21 gennaio

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scri789
00venerdì 21 gennaio 2011 14:01

Sant' Agnese Vergine e martire

21 gennaio

Roma, fine sec. III, o inizio IV

Agnese nacque a Roma da genitori cristiani, di una illustre famiglia patrizia, nel III secolo. Quando era ancora dodicenne, scoppiò una persecuzione e molti furono i fedeli che s'abbandonavano alla defezione. Agnese, che aveva deciso di offrire al Signore la sua verginità, fu denunciata come cristiana dal figlio del prefetto di Roma, invaghitosi di lei ma respinto. Fu esposta nuda al Circo Agonale, nei pressi dell'attuale piazza Navona. Un uomo che cercò di avvicinarla cadde morto prima di poterla sfiorare e altrettanto miracolosamente risorse per intercessione della santa. Gettata nel fuoco, questo si estinse per le sue orazioni, fu allora trafitta con colpo di spada alla gola, nel modo con cui si uccidevano gli agnelli. Per questo nell'iconografia è raffigurata spesso con una pecorella o un agnello, simboli del candore e del sacrificio. La data della morte non è certa, qualcuno la colloca tra il 249 e il 251 durante la persecuzione voluta dall'imperatore Decio, altri nel 304 durante la persecuzione di Diocleziano. (Avvenire)

Patronato: Ragazze

Etimologia: Agnese = pura, casta, dal greco

Emblema: Agnello, Giglio, Palma

Martirologio Romano: Memoria di sant’Agnese, vergine e martire, che, ancora fanciulla, diede a Roma la suprema testimonianza di fede e consacrò con il martirio la fama della sua castità; vinse, così, sia la sua tenera età che il tiranno, acquisendo una vastissima ammirazione presso le genti e ottenendo presso Dio una gloria ancor più grande; in questo giorno si celebra la deposizione del suo corpo.

