21 marzo

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scri30
00sabato 21 marzo 2009 09:24

San Agostino Zhao Rong Sacerdote e martire

21 marzo e 9 luglio

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Wuchuan, Cina, 1746 circa - Chengdu, Cina, 21 marzo 1815

Sant’Agostino Zhao Rong, primo sacerdote cinese morto martire, è stato canonizzato da Papa Giovanni Paolo II il 1° ottobre 2000. Singolarmente è festeggiato nell’anniversario della sua morte, mentre al 9 luglio è commemorato insieme al gruppo dei 120 martiri cinesi dei quali è capofila.

Emblema: Palma, Croce

Martirologio Romano: Nella provincia di Sichuan in Cina, commemorazione di sant’Agostino Zhao Rong, sacerdote e martire, che, durante la persecuzione, fu gettato in carcere in quanto cristiano e trovò la morte in un giorno non precisato di primavera.



scri30
00sabato 21 marzo 2009 09:25

Santa Benedetta Cambiagio Frassinello Religiosa

21 marzo

Langasco, Genova, 2 ottobre 1791 - Ronco Scrivia, Genova, 21 marzo 1858

Figlia di contadini, nacque il 2 ottobre 1791, nell'entroterra genovese. Nel 1804 si trasferì a Pavia. Pur sentendosi votata alla vita religiosa accettò, per esigenze familiari, di sposare Giovan Battista Frassinello, operaio e fervente cristiano, originario di Ronco Scrivia. Non ebbero figli. Allora Benedetta, con il consenso del marito, cercò di realizzare il desiderio di consacrarsi interamente a Dio. Accolta dalle suore Orsoline di Caprioglio, nel Bresciano, dovette lasciare per motivi di salute. Rifugiatasi nella preghiera, ebbe la visione di san Girolamo Emiliani che la guarì. Mentre il marito entrò come fratello laico tra i Somaschi, lei avviò un'opera di assistenza per le fanciulle povere. Nel 1827 fondò a Pavia la prima scuola popolare. Dalle ragazze che la frequentavano prese avvio la Congregazione delle Suore di Nostra Signora delle Provvidenza. Dodici anni dopo a Ronco Scrivia nascerà la Casa della Provvidenza. Morì a Ronco Scrivia il 21 marzo 1858. È stata canonizzata da Giovanni Paolo II il 19 maggio 2002. (Avvenire)

Etimologia: Benedetta = che augura il bene, dal latino

Martirologio Romano: A Ronco Scrivia in Liguria, santa Benedetta Cambiagio Frassinello, che spontaneamente rinunciò insieme al marito alla vita coniugale e fondò l’Istituto delle Suore Benedettine della Provvidenza per la formazione cristiana delle giovani povere e abbandonate.


Benedetta Cambiagio nacque il 2 ottobre 1791 nell’entroterra genovese in una famiglia di contadini, ultima di sette fratelli. Quando nel 1804 una folta colonia di contadini si spostarono verso Pavia, anche la sua famiglia si aggregò ad essi.
Nella nuova residenza trascorsero gli anni e Benedetta ormai adulta, pur sentendosi votata per la vita religiosa, si indirizzò verso il matrimonio per esigenze familiari. Giunta ai 25 anni, si unì in matrimonio con Giovan Battista Frassinello, originario di Ronco Scrivia, operaio emigrato anch’egli a Pavia, fervente cristiano.
Purtroppo dalla loro unione non nacquero figli, allora Benedetta con il consenso del marito, cercò di realizzare il sogno della sua gioventù, quello di dedicarsi alla vita consacrata; dopo un fallito tentativo con le cappuccine di Genova, venne accolta dalle suore Orsoline di Capriolo in provincia di Brescia, ma dovette lasciare dopo pochi mesi a causa della salute malferma.
Rifugiatosi nella preghiera, ebbe la visione di s. Girolamo Emiliani il quale miracolosamente la guarì. Il marito entrò come fratello laico tra i somaschi e lei prese a mendicare casa per casa dando così inizio ad un’opera di assistenza per la fanciulle povere e abbandonate.
Nel 1827 fondava a Pavia la prima scuola popolare della città; quattro anni dopo le fanciulle superavano il centinaio e altre persone di buona volontà le si affiancarono per aiutarla nello scopo. Esse costituirono il primo gruppo della nascente Congregazione delle Suore di Nostra Signora della Provvidenza, che Benedetta fondò in quel periodo.
Trascorsero dodici anni di intenso e fruttuoso lavoro ma gli anticlericali locali presero ad osteggiarla furiosamente, al punto che la fondatrice dovette lasciare Pavia e cercare un nuovo posto e insieme a tre suore aprì a Ronco Scrivia (città natale di suo marito) una scuola, con l’accoglienza anche di ragazze benestanti e altre opere di carità. Fu chiamata “Casa della Provvidenza” ed è attualmente la casa madre della Comunità.
Le sue suore furono chiamate dal popolo ‘benedettine’ facendo riferimento al nome della fondatrice.
Morì a Ronco Scrivia il 21 marzo 1858 e sepolta nel cimitero del paese, durante la seconda guerra mondiale nel 1944, un furioso bombardamento alleato sconvolse il piccolo cimitero e le sue reliquie furono disperse.
Le sue suore tornarono a Pavia più di un secolo dopo, nel 1961, nell’Istituto “Benedetta Cambiagio”.
Beatificata da papa Giovanni Paolo II il 10 maggio 1987, è stata poi elevata agli onori degli altari come santa il 19 maggio 2002 dallo stesso pontefice.
Elevato esempio di sana vita coniugale, impregnata di virtù cristiana reciproca dei due coniugi.

