2 marzo

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Stellina788
00mercoledì 2 marzo 2011 11:22

Sant' Agnese di Boemia Principessa, badessa

2 marzo

Praga, Repubblica Ceca, 1211 – 2 marzo 1282

Figlia del sovrano boemo Otakar I, Agnese nacque a Praga nel 1211. Nel 1220, essendo promessa sposa di Enrico VII, figlio di Federico Barbarossa, Agnese fu condotta a Vienna ove visse sino al 1225 quando, rotto il fidanzamento, tornò a Praga per consacrarsi a Dio. Grazie ai Frati Minori, venne a conoscenza della vita spirituale di Chiara d'Assisi. Rimase affascinata da questo modello e decise di imitarne l'esempio. Fondò il monastero di San Francesco per le «Sorelle Povere o Damianite» nel 1234. Insieme a Santa Chiara si adoperò per ottenere l'approvazione di una nuova ed apposita regola che ricevette e professò. Agnese divenne badessa del monastero, ufficio conservò per tutta la vita. Morì il 2 marzo 1282. Numerosi miracoli furono attribuiti alla principessa badessa che venne beatificata da Pio IX nel 1874 e canonizzata da Giovanni Paolo II nel 1989. (Avvenire)

Etimologia: Agnese = pura, casta, dal greco

Martirologio Romano: A Praga in Boemia, ora Repubblica Ceca, sant’Agnese, badessa, che, figlia del re Ottokar, rifiutate nozze regali per essere sposa solo di Cristo, abbracciò la regola di santa Chiara nel monastero da lei stessa edificato, in cui volle osservare con rigore la povertà.


