lui stesso composte; istruì i fedeli con insigni scritti e rifulse per la cura pastorale dei poveri e dei malati; morì il primo di gennaio. Gregorio, suo amico, vescovo di Sásima, quindi di Costantinopoli e infine di Nazianzo, difese con grande ardore la divinità del Verbo e per questo motivo fu chiamato anche il Teologo. Si rallegra la Chiesa nella comune memoria di così grandi dottori.
(25 gennaio: A Nazianzo in Cappadocia, nell’odierna Turchia, anniversario della morte di san Gregorio, vescovo, la cui memoria si celebra il 2 gennaio).


Il calendario liturgico latino fa oggi memoria di due Padri e Dottori della Chiesa, San Basilio Magno e San Gregorio Nazianzeno, intimi amici, che parteciparono alla medesima ansia di santità, ebbero un'analoga formazione culturale e nutrirono entrambi l'aspirazione alla vita monastica.
La presente scheda agiografica vuole soffermarsi in particolar modo sul secondo, San Gregorio. Questi fa parte del celebre manipolo dei “luminari di Cappadocia” insieme con Sant'Anfìlochio d'Iconio, suo cugino, San Basilio Magno e San Gregorio di Nissa, fratello di quest'ultimo. Gregorio “Nazianzeno” nacque verso il 330 ad Arianzo, borgata nei pressi di Nazianzo, dal cui nome deriva il celebre appellativo del santo. Fu consacrato a Dio sin dalla più tenera infanzia dalla sua piissima madre, Santa Nonna, ed entrambi i genitori gli impartirono un'ottima educazione. Fu inviato a scuola presso Cesarea di Palestina, poi ad Alessandria d'Egitto ed infine ad Atene, dove legò un'intima amicizia con il suo conterraneo San Basilio Magno.
Gregorio rimase per dieci anni nella capitale ellenica, allora centro della cultura pagana, dove pare diede anche lezioni di eloquenza. Fece ritorno verso il 359 in Cappadocia e ricevette il battesimo, come consuetudine a quel tempo, all'età di trent'anni. Da quel giorno divise i suoi giorni tra l'ascesi e lo studio in compagnia dell'amico Basilio nella solitudine della valle dell'Iris, presso Neocesarea. Ben presto però, in seguito alle numerose richieste dei fedeli, fu suo malgrado richiamato per ricevere l'ordinazione presbiterale direttamente dalle mani di suo padre, San Gregorio di Nazianzo il Vecchio, che nel frattempo si era convertito dalla setta giudeo-pagana degli adoratori di Zeus Hypsistos al cristianesimo ed era stato insediato sulla sede episcopale di Nazianzo. Turbato per la pressione subita ed innamorato sempre più della vita solitaria, il giovane sacerdote tornò con San Basilio nella regione del Ponto. Dovette tuttavia accorrere nuovamente a Nazianzo per aiutare suo padre nel governo della diocesi e domarvi uno scisma imperversante. Il vecchio pastore aveva sottoscritto, per debolezza o per inavvertenza, la formula semiariana coniata dal concilio di Rimini, e parte dei fedeli si era ribellata. San Gregorio seppe sapientemente persuadere allora suo padre a fare una solenne professione di fede cattolica, facendo così rifiorire la calma e la concordia.
Nel 371, in seguito alla divisione della Cappadocia in due province ecclesiastiche, San Basilio, volendo creare un nuovo vescovado a Sàsima per opporsi alle intrusioni di Antimo, arcivescovo di Tiana, capitale della Seconda Cappadocia, fece appello al suo amico nominandolo a tale sede. Questo triste borgo, polveroso e chiassoso, edificato attorno ad una stazione postale sulla via di Cilicia, non poteva certo essere l'ambiente adatto per una vita da filosofo e da teologo. San Gregorio, dopo essersi lasciato imporre le mani di malavoglia, anziché prendere possesso della sua diocesi, fuggì segretamente nella solitudine. Fece poi ritorno a Nazianzo soltanto in seguito alle suppliche del vecchio padre, che in età avanzata non riusciva più a portare tutto il peso della sua carica. Quando nel 374 morì, col cuore affranto e la salute malferma il figlio si rifugiò non appena possibile nel monastero di Santa Teda, a Seleucia, nell'Isauria.