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In data odierna, 21 gennaio, il Calendario liturgico romano fa memoria della santa vergine Agnese, la cui antichità del culto presso la Chiesa latina è attestata dalla presenza del suo nome nel Canone Romano (odierna Preghiere Eucaristica I), accanto a quelli di altre celebri martiri: Lucia, Cecilia, Agata, Anastasia, Perpetua e Felicita.
Nulla sappiamo della famiglia di origine di Sant’Agnese, popolare martire romana. La parola “Agnese”, traduzione dell’aggettivo greco “pura” o “casta”, fu usato forse simbolicamente come soprannome per esplicare le sue qualità. Visse in un periodo in cui era illecito professare pubblicamente la fede cristiana. Secondo il parere di alcuni storici Agnese avrebbe versato il sangue il 21 gennaio di un anno imprecisato, durante la persecuzione di Valeriano (258-260), ma secondo altri, con ogni probabilità ciò sarebbe avvenuto durante la persecuzione dioclezianea nel 304. Durante la persecuzione perpetrata dall’imperatore Diocleziano, infatti, i cristiani furono uccisi così in gran numero tanto da meritare a tale periodo l’appellativo di “era dei martiri” e subirono ogni sorta di tortura.
Anche alla piccola Agnese toccò subire subire una delle tante atroci pene escogitate dai persecutori. La sua leggendaria Passio, falsamente attribuita al milanese Sant’Ambrogio, essendo posteriore al secolo V ha perciò scarsa autorità storica. Della santa vergine si trovano notizie, seppure vaghe e discordanti, nella “Depositio Martyrum” del 336, più antico calendario della Chiesa romana, nel martirologio cartaginese del VI secolo, in “De Virginibus” di Sant’Ambrogio del 377, nell’ode 14 del “Peristefhanòn” del poeta spagnolo Prudenzio ed infine in un carme del papa San Damaso, ancora oggi conservato nella lapide originale murata nella basilica romana di Sant’Agnese fuori le mura. Dall’insieme di tutti questi numerosi dati si può ricavare che Agnese fu messa a morte per la sua forte fede ed il suo innato pudore all’età di tredici anni, forse per decapitazione come asseriscono Ambrogio e Prudenzio, oppure mediante fuoco, secondo San Damaso. L’inno ambrosiano “Agnes beatae virginia” pone in rilievo la cura prestata dalla santa nel coprire il suo verginale corpo con le vesti ed il candido viso con la mano mentre si accasciava al suolo, mentre invece la tradizione riportata da Damaso vuole che ella si sia coperta con le sue abbondanti chiome. Il martirio di Sant’Agnese è inoltre correlato al suo proposito di verginità. La Passione e Prudenzio soggiungono l’episodio dell’esposizione della ragazza per ordine del giudice in un postribolo, da cui uscì miracolosamente incontaminata.
Assai articolata è anche la storia delle reliquie della piccola martire: il suo corpo venne inumato nella galleria di un cimitero cristiano sulla sinistra della via Nomentana. In seguito sulla sua tomba Costantina, figlia di Costantino il Grande, fece edificare una piccola basilica in ringraziamento per la sua guarigione ed alla sua morte volle essere sepolta nei pressi della tomba. Accanto alla basilica sorse uno dei primi monasteri romani di vergini consacrate e fu ripetutamente rinnovata ed ampliata. L’adiacente cimitero fu scoperto ed esplorato metodicamente a partire dal 1865. Il cranio della santa martire fu posto dal secolo IX nel “Sancta Sanctorum”, la cappella papale del Laterano, per essere poi traslato da papa Leone XIII nella chiesa di Sant’Agnese in Agone, che sorge sul luogo presunto del postribolo ove fu esposta. Tutto il resto del suo corpo riposa invece nella basilica di Sant’Agnese fuori le mura in un’urna d’argento commissionata da Paolo V.
Sant’Ambrogio, vescovo di Milano, nella suddetta opera “De Virginibus” scrisse al riguardo della festa della santa: “Quest'oggi è il natale di una vergine, imitiamone la purezza. E’ il natale di una martire, immoliamo delle vittime. E’ il natale di Sant’Agnese, ammirino gli uomini, non disperino i piccoli, stupiscano le maritate, l'imitino le nubili... La sua consacrazione è superiore all’età, la sua virtù superiore alla natura: così che il suo nome mi sembra non esserle venuto da scelta umana, ma essere predizione del martirio, un annunzio di ciò ch'ella doveva essere. Il nome stesso di questa vergine indica purezza. La chiamerò martire: ho detto abbastanza... Si narra che avesse tredici anni allorché soffrì il martirio. La crudeltà fu tanto più detestabile in quanto che non si risparmiò neppure sì tenera età; o piuttosto fu grande la potenza della fede, che trova testimonianza anche in siffatta età. C’era forse posto a ferita in quel corpicciolo? Ma ella che non aveva dove ricevere il ferro, ebbe di che vincere il ferro. […] Eccola intrepida fra le mani sanguinarie dei carnefici, eccola immobile fra gli strappi violenti di catene stridenti, eccola offrire tutto il suo corpo alla spada del furibondo soldato, ancora ignara di ciò che sia morire, ma pronta, s’è trascinata contro voglia agli altari idolatri, a tendere, tra le fiamme, le mani a Cristo, e a formare sullo stesso rogo sacrilego il segno che è il trofeo del vittorioso Signore... Non così sollecita va a nozze una sposa, come questa vergine lieta della sua sorte, affrettò il passo al luogo del supplizio. Mentre tutti piangevano, lei sola non piangeva. Molti si meravigliavano che con tanta facilità donasse prodiga, come se già fosse morta, una vita che non aveva ancora gustata. Erano tutti stupiti che già rendesse testimonianza alla divinità lei che per l'età non poteva ancora disporre di sé... Quante domande la sollecitarono per sposa! Ma ella diceva: "È fare ingiuria allo sposo desiderare di piacere ad altri. Mi avrà chi per primo mi ha scelta: perché tardi, o carnefice? Perisca questo corpo che può essere bramato da occhi che non voglio". Si presentò, pregò, piegò la testa... Ecco pertanto in una sola vittima un doppio martirio, di purezza e di religione. Ed ella rimase vergine e ottenne il martirio”. (tratto da De Virginibus, 1. 1)


ORAZIONE DAL MESSALE
Dio onnipotente ed eterno,
che scegli le creature miti e deboli per confondere le potenze del mondo,
concedi a noi, che celebriamo la nascita al cielo di sant'Agnese vergine e martire,
di imitare la sua eroica costanza nella fede.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con Te, nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli. Amen.

TRIDUO A SANT’AGNESE
1. O singolare esempio di virtù, gloriosa Santa Agnese, per quella viva fede da cui fosti animata fin dalla più tenera età e che ti rese così accetta a Dio da meritare la corona del martirio, ottienici la grazia di conservare intatta la fede e di professarci sinceramente cristiani non a parole, ma con le opere, affinché confessando Gesù innanzi agli uomini, Gesù faccia di noi favorevole testimonianza innanzi all'eterno Padre.
- Gloria al Padre
2. O Santa Agnese, martire invitta, per quella ferma speranza che avesti nell'aiuto divino, quando condannata dall'empio preside romano a veder macchiato il giglio della tua purezza, non ti sgomentasti poiché eri fermamente abbandonata alla volontà di quel Dio che manda i suoi Angeli per proteggere quelli che in Lui confidano, con la tua intercessione ottienici da Dio la grazia di custodire gelosamente la purezza affinché ai peccati commessi non aggiungiamo quello abominevole della diffidenza nella Misericordia divina.
- Gloria al Padre
3. O Vergine forte, purissima Santa Agnese, per la carità ardente non offesa dalle fiamme della voluttà e del rogo con cui i nemici di Cristo cercavano di perderti, ottienici da Dio che si estingua in noi ogni fiamma non pura e arda soltanto il fuoco che Gesù Cristo venne ad accendere sopra la terra affinché, dopo aver vissuto con purezza, possiamo essere ammessi alla gloria che meritasti con la tua purezza e con il martirio.
- Gloria al Padre

