20 luglio

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Stellina788
00martedì 20 luglio 2010 12:49

Sant' Ansegiso di Fontenelle Abate

20 luglio

770 circa - 833

Nacque verso il 770 nel Lionese da famiglia franca di antica nobiltà e nel 788 entrò nel monastero di Fontenelle (S. Vandrille, diocesi di Rouen), dove era abate un suo parente, s. Gervoldo, clic in seguito lo presentò a Carlomagno. Nel Chronicon Fontenellense, da cui traiamo queste notizie, Carlo è chiamato re e non imperatore: l'incontro avvenne, dunque, prima dell'800 e in quell'epoca Ansegiso ricevette da Carlo l'incarico di amministrare il monastero di S. Sisto, presso Reims, e quello di S. Memmio, a Châlons. Nell'807 Ansegiso fu eletto abate di S. Germer-de-Fly e nello stesso tempo Eginardo lo nominò exactor operum regalium, cioè direttore delle fabbriche reali e amministratore del fisco, affidandogli numerose missioni diplomatiche.
Nell'817 Ludovico il Pio nominò Ansegiso abate di Luxeuil e nell'823 abate di Fontenelle in sostituzione di Eginardo. Pur accumulando su di sé queste importanti cariche, Ansegiso si adoperò instancabilmente per ottenere il ritorno all'osservanza nei monasteri franchi e soprattutto restaurò moralmente e materialmente Fontenelle, arricchendone la biblioteca e promuovendo l'attività dello scriptorium. Nel quadro di quest'opera di organizzazione si inserisce la più antica raccolta dei capitolari carolingi, i Libri IV Capitularium, raccolti e pubblicati da Ansegiso a Foutenelle nel gennaio dell'827 e che abbracciano gli anni 787-826. La collezione comprende quattro libri e i capitolari importanti sono ordinati secondo il contenuto e secondo la data di pubblicazione, mentre quelli imperfetti o ripetuti trovano posto in tre appendici. L'opera è così divisa: il primo libro comprende i capitolari ecclesiastici di Carlomagno; il secondo quelli di Ludovico il Pio sullo stesso argomento; il terzo quelli di Carlo Magno in materia civile; il quarto quelli di Ludovico il Pio pure in materia civile.
J. Du Tillet nel 1548, a Parigi, pubblicò per la prima volta i libri, ma in edizione incompleta e in seguito l'opera di Ansegiso comparve nei Monumenta Germaniae Historica e nella Patrologia Latina PL.
Ansegiso, colpito da paralisi, morì nell'833 dopo aver nominato suo esecutore testamentario il vescovo di Beauvais, Ildermano.
La sua festa si celebra il 20 luglio.


Stellina788
00martedì 20 luglio 2010 12:50

Sant' Apollinare di Ravenna Vescovo e martire

20 luglio (23 luglio) - Memoria Facoltativa

circa II-III secolo

Sant'Apollinare, originario di Antiochia, per primo rivestì la carica episcopale nella città imperiale di Ravenna, forse incaricato dallo stesso apostolo San Pietro, di cui si dice fosse stato discepolo. Si dedicò all'opera di evangelizzazione dell'Emilia-Romagna, per morire infine martire, come vuole la tradizione. Le basiliche di Sant'Apollinare in Classe e Sant'Apollinare Nuovo sono luoghi privilegiati nel tramandarne la memoria. Il suo culto tuttavia si diffuse rapidamente anche oltre i confini cittadini. I pontefici Simmaco (498-514) ed Onorio I (625-638) ne favorirono la diffusione anche a Roma, mentre il re franco Clodoveo gli dedicò una chiesa presso Digione. In Germania probabilmente si diffuse ad opera dei monasteri benedettini, camaldolesi e avellani. Una chiesa era a lui dedicata anche a Bologna nell'area del Palazzo del Podestà, ma siccome fu demolita nel 1250 il cardinale Lambertini gli dedicò un altare nell'attuale Cattedrale cittadina. Sant'Apollinare è considerato patrono della città di cui per primo fu pastore, nonché dell'intera regione Emilia-Romagna. (Avvenire)

Patronato: Ravenna, Emilia-Romagna

Etimologia: Apollinare = sacro ad Apollo, dal latino

Emblema: Bastone pastorale, Palma, Pallio

Martirologio Romano: Sant’Apollinare, vescovo, che, facendo conoscere tra le genti le insondabili ricchezze di Cristo, precedette come un buon pastore il suo gregge, onorando la Chiesa di Classe presso Ravenna in Romagna con il suo glorioso martirio. Il 23 luglio migrò al banchetto eterno.
(23 luglio: A Classe presso Ravenna in Romagna, commemorazione di sant’Apollinare, vescovo, la cui memoria si celebra il 20 luglio).


Sant’Apollinare, protovescovo di Ravenna e primo evangelizzatore dell’Emilia-Romagna, visse al tempo dell’Impero Bizantino d’Occidente, in periodo collocabile all’incirca tra la fine del II e gli inizi del III secolo. Secondo la tradizione Apollinare proveniva da Antiochia e sarebbe stato addirittura discepolo dell’apostolo San Pietro. Questi lo avrebbe destinato a ricoprire per primo la carica episcopale nella città imperiale di Ravenna. Questa tradizione nacque nel VII secolo e non è documentata storicamente, tanto da contrastare con le probabili datazioni prima esposte. A quanto pare risalirebbe al tempo dell’arcivescovo Mauro (642-671), che quasi certamente ne fu l’autore, forse per conferire un maggior prestigio alla Chiesa locale di questa città che stata cominciando ad assumere sempre maggiore importanza.
Sin dai primi tempi Apollinare fu sicuramente venerato quale martire, come asserì il vescovo ravennate San Pier Crisologo in un suo sermone, ed il suo culto si diffuse assai, nonostante non si tramandino molti dettagli attendibili sulla sua vita o sulla sua morte.
Menzionato per la prima volta dal Martirologio Gerominiano del V secolo in data 23 luglio quale “confessore” e “sacerdote”, ancora oggi il Martyrologium Romanum lo commemora in tale anniversario, anche se la memoria liturgica è anticipata di tre giorni. Quando infatti, dopo il Giubileo del 2000, papa Giovanni Paolo II volle ripristinare nel calendario liturgico della Chiesa latina la memoria facoltativa di Sant’Apollinare, dovette optare per la data del 20 luglio onde evitare sovrapposizioni con altre festività obbligatorie.
La splendida basilica di Sant’Apollinare in Classe, presso Ravenna, fu consacrata nel 549: custodiva la tomba del santo ed un prezioso mosaico lo raffigurava nella volta dell’abside. Nell’VIII secolo l’antica basilica di San Martino in Ciel d’Oro fu restaurata e ridenominata Sant’Apollinare Nuovo al fine di divenire nuovo centro del culto tributato al santo protovescovo.
I pontefici Simmaco (498-514) ed Onorio I (625-638) favorirono la diffusione anche a Roma della venerazione verso Sant’Apollinare, mentre il re franco Clodoveo gli dedicò una chiesa presso Digione. In Germania probabilmente si diffuse ad opera dei monasteri benedettini, camaldolesi e avellani. Una chiesa era a lui dedicata anche a Bologna nell’area del Palazzo del Podestà, ma siccome fu demolita nel 1250 il cardinale Lambertini gli dedicò un altare nell’attuale Cattedrale cittadina. Sant’Apollinare è considerato patrono della città di cui per primo fu pastore, nonché dell’intera regione Emilia-Romagna.



Stellina788
00martedì 20 luglio 2010 12:51

Sant' Aurelio di Cartagine Vescovo

20 luglio

Nord Africa, IV secolo - Cartagine (Tunisia), 430

Etimologia: Aurelio = oro e sole - latino e greco; che brilla, splendente - dall'etrusco

Emblema: Bastone pastorale

Martirologio Romano: A Cartagine, nell’odierna Tunisia, sant’Aurelio, vescovo, che, salda colonna della Chiesa, protesse i suoi fedeli dalle usanze pagane e collocò il seggio episcopale sul luogo in cui prima si trovava la statua della dea del cielo.


