21 dicembre

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Stellina788
00lunedì 21 dicembre 2009 10:32

Sant' Anastasio il Giovane Martire

21 dicembre


Etimologia: Anastasio = risorto, dal greco

Emblema: Palma


Nel 599, morto Anastasio il Vecchio, Anastasio gli succedette nella sede di Antiochia e, immediatamente, dando notizia a Gregorio Magno della sua elezione, protestò la sua adesione alla fede ortodossa. Nella sua risposta il papa, pur rallegrandosi dell'ortodossia di Anastasio, lo spronò a iniziare fruttuosamente il suo patriarcato, stroncando le pratiche simoniache piuttosto diffuse nella città.
Quando nel 609 l'imperatore Foca tentò di convertire forzosamente i Giudei, questi si ribellarono e, essendo riusciti ad imporsi in alcune città, tra cui Antiochia, si abbandonarono a sanguinose rappresaglie, durante le quali fu ucciso anche Anastasio
Questi, infatti, dopo essere stato trascinato in catene per tutta la città e aver subito mutilazioni, fu gettato nel fuoco.
Gregorio Magno afferma che Anastasio tradusse in greco il suo 'Liber regulae pastoralis', ma questa versione non ci è giunta. In Oriente Anastasio non gode di culto alcuno, mentre il suo nome è stato inserito dal Baronio nel Martirologio Romano alla data del 21 dicembre.


Stellina788
00lunedì 21 dicembre 2009 10:33

Santi Andrea Dung Lac e Pietro Truong Van Thi Sacerdoti e martiri

21 Dicembre

>>> Visualizza la Scheda del Gruppo cui appartiene

+ Hanoi, Tonchino-VIetnam, 21 dicembre 1839

Nella regione del Tonchino, Annam e Cocincina - ora Vietnam - ad opera di intrepidi missionari, risuonò per la prima volta nel sec. XVI la parola del Vangelo. Il martirio fecondò la semina apostolica in questo lembo dell'Oriente. Dal 1625 al 1886, salvo rari periodi di quiete, infuriò una violenta persecuzione con la quale gli imperatori e i mandarini misero in atto ogni genere di astuzie e di perfidie per stroncare la tenera piantagione della Chiesa. Il totale delle vittime, nel corso di tre secoli ammonta a circa 130.000. La crudeltà dei carnefici, non piegò l'invitta costanza dei confessori della fede: decapitati, crocifissi, strangolati, segati, squartati, sottoposti a inenarrabili torture nel carcere e nelle miniere fecero rifulgere la gloria del Signore, "che rivela nei deboli la sua potenza e dona agli inermi la forza del martirio" (M.R., prefazio dei martiri). Giovanni Paolo II, la domenica 19 giugno 1988, accomunò nell'aureola dei santi una schiera di 117 martiri di varia nazionalità, condizione sociale ed ecclesiale: sacerdoti, seminaristi, catechisti, semplici laici fra cui una mamma e diversi padri di famiglia, soldati, contadini, artigiani, pescatori. Un nome viene segnalato: Andrea Dung-Lac, presbitero, martirizzato nel 1839 e beatificato nel 1900 anno giubilare della redenzione da Leone XIII. Il 24 novembre è il giorno del martirio di alcuni di questi santi. (Mess. Rom.)

Emblema: Palma

Martirologio Romano: Ad Hanoi nel Tonchino, ora Viet Nam, passione dei santi Andrea Dung Lac e Pietro Tru?ng Van Thi, sacerdoti e martiri, che conclusero con la decapitazione il loro combattimento rifiutando l’ordine di oltraggiare la croce. La loro memoria si celebra il 24 novembre.