PREGHIERA A SANT’AGNESE
O ammirabile Sant'Agnese,
quale grande esultanza provasti quando alla tenerissima età di tredici anni,
condannata da Aspasio ad essere bruciata viva,
vedesti le fiamme dividersi intorno a te,
lasciarti illesa ed avventarsi invece contro quelli che desideravano la tua morte!
Per la grande gioia spirituale con cui ricevesti il colpo estremo,
esortando tu stessa il carnefice a conficcarti nel petto
la spada che doveva compiere il tuo sacrificio,
ottieni a tutti noi la grazia di sostenere con edificante serenità tutte le persecuzioni
e le croci con cui il Signore volesse provarci
e di crescere sempre più nell'amore a Dio per suggellare con la morte dei giusti
una vita di mortificazione e sacrificio.
Amen.





scri789
00venerdì 21 gennaio 2011 14:01

San Bartolomeo Albano Roe Martire

21 gennaio

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Martirologio Romano: A Londra in Inghilterra, sant’Albano Roe, dell’Ordine di San Benedetto, e beato Tommaso Green, sacerdoti e martiri: sotto il re Carlo I, il primo dopo aver passato diciassette anni in carcere e l’altro quattordici, ormai vecchi, insieme furono sospesi per Cristo al patibolo a Tyburn.


Fu uno dei numerosissimi martiri, ecclesiastici e laici di ogni condizione, dal semplice prete o frate all’alto prelato, come pure dall’umile popolano al facoltoso aristocratico, che patirono per la fede cattolica in Inghilterra nel XVI e XVII secolo, anche se il martirologio inglese non ha certo il suo inizio nella persecuzione scatenata da Enrico VIII nel 1535 con lo scisma d’Inghilterra e conclusasi con la fine del regno di Carlo II nel 1681, ma comincia già al tempo di Diocleziano e si arricchisce durante le invasioni successive degli Anglosassoni e dei Normanni. L’«Atto di supremazia» del 1534 rese definitiva la separazione dell’Inghilterra da Roma; proclamato quindi il re unico capo della Chiesa inglese, venne contemporaneamente sancito che chiunque si fosse rifiutato di riconoscere la sua supremazia spirituale si sarebbe reso colpevole di alto tradimento e come tale sarebbe stato punibile con la morte, cercandosi in tal modo di nascondere il motivo religioso sotto il movente politico. Ebbe così inizio il lungo bagno di sangue dell’Inghilterra cattolica durato quasi un secolo e mezzo, inaugurato con un gruppo di Certosini londinesi il 4 maggio 1535 e nel quale morirono quanti preferirono salire sul patibolo piuttosto che rinnegare la fede dei loro padri e negare obbedienza al pontefice romano. Bartolomeo Albano Roe nacque a Suffolk nel 1585 e fece gli studi a Cambridge. Fu convertito al cattolicesimo dalle risposte di un carcerato cattolico che egli voleva convertire al protestantesimo. Lasciò allora il suolo patrio e si laureò in teologia nel Collegio Inglese di Douai in Francia, che il futuro cardinale Guglielmo Allen aveva fondato nel 1568 appunto per la formazione dei giovani sacerdoti da inviare poi nella loro patria per tentare di convertire nuovamente coloro che avevano abbracciato l’anglicanesimo; per la stessa ragione era stato trasformato in seminario nel 1578 l’antico Collegio Inglese di Roma, auspice sempre l’Allen, e che si meritò il titolo di Seminarium martyrum: tutti sapevano che il ritorno di quei giovani preti in Inghilterra equivaleva a una sentenza di morte. Emessa la professione nel 1612 e ordinato sacerdote, Bartolomeo Roe tornò in patria, ma fu presto arrestato. Dopo cinque anni di carcere venne liberato nel 1623 grazie all’intervento dell’ambasciatore di Spagna, ma fu esiliato. Non si diede per vinto, e dopo appena pochi mesi tornò in Inghilterra. Tradito, fu nuovamente chiuso in carcere, dove esercitò il ministero sacerdotale tra i compagni di sventura. Dopo qualche tempo gli fu concesso il permesso di uscire liberamente dalla prigione, ed egli se ne valse per darsi all’apostolato. Fu scoperto e condannato a morte. Salì sul patibolo il 21 gennaio 1642. Nel monastero di Downside si conserva un panno imbevuto del suo sangue.