Nell’anno 388 è diacono a Cartagine e fa amicizia col futuro sant’Agostino: è la prima cosa che sappiamo su Aurelio, di cui s’ignorano data e luogo di nascita. Nel 391 o 392, eccolo vescovo di Cartagine. (Intanto Agostino diventa sacerdote nel 391 e nel 395 vescovo di Ippona, presso l’attuale Annaba, in Algeria). A Cartagine, Aurelio è il numero uno della Chiesa nella “Provincia d’Africa” (la fascia Nord del continente, escluso l’Egitto). Ma questa è una Chiesa in macerie, da quando l’ha spaccata uno scisma a inizio secolo.
La crisi era esplosa alla fine delle persecuzioni: allora molti cristiani rimasti fedeli negli anni sanguinosi delle persecuzioni, erano propensi a riaccogliere e perdonare chi aveva momentaneamente ceduto per debolezza. Altri respingevano invece ogni indulgenza, e trovarono un capo energico – il vescovo Donato, della Numidia – che trasformò uno stato d’animo in forza religiosa e anche politica, tesa alla purificazione della Chiesa, separandola dal mondo profano e dall’impero.
La maggioranza dei cristiani accettò (contro la volontà del Papa e dell’imperatore) Donato come vescovo di Cartagine, e la Chiesa si divise: i cattolici da una parte, i “donatisti” dall’altra. Dopo la morte di Donato in deportazione (ca. 355) i suoi si divisero ancora, vescovi contro vescovi, fedeli contro fedeli.
A Cartagine, ora, Aurelio trova i suoi cattolici uniti, sì, ma scadenti nella fede come nelle opere. Si è dimenticata la dottrina, le chiese servono anche per i banchetti, e persino certi monaci rifiutano il lavoro. Questi, il vescovo Aurelio li rimanda presto alla zappa, e Agostino ne spiega loro il perché col trattato De opere monachorum. Il pensiero del vescovo di Ippona nutre e incoraggia l’attivismo di Aurelio per rivitalizzare la Chiesa e richiamarvi i lontani.
Come Donato, anche lui conosce bene stati d’animo, attese e paure della sua gente. Perciò ai dissidenti Aurelio porge subito una mano amica, innanzitutto con la sua carità (lodata da Agostino nel De civitate Dei) e anche con precisi atti ufficiali. Già al Concilio di Ippona (393) egli offre cordiale accoglienza ai vescovi donatisti desiderosi di ritornare con i loro fedeli all’unità; e ammette al sacerdozio anche chi è stato battezzato da scismatici. Aurelio risolve insomma questa grave crisi disciplinare in Africa, e tra africani. Nelle cose che invece toccano la fede, sull’esempio di Agostino, egli cerca immediatamente la sintonia con Roma.
Aurelio e Agostino muoiono nelle loro sedi episcopali di Cartagine e di Ippona nello stesso anno, il 430. E intanto per la “Provincia d’Africa” incomincia un’altra dura stagione: è in arrivo infatti l’invasione dei Vandali.



Stellina788
00martedì 20 luglio 2010 12:51

Beato Bernardo di Hildesheim Vescovo

20 luglio

Martirologio Romano: A Hildesheim nella Sassonia in Germania, beato Bernardo, vescovo, che,sebbene cieco, resse in pace per ventitrè anni la sua Chiesa.


Stellina788
00martedì 20 luglio 2010 12:52

San Cassiano Abate di san Saba

20 luglio


Nacque a Scitopoli e fu educato da san Saba. Fu uomo "di retta fede e virtuoso nelle parole come nelle opere" secondo l'elogio che scrisse di lui il suo concittadino Cirillo.


Stellina788
00martedì 20 luglio 2010 12:53

Sant' Elia Profeta

20 luglio

sec. IX a.C.

Elia (il cui nome significa «il mio Dio è Jahvè») nacque verso la fine del X sec. a.C. e visse sotto il regno di Acab, che aveva imposto il culto del dio Baal. Elia si presentò dinanzi al re Acab ad annunciargli, come castigo, tre anni di siccità. Abbattutosi il flagello sulla Palestina, ritornò dal re e per dimostrare l'inanità degli idoli lanciò la sfida sul monte Carmelo contro i 400 profeti di Baal. Quando sul solo altare innalzato da Elia si accese prodigiosamente la fiamma, e l'acqua invocata scese a porre fine alla siccità, il popolo linciò i sacerdoti idolatri. Ma Elia dovette sottrarsi all'ira della moglie di Acab, Jezabel, seguace del dio Baal. Sconfortato, pregò Dio di farlo morire. Ma dopo un angelo, gli apparve Dio ed Elia comprese che il trionfo del bene avviene con pazienza, perché Dio domina il tempo.Il fiero profeta, che indossava un mantello di pelle sopra un rozzo grembiule stretto ai fianchi, come otto secoli dopo vestì, Giovanni Battista, di cui è la prefigurazione, tornò in mezzo al popolo di Dio, ma non assistette al pieno trionfo di Jahvè. Morì misteriosamente nell'850 a.C., su un carro di fuoco. (Avvenire)

Etimologia: Elia = il mio Signore è Jahvè, dall'ebraico

Martirologio Romano: Commemorazione di sant’Elia Tesbita, che fu profeta del Signore nei giorni di Acab e di Acazia, re di Israele, e con tale forza rivendicò i diritti dell’unico Dio contro l’infedeltà del popolo, da prefigurare non solo Giovanni Battista, ma il Cristo stesso; non lasciò profezie scritte, ma la sua memoria viene fedelmente conservata, in particolare sul monte Carmelo.

Ascolta da RadioRai:
  
Ascolta da RadioMaria:
  

Elia con Eliseo e Samuele, è uno dei più grandi profeti di ione (distinti dai profeti scrittori, come Isaia, Geremia, Ezechiele e Daniele, che hanno lasciato degli scritti inanone dei Libri sacri), e la sua missione fu di incitare il popolo alla fedeltà all'unico vero Dio, senza lasciarsi sedurre dall'influsso del culto idolatrico e licenzioso di Canaan. Elia (il cui nome significa "il mio Dio è Jahvè") nacque verso la fine del X sec. a.C. e svolse gran parte della sua missione sotto il regno del pavido Acab (873-854), docile strumento nelle mani dell'intrigante moglie Jezabel, di origine fenicia, che aveva dapprima favorito e poi imposto il culto del dio Baal.
Quando ormai il monoteismo pareva soffocato e la maggioranza del popolo aveva abbracciato l'idolatria, Elia si presentò dinanzi al re Acab ad annunciargli, come castigo, tre anni di siccità. Abbattutosi il flagello sulla Palestina, Elia ritornò dal re e per dimostrare la inanità degli idoli lanciò la sfida sul monte Carmelo contro i 400 profeti di Baal. Quando sul solo altare innalzato da Elia si accese prodigiosamente la fiamma, e l'acqua invocata scese a porre fine alla siccità, il popolo esultante linciò i sacerdoti idolatri. Elia credette giunto il momento del trionfo di Javhè, e perciò tanto più amara e incomprensibile gli apparve la necessità di sottrarsi con la fuga all'ira della furente Jezabel.
Braccato nel deserto come un animale da preda, l'energico e intransigente profeta sembrò avere un attimo di cedimento allo sconforto. Il suo lavoro, la sua stessa vita gli apparvero inutili e pregò Dio di recidere il filo che lo teneva ancora legato alla terra. Ma un angelo lo confortò, porgendogli una focaccia e una brocca d'acqua; poi Dio stesso gli apparve, restituendogli l'indomito coraggio di un tempo. Elia comprese che Dio non propizia il trionfo del bene con gesti spettacolari, ma agisce con longanime pazienza, poiché egli è l'Eterno e domina il tempo.
Il fiero profeta, che indossava un mantello di pelle sopra un rozzo grembiule stretto ai fianchi, come otto secoli dopo vestì il precursore di Cristo, Giovanni Battista, di cui è la prefigurazione, tornò con rinnovato zelo in mezzo al popolo di Dio, ma non assistette al pieno trionfo di Jahvè. L'opera di riedificazione spirituale, tanto faticosamente iniziata, venne portata avanti con pieno successo dal suo discepolo Eliseo, al quale comunicò la divina chiamata mentre si trovava nei campi dietro l'aratro, gettandogli sulle spalle il suo mantello. Eliseo fu anche l'unico testimone della misteriosa fine di Elia, avvenuta verso l' 850 a.C., su un carro di fuoco.