Era però volontà divina che non potesse nuovamente godere del sospirato riposo. All'inizio del 379, infatti, i cattolici di Costantinopoli, ai quali l'imperatore Valente aveva sottratto tutte le chiese, approfittarono dell'avvento al trono di San Teodosio I il Grande per convincerlo a ristabilire la fede nicena nella capitale dell'oriente, nominando Gregorio quale nuovo patriarca, con il naturale appoggio dell'amico San Basilio. A Gregorio non restò che accettare di trasferirsi nella metropoli constantinopolitana, ove aprì nella casa di un suo parente una cappella che denominò “Anàstasis” (cioè Risurrezione) e con la sua eloquenza riuscì a raccogliere attorno a sé i pochi ortodossi superstiti e senza pastore. Ebbe così occasione di pronunciare le sue più celebri omelie, i cinque Discorsi sulla Trinità che gli valsero la fama di teologo. Accorse dalla Siria ad ascoltare le sue parole perfino San Girolamo, che divenne suo discepolo.
Il compito del nuovo pastore si rivelò presto assai difficoltoso, non solo a causa degli ariani, ma ancor di più quando un certo Massimo, figura equivoca di filosofo cinico e di asceta, forte dell'appoggio di Pietro, vescovo di Alessandria, tentò di farsi proclamare vescovo di Costantinopoli. Tra cotante insidie e violenze, tra cui il rischio di lapidazione, San Gregorio avrebbe preferito ancora una volta tornare a vita solitaria, se non fosse stato tormentato dal bizzarro pensiero che “insieme con lui sarebbe partita da Costantinopoli anche la Trinità”. Nel mese di novembre del 380, con l'ingresso dell'imperatore Teodosio nella capitale, le chiese furono finalmente sottratte agli ariani e riconsegnate ai legittimi detentori.
San Gregorio, dietro all'imperatore e scortato dall'esercito, fu condotto in processione nella celeberrima cattedrale di Santa Sofia ed acclamato dal clero e dal popolo vescovo della città. Il saggio pastore non si accontentò però di quella intronizzazione e preferì farsi anche riconoscere nel maggio 381 dal V concilio ecumenico aperto a Costantinopoli sotto la presidenza di Melezio, vescovo di Antiochia. Questi però morì e Gregorio fu chiamato a presiedere l'assemblea al suo posto. Propose allora di nominare a successore del defunto nella sede antiochiena Paolino, che era stato vescovo di quella città durante lo scisma, ma i meleziani, che formavano la maggioranza, gli contrapposero Flaviano. Quando poi al concilio giunsero i vescovi egiziani e macedoni, presero a contestare l'elezione di Gregorio, perché in qualità di vescovo di Sàsima, in forza del canone di Antiochia, non avrebbe potuto essere trasferito ad altra sede. Il santo patriarca, che in realtà non aveva mai preso possesso della diocesi suddetta, amareggiato da tante ambizioni e intrighi, con pronta decisione rinunciò alla chiesa di Costantinopoli che governava da appena un biennio, stanco dei “più giovani che cinguettavano come uno stormo di gazze e si accanivano come uno sciame di vespe”, mentre “i vecchi si guardavano bene dal moderare gli altri”. Si ritirò allora nuovamente nella nativa Nazianzo, che nel frattempo era rimasta priva di pastore, ed amministro tale Chiesa locale per altri due anni, quando riuscì a far eleggere in sua sostituzione a vescovo della diocesi suo cugino Eulalio. Fatto ciò, si ritirò nella sua proprietà di Arianzo, dove morì il 25 gennaio del 389 o del 390, dopo sei anni dedicati alla contemplazione ed a studi ininterrotti.
San Gregorio, di costituzione debole e di delicata sensibilità, nella sua vita non fu mai un uomo d'azione, quanto piuttosto di meditazione, e neppure un teologo speculativo, semmai un mistico. E' unanimemente considerato un buon testimone della tradizione della Chiesa nelle questioni trinitarie e cristologiche. Durante la sua vita si sentì talvolta condannato piuttosto che chiamato all'attività apostolica. Tuttavia, quando non poté fuggire dall'azione, si dedicò sempre al bene delle anime affidate alla sua cura con grandissimo senso di responsabilità. Oratore perfetto, fu a buon ragione soprannominato il “Demostene cristiano”. Ci sono pervenuti ben 45 suoi discorsi, 244 lettere e molte poesie teologiche e storiche, scritte in una lingua ricca, armoniosa e pura.
San Gregorio Nazianzeno è commemorato dal Martyrologium Romanum al 25 gennaio, anniversario della sua nascita al cielo, mentre il giorno seguente si celebre la sua memoria liturgica comunemente con il suo amico San Basilio Magno.