scri789
00venerdì 21 gennaio 2011 14:02

Beata Cristiana di Assisi

21 gennaio


Nel Martirologio Francescano la persona di Cristiana è confusa con quella di un'altra damianita, Cristiana di Cristiano di Paride a lei contemporanea, ma forse più giovane. Il testo del processo di canonizzazione di s. Chiara permette di distinguerle. Fra Mariano da Firenze la chiamò Cristina.
Appartenne alla famiglia di uno dei consorti della cattedrale, Suppo di Bernardo, che nel 1165 rese una testimonianza insieme con Offreduccio, nonno di Chiara, con cui Cristiana abitò, in Assisi, nella medesima casa (e ciò indurrebbe a ritenerla parente). Poté narrare de visu et de auditu qualche particolare intorno al desueto uscio della fuga dalla casa paterna (Processo, XIII, 1, p. 482), come pure intorno alla vendita dei beni che la santa non volle dare ai parenti per non defraudare i poveri (ibid., 11, p. 483). Cristiana fu forse la fondatrice del monastero di damianite a Carpello in quel di Foligno (1217); si chiuse in San Damiano nel 1220 e fu presente a varie guarigioni prodigiose operate dalla badessa. Il suo nome figura nel discusso documento del 1238. Nel 1241 per ordine di s. Chiara convocò le monache all'orazione mentre Assisi era assediata da Vitale (Processo, p. 483). Avendo deposto il 24 novembre 1253, si deve assegnare la morte di Cristiana posteriormente a questa data. Il Martirologio Francescano la commemora il 21 gennaio.




scri789
00venerdì 21 gennaio 2011 14:04

Beate Cristina, Maria Maddalena e Maria di Gesù Vergini mercedarie

21 gennaio

Nel monastero mercedario di Vera Cruz in Berriz (Spagna), le Beate Cristina, Maria Maddalena e Maria di Gesù, come le vergini sagge anch’esse con le loro virtù e vita esemplare riempirono le loro lampade e all’arrivo dello Sposo entrarono con lui alle nozze.
L’Ordine le festeggia il 21 gennaio.




scri789
00venerdì 21 gennaio 2011 14:05

Beati Edoardo Stransham e Nicola Wheeler Sacerdoti e martiri

21 gennaio

+ Tyburn, Londra, Inghilterra, 21 gennaio 1586

I sacerdoti inglesi Edward Stransham (nato ad Oxford) e Nicholas Wheeler (nato a Leominster nel 1550 circa) furono decapitati sotto la regina Elisabetta I in quanto cattolici. Furono beatificati rispettivamente nel 1929 e nel 1987.

Martirologio Romano: A Londra in Inghilterra, beati Edoardo Stransham e Nicola Wheeler, sacerdoti e martiri, che, condannati a morte sotto la regina Elisabetta I per il loro sacerdozio, subirono il martirio a Tyburn.



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00venerdì 21 gennaio 2011 14:06

Beati Edoardo Stransham e Nicola Wheeler Sacerdoti e martiri

21 gennaio

+ Tyburn, Londra, Inghilterra, 21 gennaio 1586

I sacerdoti inglesi Edward Stransham (nato ad Oxford) e Nicholas Wheeler (nato a Leominster nel 1550 circa) furono decapitati sotto la regina Elisabetta I in quanto cattolici. Furono beatificati rispettivamente nel 1929 e nel 1987.

Martirologio Romano: A Londra in Inghilterra, beati Edoardo Stransham e Nicola Wheeler, sacerdoti e martiri, che, condannati a morte sotto la regina Elisabetta I per il loro sacerdozio, subirono il martirio a Tyburn.



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00venerdì 21 gennaio 2011 14:06

Sant' Epifanio di Pavia Vescovo

21 gennaio

Epifanio fu uno dei vescovi più importanti del suo tempo, meritandosi l'appellativo di "luce e padre dei vescovi". Nato a Pavia nel 438, a otto anni fu accolto tra i lettori dal vescovo Crispino. Divenne poi diacono. Crispino lo volle come successore e, alla sua morte, fu consacrato a Milano nel 466. Fu l'ottavo vescovo di Pavia e si adoperò per la ricostruzione della città distrutta nel 467 dalle contrapposte armate di Oreste e Odoacre. L'Impero romano d'Occidente crollava sotto la pressione dei barbari. In quei tempi di guerra soccorse sempre le vittime e impetrò clemenza per gli sconfitti. Epifanio morì nel 496. Fu sepolto nella chiesa di San Vincenzo con la sorella Onorata e le vergini Luminosa, Speciosa e Liberata. Una cronaca del X secolo parla della traslazione delle spoglie a Hildesheim (Germania) in età ottoniana. (Avvenire)

Etimologia: Epifanio = apparizione, dal greco

Emblema: Bastone pastorale

Martirologio Romano: A Pavia, sant’Epifanio, vescovo, che, al tempo delle invasioni barbariche, si impegnò molto per la riconciliazione dei popoli, per la liberazione dei prigionieri e per la ricostruzione della città distrutta.