Stellina788
00martedì 20 luglio 2010 12:53

Sant' Ethelwitha Regina

20 luglio

IX-X secolo


Insieme col marito, re Alfredo, fondò un monastero femminile a Winchester, nel quale, rimasta vedova (901), si ritirò morendovi nel 903. La sua festa è celebrata il 20 luglio.


Stellina788
00martedì 20 luglio 2010 12:54

Beata Francisca del S. Cuore di Gesù Aldea Araujo Suora, martire in Spagna

20 luglio

Somolinos (Guadalajara) Spagna, 17 dicembre 1881 – Canillejas (Madrid), 20 luglio 1936

Le beate Rita Dolores Pujalte Sanchez e Francisca del Sagrado Corazon de Jesus Aldea Araujo sono due suore uccise durante la Guerra civile spagnola (1936-1939). In quel periodo la Chiesa pagò un enorme tributo: furono assassinati, infatti, 7mila tra religiosi, religiose e sacerdoti. Le due appartenevano alle Suore della carità del Sacro Cuore di Gesù, fondate nel 1877 in Spagna dalla venerabile Isabel de Larrañaga. Dopo di lei, Rita Dolores era stata la seconda superiora della Congregazione. Quando avvenne il martirio, il 20 luglio del 1936, le due si trovavano nel collegio di Santa Susanna a Madrid. Rita, ormai 83enne e cieca, veniva assistita da Francesca, infermiera 55enne. Fatta irruzione nell'istituto per ragazze povere, i rivoluzionari finsero, su preghiera delle consorelle, di risparmiarle. In realtà le caricarono su un camion, le portarono a Canillejas, un sobborgo della capitale, e le fucilarono. Nel 1940 i corpi furono riesumati e trovati incorrotti. Sono state beatificate insieme il 10 maggio del 1998. (Avvenire)

Martirologio Romano: A Madrid in Spagna, beate Rita dell’Addolorata del Cuore di Gesù Pujalte y Sánchez e Francesca del Cuore di Gesù Aldea y Araujo, vergini della Congregazione delle Suore della Carità del Sacro Cuore di Gesù e martiri, che, durante la persecuzione scoppiata nel corso della guerra civile, furono arrestate nella chiesa del Collegio dai nemici della Chiesa e poco dopo fucilate in strada.


La Congregazione delle ‘Suore della Carità del Sacro Cuore di Gesù’, fondata nel 1877 in Spagna dalla venerabile Isabel de Larrañaga Ramirez, è stata presente con il tributo di sangue di alcune sue figlie, alla grande carneficina di religiosi e clero cattolici (quasi 7.000), che la Chiesa di Spagna, ha dovuto pagare durante la violenta e sanguinaria Guerra Civile del 1936-39.
A questa Congregazione appartenevano le due suore Rita Dolores Pujalte Sanchez e Francisca del Sagrado Corazón de Jesús Aldea Araujo; la prima Rita Dolores fu l’immediata successore della Fondatrice alla guida della Congregazione, la seconda Francisca Aldea era infermiera volontaria per assistere l’ammalata superiora, entrambe spose di Cristo, subirono il martirio insieme.
Francisca Aldea nacque il 17 dicembre 1881 a Somolinos (Guadalajara), sin da bambina provò il dolore e le difficoltà della vita, perché a nove anni perdette il padre e due anni dopo la madre. Ad 11 anni, ancora una bambina, fu accolta come alunna interna nel collegio di Santa Susanna di Madrid, guidato dalle “Hermanas de la Caridad del S.do C. de Jesús”, ‘Suore della Carità del Sacro Cuore di Gesù’.
A 18 anni entrò nel noviziato dell’Istituto, dove era cresciuta, avendo come maestra delle novizie madre Rita Dolores; distintasi come modello di vita religiosa durante il noviziato, fu ammessa ai voti temporali il 20 novembre 1903 e nel 1910 a quelli perpetui, prese il nome di Francisca del S. Cuore di Gesù.
Ottenne il titolo di maestra e le fu affidato l’insegnamento delle ragazze del collegio, compito che tenne fino al 1916 quando fu eletta assistente e poi segretaria generale. Memore della sua condizione di orfana, ebbe particolare predilezione per le bambine orfane e povere e per le persone ammalate.
Portata all’ammirazione per l’antica sua maestra di noviziato, ex superiora generale, dimorante nel collegio di Madrid e ormai molto anziana e quasi cieca; si offrì volontariamente di assisterla come infermiera e in questo compito fu colta dalla Guerra civile spagnola.
Nel luglio 1936 a Madrid la situazione era precipitata e in città si respirava un clima di paura, di imminente pericolo di persecuzione religiosa. La Comunità del Collegio di S. Susanna pur cosciente del pericolo, decise di rimanere per continuare ad avere cura delle orfane ricoverate; il 20 luglio i rivoluzionari assalirono il Collegio e abbattendo le porte, entrarono sparando.
Le suore raccolte in preghiera nella cappella, si preparavano al peggio, la superiora pregò gli assalitori di lasciare libere l’anziana ottantatreenne e quasi cieca madre Rita Dolores e suor Francesca anch’essa malata, pur essendo più giovane.
I rivoluzionari fingendo di aiutare le due religiose, le accompagnarono prima in un appartamento vicino; dopo due ore un gruppo di rivoltosi, tornò nell’appartamento prelevandole e trascinandole giù per le scale, le fecero salire su un furgone, conducendole in un sobborgo di Madrid, nel paesino di Canillejas; si avviarono in una strada solitaria, vicino al cimitero del paese, qui giunti le fecero scendere dal furgone e scaricarono su di esse diversi colpi di fucile; erano le 15,30 del 20 luglio 1936.
La loro età e le malattie di cui soffrivano, non furono sufficienti a fermare la furia assassina dei persecutori, nel 1940 i cadaveri furono esumati per portarli al cimitero della Almudena di Madrid e a detta dei testimoni, i corpi conservavano ancora la flessibilità ed il colore di una persona vivente.
A seguito della fama di santità delle due suore, nel 1954 i loro corpi incorrotti, furono traslati a Villaverde vicino Madrid e collocati nella cappella del loro Istituto. Il processo per la loro beatificazione si aprì nel 1954 e proseguì negli anni, fino al 1997 quando il papa approvò il martirio subito dalle due religiose.
Per Rita Dolores e Francisca Aldea, il martirio fu il premio per la loro vita spesa al servizio degli altri e il soddisfacimento dell’ardente desiderio di versare il loro sangue per Cristo, come avevano espresso più di una volta.
Papa Giovanni Paolo II le ha beatificate insieme il 10 maggio 1998 in Piazza S. Pietro; la loro ricorrenza liturgica è al 20 luglio.



Stellina788
00martedì 20 luglio 2010 12:55

San Frumenzio Vescovo in Etiopia

20 luglio

sec. IV

Ruffino ci racconta che mentre Frumenzio e l'amico Edesio tornavano a Tiro da un viaggio, gli Etiopi uccisero tutti i componenti della loro nave. I due ragazzi furono risparmiati per la loro giovane età e dati come schiavi al re, di cui Frumenzio divenne coppiere. Alla corte di Axum si convertirono al cristianesimo per merito di mercanti greco-romani. In seguito i giovani ebbero il permesso di tornare in patria. Mentre Edsio si recò a Tiro dove contatti con San Riffino, Frumenzio si incontrò ad Alessandra d'Egitto con il vescovo Atanasio da cui fu consacrato primo vescovo di Axum. Ritornato ad Axum, sembra che ne abbia convertito il giovane re, come una iscrizione fa supporre. Il messaggio evangelico da lui portato attecchì talmente in Etiopia da resistere, secoli dopo, anche l'invasione islamica.

Emblema: Bastone pastorale

Martirologio Romano: In Etiopia, san Frumenzio, vescovo, che fu dapprima prigioniero e, ordinato poi vescovo da sant’Atanasio, propagò il Vangelo in questa regione.