Giovanni Paolo II, durante il suo lungo pontificato, se da un lato non ha mancato di proporre agli uomini di oggi dei modelli di santità a loro vicini nel tempo, non ha però disdegnato anche di elevare agli onori degli altari alcune significative figure visute nei primi secoli del secondo millenio, tra le quali la principessa Sant’Agense di Boemia oggi festeggiata.
Figlia del sovrano boemo Premysl Otakar I e della regina Costanza, sorella di Andrea II re d'Ungheria, Agnese nacque a Praga nel 1211. Sin dall’infanzia fu oggetto di svariati progetti di fidanzamento indipendentemente dalla sua volontà, cosa comune a quel tempo meramente per speculazioni politiche e convenienze dinastiche. All’età di tre anni fu affidata alle cure della duchessa di Slesia, la celebre Santa Edvige, che l’accolse nel monastero cistercense di Trzebnica e le insegnò i primi elementi della fede cristiana. Tre anni dopo fece ritorno a Praga e venne poi affidata alle monache premonstratensi di Doksany ove ricevette un’adeguata istruzione.
Nel 1220, essendo promessa sposa di Enrico VII, figlio dell'imperatore Federico II Barbarossa, Agnese fu condotta a Vienna presso la corte del duca d’Austria: qui visse sino al 1225 rimanendo sempre fedele ai principi e ai doveri della morale cristiana. Rescisso infine il patto di fidanzamento, ritornò a Praga ove poté dedicarsi ad una più intensa vita di preghiere e di opere caritative. Dopo una matura riflessione, decise di consacrare a Dio la sua verginità. Pervennero alla corte di Praga nuove proposte nuziali per la giovane principessa boema: quella del re inglese Enrico III, che svanì, e quella del Barbarossa presentata prima a re Otakar nel 1228 ed una seconda volta a re Venceslao nel 1231.
Papa Gregorio IX, cui Agnese aveva chiesto protezione, intervenne riconoscendo il voto di castità della principessa, che in tal modo acquistò la libertà e la felicità di consacrarsi a Dio libera dai sotterfugi del mondo secolare. In quel periodo giungevano a Praga quali predicatori i Frati Minori, grazie ai quali venne a conoscenza della vita spirituale che conduceva in Assisi la vergine Santa Chiara secondo lo spirito francescano. Rimase affascinata da questo modello e decise di imitarne ad ogni costo l’esempio: usufruendo dei propri beni fondò tra il 1232 ed il 1233 a Praga l’ospedale di San Francesco e per dirigerlo l’Ordine dei Crocigeri della Stella Rossa. Allo stesso tempo fondò il monastero di San Francesco per le “Sorelle Povere o Damianite”, ove lei stessa entrò l’11 giugno 1234, giorno di Pentecoste.
Agnese professò duqnue solennemente i voti solenni di castità, povertà ed obbedienza, pienamente consapevole del valore eterno di questi consigli evangelici, e si cimentò nel praticarli con esemplare fedeltà per tutti i suoi giorni. La verginità finalizzata al regno dei cieli costituì l’elemento fondamentale della sua spiritualità. Lo spirito di povertà, che già in precedenza l’aveva indotta a distribuire ai poveri i suoi beni, la spinse a rinunciare totalmente ad ogni proprietà per seguire Cristo povero ed ottenne inoltre che nel suo monastero si praticasse addirittura l’esproprio collettivo. Lo spirito di obbedienza la condusse a conformare sempre più la sua volontà a quella divina che scopriva nella lettura del Vangelo e nella Regola di vita che la Chiesa le aveva donato. Insieme a Santa Chiara si adoperò per ottenere l’approvazione di una nuova ed apposita Regola che, dopo fiduciosa attesa, ricevette e professò con estrema fedeltà.
Poco dopo la professione Agnese divenne badessa del monastero, ufficio che dovette conservare per tutta la vita, esercitandolo con umiltà e carità, con saggezza e zelo, considerandosi sempre come “sorella maggiore” delle monache sottoposte alla sua autorità. La notizia dell’ingresso di Agnese in monastero suscitò ammirazione in tutta ammirazione Europa e tutti coloro che ebbero modo di entrare in contatto con lei poterono testimoniare le sue virtù, come concordemente attestano anche le memorie biografiche: specialmente ammirato era l’ardore della sua carità verso Dio e verso il prossimo, “la fiamma viva dell’amore divino che ardeva continuamente nell'altare del cuore di Agnese, la spingeva tanto in alto, per mezzo dell'inesauribile fede, da farle ininterrottamente cercare il suo Diletto” e si esprimeva in modo peculiare nel fervore con cui adorava i misteri dell’Eucaristia e della Croce del Signore, nonché nella devozione filiale alla Madonna contemplata nel mistero dell’Annunciazione.
L’amore del prossimo, continuò anche dopo la fondazione dell’ospedale a tenere spalancato il suo cuore generoso ad ogni forma di aiuto cristiano. Amò la Chiesa implorando dalla bontà di Dio per i suoi figli i doni della perseveranza nella fede e della solidarietà cristiana. Collaborò con i papi del sue tempo, che per il bene della Chiesa non mancavano di sollecitare le sue preghiere e le sue mediazioni presso i sovrani boemi, suoi familiari. Nutrì sempre un profondo amore per la sua patria, che beneficiò con opere caritative individuali e sociali, nonché con la saggezza dei suoi consigli sempre volti ad evitare conflitti di ogni sorta ed a promuovere la fedeltà alla religione cattolica dei suoi padri.
Negli ultimi anni di vita Agnese sopportò con immutata pazienza i molteplici dolori che afflissero lei e l’intera famiglia reale, il monastero e la Boemia, causati da un infausto conflitto e dalla conseguente anarchia, nonché dalle calamità naturali che si abbatterono sulla regione e la conseguente carestia. Morì infine santamente nel suo monastero il 2 marzo 1282. Numerosi miracoli furono attribuiti all’intercessione della principessa defunta, ma il culto tributatole sin dalla morte ebbe il riconoscimento papale solo il 28 novembre 1874 con decreto del Beato Pio IX. Il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II ha infine canonizzato Agnese di Boemia il 12 novembre 1989 nella Basilica Vaticana.