E’ l'ottavo vescovo di Pavia; Ennodio, che ne fu il decimo e venne da Epifanio aggregato al clero pavese- come diacono nel 493, ce ne ha lasciato una biografia dal titolo: Vita beatissimi viri Epiphani episcopi Ticinensis ecclesiae, che è la fonte principale cui attingere le notizie.
Epifanio nacque a Pavia da genitori di nobile stirpe. Una luce miracolosa sarebbe stata vista risplendere sulla culla del bambino, felice presagio della sua futura grandezza. Ci sono noti i nomi dei genitori: Mauro il padre e Focaria la madre, che sarebbe stata della famiglia di s. Mirocle, vescovo cli Milano all'epoca dell'editto costantiniano del 313. I1 vescovo di Pavia Crispino I (v.) ricevette Epifanio, a otto anni d'età, tra i lettori della sua chiesa; successivamente lo ordinò suddiacono a diciotto anni, diacono a venti e lo raccomandò, sentendosi vicino alla morte, ad un certo Rusticio di Milano, illustris vir, affinché fosse il suo successore sulla cattedra episcopale pavese. Alla morte di Crispino, Epifanio fu consacrato vescovo in Milano dal suo metropolita, il cui nome, tuttavia, non ci è stato tramandato da Ennodio. La sua elezione episcopale era stata salutata con vera gioia dal popolo che altamente apprezzava la sua santa vita, i cui cardini erano: la preghiera, cui dedicava anche ogni minìmo ritaglio di tempo; la lettura attenta e devota della S. Scrittura; l'attività febbrile per il bene delle anime; la mortificazione corporea più austera, che comprendeva anche l'astensione dai bagni "ne nitorem animae et interioris hominis fortitudinem balnea magis sordibus amica confringerent".
Da vescovo fu incaricato più voite di ambascerie da e presso i diversi re germanici, che si erano insediati nel territorio dell'Tmpero romano d'Occidente ormai in sfacelo. Andò a Roma dall'imperatore Antemio (467-72) come legato di Ricimero e successivamente a Tolosa da Eurico, re dei Visigoti, per incarico dell'imperatore Giunio Nepote (474-75).
Lavorò attivamente alla ricostruzione di Pavia saccheggiata e distrutta nel 476 dalle armate rivali di Oreste e di Odoacre. Soccorse con inesausta carità ogni sorta di miserie e di sofferenze. Spesso si recò presso i vincitori a impetrarne ia clemenza per i vinti: in modo particolare implorò con successo la clemenza di Odoacre, di Teodorico e del re dei Burgundi, Gundobaldo, da cui ottenne la liberazione di seimila prigionieri da lui catturati in Italia nel 490 combattendo contro Odoacre. Di ritorno da Ravenna, ove si era recato per una ennesima legazione presso re Teodorico a favore di Pavia e di tutta la provincia della Liguria romana, a Parma si ammalò mortalmente a causa di un grave disturbo polmonare. Volle essere trasportato a Pavia, ove morì all'età di cinquantotto anni, dopo trent'anni di episcopato.
Ennodio, nella sua biografia, non ci dà indicazioni cronologiche precise sui fatti più salienti della vita di s. Epifanio e nemmeno ci indica il giorno della morte: egli tuttavia ci permette di stabilire con sufficiente certezza che Epifanio nacque nel 438-439, fu consacrato vescovo nel 466-467 e morì nel 496-497.
Negli ultimi decenni del sec. X un chierico ignoto della Chiesa di Hildesheim ci ha lasciato una Narratio de ultimis diebus Epiphanii (strettamente dipendente da Ennodio), in cui si dice che Epifanio morì all'età di cinquantotto anni, i) il 22 gennaio, dopo trentadue anni di episcopato, e una Translatio Hildesheimimium... in cui si parla di una traslazione delle reliquie di Epifanio ad Hildesheim per opera del vescovo Otwin negli anni 962-964, ai tempi di Ottone I: Due documenti pavesi dei secc. XIII e XIV affermano che Epifanio morì il 21 gennaio (data poi passata nel Martirologio Romano) e fu sepolto a Pavia nella chiesa di S. Vincenzo, insieme con la sorella Onorata e le vergini Luminosa, Speciosa e Liberata.
Epifanio di Pavia, vissuto nei tempi difficilissimi delle invasioni barbariche, esercitò in Italia la nobile missione di pacificatore: egli testimonia altresì la grande preponderanza che in quei tempi l'autorità ecclesiastica stava per ottenere di fronte alla autorità civile.




scri789
00venerdì 21 gennaio 2011 14:07

Santi Fruttuoso, Augurio ed Eulogio Martiri

21 gennaio

Martirologio Romano: A Tarragona nella Spagna Citeriore, passione dei santi martiri Fruttuoso, vescovo, Augurio ed Eulogio, suoi diaconi: sotto gli imperatori Valeriano e Gallieno, dopo aver confessato la loro fede al cospetto del procuratore Emiliano, furono condotti nell’anfiteatro, dove, rivolta a chiara voce dal vescovo verso i fedeli presenti una preghiera per la pace della Chiesa, portarono a compimento il loro martirio gettati tra le fiamme e pregando in ginocchio.