ANDREA DUNG LAC

Nacque nella provincia di Bac-Ninch, da genitori pagani e così poveri che se ne disfecero volentieri, vendendolo ad un catechista. Questi lo condusse alla missione di Vinh-Tri, dove fu battezzato, istruito e dopo otto anni promosso catechista. Trascorsi altri dieci anni con buona riuscita nella sua attività, intraprese gli studi teologici, coronati, il 15 marzo 1823, con l'ordinazione sacerdotale. Parroco in varie parrocchie, si trovava da ultimo in quella di Ké-Dam, quando, distruttagli la casa dai pagani, fu obbligato a ritirarsi a Ké-Sui, donde si recava presso le varie cristianità per amministrare i Sacramenti. Là fu arrestato la prima volta e condotto alla prefettura di Ly-Nham, ma fu riscattato dalla generosità dei cristiani che offrirono al mandarino tre verghe di argento. Allora, per poter continuare i suoi ministeri, cambiò il nome di Dung in quello di Lac, passò in un'altra prefettura e diede libero sfogo al suo zelo, spingendosi audacemente nelle pericolose provincic di Hanoi e di Nam-Dinh e riportandone un amaro rimpianto : « Quelli che muoiono per la fede, salgono al cielo; noi, invece, ci nascondiamo continuamente, spendiamo denaro per sottrarci ai persecutori! Varrebbe meglio lasciarsi arrestare e morire! ».
Fu esaudito nel suo desiderio quattro anni dopo, il 10 nov. 1839, mentre si trovava a Ké-Song, dove fu scoperto nella casa del b. Pietro Thi, dal sindaco Phap, che finì col lasciarlo libero dietro versamento di duecento pezze d'argento raccolte tra i cristiani. Libertà brevissima, perché, salito sulla barca per attraversare il fiume, mentre stava per raggiungere l'altra riva si trovò in difficoltà e tese la mano per essere aiutato a scendere a terra. Chi lo soccorse era il segretario del prefetto che lo riconobbe esclamando : « Ho preso un maestro di religione! ». Arrestato e condotto nella prigione di Hanoi (16 nov. 1839), ebbe a subire vari interrogatori e vari inviti ad apostatare e a calpestare la croce; ma, restando fermo nella professione della sua fede, venne condannato alla decapitazione. Approvata dal re, la sentenza fu eseguita il 21 dic. 1839. Fu beatificato il 27 magg. 1900.

Autore: Celestino Testore


PIETRO THI

Nato da umile famiglia cristiana nel 1763 a Ké-So, nella provincia di Hanoi, il Thi era divenuto catechista nel 1796, quindi per la sua ardente carità ed il suo vivo zelo religioso gli era stato consentito d'ascendere al sacerdozio, ricevendo infatti l'ordinazione sacra il 22 marzo 1806. Assegnato dapprima alla cristianità di Song-Chay, venne poi trasferito, nel 1832, a Ké-Song, dove, nonostante le sue malferme condizioni di salute, si adoperò sempre instancabilmente in favore dei fedeli affidati alle sue cure spirituali.
Da sei anni ormai il Thi esercitava il suo ministero sacerdotale a Ké-Song, quando il capo di quel villaggio, il pagano Phap, che sino allora non aveva molestato in alcun modo i cristiani locali, pensò bene di farlo arrestare, più per cupidigia di denaro che in odio alla religione cattolica; venuto infatti a sapere, il 10 nov. 1839, che un altro sacerdote, Andrea Dung detto anche Lac, si era recato dal Thi per confessarsi, ordinò che venissero entrambi catturati nella segreta speranza di ottenere dai cristiani del paese una forte somma di denaro, in cambio della libertà dei due ministri di Dio. Essendo stata però versata solo metà della somma richiesta, fu liberato soltanto il Dung, che si era incaricato di andare a reperire il resto, ma l'improvvisa notizia della sua cattura da parte del mandarino sottoprefetto della provincia spaventò talmente il Phap, il quale, temendo di vedere smascherata la sua venalità, ordinò l'immediato invio del vecchio Thi a Binh-Luc, dov'era stato intanto portato Andrea Dung. Quivi furono ambedue ripetutamente interrogati dal mandarino locale e istigati insistentemente ad apostatare calpestando la croce, proposta che entrambi respinsero con orrore, dichiarando di preferire senz'altro la morte. Condotti infatti ad Hanoi, furono chiusi in carcere in attesa della sentenza reale recante la loro condanna alla decapitazione, che, giunta il 21 dic. 1839, venne eseguita quel giorno stesso. Il corpo del Thi potè essere ricuperato, e portato a seppellire nel suo paese natale di Ké-So.
Il missionario francese Jeantet, che aveva conosciuto personalmente il martire nel 1835 a Ké-Song, così scriveva di lui in una lettera del 13 apr. 1840 al Girod, vicario generale della diocesi di Saint-Claude: « La grazia ha trionfato su tutte le debolezze umane e ha dato al suo carattere docile una forza che non era nella sua natura ». (cf. An-nales de la Propagation de la Foi, XIV [1842], pp. 409-426). Beatificato da Leone XIII il 27 magg. 1900, il Thi viene commemorato il 21 dicembre.