Stellina788
00mercoledì 2 marzo 2011 11:23

Santa Angela de la Cruz (María de los Ángeles Guerrero González) Fondatrice

2 marzo

Siviglia, 30 gennaio 1846 - Siviglia, 2 marzo 1932

"Farsi povero con il povero per portarlo a Cristo" era il motto di santa Angela de la Cruz e della congregazione da lei fondata, le Sorelle della Compagnia della Croce. Nata a Siviglia nel 1846 come Maria de los Angeles Guerrero Gonzales, a 12 anni iniziò a lavorare in un calzaturificio per aiutare la famiglia. Passava molto tempo in preghiera e un giorno, durante le orazioni, vide Cristo in croce e un'altra croce vuota. Capì che era la sua. Cercò allora di seguire la vocazione entrando nella Carmelitane. Ma abbandonò presto per ragioni di salute. Tornata a casa, iniziò un diario, nel quale cominciò ad abbozzare la fisionomia della nuova congregazione dedita alla carità, soprattutto verso gli infermi. Essa nacque nel 1875 e venne approvata dalla Santa Sede nel 1904. La "madre dei poveri", così Madre Angela era nota a Siviglia, si spense a 86 anni, il 2 marzo 1932. Giovanni Paolo II l'ha beatificata a Siviglia nel 1982 e canonizzata a Madrid nel 2003. (Avvenire)

Martirologio Romano: A Siviglia in Spagna, sant’Angela della Croce Guerrero González, che, fondatrice dell’Istituto delle Suore della Croce, non tenne per sé alcun privilegio che non riservasse anche ai poveri, che ella era solita chiamare suoi padroni e servire in tutto.


Maria de los Angeles Guerrero y González, nacque a Siviglia il 30 gennaio 1846 da Francesco Guerrero e Giuseppina González, genitori di modeste condizioni sociali ma pieni di virtù cristiane.
Crebbe per questo in un ambiente molto religioso, aiutando i suoi genitori nei lavori manuali, specie nel cucito; di carattere molto docile e discreta, suscitava profonda ammirazione in quanti la conoscevano.
Ancora piccola dovette lasciare la scuola per lavorare in un laboratorio di calzature; nonostante ciò amava appartarsi per dedicarsi alla preghiera ed alle mortificazioni; nel 1871 a 25 anni, con un atto privato promise al Signore di vivere secondo i consigli evangelici.
Nella sua lunga esperienza di preghiera, vide una croce vuota davanti a quella di Cristo crocifisso e ciò le ispirò di immolarsi insieme a Gesù per la salvezza delle anime. Spinta da una forte vocazione, desiderò di entrare fra le Carmelitane, ma il suo direttore spirituale la indirizzò verso le Suore di Carità, ma per le precarie condizioni di salute fu costretta ad abbandonare, dopo poco tempo l’Istituto.
Ritornata in famiglia si dedicò tutta alle opere di carità verso i poveri. Seguendo con ubbidienza i consigli del direttore spirituale, prese a scrivere un diario spirituale nel quale esponeva dettagliatamente la regola di vita di una Comunità di religiose, che con la sua spiccata vocazione e con l’esperienza spirituale che viveva, sentiva di poter costituire.
Così nel 1875 a Siviglia, diede inizio alla Congregazione delle “Sorelle della Compagnia della Croce” per la cura degli infermi, nell’esercizio della più ardente carità. Il motto suo e dell’Istituzione fu “Farsi povero con il povero per portarlo a Cristo” che costituisce il fondamento della spiritualità e della missione della “Compagnia della Croce”.
La Santa Sede approvò l’Istituto nel 1904 che ebbe una rapida diffusione, imprimendo un impatto enorme sulla Chiesa e sulla società Sivigliana di quel tempo. Umile ed energica, Angela de la Cruz, questo il nome che prese quando diventò una religiosa, seppe infondere nell’animo delle sue figlie un crescente spirito di dedizione e di carità verso i bisognosi; per questo ammirata da tutti, venne chiamata dal popolo “madre dei poveri”.
Naturale e semplice, rifuggì da ogni gloria umana, ricercò la santità con uno spirito di mortificazione al servizio di Dio e dei fratelli e con questi sentimenti, lasciò questa terra il 2 marzo 1932 nella sua città di Siviglia, all’età di 86 anni.
La causa per la sua beatificazione fu introdotta presso la Congregazione dei Riti il 10 febbraio 1960. Papa Giovanni Paolo II, durante il suo primo pellegrinaggio in Spagna, la beatificò il 5 novembre 1982 nella sua Siviglia e lo stesso pontefice a distanza di 20 anni l’ha elevata agli onori degli altari della Chiesa universale, canonizzandola a Madrid il 4 maggio 2003, durante il suo quinto viaggio in terra spagnola.
Ricorrenza liturgica al 2 marzo. L'arcidiocesi di Siviglia la ricorda il 5 novembre, anniversario della beatificazione.