Autore:
Fabio Arduino

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Aggiunto il 23-Feb-2006
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Stellina788
00venerdì 2 gennaio 2009 11:08

Beato Guglielmo de Loarte Mercedario

2 gennaio

Il mercedario Beato Guglielmo de Loarte del monastero di Valladolid (Spagna), trascorse la sua ita cercando la sapienza dei padri studiando e occupandosi delle profezie con tutto l’impegno che verso il Padre Celeste poteva dare, per il bene dei fratelli. Morì santamente nello stesso monastero.
L’Ordine lo festeggia il 2 gennaio.


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Aggiunto il 11-Jan-2008
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Stellina788
00venerdì 2 gennaio 2009 11:11

Beato Guglielmo Repin Sacerdote e martire

2 gennaio

Thouarcé, Francia, 26 agosto 1709 – Angers, 2 gennaio 1794

Martirologio Romano: Ad Angers in Francia, beati Guglielmo Repin e Lorenzo Bâtard, sacerdoti e martiri, che, mentre infuriava la rivoluzione francese, morirono ghigliottinati per la loro fedeltà alla Chiesa.


Il beato Guglielmo Repin, parroco e canonico di 85 anni, è il capolista dei 99 martiri, vittime della Rivoluzione Francese, nella diocesi di Angers; beatificati il 19 febbraio 1984 da papa Giovanni Paolo II.
Egli nacque a Thouarcé (Maine-et-Loire) in Francia, il 26 agosto 1709, secondo figlio dei coniugi Renato Repin e Renata Gourdon; a 19 anni entrò nel seminario di Angers, dove fu poi ordinato sacerdote.
Nei primi anni dal 1734 al 1749, fu coadiutore della parrocchia di S. Giuliano di Angers e poi parroco di San Sempliciano a Martigné-Briand e nel contempo fu nominato anche canonico; espletò il suo ministero con serenità per oltre 40 anni, amato e rispettato dai suoi parrocchiani e da quanti lo conobbero per i più svariati motivi. La chiesa parrocchiale fu da lui fatta abbellire più volte, con opportuni restauri e ristrutturazioni.
Nel contempo in Francia era scoppiata la Rivoluzione Francese e il nuovo governo, nel 1791, richiese dagli ecclesiastici, che erano visti come il fumo negli occhi, di prestare giuramento di fedeltà alla Costituzione Civile del Clero, che fra l’altro considerava l’istituzione di un clero asservito al potere statale e quindi scismatico con la Chiesa di Roma; una lotta contro il Dio della Redenzione in nome della dea Ragione, frutto del pensiero rivoluzionario di quel periodo storico.
Alcuni aderirono, per paura o per opportunità, ma una buona parte del clero e dei religiosi non giurarono, venendo identificati come “preti refrattari” e subendo persecuzioni, che ben presto si tramutarono in incriminazioni ed esecuzioni.
Anche il parroco Guglielmo Repin, rifiutò il giuramento richiestogli dal sindaco di Martigné-Briand il 10 febbraio 1791, e quindi dovette purtroppo lasciare il quarantennale incarico e andò a rifugiarsi ad Angers, dove comunque fu catturato il 17 giugno 1792 e rinchiuso nel locale seminario, insieme ad un gran numero di altri sacerdoti ‘refrattari’; in questa prigionia, essendo il più anziano, venne scelto per celebrare la Messa e comunicare i suoi confratelli.
Il 14 agosto 1792 la Convenzione Nazionale votò la richiesta di giuramento “liberté - egalité”, per tutti i funzionari pubblici e il 2 settembre 1792 questo giuramento divenne obbligatorio per tutti i cittadini francesi.
Padre Repin rifiutò anche questo secondo giuramento e il 30 novembre 1792, fu trasferito insieme ad altri preti anziani o malati, alla “Rossignolerie”, come veniva chiamata comunemente la scuola dei Fratelli della Dottrina Cristiana e qui rimase fino al 17 giugno 1793, quando fu liberato con tutti gli altri, dagli insorti della Vandea, che avevano occupato Angers.
Si spostò in vari posti, ma non potendo seguire l’esercito vandeano, a causa della tarda età, tornò a nascondersi nei Mauges, dove fu di nuovo catturato il 24 dicembre 1793 e condotto in prigione a Chalonnes.
Dopo essere stato interrogato dal locale giudice di pace e considerato sospetto, venne deferito al Comitato rivoluzionario di Angers, che a sua volta, dopo averlo di nuovo interrogato e giudicato ‘secondo la legge’, lo consegnò il 1° gennaio 1794 alla Commissione militare, che condannò padre Guglielmo Repin alla ghigliottina; la sentenza fu eseguita il giorno dopo, 2 gennaio 1794, sulla piazza “du Ralliement” insieme al parroco di S. Maria di Chalonnes, Laurent Bárard e altre due vittime della Rivoluzione.
Per essersi rifiutati di prestare il suddetto giuramento, dal 30 ottobre 1793 al 14 ottobre 1794, furono ghigliottinati 177 persone ad Angers, nella piazza detta “du Ralliement”; ma dal gennaio 1794 al 16 aprile dello stesso anno, morirono fucilati per lo stesso motivo, circa 2.000 persone al Campo dei Martiri d’Avrillé.
Fra le migliaia di vittime, sono stati identificati con certezza, da una speciale Commissione, istituita nel 1905 dal vescovo di Angers, 99 di loro, che subirono il martirio per motivi religiosi; di essi 12 sacerdoti furono ghigliottinati, insieme a tre suore e 84 laici di cui ben 80 donne, furono fucilati.
La causa per la loro beatificazione si concluse il 9 giugno 1983. La festa religiosa comune a tutti i 99 si celebra il 1° febbraio, mentre i 12 sacerdoti e le tre suore sono anche ricordati nel giorno della loro morte, che per il beato Guglielmo Repin è il 2 gennaio.