Stellina788
00lunedì 21 dicembre 2009 10:34

Beato Daniele dell'Annunziata Mercedario

21 dicembre

Mercedario del convento di Santa Maria della Pace in Napoli, il Beato Daniele dell'Annunziata, non fece altro che seguire Cristo Signore. Strenuo difensore della libertà della Chiesa e dell'immunità dell'Ordine, famoso per la santità, la dottrina e le opere sante morì nel bacio del Signore.
L'Ordine lo festeggia il 21 dicembre.


Stellina788
00lunedì 21 dicembre 2009 10:35

Beato Domenico Spadafora da Randazzo Domenicano

21 dicembre

Randazzo, 1450 - Monte Cerignone, 21 dicembre 1521

Nasce a Randazzo, in Sicilia, nel 1450 dalla nobile famiglia Spadafora, oriunda di Costantinopoli, così chiamata perché aveva la dignità di portare la spada sguainata davanti all'imperatore. Domenico entra nell'Ordine Domenicano, nel convento di Santa Zita a Palermo. Inviato a Padova per gli studi, conseguito il dottorato, torna in Sicilia. Frattanto gli abitanti di Monte Cerignone, nello Stato di Urbino, avendo in grande venerazione una cappelletta con una miracolosa immagine della Madonna e desiderando innalzarle una chiesa con religiosi che si dedicassero alla cura spirituale della popolazione, pensano ai Domenicani. Per la nuova fondazione viene scelto Domenico. Nel 1491 sorgono così la chiesa e il convento che il religioso guiderà fino alla morte, il 21 dicembre 1521. (Avvenire)

Martirologio Romano: A Montecerignone nelle Marche, beato Domenico Spadafora, sacerdote dell’Ordine dei Predicatori, che si adoperò attivamente nel ministero della predicazione.


Domenico Spadafora, nacque a Randazzo nel 1450, dalla nobilissima e antichissima famiglia Spadafora, oriunda di Costantinopoli, così chiamata perché aveva la dignità di portare la spada sguainata davanti all’Imperatore. Domenico, disprezzata ogni umana grandezza, deciso ad onorare e servire il Signore dei Signori entrò nell’Ordine Domenicano, nel fiorentissimo Convento di Santa Zita a Palermo, fondato da Pietro Geremia. Inviato allo Studio di Padova per compiervi gli studi, se mirabili furono i suoi progressi nella scienza, più mirabili furono quelli nell’acquisto delle solide virtù. Conseguito il dottorato, e tornato in Patria, la sua santità e il suo sapere non poterono restare nascosti e il Maestro Generale lo chiamò accanto a sé come suo Socio. Frattanto gli abitanti di Monte Cerignone, nello Stato di Urbino, avendo in grande venerazione in una cappelletta una miracolosa immagine della Madonna, e desiderando innalzarle una chiesa con religiosi che la ufficiassero e si dedicassero alla cura spirituale delle popolazioni circostanti, pensarono ai Domenicani. Si rivolsero perciò al Maestro Generale per ottenere dei padri che iniziassero l’opera si vantaggiosa alle anime per la gloria della Vergine, a cui l’Ordine professa speciale devozione. La loro richiesta fu accolta, e per la nuova fondazione fu scelto Domenico. Nel 1491 sorsero così la chiesa e il Convento di cui egli fu guida sapiente fino alla morte. Nella fervente comunità fiorirono le leggi e lo spirito dell’Ordine, con immensa edificazione dei popoli circostanti. Da tutto il Montefeltro si ricorreva a Domenico come a un santo, e come tale fu venerato dopo morte, avvenuta il 21 dicembre 1521. Sepolto nella chiesa conventuale, il suo corpo, nel 1545, è stato trovato incorrotto. Dal 1677 è venerato nella chiesa di Santa Maria in Reclauso a Monte Cerignone. Papa Benedetto XV il 12 gennaio 1912 ha confermato il culto. Se ne fa memoria oggi anniversario della traslazione delle reliquie avvenuta nel 1677.



Stellina788
00lunedì 21 dicembre 2009 10:36

San Giacomo da Valenza Martire mercedario

21 dicembre

+ Algeri, 1362

Nato a Valenza in Spagna, San Giacomo, all'età di 27 anni entrò nel convento mercedario di El Puig dove prese l'abito dell'Ordine.Molto amico dei poveri, condusse una vita tutta crocifissa nella pratica di rigide austerità che tutti i religiosi l'ammiravano. Nell'anno 1362 trovandosi ad Algeri in Africa per redimere schiavi, fu preso dai giudei mentre predicava Cristo nella sinagoga, in odio della sua fede fu ucciso con bastoni e pietre e glorioso raggiunse il coro dei martiri.
L'Ordine lo festeggia il 21 dicembre.