Stellina788
00mercoledì 2 marzo 2011 11:24

Beato Carlo il Buono Martire

2 marzo

Danimarca, 1081 – Fiandre (Belgio), 2 marzo 1127

Carlo il Buono, principe danese, figlio del santo re CanutoIV, ottenne la corona di conte di Fiandra da parte materna. Dopo una breve parentesi iniziale, il suo regno fu caratterizzato da pace e giustizia. Dedito alla difesa ed all’aiuto dei poveri e dei deboli, venne ucciso da uomini d’arme che egli aveva cercato di pacificare. Leone III lo beatificò ufficialmente nel 1882 ed il nuovo Martyrologium Romanum lo ricorda ancora oggi nell’anniversario del martirio.

Patronato: Fiandre, Belgio

Emblema: Palma

Martirologio Romano: A Bruges nelle Fiandre, nell’odierno Belgio, beato Carlo Bono, martire, che, principe di Danimarca e poi conte delle Fiandre, fu custode della giustizia e difensore dei poveri, finché fu ucciso dai soldati che cercava invano di indurre alla pace.


Il beato principe e martire Carlo il Buono fu il figlio quartogenito del re danese San Canuto IV, anch'egli martire, e di Adele o Alice di Fiandra, figlia di Roberto il Frisone. Carlo aveva all'incirca solo cinque anni alla morte di suo padre e fu allora condotto a Bruges alla corte del nonno materno, il conte delle Fiandre. Qui fu allevato e creato cavaliere. Partì dunque per la Terra Santa con suo zio Roberto di Gerusalemme, ove prese parte alle imprese dei crociati. Sopravvissuto a qualche ferita, ricoperto di cicatrici poté fare ritorno in Europa.
Baldovino della Hache, suo cugino di primo grado, che nel 1111 succedette come conte delle Fiandre a Roberto di Gerusalemme, non avendo eredi lasciò in eredità la contea a Carlo a scapito di Guglielmo d'Ypres, suo parente di eguale grado. Gli fu data in sposa Margherita, figlia del conte di Clermont Renato, che gli portò in dote la contea di Amiens. Infine Baldovino lo associò al governo dei suoi stati.
La dolcezza e l'equità che lo contraddistinsero fecero sì che, al momento della sua ascesa al trono, nel 1119, Carlo fosse già considerato quale un padre ed un protettore.
Ma la gioia pubblica fu turbata dalla contessa Clemenza, madre del defunto conte Baldovino. Favorevole a Guglielmo d'Ypres, questa principessa organizzò una lega di principi che dichiararono guerra al giovane Carlo. Con l'aiuto di Dio questi riuscì a trionfare sui suoi nemici. In qualità di conte di Amiens e di vassallo del re di Francia, Carlo poté venire in soccorso di quest'ultimo quando l'imperatore Carlo V invase la Champagne nel 1123. Tutto ciò contribuì a far sì che il nome di Carlo il Buono divenisse paradossalmente sempre più temibile tra gli stranieri.
Messe da parte le numerose guerre che avevano rattristato l'inizio del suo regno, Carlo si prodigò nel far regnare la pace e la giustizia nei suoi stati. Proclamò la “tregua di Dio”, volta a vietare ai suoi sudditi l'uso della armi per porre fine alle frequenti risse. Puntò molto sull'esempio: semplice e modesto nei suoi atteggiamenti, era solitò praticare un'austerità tipica dei religiosi. Nemico del fasto, ridusse i propri dipendenti al fine di diminuire le imposte del popolo ed aumentò lo stipendio ai proprio fattori. Pieno di sollecitudine verso i poveri, arrivava addirittura di privarsi dei propri vestiti per donarli loro. Era solito restare a piedi nudi in segno di devozione nel compiere i suoi quotidiani atti di carità.
Carlò si mostrò sempre rispettoso sia dei preti secolari che dei religiosi: sollecitava ed accoglieva i loro pareri con una sincera umiltà, li ringraziava quando gli segnalavano degli errori da correggere, li ricompensava con una specialissima protezione. Ogni sera si faceva spiegare alcuni passi biblici da tre dottori in teologia.