Ascolta da RadioMaria:
  

Tra i Santi dei giorno c'è una figura che ricorda un fatto storico di suggestivo interesse nei secoli dei Medioevo, quando i Crociati di ritorno dalla Terrasanta portarono in Europa una mirabolante notizia: a Gerusalemme, avevano incontrato alcuni pellegrini negri, venuti da un lontano paese africano, uomini di ignota civiltà, eppure di chiara fede cristiana.
A quei tempi, l'Africa non apparteneva alla geografia del cristianesimo, da quando le regioni cristiane della costa mediterranea erano state spazzate via dalla grande invasione degli Arabi musulmani, nel VII secolo. Si comprende perciò la sorpresa nell'apprendere che nei luoghi più selvaggi dell'Africa sconosciuta vivevano uomini nerissimi di pelle e strani d'aspetto, ma che serbavano la fede cristiana al di là del baluardo della dominazione mussulmana.
Si cominciò così a parlare del regno del favoloso prete Gianni, potente Sovrano e sacerdote dei suo popolo. Dove si trovasse questo antico Regno, civile e giusto, in un paese vasto e ricco, nessuno sapeva dirlo con esattezza, ma con insistenza veniva fatto il nome di una regione detta Etiopia.
Non sapremo mai chi fosse il favoloso prete Gianni; sappiamo però, dagli storici dei primi secoli della Chiesa, chi fosse colui che per primo portò il Cristianesimo in Etiopia.
Non era stato un missionario, ma un ragazzo dei IV secolo. Si chiamava Frumenzio, e viaggiava con un altro ragazzo, Edesio, al seguito di un filosofo loro precettore. Tornando dalle Indie, fecero scalo ad Abdulis, sul Mar Rosso, dove gli Etiopi massacrarono l'equipaggio della nave, filosofo compreso. I due ragazzi, che erano a terra intenti allo studio, vennero catturati vivi e offerti in dono al Re degli Etiopi. Erano ambedue svegli e intelligenti, e piacquero al Sovrano. Frumenzio divenne suo segretario, Edesio coppiere. Alla morte del Re, furono consiglieri dell'erede minorenne, e Frumenzio ottenne di poter costruire chiese per i mercanti cristiani che passavano dal paese.
Attorno a queste chiese, lentamente e faticosamente, il Cristianesimo si apprese anche agli Etiopi, mentre Edesio e Frumenzio furono lasciati liberi, a malincuore, di ritornare ai loro paesi.
Ad Alessandria, in Egitto, Frumenzio chiese al grande Vescovo Atanasio di inviare sacerdoti e Vescovi nel lontano paese dove egli aveva gettato con successo il primo seme cristiano. Sant'Atanasio lo ascoltò con grande interesse, e non trovò di meglio che consacrar Vescovo lui stesso, rimandandolo come Apostolo tra gli Etiopi.
Fu accolto con affetto e con onore, chiamato " rivelatore della luce " e Abba Salama cioè padre pacifico. Gli Etiopi, dicono gli storici, " Si convertirono in numero infinito ". E da allora, attraverso tutte le vicende della storia, non dimenticarono più la fede insegnata loro da San Frumenzio, ragazzo cristiano e avventuroso missionario.



Stellina788
00martedì 20 luglio 2010 12:55

Beato Giuseppe Barsabba il Giusto

20 luglio

Martirologio Romano: Commemorazione del beato Giuseppe, chiamato Barsabba e soprannominato il Giusto, discepolo del Signore, che gli Apostoli proposero insieme a san Mattia, perché uno dei due prendesse il posto che era stato di Giuda il traditore; e pur caduta la sorte su Mattia, egli si adoperò ugualmente nel ministero della predicazione e della santificazione.


Stellina788
00martedì 20 luglio 2010 12:56

San Giuseppe Maria Diaz Sanjurjo Martire

20 luglio

Martirologio Romano: Nella città di Nam Định nel Tonchino, ora Viet Nam, san Giuseppe Maria Díaz Sanjurjo, vescovo dell’Ordine dei Predicatori e martire, condannato a morte in odio alla fede durante la persecuzione dell’imperatore Tự Đức.


Stellina788
00martedì 20 luglio 2010 12:57

San Leone Ignazio (Léon-Ignace) Mangin Gesuita martire in Cina

20 luglio

Verny, Francia, 30 luglio 1857 – Zhujiahe, Cina, 20 luglio 1900

Entrò nella Compagnia di Gesù il 5 novembre 1875 e partì per la Cina nel 1882. Il suo posto di missione era un piccolo villaggio (Tchou-kia-ho) di 400 anime in cui, a motivo degli attacchi dei boxers vennero a rifugiarsi molte altre persone, fino ad arrivare a 3.000 abitanti. Il Padre Mangin chiamò allora il suo vecchio compagno di studi, il Padre Denn, che viveva in un villaggio vicino (Koutcheng), ed entrambi pianificarono la difesa della zona. I boxers attaccarono il 15 luglio del 1900 ma gli abitanti opposero resistenza e li respinsero. Tre giorni dopo tornarono di nuovo all'attacco e riuscirono ad entrare nel villaggio. Allora i Padri Mangin e Denn riunirono le donne e i bambini nella chiesa. I boxers sfondarono la porta e offrirono la salvezza a coloro che avrebbero rinunciato alla fede cristiana. Alcuni accettarono. Poi Padre Denn intonò il confiteor, e Padre Mangin pronunciò le parole dell'assoluzione. E i boxers iniziarono il massacro. Con loro fu uccisa anche Maria Zhou Wuzhi, che aveva voluto difendere col suo corpo Padre Mangin che stava distribuendo l’Eucarestia.

Emblema: Palma

Martirologio Romano: Nel villaggio di Zhoujiahe presso la città di Yingxian nella provincia dello Hebei in Cina, martirio dei santi Leone Ignazio Mangin e Paolo Denn, sacerdoti della Compagnia di Gesù, che nella persecuzione dei Boxer, mentre incoraggiavano premurosamente i fedeli in chiesa, furono trafitti davanti all’altare dai nemici che avevano fatto irruzione. Insieme a loro perì santa Maria Zhou Wuzhi, che, volendo proteggere con il proprio corpo san Leone ministro della celebrazione, cadde ferita a morte.


Dal primo annuncio del Vangelo in terra cinese sino ai giorni nostri, i missionari francesi, spagnoli ed italiani, nonché i cristiani indigeni, hanno subito ripetute violente persecuzioni perpetrate dai vari regimi succedutisi. Il 1° ottobre 2000 in Piazza San Pietro a Roma papa Giovanni Paolo II canonizzò 120 martiri caduti in Cina in odio alla fede cattolica tra il 1648 ed il 1930. Poiché il martirio avvenne in diverse regioni affidate dalla Santa Sede a religiosi di differenti ordini e congregazioni, i martiri sono stati divisi in gruppi secondo le loro rispettive congregazioni: Dominicani (6), Francescani (30), Gesuiti (56), Salesiani (2), e Missioni Estere di Parigi (24). Due martiri non appartengono a nessuno dei gruppi citati. La maggioranza dei martiri furono laici, ma non mancano anche alcuni vescovi, sacerdoti e religiosi. Il gruppo complessivo canonizzato da papa Wojtyla fu denominato “Santi Agostino Zhao Rong e 119 compani” e la memoria facoltativa è stata inserita nel calendario liturgico romano al 9 luglio.
L’apice delle persecuzioni in terra cinese si ebbe nell’anno 1900, con la cosiddetta “rivolta dei Boxers”: iniziata nello Shandong, diffusasi poi nello Shanxi e nell’Hunan, raggiunse anche lo Tcheli Orientale Meridionale, allora Vicariato Apostolico di Xianxian, affidato ai Gesuiti, ove i cristiani uccisi si contarono a migliaia. Secondo alcuni storici, in tale vicariato circa 5000 Cattolici offrirono la loro vita per la fede in Cristo, ma purtroppo si è a conoscenza dell’identità solamente di 3069 di loro. Fra questa immensa schiera i padri gesuiti raccolsero materiale e testimonianze circa quattro loro confratelli di origine francese (Leon Ignace Mangin, Paul Denn, Modeste Andlauer, e Remi Isore) e ben 52 laici cristiani cinesi: uomini, donne e bambini, sposati e catecumeni, il più anziano (Pablo Liou-Tsinn-Tei) aveva l’età di 79 anni, mentre il più giovane (Andrea Wang Tien-K'ing), soltanto 9 anni. Tutti subirono il martirio nel mese di luglio 1900; molti di essi furono uccisi nella chiesa del villaggio di Tchou-Kia-ho in cui si erano rifugiati ed erano in preghiera insieme ai primi due dei missionari sopra elencati. Per questo folto gruppo, denominato “Leon-Ignace Mangin e 55 compagni” fu introdotta dunque la causa di canonizzazione il 28 maggio 1948, che portò alla beatificazione il 17 aprile 1955, in seguito al riconoscimento del loro martirio avvenuto il 22 febbraio precedente, ed infine come già anticipato all’ufficializzazione della loro santità da parte di Giovanni Paolo II durante il Grande Giubileo del 2000.