Stellina788
00lunedì 21 dicembre 2009 10:37

San Glicerio di Nicomedia Martire

21 dicembre

Emblema: Palma


La fonte alla quale si è certamente attinto per introdurre nei sinassari bizantini al 30 settembre, al 3 e al 10 dicembre la commemorazione di un gruppo piú o meno identico di martiri di Nicomedia, tra i quali compare ogni volta Glicerio, che la notizia del 10 dicembre qualifica come prete, deve ricercarsi nella passio greca di Indcs e Domna (v.).
Glicerio avrebbe tenuto testa all'imperatore Massimiano assicurandolo dell'imperturbabilc coraggio dei cristiani malgrado le minaccc. Ciò sarebbe stato sufficiente perché egli fosse flagellato con nerbi di bue e condannato alla decapitazione. Ma poiché la passio citata è piuttosto sospetta dal punto di vista storico, è difficile accettare senza discriminazioni ogni particolare del racconto.
Si tratta, in ogni caso dello stesso personaggio che il Baronio ha introdotto singolarmente nel Martirologio Romano fissandone arbitrariamente la data di commemorazione al 21 dicembre, e disperdendo gli altri componenti del gruppo in date diverse. Il Baronio però non s'avvide che aveva già ricordato Glicerio nella forma Clero (v.) al 17 gennaio.
Nel Martirologio Geronimiano il nome di Glicerio ritorna piú volte (però sotto forme diverse), al 7, al 13, al 15 gennaio e all'11 luglio, ma si tratta di un martire di Antiochia.
Queste commemorazioni vanno messe in relazione con la notizia del Martirologio Siriaco del IV sec. che, al 14 kanun II ( = gennaio), commemora a Nicomedia un Glicerio non piú prete, ma solo diacono. La difficoltà appare piú grave quando in questa stessa ultima fonte all'8 haziran (giugno) compare, con i due compagni Sosistrato ed Esperio (v.), un martire Glicerio morto annegato ad Antiochia durante una persecuzione precedente a quella di Diocleziano.
Grazie all'appoggio indiretto del Geronimiano si sarebbe tentati di pensare che la località di Antiochia si adatti solo a Sosistrato e ad Esperio, mentre il nome di Glicerio altro non sia che una corruzione di Gliceria, martire di Eraclea, la cui memoria, nel Geronimiano, unita a quella degli altri due, cade l'8 luglio (si deve tener conto, d'altra parte che la commemorazione del Martirologio Siriaco all'8 giugno è stata causata dall'errore di un mese come, d'altronde, per altre commemorazioni dello stesso mese).
In conclusione si può ammettere che Glicerio fosse un autentico martire di Antiochia del quale non si sapeva niente, o quasi, il cui culto si era esteso uno a Nicomedia, e che l'autore della passio romanzata di Indes e Domna l'abbia introdotto nella storia delle sue eroine.



Stellina788
00lunedì 21 dicembre 2009 10:38

San Michea Profeta

21 dicembre

VIII secolo a.C.

Il santo profeta Michea, al tempo di Gionatam, Acaz ed Ezechia, re di Giuda, con la sua predicazione difese gli oppressi, condannò gli idoli e le ingiustizie sociali e annunziò che dal popolo eletto sarebbe nato in Betlemme di Giuda un dominatore, promesso fin dai più remoti giorni dell’ antichità, che avrebbe pascolato Israele con la forza del Signore.

Martirologio Romano: Commemorazione di san Michea, profeta, che al tempo di Iotam, Acaz ed Ezechia, re di Giuda, con la sua predicazione difese gli oppressi, condannò gli idoli e le ingiustizie e preannunciò al popolo eletto che sarebbe nato in Betlemme di Giuda il re promesso fin dai giorni più remoti, per pascolare Israele con la forza del Signore.