Autore:
Antonio Borrelli

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Aggiunto il 28-Jan-2004
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Stellina788
00venerdì 2 gennaio 2009 11:16

Beato Lorenzo Batard Martire

2 gennaio


Martirologio Romano: Ad Angers in Francia, beati Guglielmo Repin e Lorenzo Bâtard, sacerdoti e martiri, che, mentre infuriava la rivoluzione francese, morirono ghigliottinati per la loro fedeltà alla Chiesa.


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Aggiunto il 26-Jun-2000
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Stellina788
00venerdì 2 gennaio 2009 11:21

San Mainchin Vescovo di Limerick

2 gennaio

sec. VII

Martirologio Romano: A Limerick in Irlanda, san Mainchín, venerato come vescovo.


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Aggiunto il 23-Sep-2000
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Stellina788
00venerdì 2 gennaio 2009 11:27

Beato Marcolino Amanni da Forlì Domenicano

2 gennaio

Forlì, 1317 - 1397

Entrato giovanissimo nell'Ordine Domenicano nel convento di Forlì, vi rifulse per la semplicità di vita, la rigorosa osservanza e per la carità verso i poveri. Devotissimo della Vergine Maria, ne portava sempre con sé un'immagine, opera del pittore Vitale da Bologna, che la Fraternita locale del Terz'Ordine conserva ancora gelosamente.

Martirologio Romano: A Forlì, beato Marcolino Amanni, sacerdote dell’Ordine dei Predicatori, che visse tutta la vita in grande umiltà e semplicità, nel silenzio, nella solitudine, nel servizio dei poveri e nella cura dei fanciulli.