La Spagna, terra di martiri anche recenti, vanta una tradizione di eroismo cristiano che risale ai primi secoli., come attesta la “passione” dei Santi Fruttuoso, Augurio ed Eulogio, forse il primo documento storico sulla persecuzione anticristiana arrivato fino a noi. Una tradizione che sconfina nella leggenda attribuisce il primo annuncio del cristianesimo in questa terra direttamente all’apostolo Paolo. Certo è che nel terzo secolo la Chiesa nella penisola iberica è consolidata e ben impiantata. Sulla cattedra episcopale di Tarragona siede il vescovo Fruttuoso, di cui non conosciamo l’età e neppure la durata dell’episcopato, anche se dalla popolarità e dalla stima di cui gode, e che traspaiono dal racconto del martirio, possiamo desumere non fosse troppo giovane e comunque alla guida di questa chiesa da un periodo sufficiente a farsi conoscere ed apprezzare anche dai pagani. Nel primo pomeriggio di domenica 16 gennaio dell’anno 259, all’ora della siesta, alcuni soldati bussano alla porta del vescovo, che li accoglie in pantofole nell’ingresso di casa. E’ appena stato emanato il secondo editto dell’imperatore Valeriano contro i cristiani e i soldati sono stati inviati con il preciso scopo di accompagnare il vescovo Fruttuoso davanti al console Emiliano. Gli viene concesso di posare le pantofole e di calzare un paio di scarpe e insieme a lui portano via anche i due diaconi, Augurio ed Eulogio. Che non si tratti di una semplice convocazione, ma di un arresto in piena regola, lo dimostra il fatto che i tre vengono subito rinchiusi in carcere.. I cristiani tarragonesi non abbandonano il loro vescovo e non si vergognano di lui: fanno anzi la fila per andarlo a trovare e a portargli un po’ di viveri, e tutto questo movimento probabilmente induce il console ad accelerare i tempi del processo. Senza contare che Fruttuoso non cessa neppure in cella di esercitare il suo ministero: di sicuro si sa che amministra un battesimo, ma è probabile che abbia anche confessato fino all’ultimo. Cioè fino al venerdì successivo, 21 gennaio, quando Fruttuoso e i suoi due diaconi, vengono portati in tribunale. La loro testimonianza è limpida e coraggiosa, resa con una serenità ed una forza che impressionano. Li condannano ad essere bruciati vivi, quel giorno stesso, nell’anfiteatro. “Devo custodire nel mio animo l’intera chiesa cattolica che si espande da oriente a occidente”, risponde Fruttuoso a quei suoi fedeli che pretenderebbero da lui un ricordo particolare dall’aldilà. Su una catasta di legno si consuma lentamente e dolorosamente il loro sacrificio, mentre i tre martiri si sostengono a vicenda e cantano la loro fede fino all’ultimo. A sera, quando anche le ultime fiamme si sono spente, i cristiani si precipitano su quello che resta dei poveri corpi per accaparrarsi almeno una manciata delle loro ceneri, ma devono restituirle quanto prima, perché è lo stesso Fruttuoso ad esigerlo, apparendo in sogno a quei fedeli troppo devoti: quasi una prosecuzione “post mortem” del suo magistero, per tutelare la fede dei suoi cristiani da ogni forma di fanatismo o superstizione. Quelle ceneri, probabilmente sotto la spinta delle invasioni saracene, arrivano poi in Liguria, nella baia di Capodimonte, (dove da 50 anni è stata immersa la statua del “Cristo degli Abissi”) e tutt’ora sono conservate nell’abbazia dedicata a San Fruttuoso, il cui culto, probabilmente in virtù della dignità episcopale, ha finito per prevalere su quello dei due “poveri” diaconi Augurio ed Eulogio, caduti un po’ nel dimenticatoio.





scri789
00venerdì 21 gennaio 2011 14:08

Beati Giovanni Battista Turpin du Cormier e 13 compagni Martiri di Laval

21 gennaio

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+ Laval, Francia, 21 gennaio 1794

Martirologio Romano: A Laval in Francia, beati Giovanni Battista Turpin du Cormier e tredici compagni, sacerdoti e martiri, che per la loro tenace fedeltà alla Chiesa cattolica durante la rivoluzione francese morirono ghigliottinati.