Stabilì che i tutti condannati a morte dovessero confessarsi e ricevere la comunione il giorno precedente all'esecuzione della pena.
Nel 1125 una terribile carestia si abbatté sulle Fiandre e sulla Piccardia. Questa fu per Carlo un occasione di manifestare la sua sollecitudine e la sua carità. Ogni giorno provvedette a sfamare ben cento poveri a Bruges e volle che ugualmente accadesse in ciascuno dei suoi castelli. Sempre quotidianamente era solito provvedere ad abbigliare cinque poveri. Dopo queste generose distribuzioni partecipava alla messa in chiesa, cantava alcuni salmi e donava ancora dei soldi ai mendicanti. Il resto delle sue giornate lo trascorreva redigendo dei nuovi regolamenti volti a risolvere i mali temporali che ancora affliggevano il suo stato e prevenirne il ritorno. Alla morte senza eredi del Sacro Romano Imperatore, vi fu la proposta di eleggere proprio Carlo, conte di Fiandra. Cercò dunque consiglio tra alcuni suoi baroni, ma solo una piccola parte lo spinse ad accettare lo scettro imperiale, poiché la maggioranza temeva di perdere colui in cui riconosceva un vero padre delle Fiandre. Carlo seguì il consiglio di questi ultimi. Declinò ugualmente la corona di Gerusalemme che gli fu offerta quando Baldovino fu imprigionato dai turchi. Preferì dunque consacrarsi totalmente al bene delle Fiandre.
Ma non tutti vedevano di buon occhio l'operato di Carlo e non appena si verificò l'ennesima lite tra uomini d'arme, egli tentò con ogni sforzo di giungere come al solito ad una soluzione pacifica, escludendo dunque il ricorso alle armi. Ciò portò quasi tutti i congiurati ad essere d'accordo su un unico punto: si riunirono una sera nella casa di uno di essi, congiunsero le mani in segno d'alleanza e trascorsero l'intera notte ad organizzare l'esecuzione di un attentato nei confronti di Carlo.
L'indomani mattina, 2 marzo 1127, questi, dopo essersi come sempre prodigato nell'assistenza ai bisognosi, il conte si recò per la messa nella chiesa di Saint-Donatien, attigua al suo palazzo. Qui i malfattori poterono così portare a compimento il loro malvagio piano, ottenendo a Carlo la corona del martirio. Il suo corpo fu sepolto provvisoriamente nel luogo stesso dell'assassinio, ma senza alcuna solennità poiché il luogo sacro era stato violato da un omicidio sacrilego. La cerimonia funebre si tenne dunque tra le mura della città, nella chiesa di Saint-Pierre. Il re di Francia, Luigi il Grosso, chiamato in Fiandra dai baroni del paese, vendicò la morte del conte suo parente punendo gli assassini secondo la giustizia della legge. Dopo alcune settimane il suo corpo fu riesumato e trovato incorrotto. Fu allora traslato nella chiesa di Saint-Christophe e solo dopo il 25 aprile, con la riconsacrazione della chiesa, poté fare ritorno a Saint-Donatien. In seguito le sue reliquie entrarono a far parte del tesoro della cattedrale di Bruges.
Il culto verso Carlo il Buono sembrava essersi affievolito a causa dell'oblio del tempo, quando arrivò finalmente nel 1882 la conferma ufficiale da parte del pontefice Leone XIII, che gli conferì così il titolo di “beato”. In seguito a questo atto il glorioso martire, conte di Fiandra, poté essere dichiarato patrono secondario del neonato Regno del Belgio.
Ad incentivare il suo culto all'alba del terzo millennio ha contribuito il nuovo Martyrologium Romanum, che lo ricorda così nell'anniversario dell'assassinio: “A Bruges, in Fiandra, ricordo del Beato Carlo il Buono, martire, che, principe di Danimarca e in seguito conte di Fiandra, visse custodendo la giustizia e difendendo i poveri, finché venne ucciso da uomini d'arme che egli aveva cercato di pacificare.