Léon-Ignace Mangin nacque a Verny, nei pressi di Metz, in Lorena, il 30 luglio 1857, in una famiglia di undici figli. Suo padre era giudice di pace. Dopo aver frequentato la scuola primaria presso I Fratelli delle Scuole Cristiane, entrò nel collegio gesuita di Metz e poi di Amiens. Allegro e dinamico, era molto amato dai suoi compagni. Il 5 novembre 1875 iniziò il noviziato nella Compagnia di Gesù, continuando i suoi studi letterari e filosofici a Louvain. Nel 1881 fu professore a Liège e l’anno seguente gli fu proposto di partire missionario per la Cina. Egli accettò e s’imbarcò il mese di settembre. Nel 1886 ricevette l’ordinazione presbiterale. Il suo luogo di missione fu il piccolo villaggio di Tchou-kia-ho di circa quattrocento anime in cui, a motivo degli attacchi dei Boxers, vennero a rifugiarsi molte altre persone, sino ad arrivare a tremila abitanti.
Padre Mangin svolse anche ruoli amministrativi dal 1890, divenendo difensore degli interessi dei ventimila cristiani del suo distretto dinnanzi ai funzionari civili. Anche i pagani iniziarono così ad apprezzare la sua amabilità ed il suo savoir-faire, ma egli si doleva del fatto che ciò sottraesse tempo prezioso al dedicarsi totalmente alla cura delle anime a lui affidate. Fu infine soddisfatto di ricevere l’incarico della cura pastorale del distretto di King Tcheou, nel Sud Hebei.
Prevedendo la venuta di tempi difficili, fortificò il villaggio di Zhujiahe con l’aiuto del capovillaggio Zhu Dianxuan. Due confratelli gesuiti, Rémy Isoré e Modeste Andlauer, erano già stati assassinati dai Boxers il 19 giugno 1900. Padre Mangin si rifugiò allora a Zhujiahe ed invitò a raggiungerlo Padre Paul Denn. Il villaggio giunse ad ospitare sino a tremila cristiani. Il 14 luglio una prima incursione dei Boxers venne repressa e così per i tre giorni seguenti. Questi chiesero allora rinforzi ad un’armata cinese di passaggio nei paraggi per raggiungere un altro luogo di combattimento. Attaccando nuovamente il villaggio ormai ben diecimila soldati, il 20 luglio riuscirono ad invadere il villaggio e presero a massacrare tutti coloro che trovavano in strada.
Vedende che ogni tentativo di difesa era ormai inutile, i due missionari fecero entrare in chiesa le donne ed i bambini e dall’altare cercarono di incoragiare e confortare le persone terrorizzate. I Boxers allora forzarono la porta ed urlarono: “Uscite e non sarete uccisi!”. Padre Mangin tenendo in mano un crocifisso rispose: “Restate qui. Un pò prima, un pò dopo, cosa importa? Fra qualche istante ci ritroveremo tutti in Cielo”. Solo alcune mamme con i loro bambini uscirono a testa bassa. Padre Denn fece recitare il Confiteor e l’atto di contrizione e Padre Mangin impartì l’assoluzione generale. Impazienti, i Boxers si mirero a colpire. Maria Zhou Wuzhi, donna coniugata, volle difendere col suo corpo Padre Mangin che stava distribuendo l’Eucarestia e venne subito uccisa. Poi fu incendiato l’edificio sacro ed i padri Léon-Ignce Mangin e Paul Denn, con i vestiti ormai infuocati, furono colpiti mortalmente ai piedi dell’altare.
Il Martyrologium Romanum, che commemora separatamente i martiri in base agli anniversari di morte, commemora i santi missionari Léon-Ignce Mangin e Paul Denn con la laica Maria Zhou Wuzhi al 20 luglio, mentre la celebrazione comune a tutti i martiri cinesi è posta al 9 luglio.


Stellina788
00martedì 20 luglio 2010 12:58

Santa Maria Fu Guilin Martire

20 luglio

Martirologio Romano: Nella cittadina di Daliucun presso Wuyi nella stessa provincia, santa Maria Fu Guilin, che, maestra, sempre nella stessa persecuzione fu consegnata nelle mani dei nemici del Vangelo e decapitata mentre invocava Cristo Salvatore.


Stellina788
00martedì 20 luglio 2010 12:58

Sante Maria Zhao Guozhi, Rosa Zhao e Maria Zhao Martiri

20 luglio

Martirologio Romano: Nel villaggio di Wuqiao Zhaojia sempre nello Hebei, commemorazione delle sante Maria Zhao Guozhi e delle sue figlie Rosa e Maria Zhao, che, in quella stessa persecuzione, si gettarono in un pozzo per non essere violentate, ma tirate fuori di lì subirono il martirio.


Stellina788
00martedì 20 luglio 2010 12:59

Santa Marina (Margherita) d'Antiochia di Pisidia Vergine e martire

20 luglio

Nasce ad Antiochia di Siria nella seconda metà del III secolo da genitori pagani. Viene educata alla fede cristiana dalla sua balia, una cristiana convinta. Il governatore Olibrio cerca di distoglierla dal cristianesimo e vuole sposarla. Ella si rifiuta e così viene uccisa intorno al 305. È patrona dei contadini, delle partorienti, delle balie ed è invocata contro l'infertilità. Al governatore che la chiede in sposa, Margherita risponde di aver dedicato la sua vita a Gesù, suo sposo celeste. «Puoi pretendere che io rinunzi al cielo e scelga invece la polvere della terra?», gli dice. Olibrio, umiliato, dà ordine di bruciarle il corpo con fiaccole accese e di fustigarla. La leggenda vuole che alla prigioniera appaia un drago per sbranarla, che però scompare appena ella si fa il segno della croce. Anche le gravi ferite scompaiono miracolosamente. La notizia di questo miracolo si diffonde subito tra il popolo suscitando scalpore, tanto che alcuni si fanno battezzare. L'ira del governatore non conosce allora più limiti e ordina che la giovane venga decapitata sulla pubblica piazza. (Avvenire)

Patronato: Donne incinte, Moribondi, Licodia Eubea (CT), Montefiascone (VT)

Etimologia: Marina = donna del mare, dal latino

Emblema: Drago, Palma

Martirologio Romano: Ad Antiochia di Pisidia, nell’odierna Turchia, santa Marina o Margherita, che si ritiene abbia consacrato il suo corpo a Cristo nella verginità e nel martirio.