Il 1300 fu un periodo di decadenza per l’Ordine Domenicano, come del resto anche per gli altri Ordini. Ne fu causa principale la peste nera che nei conventi e nei monasteri fece vittime senza numero, lasciando atterriti e scoraggiati i pochi superstiti, e aprendo l’adito alla mollezza e al disordine. Non mancarono però religiosi santi e ferventi i quali seppero efficacemente opporsi al rilassamento generale. Sotto il soffio ispiratore di Santa Caterina da Siena, il Beato Raimondo da Capua, appena eletto Generale, nel 1380, chiamò a raccolta tutte le anime di buona volontà per far rinverdire l’orto piantato da San Domenico. Tra i molti che risposero all’appello, brilla per la sua incantevole umiltà Marcolino Amanni. Egli vesti l’Abito santo nella sua città natale, Forlì, a soli dieci anni, acceso da un fervore superiore alla sua tenerissima età. Il piccolo novizio fu additato presto come modello di ogni virtù, ma l’ala che fece così rapidamente salire la sua anima angelica fu la continua ricerca di Dio nell’orazione e nel raccoglimento. E il Signore si fece trovare in una preghiera sublime che lo fece vivere più in cielo che in terra: solo il campanello della elevazione, alla consacrazione, durante la messa, lo riscuoteva dalle sue estasi. Egli non brillò, né sulla cattedra, né sul pulpito. La sua azione fu silenziosa e nascosta. Regola vivente, predicò con i suoi luminosissimi esempi di vita quotidiana, rappresentando quell’abbondanza di vita interiore che, secondo il pensiero di Domenico, deve essere la viva sorgente della predicazione apostolica. L’unico ornamento della sua cella fu un quadro raffigurante la Madonna, per la quale ebbe sempre una speciale devozione. Morì nel febbraio del 1397. Il suo corpo riposa nella cattedrale di Forlì. Il suo culto è stato confermato da Papa Benedetto XIV il 9 maggio 1750.


Autore:
Franco Mariani

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Aggiunto il 10-Apr-2002
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Stellina788
00venerdì 2 gennaio 2009 11:32

Beata Maria Anna Sureau Blondin Fondatrice

2 gennaio

Terrebonne (Quebec), Canada, 18 aprile 1809 – Lachine, Canada, 2 gennaio 1890

La beata Maria Ester Sureau Blondin, canadese, è la fondatrice della congregazione delle suore di Sant'Anna, dedite all'educazione dei bambini. A lei ragazza era mancata proprio una scuola cattolica e francofona nel Quebec (era nata nel 1809 a Terrebonne), territorio dominato da protestanti inglesi. A 20 anni era entrata tra le suore di Notre-Dame, ma poi ne era uscita per motivi di salute. Divenuta direttrice di una scuola, fondò poi la sua congregazione, pronunciando i voti davanti al vescovo di Montreal con altre compagne nel 1850 e mutando il secondo nome in Anna. Morì nel 1890. (Avvenire)

Martirologio Romano: Nella città di Lachine nel Québec in Canada, beata Marianna (Maria Stella) Soureau-Blondin, vergine: rimasta analfabeta fino all’età della giovinezza, fondò la Congregazione delle Suore di Sant’Anna per l’istruzione dei figli dei contadini, offrendo sempre nel suo servizio un eccellente modello di educatrice della gioventù.