Stellina788
00mercoledì 2 marzo 2011 11:24

San Carmelo (Girolamo Carmelo di Savoia) Mercedario, veggente, vescovo

2 marzo

+ Barcellona, Spagna, 28 maggio 1558

Girolamo Carmelo di Savoia, chiamato San Carmelo, anche se all’interno dell’Ordine della Mercede è considerato Venerabile, era di origine piemontese appartenente alla famiglia dei duchi di Savoia. Lasciati gli studi per dedicarsi alla vita militare, dopo un sogno decise di farsi religioso mercedario, fece i voti a Barcellona il 25 marzo del 1542. Nel periodo giovanile subì molte tentazioni da parte del demonio, successivamente si dedicò allo studio della teologia. Fu grande devoto della Madonna con la quale dialogava molto spesso e la considerava la sua “Sposa Mistica”, difese strenuamente il dogma dell’Immacolata Concezione e a lei dedicò un libro intitolato “De Conceptione”, nel quale si legge il verso “Tota pulcra es, amica mea, et macula non est in te”. Quando stava scrivendo questo, gli apparve la Vergine circondata di serafini, tale visione aumentò il suo amore verso di lei dicendo che era stato testimone oculare di questo dogma. Si afferma che San Carmelo fu vescovo di Teruel (Spagna), quando in realtà questa diocesi non era stata ancora fondata ma fu molto popolare fra la gente per tanti miracoli compiuti. Morì a Barcellona il 28 maggio 1558.
L’Ordine lo commemora il 2 marzo.



Stellina788
00mercoledì 2 marzo 2011 11:25

San Ceadda (Chad) di Lichfield Abate e vescovo

2 marzo

+ Lichfield, Inghilterra, 2 marzo 672

Patronato: Diocesi di Birmingham

Martirologio Romano: A Lichfield in Inghilterra, san Ceadda, vescovo, che nelle allora povere province della Mercia, del Lindsey e dell’Anglia meridionale, resse l’ufficio episcopale, impegnandosi ad amministrarlo secondo l’esempio degli antichi Padri in grande perfezione di vita.


San Ceadda (Chad) proveniva da una famiglia molto religiosa della Northumbria, della quale ben quattro fratelli divennero sacerdoti, due addirittura vescovi. Egli fu discepolo di Sant’Aidano di Lindisfarne, e proprio in quest’ultima città soggiornò per un certo periodo e ricevette dal suo maestro un’ottima formazione. Ancora in giovane età, si trasferì in Irlanda, dove insieme al compagno Egberto visse da monaco, immerso nella preghiera, nel digiuno e nella meditazione delle Sacre Scritture. Ricevette l’ordinazione presbiterale probabilmente una volta tornato in Inghilterra. Nulla sappiamo di preciso sulla sua vita sino alla morte del fratello San Cedda. Quest’ultimo predicò il Vangelo agli angli del centro, fu pi vescovo ed apostolo dei sassoni orientali ed infine fondò ed amministrò il monastero di Lastingham, che poi lasciò in eredità al fratello.
Il nuovo abate si ritrovò ben presto nel mezzo di una intricata questine politica, che coinvolse i sovrani dei regni vicini e dei principali monasteri, ma che sarebbe lungo ed inutile riportare nei dettagli. Da ciò Ceadda ne ricavò la consacrazione episcopale, non solo in base a calcoli fatti a tavolino, ma proprio perchè nessuno dubitava sulla sua santità e sulle lodevoli qualità, come ebbe a testimoniare nelle sue memorie anche San Beda il Venerabile. Sorserò però dei dubbi sulla legittimità della sua nomina e della sua ordinazione, contestata da San Vilfrido che si rivolse al nuovo arcivescovo San Teodoro di Tarso dal quale ebbe pieno appoggio. Ceadda non esitò allora a farsi da parte per obbedienza ed umiltà, ma Teodoro commosso dalla sua reazione, convalidò la consacrazione episcopale di Ceadda, che comunque preferì ritirarsi a vita monastica presso Lastingham.
Quando però ben presto la Mercia rimase senza vescovi, Teodoro richiamò nuovamente Ceadda che prese possesso della sede di Lichfield. Vicino alla cattedrale il santo fece edificare un luogo ove portersi ritirare in preghiera con altri monaci quando era libero da altri impegni. Ricevette inoltre in dono un terreno presso Ad Barvae, probabilmente l’odierna Barrow nella contea di Lindsey, ove fondare un nuovo monastero. Annunciò in anticipo ai frati la prossimità della sua scomparsa, persuadendoli a vivere in pace con tutto e con tutti, rimanendo fedeli alle regole monastiche apprese da lui e dai suoi predecessori. Spirò infine il 2 marzo 672, dopo aver ricevuto la comunione sotto le due specie, a causa di quella tremenda epidemia di peste che parecchie vittime aveva già mietuto tra i suoi fedeli.
Il suo vecchio amico Egberto asserì che fu vista l’anima di Cedd scendere dal cielo assieme ad uno stormo di angeli per scortare il fratello verso la vita eterna. Dopo una primitiva sepoltura, le sue spoglie furono traslate ove oggi sorge la cattedrale di Lichfield. Su entrambe le tombe si verificarono numerosi miracoli, grazie ai quali il suo culto si diffuse ampiamente. Con le invasioni normanne si pensò che le reliquie fosse andate perdute, ma alcune di esse nel 1839 furono rinvenute e deposte sopra l’altar maggiore della nuova cattedrale di Birmingham, di cui divenne patrono. Il nome di San Chad figura nei calendari e nelle litanie anglosassoni e ad esso vennero dedicate parecchie chiese medioevali nell’Inghilterra centrale.