Margherita (Marina nella "passio" greca attribuita ad un certo Timoteo che è la fonte principale per la biografia) nasce nel 275 ad Antiochia di Pisidia, all'epoca una delle città più fiorenti dell'Asia Minore, (oggi vicino le rovine della città è situata la borgata turca di Yalovaè del distretto di Iconio); Paolo e Barnaba in uno dei loro viaggi vi si fermarono per predicare Gesù Messia e Figlio di Dio ottenendo molte conversioni.
Il padre Edesimo o Edesio era sacerdote pagano, per questo ruolo la famiglia di Margherita spiccava per agiatezza e nella vita sociale e religiosa della città. Nessuna notizia si ha della madre. Margherita presumibilmente rimane orfana di madre dai primi giorni di vita, tanto che il padre la affida ad una balia che abita nella campagna vicina.
La balia segretamente cristiana, educa Margherita a questa fede e quando ritenne che fosse matura la presentò per ricevere il battesimo. Tutto ciò avvenne, ovviamente, ad insaputa del padre.
Siamo durante il periodo delle persecuzioni scatenate da Massimiano e Diocleziano, Margherita crescendo apprendeva la storia di eroismi dei fratelli di fede, irrobustiva il suo spirito ispirandosi al Vangelo, si sentiva decisa ad emulare il coraggio dimostrato dai cristiani davanti alla crudeltà delle persecuzioni e nelle sue preghiere chiedeva di essere degna di testimoniare la sua fedeltà a Cristo.
Il padre ignaro di tutto ciò decide di riprendere la figlia ormai quindicenne presso la sua casa di Antiochia. Margherita fu subito a disagio sia per il distacco dalla nutrice, che per lo stile di vita che teneva presso la casa paterna colma di agi.
Una sera chiese al padre cosa rappresentassero quelle statuette e le lampade che erano in casa, il padre spiegò che quelli erano gli idoli che adorava ed invitò Margherita a bruciare incenso per loro. Ella ascoltava quasi indifferente quello che il padre le diceva, il padre credette che Margherita mancava di una educazione religiosa adeguata al proprio rango sociale, la affidò così ad un maestro di sua conoscenza che dirigeva una scuola dove si insegnava un po' di tutto. Margherita non gradiva gli insegnamenti pagani e dopo poco tempo rivelò al padre di essere cristiana. Per tale motivo, il padre non esitò a mandarla via di casa, quindi Margherita ritornò dalla sua balia che l'accolse come reduce vittorioso di un'aspra battaglia. In campagna Margherita si rese utile pascolando il gregge e per le altre necessità che si presentavano; essa dedicava molto tempo alla preghiera, in particolare pregava per il padre e per i fratelli nella fede che venivano sempre più spesso perseguitati.
Un giorno mentre conduceva le pecore al pascolo, Margherita, venne notata da Oliario, nuovo governatore della provincia; appena la vide rimase colpito dalla sua bellezza e ordinò che gli fosse condotta dinnanzi.
Dopo un lungo colloquio il governatore non riuscì nell'intento di convincere Margherita a diventare sua sposa, essa si dichiarò subito cristiana e fu irremovibile nel professare la sua fede. Il governatore, dopo un lungo interrogatorio, alle risposte di Margherita, controbatte con la flagellazione e l'incarcerazione.
Secondo la tradizione, in carcere a Margherita appare il demonio sotto forma di un terribile drago, che la inghiotte, ma lei armata da una croce che teneva tra le mani, squarcia il ventre del mostro sconfiggendolo. Da questo fantastico episodio, nacque nella devozione popolare quella virtù riconosciuta a Margherita, di ottenere, per la sua intercessione, un parto facile alle donne che la invocano prima dell'inizio delle doglie.
Dopo un breve periodo di carcere, Margherita è sottoposta ad un nuovo martellante interrogatorio davanti a tutta la cittadinanza, anche in quest'occasione, essa non esita a proclamare a tutti la sua fede e l'aver dedicato a Cristo la sua verginità. Ancora una volta viene invitata ad adorare ed offrire incenso agli dei pagani, ma lei si rifiuta e menziona il brano del vangelo di Matteo dicendo "quando sarete dinnanzi a magistrati e ai presidi, non vi preoccupate come o che cosa dovete rispondere, perché lo Spirito del Padre vostro, che sta nei cieli, parlerà per voi".
Mentre tutti osservavano quanto stava succedendo, una forte scossa di terremoto fece sussultare la terra e apparve una colomba con una corona che andò a deporre sul capo di Margherita.
Questo fatto prodigioso, le affermazioni di Margherita, il suo rifiuto delle pratiche pagane e le molte conversioni che avvennero, mandarono su tutte le furie il governatore che emise la sentenza di condanna per Margherita: "Venga decapitata fuori della città".
Margherita fu decapitata il 20 luglio 290 all'età di quindici anni.
Il corpo venne raccolto e portato in luogo sicuro dai fedeli dove fu fatto oggetto di grande venerazione.
Secondo la tradizione un pellegrino di nome Agostino da Pavia, nel secolo decimo, riuscì a trafugare, dopo varie peripezie, il corpo di S. Margherita e trasportarlo in Italia, a Roma per proseguire verso Pavia. Durante il viaggio, si fermò a Montefiascone, dove fu accolto dai benedettini del monastero di Santo Pietro ai quali raccontò le vicende del suo viaggio. Dopo qualche giorno il pellegrino si ammalò e morì, raccomandando ai monaci di conservare e venerare la preziosa reliquia.
Da qui cominciò a diffondersi il culto di S. Margherita per tutta l'Italia ed in altri paesi dell'Europa, molte città si pregiarono erigere chiese in suo onore.
La fama di S. Margherita è così importante da essere inserita tra i "quattordici Santi Ausiliatori", con questo nome vengono designati un gruppo di 14 santi alla cui intercessione il popolo cristiano suole far ricorso in momenti difficili. Essi sono: Acacio, Egidio, Barbara, Biagio, Cristoforo, Ciriaco, Dionigi, Erasmo, Eustachio, Giorgio, Caterina, Margherita, Pantaleone e Vito.



Stellina788
00martedì 20 luglio 2010 13:00

Santi Martiri di Seul

20 luglio

Martirologio Romano: A Seul in Corea, santi Maddalena Yi Yŏng-hŭi, Teresa Yi Mae-im, Marta Kim Sŏng-im, Lucia Kim, Rosa Kim, Anna Kim Chang-gŭm e Maria Wŏ Kwi-im, vergine, e Giovanni Battista Yi Kwang-nyol, martiri.


Stellina788
00martedì 20 luglio 2010 13:00

San Paolo (Paul) Denn Gesuita martire in Cina

20 luglio

Lille, Francia, 1 aprile 1847 – Zhujiahe, Cina, 20 luglio 1900

Per provvedere a sua madre rimasta vedova, ritardò il suo ingresso nella Compagnia di Gesù fino all’età di 25 anni. Poco dopo fu destinato alla Cina dove fu ordinato sacerdote nel 1880. Il Padre Mangin chiamò allora il suo vecchio compagno di studi, il Padre Denn, che viveva in un villaggio vicino (Koutcheng), ed entrambi pianificarono la difesa della zona. I boxers attaccarono il 15 luglio del 1900 ma gli abitanti opposero resistenza e li respinsero. Tre giorni dopo tornarono di nuovo all'attacco e riuscirono ad entrare nel villaggio. Allora i Padri Mangin e Denn riunirono le donne e i bambini nella chiesa. I boxers sfondarono la porta e offrirono la salvezza a coloro che avrebbero rinunciato alla fede cristiana. Alcuni accettarono. Poi Padre Denn intonò il confiteor, e Padre Mangin pronunciò le parole dell’assoluzione. E i boxers iniziarono il massacro. Con loro fu uccisa anche Maria Zhou Wuzhi, che aveva voluto difendere col suo corpo Padre Mangin che stava distribuendo l’Eucarestia.

Emblema: Palma

Martirologio Romano: Nel villaggio di Zhoujiahe presso la città di Yingxian nella provincia dello Hebei in Cina, martirio dei santi Leone Ignazio Mangin e Paolo Denn, sacerdoti della Compagnia di Gesù, che nella persecuzione dei Boxer, mentre incoraggiavano premurosamente i fedeli in chiesa, furono trafitti davanti all’altare dai nemici che avevano fatto irruzione. Insieme a loro perì santa Maria Zhou Wuzhi, che, volendo proteggere con il proprio corpo san Leone ministro della celebrazione, cadde ferita a morte.