Nel pieno della Novena di Natale, il 21 dicembre, il nuovo Martyrologium Romanum pone la “memoria del santo profeta Michea”, annoverato tra i profeti minori dell’Antico Testamento per la brevità dei suoi scritti, ma non per la secondarietà del suo messaggio, e dunque non meno importante al cospetto di Dio.
Michea nacque nel villaggio agricolo di Moreset, a non molti chilometri da Gerusalemme, ed il suo nome in ebraico era in realtà una domanda retorica, al tempo stesso professione di fede: “Chi è come il Signore?”. Michea quindi non fu altro che un contadino prestato alla profezia. Visse al tempo del grande profeta Isaia, di cui forse fu anche discepolo, in quanto in una sua pagina (4,1-3) citò uno splendido inno a Sion, città di pace, già presente nel libro del suo presunto grande maestro (Is 2,2-5).
L’iconografia relativa a Michea, come già era accaduto per il profeta contadino Amos, presenta immagini rudi e vigorose, che colpiscono con sdegno quasi nauseante lo sfruttamento e i soprusi verso la gente dei campi.Egli alzò la voce anche contro i falsi profeti, accomunandoli alle dominanti classi corrotte: “Sono avidi di campi e li usurpano, di case e se le prendono... Divorano la carne del mio popolo, gli strappano la pelle di dosso, ne rompono le ossa e lo fanno a pezzi come carne in una pentola, come lesso in una caldaia. […] I loro profeti fanno traviare il mio popolo, annunziano la pace solo se hanno qualcosa da mordere sotto i denti; ma a chi non mette loro niente in bocca dichiarano la guerra” (2,2; 3,3.5). Diviene inevitabile perciò l’ingresso in scena del Signore della giustizia, ad emettere un suo giudizio contro questi lugubri individui.Già Dio era comparso all’orizzonte di Samaria, capitale del regno settentrionale di Israele, città affatto non esente da vergogne ed ingiustizie, a suo tempo denunziate appunto da Amos.
Michea raccontò invece il crollo di quella elegante e gaudente città sotto le armate del re assiro Sargon II nel 721 a.C.: “Ridurrà Samaria a un mucchio di rovine in un campo, rotolerà le sue pietre nella valle, frantumerò tutte le sue statue e dei suoi idoli farò scempio” (1,6-7). Anche a Gerusalemme il Signore riservò poi una sorte medesima: “Sion sarà arata come un campo e Gerusalemme diverrà un mucchio di rovine, il monte del tempio un’altura selvosa” (3,12).Questo triste destino non è però evitabile esclusivamente con riti e preghiere, ma queste devono essere accompagnate da una vita coerente, cioè dalla giustizia: “Con che cosa mi presenterà al Signore? Mi presenterà a lui con olocausti e con vitelli di un anno? Gradirà il Signore migliaia di montoni e torrenti di olio a miriadi? Uomo, ti è stato insegnato ciò che è buono e ciò che richiede da te il Signore: praticarela giustizia, amare la pietà, camminare umilmente con il tuo Dio” (6,6-8).Il cristianesimo ha però voluto porre l’accento in particolare su un passo degli scritti di Michea: “E tu, Betlemme di Efrata, così piccola per essere fra i capoluoghi di Giuda, da te mi uscirà colui che deve essere il dominatore in Israele... Dio li metterà in potere altrui fino a quando colei che deve partorire partorirà... Egli starà là e pascerà con la forza e la maestà del Signore” (5,1-3). Questo annunzio messianico risuonò ancora ben sette secoli dopo, illuminato da un nuovo evento, all’interno del palazzo del perverso re Erode (Mt 2,6). Da allora fortunatamente risuonarono però anche per tutti i giusti come messaggio di speranza e di gioia, annunciando l’avvenuta nascita a Betlemme di Giuda di un dominatore, promesso sin dall’antichità, che avrebbe pascolato Israele e non solo con la forza del Signore.



Stellina788
00lunedì 21 dicembre 2009 10:38

San Pietro Canisio Sacerdote e dottore della Chiesa

21 dicembre - Memoria Facoltativa

Nimega, 1521 - Friburgo, Svizzera, 21 dicembre 1597

Pietro Kanijs (Canisio, nella forma latinizzata) nasce a Nimega, in Olanda, nel 1521. È friglio del borgomastro della città, ha perciò la possibilità di studiare diritto canonico a Lovanio e diritto civile a Colonia. In questa città ama trascorrere il tempo libero nel monastero dei certosini e la lettura del breve opuscolo degli Esercizi spirituali che Sant'Ignazio ha scritto da poco determina la svolta decisiva della sua vita: compiuta la pia pratica a Magonza sotto la direzione di padre Faber, entra nella Compagnia di Gesù ed è l'ottavo gesuita a emettere i voti solenni. A lui si deve la pubblicazione delle opere di San Cirillo di Alessandria, di San Leone Magno, di San Girolamo e di Osio di Cordova. Prende parte attiva al concilio di Trento, come teologo del cardinale Truchsess e consigliere del papa. Sant'Ignazio lo chiama in Italia, mandandolo dapprima in Sicilia, poi a Bologna, per rimandarlo quindi in Germania, dove resta per trent'anni, in qualità di superiore provinciale. Pio V gli offrì il cardinalato, ma Pietro Canisio pregò il papa di lasciarlo al suo umile servizio della comunità. Morì a Friburgo, in Svizzera, il 21 dicembre 1597. (Avvenire)

Etimologia: Pietro = pietra, sasso squadrato, dal latino

Martirologio Romano: San Pietro Canisio, sacerdote della Compagnia di Gesù e dottore della Chiesa, che, mandato in Germania, si adoperò strenuamente per molti anni nel difendere e rafforzare la fede cattolica con la predicazione e con i suoi scritti, tra i quali il celebre Catechismo. A Friburgo in Svizzera prese infine riposo dalle sue fatiche.