Stellina788
00mercoledì 2 marzo 2011 11:26

San Lorgio Martire

2 marzo

Emblema: Palma


Abbiamo poche notizie su s. Lorgio, prima di tutto esso è ricordato al 2 marzo dal Martirologio Romano, compilato da Cesare Baronio, insieme ai martiri Lucio vescovo e Assalonne tutti e tre di Cesarea di Cappadocia.
Come al solito quando si parla di martiri così lontani nel tempo e delle regioni più periferiche dell’ Impero Romano e con così gran numero di martiri con nomi più o meno simili, si finisce per avere varie versioni sullo stesso martirio secondo gli studiosi che si sono avvicendati nei secoli.
Così l’agiografo H. Delehaye dice di riconoscere nella citazione del Martirologio Romano, tre frammenti di note disperse per ognuno. Il Lucio vescovo potrebbe essere il s. Lucio papa commemorato il 4 marzo, il secondo Assalonne di Cappadocia con l’asceta Pietro Apselamo, martire a Cesarea di Palestina e Lorgio con Gordio (non Giorgio né Lorgio) veramente martire di Cesarea di Cappadocia e ricordato infatti nel Martirologio Siriaco del IV secolo al 2 marzo.
Se così fosse Gordio (Lorgio) era un centurione romano il quale interruppe le corse dei carri che erano in onore del dio Marte, scendendo nell’arena, scatenando l’ira dei pagani e per questo condannato a morte.


Stellina788
00mercoledì 2 marzo 2011 11:27

San Luca Casali da Nicosia Abate

2 marzo

Nicosia (Enna)), IX secolo – Agira (Enna), 890 ca.

Martirologio Romano: Ad Agíra in Sicilia, San Luca Casale di Nicosía, monaco, pieno di umiltà e virtù.