Una beata del grande Stato nordamericano del Canada, infatti Maria Ester Sureau Blondin, nacque a Terrebonne nella provincia del Quebec il 18 aprile 1809, il padre agricoltore e la madre casalinga; primogenita di una famiglia molto cattolica di 12 figli.
Trascorse l’infanzia e l’adolescenza a casa, ricevendo un’educazione e formazione dai propri genitori, vista la mancanza di scuole cattoliche di lingua francese, in uno Stato che da 50 anni era passato sotto il dominio inglese e protestante.
A 20 anni, nel 1829 entrò a servizio delle suore della Congregazione di Notre-Dame, che si erano da poco stabilite a Terrebonne, chiedendo come salario di imparare a leggere e scrivere; nel 1832 fu ammessa nel noviziato di questa Congregazione, ma non pronunciò i voti perché rifiutata per debolezza fisica e malattia.
Trascorse un periodo di cura e di riposo a casa e poi diventò collaboratrice della maestra della scuola elementare cattolica del villaggio di Vaudreuil; diventando nel 1838 direttrice della stessa scuola e negli anni seguenti un po’ alla volta, si orientò a fondare una Congregazione religiosa per l’educazione dei bambini e l’8 dicembre 1850 Maria Ester Soureau-Blondin, prendendo il nome di Maria Anna, insieme ad un gruppo di prime suore, pronunciò i voti davanti al vescovo di Montreal, Ignazio Bourget, dando inizio alla nuova Congregazione delle “Suore di S. Anna”.
Gli inizi della giovane Istituzione furono difficoltosi per la grande povertà; nel 1853 la Casa Madre fu aperta a Saint-Jacques de l’Achigan e il vescovo Bourget nominò come cappellano il giovane sacerdote Louis-Adolphe Maréchal, il quale in meno di un anno prese il comando della Congregazione e fece destituire nel 1854 la fondatrice e superiora generale suor Maria Anna, allontanandola dandole la carica di superiora di una piccola comunità a Sainte-Geneviève.
Nonostante la lontananza, molte suore, formate da suor Maria Anna, rimasero in contatto con lei; questo non fu tollerato dal cappellano, il quale ottenne dal vescovo di toglierle anche questo incarico.
A lei fondatrice e ottima insegnante, furono affidati i compiti più umili, come portinaia, responsabile della biancheria delle suore, sagrestana, espletati in 36 anni in Case poste in varie città.
Quest’ultimo periodo della sua vita, è la testimonianza di una viva fede e di una grande forza di volontà, in mezzo alle incomprensioni; esempio di amorosa sottomissione alla volontà di Dio, di rispetto per le autorità, bontà e servizio verso tutti, umiltà ed abnegazione.
Accettò la sua destituzione offrendo la sua vita per il bene della Congregazione e ciò evidentemente fu accettato da Dio, nel 1884 si ebbe l’approvazione da Roma e nel 1890 si contavano 428 religiose impegnate nell’insegnamento e occupate nella cura degli ammalati in 43 case del Quebec, Colombia canadese, Stati Uniti e Alaska.
Nell’autunno del 1889 madre Maria Anna si ammalò di una grave bronchite; nella notte di Natale volle assistere alla Messa nella grande cappella della Casa Madre, ciò le costò un aggravamento della malattia, che la fece morire il 2 gennaio a Lachine.
Il 7 gennaio 1977 fu introdotta la causa per la sua beatificazione, il 14 marzo 1991 ebbe il titolo di venerabile e il 29 aprile 2001 è stata beatificata da papa Giovanni Paolo II in Piazza S. Pietro a Roma.


Autore:
Antonio Borrelli

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Aggiunto il 18-Mar-2003
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Stellina788
00venerdì 2 gennaio 2009 11:42

Beata Stefana Quinzani Domenicana

2 gennaio

Orzinuovi, 1457 - Soncino, 1530

Nata ad Orzinuovi (Bs) da una famiglia di agricoltori, visse aiutandoli nel lavoro dei campi. Entrata nel 1489 a far parte del Terz'Ordine Domenicano, fu assidua nella contemplazione della Passione di Cristo, della quale portava sul corpo le stimmate. Si dedicò con generosità al servizio dei poveri e della pace. Morì il 2 gennaio 1530 a Soncino (Cr) nel monastero da lei edificato e guidato con prudenza per anni.

Etimologia: Stefana = corona, incoronato, dal greco

Martirologio Romano: A Soncino in Lombardia, beata Stefana Quinzani, vergine, suora del Terz’Ordine di San Domenico, che si dedicò con assiduità alla contemplazione della passione del Signore e alla formazione cristiana delle fanciulle.