Il 12 ottobre 1792 fu arrestato e imprigionato nell’antico convento delle Clarisse soprannominato “Patience” François Duchesne, canonico di Laval, nato in tale città l’8 gennaio 1736, che conduceva vita da anacoreta e digiunava tutti i giorni.
Due giorni dopo, il 14 ottobre, una retata di gendarmi condusse diversi preti in prigione:
René-Louis Ambroise, nato a Laval il 1° marzo 1720 da famiglia giansenista, che dopo l’ordinazione era stato destinato alla parrocchia della Santissima Trinità;
Louis Gastineau, nato a Loiron il 10 novembre 1727, che dopo avere esercitato in vari luoghi il suo ministero come viceparroco, si era rifugiato a Laval presso una sorella e si era occupato con frutto dell’educazione della gioventù;
François Migoret-Lamberdière, nato a St-Fraimbault-de-Lassay nel 1728, che era stato viceparroco di Oisseau, rettore di un collegio locale e successivamente parroco di Rennes-en-Gronouille, si era segnalato per il grande zelo nell’educazione della gioventù, aveva prestato nel 1791 un giuramento condizionato alla costituzione civile del clero, ma dopo la condanna di Papa Pio VI aveva ritrattato a costo di essere allontanato dalla parrocchia;
Julien Moulé, nato a Le Mans il 29 marzo 1716, che era stato prima viceparroco a Beaufray e rettore del collegio, poi parroco a Saulges, anch’egli aveva prestato il giuramento, poi ritrattato dopo la condanna papale;
Joseph Pellé, nato a Laval il 22 gennaio 1720, cappellano e confessore delle monache clarisse nei convento della Patience, molto retto e sinceramente pio nonostante il carattere rude;
Pierre Thomas, nato a Mesnil-Rainfray il 13 dicembre 1729, che dopo essere stato viceparroco a Peùton era stato eletto cappellano dell’ospedale di Chàteau-Gontier.
Il 2 novembre 1792 fu rinchiuso nell’ex-convento della “Patience” Augustin-Emmanuel Philippot, nato a Parigi l’11 giugno 1716, che per ben cinquant’anni era stato parroco a Bazouge-des-Alleux, purtroppo avveduto nella distribuzione delle elemosine ai poveri.
Il 17 dicembre seguente fu arrestato Julien-François Morin de la Girardière, nato a St-Fraimbault-de-Prières il 14 dicembre 1733. Egli aveva studiato teologia all’università di Angers. Dopo qualche anno di ministero si ritirò presso il fratello per occuparsi dell’educazione dei suoi nipoti. Di carattere mite, alargiva molte elemosine ai poveri.
Il giorno seguente, 18 dicembre, fu arrestato Jean-Marie Gallot, nato a Laval 14 luglio 1747, già viceparroco a Bazougers e quindi cappellano delle monache benedettine di Laval. Ormai infermo, viveva ritirato e sostenuto dalla carità dei fedeli.
Il 5 gennaio 1793 venne arrestato Jacques André nato a Saint-Pierre-la-Cour il 15 ottobre 1743, prima viceparroco a Rouez-en-Chanipagne e quindi parroco di Rouessé-Vassé. Ritiratosi poi a Laval dopo che i rivoluzionari gli avevano invaso il presbiterio.
Il medesimo giorno fu arrestato anche Jean-Baptiste Triquerie, nato a Laval il 1° luglio 1737, che in giovane età era entrato tra i Frati Minori Conventuali di Olonne, di cui fu pure superiore. In seguito, essendo un religioso di singolare pietà e di stretta osservanza, fu eletto cappellano e confessore delle clarisse di diversi monasteri. Dopo la soppressione del convento di Buron presso il quale esercitava il ministero, si ritirò a Laval presso un cugino.
Due altri preti anteriormente arrestati furono trasferiti alla “Patience”: André Duliou, nato a St- Laurent-des-Mortiers il 18 luglio 1727, assai stimato per la pietà, lo zelo e il distacco dai beni terreni dimostrato nei paesi in cui era stato cooperatore parrocchiale e a St-Fort, ove era stato parroco, e Jean-Baptiste Turpin du Cormier, nato a Laval nel 1732. Costui “era uomo veramente buono, un pastore pieno di zelo. Dedito completamente alle cure pastorali, consacrava tutto il tempo all’adempimento dei suoi doveri, all'istruzione dei fedeli, alla riconciliazione dei peccatori con Dio, al sollievo dei poveri, alla visita degli ammalati. Il suo cuore era pieno di bontà, il suo tratto dolce ed affabile, la sua condotta regolare ed edificante, tutta la vita un modello di ogni virtù sacerdotale”. Quale parroco della chiesa della Santissima Trinità, l’odierna cattedrale di Laval, alla “Patience” pose il prestigio di cui godeva al servizio dei confratelli che lo considerarono loro capo.
Per i quattordici prigionieri i mesi trascorsero lunghi e monotoni. I vandeani, insorti contro i rivoluzionari, nell’ottobre 1793 erano riusciti ad occupare Laval ed a rimetterli in libertà, ma essendo stati ricacciati quasi subito dall’esercito repubblicano, i sacerdoti furono nuovamente improgionati nell’ex-convento. Il 21 gennaio 1794 ricorreva l’anniversario della decapitazione del re Luigi XVI, che il pontefice Pio VI con la bolla “Quare lacrymae” il 17 giugno 1793 aveva riconosciuto quale martire ucciso in odio alla fede cattolica.