Ascolta da RadioVaticana:
  

L'appellativo coniato per questo santo: "martello degli eretici", è del tutto improprio. Semmai S. Pietro Kanijs (nato a Nimega, Olanda, nel 1521) può essere definito un ferro posto tra l'incudine e il martello, cioè bersaglio della irritazione che la sua chiara predicazione suscitava negli ambienti protestanti, e della malevolenza che l'invidia gli procurava tra i suoi stessi compagni di religione. Figlio del borgomastro di Nimega, Pietro Kanijs, latinamente Canisius, ebbe la possibilità di frequentare ottime scuole, diritto canonico a Lovanio e diritto civile a Colonia.
In questa città amava trascorrere il tempo libero nel monastero dei certosini. Nessuno sospettava che il giovane avvocato, al quale il padre aveva assicurato un buon avvio nella professione, sotto le ricche vesti portasse il cilicio. La lettura del breve opuscolo degli Esercizi spirituali che S. Ignazio aveva scritto da poco determinò la svolta decisiva della sua vita: compiuta la pia pratica a Magonza sotto la direzione di padre Faber, entrò nella Compagnia di Gesù e fu l'ottavo gesuita ad emettere i voti solenni. Nel giovane Ordine ebbe modo di coltivare i suoi studi preferiti e il suo amore per l'erudizione; a lui si deve la pubblicazione delle opere di S. Cirillo di Alessandria, di S. Leone Magno, di S. Girolamo e di Osio di Cordova.
Vissuto in pieno clima di riforma e controriforma, prese parte attiva al concilio di Trento, come teologo del cardinale Truchsess e consigliere del papa. Si distinse per la profondità della sua cultura teologica, per il suo zelo e l'operosità, ma anche per lo spirito irenico, conciliativo. S. Ignazio lo chiamò in Italia, mandandolo dapprima in Sicilia a fondarvi il primo dei rinomati collegi, poi a Bologna ad insegnare teologia, per rimandarlo quindi in Germania, dove per trent'anni, in qualità di superiore provinciale, trasfuse le sue migliori energie, in un'epoca tanto difficile per la scissione operata dalla riforma protestante. Ebbe l'appellativo, meritato, di secondo apostolo della Germania (il primo è S. Bonifacio).
Come scrittore non badò soltanto alle opere di erudizione, ma anche e soprattutto a quelle catechetiche, adattando l'insegnamento alle capacità dei piccoli e dei grandi. S. Pio V gli offrì il cardinalato, ma Pietro Canisio pregò il papa di lasciarlo al suo umile servizio della comunità, impiegando il tempo nella preghiera e nella penitenza. Morì a Friburgo, in Svizzera, il 21 dicembre 1597. Ebbe gli onori degli altari e il titolo di dottore della Chiesa nel 1925.

Stellina788
00lunedì 21 dicembre 2009 10:39

Beato Pietro Friedhofen Religioso e fondatore

21 dicembre

Weitersburg, Coblenza, 25 febbraio 1819 – Coblenza, 21 dicembre 1860

Era spazzacamino dall’età di 15 anni, l’orfano Peter Friedhofen e, alla morte del fratello, mantenne la vedova con 11 figli. Come tutti gli artigiani girovagò per la Germania. Fondò opere per poveri e malati. E nel 1850 i Fratelli della Misericordia di Maria Ausiliatrice. Morì a Coblenza nel 1860 a 41 anni. È beato dal 1985. (Avvenire)

Martirologio Romano: A Coblenza nella Renania in Germania, beato Pietro Friedhofen, religioso, che, dapprima spazzacamino, fondò poi la Congregazione dei Frati della Misericordia di Maria Ausiliatrice, per la quale dovette sopportare con mitezza e serenità d’animo derisioni e molestie.