Dal primo annuncio del Vangelo in terra cinese sino ai giorni nostri, i missionari francesi, spagnoli ed italiani, nonché i cristiani indigeni, hanno subito ripetute violente persecuzioni perpetrate dai vari regimi succedutisi. Il 1° ottobre 2000 in Piazza San Pietro a Roma papa Giovanni Paolo II canonizzò 120 martiri caduti in Cina in odio alla fede cattolica tra il 1648 ed il 1930. Poiché il martirio avvenne in diverse regioni affidate dalla Santa Sede a religiosi di differenti ordini e congregazioni, i martiri sono stati divisi in gruppi secondo le loro rispettive congregazioni: Dominicani (6), Francescani (30), Gesuiti (56), Salesiani (2), e Missioni Estere di Parigi (24). Due martiri non appartengono a nessuno dei gruppi citati. La maggioranza dei martiri furono laici, ma non mancano anche alcuni vescovi, sacerdoti e religiosi. Il gruppo complessivo canonizzato da papa Wojtyla fu denominato “Santi Agostino Zhao Rong e 119 compani” e la memoria facoltativa è stata inserita nel calendario liturgico romano al 9 luglio.
L’apice delle persecuzioni in terra cinese si ebbe nell’anno 1900, con la cosiddetta “rivolta dei Boxers”: iniziata nello Shandong, diffusasi poi nello Shanxi e nell’Hunan, raggiunse anche lo Tcheli Orientale Meridionale, allora Vicariato Apostolico di Xianxian, affidato ai Gesuiti, ove i cristiani uccisi si contarono a migliaia. Secondo alcuni storici, in tale vicariato circa 5000 Cattolici offrirono la loro vita per la fede in Cristo, ma purtroppo si è a conoscenza dell’identità solamente di 3069 di loro. Fra questa immensa schiera i padri gesuiti raccolsero materiale e testimonianze circa quattro loro confratelli di origine francese (Leon Ignace Mangin, Paul Denn, Modeste Andlauer, e Remi Isore) e ben 52 laici cristiani cinesi: uomini, donne e bambini, sposati e catecumeni, il più anziano (Pablo Liou-Tsinn-Tei) aveva l’età di 79 anni, mentre il più giovane (Andrea Wang Tien-K'ing), soltanto 9 anni. Tutti subirono il martirio nel mese di luglio 1900; molti di essi furono uccisi nella chiesa del villaggio di Tchou-Kia-ho in cui si erano rifugiati ed erano in preghiera insieme ai primi due dei missionari sopra elencati. Per questo folto gruppo, denominato “Leon-Ignace Mangin e 55 compagni” fu introdotta dunque la causa di canonizzazione il 28 maggio 1948, che portò alla beatificazione il 17 aprile 1955, in seguito al riconoscimento del loro martirio avvenuto il 22 febbraio precedente, ed infine come già anticipato all’ufficializzazione della loro santità da parte di Giovanni Paolo II durante il Grande Giubileo del 2000.

Paul Denn nacque nella città francese di Lille il 1° aprile 1847. Per provvedere a sua madre rimasta vedova, ritardò il suo ingresso nella Compagnia di Gesù sino all’età di venticinque anni. Poco dopo fu destinato missionario in Cina, ove ricevette l’ordinazione presbitarele nel 1880 ed intraprese il suo ministero.
Con l’infuriare della rivoluzione dei Boxers, fu invitato dal confratello Padre Léon-Ignace Mangin, suo vecchio compagno di studi, a rifugiarsi nel vicino villaggio di Zhujiahe che aveva fatto fortificare. Due padri gesuiti, Rémy Isoré e Modeste Andlauer, erano già stati assassinati dai Boxers il 19 giugno 1900. Il 14 luglio una prima incursione dei Boxers presso Zhujiahe venne repressa e così per i tre giorni seguenti. Questi chiesero allora rinforzi ad un’armata cinese di passaggio nei paraggi per raggiungere un altro luogo di combattimento. Attaccando nuovamente il villaggio ormai ben diecimila soldati, il 20 luglio riuscirono ad invadere il villaggio e presero a massacrare tutti coloro che trovavano in strada.
Vedende che ogni tentativo di difesa era ormai inutile, i due missionari fecero entrare in chiesa le donne ed i bambini e dall’altare cercarono di incoragiare e confortare le persone terrorizzate. I Boxers allora forzarono la porta ed urlarono: “Uscite e non sarete uccisi!”. Padre Mangin tenendo in mano un crocifisso rispose: “Restate qui. Un pò prima, un pò dopo, cosa importa? Fra qualche istante ci ritroveremo tutti in Cielo”. Solo alcune mamme con i loro bambini uscirono a testa bassa. Padre Denn fece recitare il Confiteor e l’atto di contrizione e Padre Mangin impartì l’assoluzione generale. Impazienti, i Boxers si mirero a colpire. Maria Zhou Wuzhi, donna coniugata, volle difendere col suo corpo Padre Mangin che stava distribuendo l’Eucarestia e venne subito uccisa. Poi fu incendiato l’edificio sacro ed i padri Léon-Ignce Mangin e Paul Denn, con i vestiti ormai infuocati, furono colpiti mortalmente ai piedi dell’altare.
Il Martyrologium Romanum, che commemora separatamente i martiri in base agli anniversari di morte, commemora i santi missionari Léon-Ignce Mangin e Paul Denn con la laica Maria Zhou Wuzhi al 20 luglio, mentre la celebrazione comune a tutti i martiri cinesi è posta al 9 luglio.



Stellina788
00martedì 20 luglio 2010 13:01

San Paolo di Cordova Martire

20 luglio

Martirologio Romano: A Córdova nell’Andalusia in Spagna, san Paolo, diacono e martire, che istruito dall’esempio e dalla parola di san Sisenando, non ebbe timore di rimproverare davanti ai principi e alle autorità dei Mori la vanità del loro culto, venendo ucciso per aver confessato Cristo come vero Dio.


Stellina788
00martedì 20 luglio 2010 13:02

San Pietro Zhou Rixin Martire

20 luglio

Martirologio Romano: Nel territorio di Lujiazhuang presso Yingxian sempre nello Hebei, san Pietro Zhou Rixin, martire, che, nella medesima persecuzione, davanti al governatore che lo incalzava si rifiutò di rinnegare Dio creatore del mondo e fu per questo decapitato.


Stellina788
00martedì 20 luglio 2010 13:03

Beata Rita Dolores Pujalte Sanchez Suora, martire in Spagna

20 luglio

Aspe (Alicante), Spagna, 19 novembre 1853 – Canillejas (Madrid), 20 luglio 1936

Le beate Rita Dolores Pujalte Sanchez e Francisca del Sagrado Corazon de Jesus Aldea Araujo sono due suore uccise durante la Guerra civile spagnola (1936-1939). In quel periodo la Chiesa pagò un enorme tributo: furono assassinati, infatti, 7mila tra religiosi, religiose e sacerdoti. Le due appartenevano alle Suore della carità del Sacro Cuore di Gesù, fondate nel 1877 in Spagna dalla venerabile Isabel de Larrañaga. Dopo di lei, Rita Dolores era stata la seconda superiora della Congregazione. Quando avvenne il martirio, il 20 luglio del 1936, le due si trovavano nel collegio di Santa Susanna a Madrid. Rita, ormai 83enne e cieca, veniva assistita da Francesca, infermiera 55enne. Fatta irruzione nell'istituto per ragazze povere, i rivoluzionari finsero, su preghiera delle consorelle, di risparmiarle. In realtà le caricarono su un camion, le portarono a Canillejas, un sobborgo della capitale, e le fucilarono. Nel 1940 i corpi furono riesumati e trovati incorrotti. Sono state beatificate insieme il 10 maggio del 1998. (Avvenire)

Martirologio Romano: A Madrid in Spagna, beate Rita dell’Addolorata del Cuore di Gesù Pujalte y Sánchez e Francesca del Cuore di Gesù Aldea y Araujo, vergini della Congregazione delle Suore della Carità del Sacro Cuore di Gesù e martiri, che, durante la persecuzione scoppiata nel corso della guerra civile, furono arrestate nella chiesa del Collegio dai nemici della Chiesa e poco dopo fucilate in strada.