La sua ‘Vita’ fu scritta probabilmente da un monaco di nome Bonus che purtroppo è andata perduta; secondo questa ‘Vita’ Luca casali nacque a Nicosia (Enna) in Sicilia nel IX secolo, verso i dodici anni fu condotto da un monaco nel monastero di Santa Maria Latina di Agira (Enna), dove prese l’abito e in seguito venne ordinato sacerdote.
Crebbe e visse dotato di spirituali virtù e la popolazione dei fedeli si recava volentieri al monastero per consultarlo. In età adulta fu eletto abate del monastero di Agira, ma egli rifiutò la carica per umiltà, i monaci non si arresero e fecero intervenire il papa, allora Luca Casali accettò per ubbidienza.
Trascorsero gli anni, in cui esplicò grande attitudine e prudenza nella carica di abate, finché fu colpito dalla cecità; ma questa grave limitazione, specie per quei tempi, non lo bloccò e continuò a svolgere il suo apostolato facendosi accompagnare nei suoi spostamenti dai confratelli.
La sua santità si rivelò agli increduli monaci, quando un giorno ritornando da Nicosia dove aveva fatto visita ai parenti, gli fu fatto credere di avere davanti una gran folla di fedeli e lui prese a predicare in quel luogo che era invece deserto; al termine della predica impartì la benedizione, cui le pietre risposero con un sonoro “Amen!”.
Di fronte a questo prodigio i monaci che l’accompagnavano gli chiesero perdono. Tornato nel monastero di Agira, morì in concetto di santità e fu sepolto nella chiesa di S. Filippo.
La sua fama di santo crebbe tanto che il suo corpo fu deposto nella stessa urna di s. Filippo di Agira, grande sacerdote esorcista, morto ad Agira nel 453 ca.
In seguito si perse il ricordo del suo sepolcro, ma il culto continuò; nel 1575 al cessare dell’epidemia di peste, il popolo e il senato della città di Nicosia per riconoscenza verso s. Luca Casali, decisero di celebrare la sua festa a spese del Comune, chiedendo al papa di riconoscerlo patrono della città.
Venti anni dopo nel 1596, durante alcuni lavori di ristrutturazione, furono ritrovati i resti di s. Luca Casali, di s. Eusebio monaco e di s. Filippo di Agira, evidentemente nascosti al tempo delle invasioni saracene, in tale occasione la sua città natale Nicosia, chiese ed ottenne una reliquia del santo abate, accolta con grande solennità.
Per il resto le fonti storiche che lo riguardano sono discordi; l’anno della sua morte secondo alcuni studiosi è nell’anno 890 ca. altri dicono verso il 1164, ad ogni modo sembra sia vissuto prima delle invasioni arabe in Sicilia che cominciarono nell’827.
Anche l’Ordine religioso cui appartenne è messo in discussione, c’è chi lo considera Benedettino, altri monaco Basiliano. La sua celebrazione è al 2 marzo.



Stellina788
00mercoledì 2 marzo 2011 11:27

San Quinto il Taumaturgo

2 marzo

m. 280/285

Etimologia: Quinto = il quinto figlio nato, dal latino

Ascolta da RadioRai:
  

E’ considerato martire per i supplizi ricevuti anche se come s. Giovanni Evangelista, dopo averli sopportati morì in pace di vecchiaia.
Nativo della Frigia da un famiglia cristiana, si portò in Eolide e qui si dedicò all’assistenza dei poveri. Il governatore Rufo, al tempo dell’imperatore Aureliano (270-275), cercò di costringere Quinto a sacrificare agli idoli secondo i decreti imperiali, ma poi lo lasciò libero perché era stato liberato dall’ossessione demoniaca in merito alle preghiere dello stesso Quinto.
I sinassari greci raccontano che questo avvenne nella città di Cime, dove un terremoto abbatté le statue e il tempio degli idoli, mettendo in fuga quanti erano lì presenti. Quaranta giorni dopo il suo rilascio, Quinto fu di nuovo arrestato da un altro magistrato Clearco, più intransigente di Rufo e sottoposto a torture, ma Dio lo guarì immediatamente dalle ferite, visto ciò fu di nuovo rilasciato e non ci si occupò più di lui.
Poté continuare così il suo ministero risanando i malati e venendo in aiuto dei poveri per altri dieci anni, morì nel 280-85 circa.
Nome piuttosto diffuso fra i Romani e indicava il “quinto figlio”: quintus.



Stellina788
00mercoledì 2 marzo 2011 11:28

San Troade Martire

2 marzo

Martirologio Romano: A Neocesaréa nel Ponto, nell’odierna Turchia, san Troadio, martire durante la persecuzione dell’imperatore Decio, il cui combattimento fu attestato da san Gregorio Taumaturgo.


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