Se non esiste un patrono degli spazzacamini, il beato Pietro Friedhofen potrebbe senz’altro esserlo nominato, nonostante che sia stato anche e soprattutto un Fondatore di Congregazione religiosa.
Pietro nacque a Weitersburg presso Vallendar (Coblenza) in Germania, il 25 febbraio 1819, sesto dei sette figli di Pietro Friedhofen ed Anna Maria Klug.
Aveva appena un anno quando morì il padre e a nove anni rimase orfano anche della madre; i figli rimasero in uno stato di totale abbandono e povertà, tanto che il Comune di Vallendar si dovette assumere l’onere della loro assistenza.
Una buona donna del paese, si prese cura dei tre più piccoli, la povertà non permise a Pietro nemmeno una frequenza costante della scuola elementare. Giunto ai tredici anni, dopo aver ricevuto la Prima Comunione, raggiunse ad Ahrweiler il fratello più grande Giacobbe, spazzacamino della città, per apprendere anche lui questo mestiere faticoso ma necessario, e a 18 anni divenne spazzacamino e grazie alla sua serietà e competenza, nel 1842 a 23 anni, fu assunto dal Comune di Vallendar come maestro spazzacamino.
Colpito dall’indifferenza religiosa dei giovani del paese, cominciò a raccogliere in gruppi distinti, ragazzi e ragazze; risvegliò le associazioni di S. Luigi, istituendone di nuove e scrivendone gli Statuti.
Cantava sui tetti canzoni mariane e invitava i ragazzi che si adunavano nella strada, ad unirsi a lui almeno per il ritornello. Nell’impiego di spazzacamino, poté rimanere solo un triennio, perché una lunga malattia di petto, gli rese impossibile continuare.
A 26 anni nel 1845 fu ospite per un breve periodo, nel noviziato dei Redentoristi a Wittem in Olanda; fu molto colpito dal fervore che lì si viveva e si accese in lui l’amore del chiostro; forse sarebbe rimasto a Wittem, ma il 27 ottobre del 1845 morì suo fratello Giacobbe, lasciando dieci figli e la moglie incinta.
Non si sentì di abbandonarli alla miseria, e pur essendo ormai licenziato perché dimissionario, si fece assumere dal Comune di Ahrweiler come spazzacamino al posto del fratello defunto, nonostante la sua malattia.
Pietro Friedhofen continuò a promuovere tra i giovani un’assidua frequenza ai sacramenti, giungendo a fondare per questo scopo un’associazione intitolata a S. Luigi Gonzaga. Il vescovo di Treviri lo ricevé il 2 luglio 1847 insieme ad una delegazione e approvò la regola di vita, da lui stesso scritta.
Intanto incontrò il sacerdote Antonio Liehs, segretario del vescovo, che divenne suo direttore spirituale, e suo tramite, pei rapporti con il vescovo. Cercò nel 1848, dopo aver ottenuto in dono un terreno a Weitersburg, di costruire una Casa per realizzare il proprio desiderio religioso, nell’assistenza agli ammalati.
Il vescovo di Treviri, Guglielmo Arnoldi, che ormai lo conosceva, credette che Pietro fosse la persona adatta per restaurare l’Ordine dei Celliti, religiosi infermieri, detti anche ‘Fratelli della Misericordia’; mandandolo insieme al suo compagno Carlo Marchand, a fare un anno di noviziato presso i Celliti di Aquisgrana, per apprendere il loro stile di vita religiosa e come assistere gli ammalati.
I Celliti, chiamati così in riferimento alle celle dei loro conventi; sorsero nel XIV secolo in Fiandra, come Ordine religioso di fratelli laici, dediti ad opere di carità, segnalandosi specie al tempo della peste nera. Nel XVII secolo presero il loro nome definitivo di ‘Alessiani’, dal titolare della chiesa principale di Aquisgrana, s. Alessio; nel XVIII secolo l’Ordine decadde, finché fu riformato in Germania nel 1854 e riconosciuto da papa Pio IX nel 1870.
Ma l’esperienza ad Aquisgrana non fu convincente per Pietro, perché egli voleva “nuovo fuoco, nuovo spirito, nuovo impulso… voglio assistere i malati e questo mi deve servire per unirmi più intimamente a Gesù Cristo e convertire i peccatori più ostinati”.
Alla fine il vescovo di Treviri si convinse che l’Istituto dei Celliti (decaduto come detto in coincidenza con l’invasione napoleonica), non era il posto adatto per lui. Il 16 novembre 1850 compiuto il noviziato, poté inaugurare il convento di Weitersburg del suo nuovo Ordine dei “Fratelli della Misericordia di Maria Ausiliatrice”.
Ma la sua gioia di trovarsi nella sua Casa “povera ma pulita”, durò poco; perché il suo compagno Carlo Marchand, cominciò a protestare, perché Pietro non aveva l’istruzione necessaria per un superiore, quindi occorreva far venire da Aquisgrana un’altro Fratello che ne prendesse il posto.
Il 15 febbario 1851 Pietro trasferì la sua sede a Coblenza; gli inizi furono aspri, ma trovò nel parroco De Lorenzi, una generosa, valida, assistenza spirituale ed economica, per sé e per l’Opera che andava prendendo forma. Il 25 marzo 1851 ricevette l’abito e finalmente il 28 febbraio 1852 il vescovo di Treviri Arnoldi, decretò l’erezione canonica della nuova Istituzione dei “Fratelli della Misericordia di Maria Ausiliatrice”; l’abito doveva essere quello dei Fratelli della Misericordia di Aquisgrana; autorizzò l’emissione dei voti di Pietro e di un compagno, assegnò ai membri una regola di vita, stabilì il loro fine nell’assistenza ai malati, nominando il già citato parroco di Coblenza, Filippo De Lorenzi, loro superiore ecclesiastico.
Con l’aiuto del De Lorenzi, partendo dalla Regola dei Celliti, Pietro Friedhofen compose la Regola della nuova Congregazione; il numero dei Fratelli si moltiplicò in breve tempo, come pure il numero degli assistiti in ospedale e a domicilio. Ancora vivente il fondatore, l’Istituto si diffuse oltre che a Coblenza, a Treviri, Kylburg, Lussemburgo e poi in America, Asia, Africa e Roma.
Pietro fu dal 14 marzo 1852 ‘superiore’ dei Fratelli e in tale qualità rimase fino alla morte. Le condizioni di salute di Fratel Pietro, però non erano buone, fin dal 1843 soffriva per una grave forma di malattia polmonare e dal 1857 ogni inverno non riusciva più a visitare i fratelli residenti fuori Coblenza, per questo dovette scrivere sette Lettere Circolari, che abbinate ad un Testamento Spirituale, egli cercò di trasfondere con questi scritti nei Fratelli, il suo spirito contemplativo, perché era convinto che non si possa compiere un efficace apostolato senza santità.
Nelle prime ore del 21 dicembre 1860 si spense santamente a Coblenza; una grande folla partecipò ai suoi funerali: l’imperatrice Augusta fece sistemare sulla tomba dell’ex umile spazzacamino, una grande croce di pietra.
Il 27 luglio 1928 i suoi resti furono traslati a Treviri, nella Cappella di Maria Ausiliatrice; fu beatificato da papa Giovanni Paolo II il 23 giugno 1985.