La Congregazione delle ‘Suore della Carità del Sacro Cuore di Gesù’, fondata nel 1877 in Spagna dalla venerabile Isabel de Larrañaga Ramirez, è stata presente con il tributo di sangue di alcune sue figlie, alla grande carneficina di religiosi e clero cattolici (quasi 7.000), che la Chiesa di Spagna, ha dovuto pagare durante la violenta e sanguinaria Guerra Civile del 1936-39.
A questa Congregazione appartenevano le due suore Rita Dolores Pujalte Sanchez e Francisca del Sagrado Corazón de Jesús Aldea Araujo; la prima Rita Dolores fu l’immediata successore della Fondatrice alla guida della Congregazione, la seconda Francisca Aldea era infermiera volontaria per assistere l’ammalata superiora, entrambe spose di Cristo, subirono il martirio insieme.
Rita Dolores nacque ad Aspe (Alicante) il 19 novembre 1853; lei e la sorella Luisa abbracciarono la vita religiosa nello stesso Istituto, nel quale entrò nel 1888 e nel 1890 fece i voti temporanei.
Stimata da tutte per le sue doti e per la sua religiosità, fin dal 1891 occupò sempre posti di responsabilità nell’Istituto. La fondatrice prima di morire a Cuba nel 1899, suggerì alle sue figlie di nominare Rita Dolores come loro superiora, cosa che avvenne nel 1900 e confermata nella stessa carica per 28 anni consecutivi; nel 1928 la madre si ritirò nella Casa di S. Susanna di Madrid, dove la colse la persecuzione religiosa.
Colta e dotata di grande sensibilità, di carattere fermo, attiva e dinamica, ispirava fiducia e gioia invitando alle virtù. Era molto caritatevole specie con le consorelle malate, che cercava di servire personalmente, portando sollievo e fiducia in Dio.
Aprì collegi per insegnare alle ragazze, nelle zone più povere, promovendo l’educazione della donna, secondo i propositi della fondatrice; nella sua vecchiaia divenne punto di riferimento nel Collegio di Santa Susanna, dove trascorse gli ultimi anni della sua vita.
Nel luglio 1936 a Madrid la situazione era precipitata e in città si respirava un clima di paura, di imminente pericolo di persecuzione religiosa. La Comunità del Collegio di S. Susanna pur cosciente del pericolo, decise di rimanere per continuare ad avere cura delle orfane ricoverate; il 20 luglio i rivoluzionari assalirono il Collegio e abbattendo le porte, entrarono sparando.
Le suore raccolte in preghiera nella cappella, si preparavano al peggio, la superiora pregò gli assalitori di lasciare libere l’anziana ottantatreenne e quasi cieca madre Rita Dolores e suor Francesca anch’essa malata, pur essendo più giovane.
I rivoluzionari fingendo di aiutare le due religiose, le accompagnarono prima in un appartamento vicino; dopo due ore un gruppo di rivoltosi, tornò nell’appartamento prelevandole e trascinandole giù per le scale, le fecero salire su un furgone, conducendole in un sobborgo di Madrid, nel paesino di Canillejas; si avviarono in una strada solitaria, vicino al cimitero del paese, qui giunti le fecero scendere dal furgone e scaricarono su di esse diversi colpi di fucile; erano le 15,30 del 20 luglio 1936.
La loro età e le malattie di cui soffrivano, non furono sufficienti a fermare la furia assassina dei persecutori, nel 1940 i cadaveri furono esumati per portarli al cimitero della Almudena di Madrid e a detta dei testimoni, i corpi conservavano ancora la flessibilità ed il colore di una persona vivente.
A seguito della fama di santità delle due suore, nel 1954 i loro corpi incorrotti, furono traslati a Villaverde vicino Madrid e collocati nella cappella del loro Istituto. Il processo per la loro beatificazione si aprì nel 1954 e proseguì negli anni, fino al 1997 quando il papa approvò il martirio subito dalle due religiose.
Per Rita Dolores e Francisca Aldea, il martirio fu il premio per la loro vita spesa al servizio degli altri e il soddisfacimento dell’ardente desiderio di versare il loro sangue per Cristo, come avevano espresso più di una volta.
Papa Giovanni Paolo II le ha beatificate insieme il 10 maggio 1998 in Piazza S. Pietro; la loro ricorrenza liturgica è al 20 luglio.



Stellina788
00martedì 20 luglio 2010 13:04

San Vulmaro Presbitero

20 luglio

m. 689

Religioso benedettino. Fondò a Hautmont, in Francia, due monasteri.

Martirologio Romano: Nel territorio di Boulogne in Francia, san Vulmaro, sacerdote, che, umile pastore, avuta la possibilità di studiare e raggiunto il ministero sacerdotale, si ritirò in un eremo secondo le consuetudini degli antichi padri e fondò poi a Hautmont in Francia, tra i boschi della sua patria, due monasteri, l’uno maschile e l’altro per le sacre vergini.



Stellina788
00martedì 20 luglio 2010 13:05

Santa Wang-Hoei (Rosa) Martire in Cina

20 luglio

Emblema: Palma

Martirologio Romano: In località Majiazhuang vicino a Daining nella provincia dello Hebei in Cina, santi martiri Anna Wang, vergine, Lucia Wang Wangzhi e suo figlio Andrea Wang Tianqing, uccisi per il nome di Cristo nella persecuzione dei Boxer.


Nel 1895 la Cina fu sconfitta dal Giappone, in seguito a ciò sorsero delle Società segrete che propugnavano rivolte in modo violento, una di queste erano i ‘Boxers’, appoggiati dall’imperatrice vedova Tzu Hsi e dal suo consigliere principe Tuan, essi dilagarono in modo cruento e xenofobo.
Ne furono vittime i cristiani di ogni fede, sia fedeli, sia missionari che dal giugno 1900 subirono una vera e propria persecuzione.
Fra i tanti martiri di quel periodo vi fu anche Wang-Hoei che aveva preso il nome di Rosa, essa divenuta un’attiva catechista del villaggio di Kang-kia-tciang e di quelli vicini, dovette nascondersi durante la persecuzione dei ‘Boxers’, cambiando continuamente di luogo.
Insieme ad una sua amica, che in seguito diverrà una reale testimone, trascorse il giorno dell’Assunta e la notte seguente in preghiera, la mattina del 16 agosto 1900 il villaggio fu invaso dai soldati che arrestarono alcuni cristiani, ma informati della presenza di Rosa di cui avevano saputo lo zelo, con l’aiuto di alcune spie la trovarono e arrestarono.
Subì un interrogatorio costellato di percosse, colpi di lancia e di spada che le facevano grondare sangue abbondante, ma lei non negando di essere cristiana, dimostrava di avere fiducia nella vita eterna e che quindi quei tormenti erano accettati con fede.
Fu spinta tutta sanguinante nel canale del villaggio, ma riuscì a salvarsi dalle acque e raggiungere la riva opposta, raggiunta di nuovo dai carnefici le furono inferte altre ferite da taglio e ributtata in acqua, dove fu travolta dalla corrente annegando, aveva 45 anni.
Fu beatificata insieme ad altri martiri cinesi da Pio XII il 17 aprile 1955 e canonizzata insieme ad altri 119 martiri in Cina, da papa Giovanni Paolo II il 1° ottobre 2000.
Festa religiosa per tutti il 20 luglio.


Stellina788
00martedì 20 luglio 2010 13:05

San Xi Guigi Martire in Cina

20 luglio

† Dechao, Cina, 20 luglio 1900

Martirologio Romano: Nella cittadina di Dechao sempre nello Hebei, commemorazione di san Xi Guizi, martire, che, ancora catecumeno, scoppiato un tumulto, si dichiarò cristiano e, coperto di ferite, fu battezzato nel suo stesso sangue.

Il 1° ottobre del 2000, papa Giovanni Paolo II ha canonizzato un numeroso gruppo di 120 martiri in Cina. Essi vennero beatificati in vari gruppi, a partire dal 1746 con papa Clemente XIII fino a Pio XII nel 1951; subirono il martirio in diverse località del Tonchino (Vietnam) e Cina, vittime delle ricorrenti persecuzioni scatenate dai vari imperatori che si succedevano.
Morirono a migliaia, vescovi, sacerdoti locali, missionari europei, seminaristi, religiosi di vari Ordini, suore di molte Congregazioni, catechisti e fedeli laici di ogni categoria, sia maschili che femminili.
Fra le decine di migliaia di fedeli cinesi, che con lo slancio di una fede genuina, morirono eroicamente in difesa di una religione, che se pur venuta da lontano, essi avevano accettata ed assimilata con il suo messaggio salvifico per tutti gli uomini, accogliendo e proteggendo i suoi ministri; solo di una piccola parte si è potuto istruire un processo ufficiale per additarli a tutta la cristianità, in virtù della loro fede professata e del loro martirio finale.
E ci piace indicare fra questi, Xi Guigi laico cinese quasi sconosciuto, che in un paese citato in latino con il nome di Dechao era un catecumeno, quindi si preparava a divenire cristiano; travolto il 20 luglio 1900 dalla furia dei persecutori, i famigerati ‘Boxers’, moribondo si battezzò bagnandosi con il proprio sangue, altro non sappiamo; ma questo lontano, sconosciuto neocristiano, dall’alto dei cieli che si è guadagnato con la sua forte e genuina fede, ci insegna che per Cristo, tanti fedeli nel mondo, in tutti questi secoli, hanno versato e versano il loro sangue per l’affermarsi del cristianesimo, lasciando i beni fatui di questa terra senza rimpianti.
La celebrazione collettiva di tutti i 120 santi è al 9 luglio, mentre la singola memoria di s. Xi Guigi è al 20 luglio, giorno del suo martirio.


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