Per la commissione rivoluzionaria, volta a punire il fanatismo vandeano, l’anniversario costituiva una data assai propizia per vendicarsi degli scacchi subiti. Perciò. la mattina del 21 gennaio i quattordici sacerdoti progionieri furono condotti al palazzo di giustizia per essere giudicati. Il presidente Clément domandò a Jean-Baptiste Turpin perché non avesse prestato il giuramento prescritto dalla legge e questi gli rispose: “Perché attacca la mia religione ed à contrario alla mia coscienza”. Replicò il giudice: “Dunque, tu sei un fanatico. Credi ancora in Dio e non ti accontenterai di adorare "L’Essere Supremo"? Hai esercitato il tuo ministero dopo il rifiuto del giuramento ed hai detto Messa?”. Il sacerdote non temette di rispondere afermativamente ed ammise anche di aver consigliato tale comportamteno ai fedeli durante la confessione. Rifiùto infine di prestare anche il giuramento del 1792, quello di Libertà e Uguaglianza, “perché contrario alla legge di Dio”.
La stessa richiesta fu fatta a Jean-Marie Gallot, che ammise anch’egli di non avere prestato il giuramento e pregò che gliene venisse spiegato il significato. Disse allora il presidente: “Essere fedele alla repubblica e non professare alcuna religione, né la cattolica, né qualsiasi altra”. Il sacerdote allora gli rispose prontametne: “Cittadino, sulle pubbliche piazze in qualunque luogo, io mi professerò sempre cattolico, non arrossirò mai di Gesù Cristo”.
Joseph Pellé rispose invece al giudice: “Voi mi domandate un giuramento che la religione mi proibì di fare nel 1791; ma il giuramento che oggi richiedete non è altro che una derisione; esso non sarà mai da me prestato, anche a costo della vita: la mia coscienza non me lo permette”. Poiché il presidente insisteva, il futuro martire gli rispose con vivacità: “Mi state proprio seccando con questo vostro giuramento. Non lo farò, non lo farò, non lo farò!”.
Con René-Louis Ambroise l’accusatore fu perfido: “Spero che almeno tu non sarai ribelle alla legge giacché non hai condiviso i sentimenti dei tuoi confratelli”, ma il beato con grande senso civico replicò: “Io voglio ubbidire al governo, ma non voglio rinunciare alla mia religione”. Al giudice risultava che l’imputato fosse giansenista, ma questi spiegò: “Ammetto di avere sostenuto alcune opinioni che non erano conformi alla sana dottrina, ma Dio mi ha concesso la grazia di riconoscere i miei errori, di confessarli dinanzi ai miei confratelli e di riconciliarmi con la Chiesa. Al momento di comparire davanti a Dio, sono lieto di lavare con il sangue il mio errore”.
L’interrogatorio di Jean-Baptiste Triquerie, come già quello del Gallot, manifestò in modo inequivocabile il motivo religioso della persecuzione e della condanna. Alla richiesta del giuramento, infatti, egli rispose: “Cittadino, io sono figlio di San Francesco; in forza del mio stato devo essere morto al mondo, ne ignoro quindi le leggi. Mio unico scopo quello di pregare Dio per la mia patria, cosa che non ho mai cessato di fare”. Assai turbato il presidente lo ammonì: “Non venire qui a farci delle prediche. Dal momento che non sei più cappellano delle monache, chi ti ha dato i mezzi per vivere, non avendo tu beni di fortuna?”. Il frate rispose di esserre sopravvissuto grazie alla carità dei fedeli e che sarebbe comunque rimasto “fedele a Gesù Cristo sino all’ultimo respiro”.
Anche tutti gli altri sacerdoti rifiutarono categoricamente il giuramento loro richiesto, poiché contrario alla coscienza, e furono perciò condannati alla ghigliottina. Udita la sentenza, i condannati esclamarono “Deo gratias!” e poi si prepararono alla morte confessandosi vicendevolmente. Si misero poi in coda aspettando il loro turno ,cantando la Salve Regina ed il Te Deum. Il Turpin, offertosi come aprifila, fu però mandato per ultimo poiché ritenuto maggior colpevole e, prima di essere legato, volle baciare con venerazione il tavolato bagnato dal sangue dei suoi confratelli.
A mezzogiorno di quel 21 gennaio 1794 tutto era finito. I corpi dei giustiziati furono seppelliti nelle lande di Croix-Bataille, ma nel 1816, con la restaurazione dell’antico regime, i loro resti furono esumati e traslati nella chiesa di Avesnières. Già durante la Rivoluzione, però, i fedeli non avevano mai cessato di recarsi a pregare di nascosto sulle loro tombe. Il 19 giugno 1955 giunse finalmente il giorno della glorificazione terrena di questi martiri, che vennero beatificati insieme ad altre cinque vittime uccise singolarmente sempre a Laval.




scri789
00venerdì 21 gennaio 2011 14:09

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