Stellina788
00lunedì 21 dicembre 2009 10:40

San Temistocle di Licia Martire

21 dicembre

Patronato: Pastori

Etimologia: Temistocle = glorioso per la giustizia, dal greco

Emblema: Palma

Martirologio Romano: In Licia, nell’odierna Turchia, san Temistocle, martire, che si racconta si sia offerto, sotto l’imperatore Decio, al posto di san Dioscoro, ricercato per essere messo a morte, e, torturato sul cavalletto, trascinato per le vie e fustigato, abbia conseguito la corona del martirio.


La passio cioè la vita del Santo è tuttora conservata in greco e fino ad oggi è inedita, il martirio ci è noto soltanto grazie alla notizia che gli dedicano i Sinassari bizantini al 21 dicembre.
Temistocle era originario di Mira in Licia, al tempo dell’imperatore romano Decio (249-251), si era scatenata la persecuzione contro i cristiani e il Prefetto o Governatore della Provincia, eseguendo i decreti imperiali, fece ricercare il noto cristiano Dioscoride che si nascondeva su di un monte, precisamente nelle vicinanze del luogo ove Temistocle, che era pastore, pascolava le sue pecore.
Gli inviati del Governatore, incontratolo, lo interrogarono a proposito del fuggiasco, ma Temistocle rifiutò di denunciarlo e inattesamente si dichiarò egli stesso cristiano. Subito arrestato fù portato alla presenza del governatore Asclepio, che lo interrogò e avuta la conferma della sua fede lo condannò a morte, che avvenne tra molti e successivi tormenti.
Il culto di Temistocle sembra non abbia superato le frontiere della Chiesa bizantina, e quando fù riformato il Martirologio Romano da Cesare Baronio nel 1588-1607 non essendoci notizie in merito (come si è detto è tutto conservato in greco) non fù inserito nell’elenco dei martiri conosciuti.



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