La Beata Stefana nacque ad Orzinuovi, ma, dopo un lungo soggiorno a Crema, visse poi a Soncino, dove nel convento dei Domenicani era luce a tutti di mirabile santità. Il Beato Domenicano Matteo Carreri, quando era ancora una piccola bimba, le predisse una ferita del divino amore. A sette anni Stefana fece voto di castità, e Gesù, apparendole, le mise al dito un anello prezioso. A 15 anni prese l’Abito del Terz’Ordine Domenicano, ma già in precedenza n’era stata rivestita dal glorioso Padre Domenico in una celeste visione. Fu cinta dagli angeli del cingolo di S. Tommaso, restando per sempre confermata in una perfetta purità. La Beata Stefana fa parte di quell’eletto stuolo di vergini Gusmane che hanno portato nel corpo e nello spirito tutti i dolori del Salvatore. Per quarant’anni, infatti, ogni venerdì, sperimentò l’intera Passione di Gesù e portò impresse nel proprio corpo le sacre Stimmate. Come a S. Caterina da Siena le fu cambiato miracolosamente il cuore, ed ebbe il dono di conoscere i più occulti pensieri e le cose future. Tanta copia di celesti carismi fruttificarono in un intenso apostolato che si estese ad ogni classe di persone. Un giorno Gesù, apparendole, le disse: “Figliola, tu mi hai fatto il dono, completo della tua volontà, quale ricompensa desideri?”; “Non voglio altra mercede che Te medesimo”, rispose Stefana. Mori santamente pronunziando le parole di Gesù sulla croce: “In manus tuas Domine, commendo spiritum meum!” Papa Benedetto XIV il 14 dicembre 1740 ha confermato il culto. Le sue reliquie, nel 1988, sono state riportate a Soncino.


Autore:
Franco Mariani

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Aggiunto il 11-Apr-2002
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Stellina788
00venerdì 2 gennaio 2009 11:46

San Telesforo Papa e martire

2 gennaio

m. 136

(Papa dal 125 al 136).
Da poco abbiamo celebrato la Messa della notte di Natale. La sua introduzione si deve proprio a Papa Telesforo, settimo successore di Pietro, che governò la Chiesa dal 125 al 136. Di origine greca e nato in Calabria, prima di giungere a Roma era stato anacoreta in Egitto e Palestina. Forse fu tra gli eremiti del Monte Carmelo (l'ordine carmelitano tuttora lo annovera tra i suoi santi). Successe a Sisto I. Oltre alla Messa di Mezzanotte pare abbia istituito anche le altre due liturgie del Natale (all'aurora e all'ora terza), raccomandato l'osservanza del digiuno quaresimale e partecipato alla disputa d'Oriente sulla data di Pasqua.

Emblema: Palma

Martirologio Romano: A Roma, deposizione di san Telesforo, papa, che, come attesta sant’Ireneo, nominato settimo vescovo dopo l’Apostolo, subì un glorioso martirio.


Di origine greca o nativo della Magna Grecia; Ottavo papa, succedette a Sisto I nella sede di Roma e governò 11 anni, 3 mesi e 22 giorni, dal 125 al 136 d.C.
Non si conosce assolutamente nulla del suo pontificato, tuttavia le poche notizie, senza fondamento storico, ci vengono tramandate dal Liber Pontificalis vol. I, 129 secondo cui Telesforo istituì il digiuno quaresimale e l’introduzione delle tre Messe notturne di Natale con il canto del “Gloria in excelsis Deo”.
Nel dare la serie dei primi papi, s. Ireneo asserisce nella sua nota opera Adversus haereses che Telesforo subì un ‘glorioso martirio’, affermazione ripetuta e confermata da Eusebio nella sua Historia ecclesiastica V, 6,4.
Morto a Roma, fu sepolto presso la tomba di s. Pietro in Vaticano.
Il Martirologio Romano e il Messale lo commemorano il 2 gennaio.
Una sua immagine si trova nella Cappella Sistina in Vaticano, dipinta nella cosiddetta Cerchia di Sandro Filipepi detto Botticelli.


Autore:
Antonio Borrelli

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Aggiunto il 9-Jul-2001
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Stellina788
00venerdì 2 gennaio 2009 11:51

San Teodoro di Marsiglia Vescovo

2 gennaio

m. 594

Martirologio Romano: A Marsiglia nella Provenza in Francia, san Teodoro, vescovo, che, per aver cercato di ristabilire la disciplina ecclesiastica, fu condannato dai re Childeberto e Guntramno e per tre volte cacciato in esilio.


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Aggiunto il 23-Sep-2000
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Stellina788
00venerdì 2 gennaio 2009 11:58

San Vincenziano Eremita

2 gennaio

m. 672 o 730

Martirologio Romano: Nel territorio di Tulle nella regione dell’Aquitania, in Francia, san Vincenziano, eremita.


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Aggiunto il 23-Sep-2000
Letto da 766 persone


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