Antonio Borrelli




E' la penultima di cinque figli di Giuseppe Cambiagio e Francesca Ghiglione. Sono piccoli proprietari di campagna, che verso il 1804 devono emigrare, come altre famiglie contadine impoverite dalla guerra napoleonica. Si stabiliscono a Pavia, dove nel 1812 va sposa la maggiore delle figlie, Maria. In Benedetta sembra crescere la spinta alla vita contemplativa. Ma nel 1816 eccola sposa, a 25 anni, nella basilica di San Michele.
E pure lo sposo è di origine ligure: Giovanni Battista Frassinello, nato a Ronco Scrivia. Seguono due anni di vita coniugale, senza figli, e poi marito e moglie si trovano a fare quasi da padre e da madre a Maria, la sorella maggiore di Benedetta: è tornata a Pavia malata di cancro, accolta in casa da loro due, e assistita per anni. Accanto al letto dell’ammalata, matura in essi una doppia vocazione: in Benedetta riprende forza l’aspirazione dei suoi anni giovanili alla vita religiosa; e una “chiamata” simile raggiunge Giovanni, che entra come novizio tra i Somaschi. Lei invece viene accolta fra le Orsoline di Capriolo (Brescia). Ma il suo fisico non regge, deve tornare a Pavia e mettersi a letto. Qui arriva una guarigione di sorprendente rapidità, che lei attribuisce all’intercessione di Girolamo Emiliani, il santo che ha fondato i Somaschi, pionieri dell’istruzione popolare. Guarita, dunque, e definitivamente orientata.
A 36 anni, sull’esempio di Girolamo Emiliani, Benedetta dedicherà la vita alla promozione culturale e all’educazione religiosa delle bambine abbandonate. Raccoglie alcune volontarie, mette a disposizione quello che ha di suo, si fa questuante. Trova anche l’aiuto di alcuni generosi (e tra questi si deve ricordare Angelo Domenico Pozzi). Il vescovo di Pavia, monsignor Luigi Tosi, decide allora che Giovanni Frassinello, lasciata la casa dei Somaschi, affianchi Benedetta nel suo lavoro di fondatrice. Così, nell’autunno del 1826, insieme rinnovano davanti al vescovo il voto di castità. Nel 1827 apre la prima scuola popolare, con l’aiuto delle prime volontarie. Col tempo, l’autorità civile (quella austro-ungarica) le conferirà il titolo di “Promotrice della pubblica istruzione”. Ma lei nel 1838 deve lasciare Pavia e la scuola, con Giovanni e con alcune ragazze: troppe avversioni, anche da parte di preti. Si stabilisce a Ronco Scrivia, paese natale del marito, Regno di Sardegna e diocesi di Genova. Qui, l’arcivescovo cardinale Tadini promuoverà i riconoscimenti canonici per le suore-insegnanti, che si chiameranno Benedettine della Divina Provvidenza. E il terzo millennio le vedrà all’opera in Italia, Spagna, Burundi, Costa d’Avorio, Perú, Brasile; impegnate, come dice la loro regola, a «prestarsi volentieri dove è maggiore l’urgenza di fare del bene».
Benedetta vede solo i primi sviluppi dell’opera, tra cui la nascita di una casaricovero a Pavia. La malattia di cui morirà (nell’ora e nel giorno da lei previsti) la coglie mentre sta andando ad aprire una nuova casa. Sepolta a Ronco Scrivia, i suoi resti sono andati dispersi nella distruzione del cimitero durante la seconda guerra mondiale, per un bombardamento anglo-americano nel 1944. Giovanni Paolo II l’ha beatificata nel 1987 e poi canonizzata nel 2002.





scri30
00sabato 21 marzo 2009 09:26

San Berillo di Catania Vescovo

21 marzo


Emblema: Bastone pastorale


Secondo la tradizione della Chiesa di Catania, Berillo, originario di Antiochia, sarebbe stato ordinato vescovo da san Pietro apostolo. Inviato in Sicilia divenne il primo vescovo della città di Sant'Agata.





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00sabato 21 marzo 2009 09:27

Beati Commendatori di Siviglia e Cordova Mercedari

21 marzo

Questi due Beati mercedari, uno commendatore di Siviglia, l’altro commendatore di Cordova, diedero esempio di vita giusta confessando la fede cristiana. Predicarono il vangelo di Cristo in Marocco e liberarono 215 schiavi dalla dura prigionia dei saraceni. Anche se si ignorano i loro nomi, tuttavia essi sono scritti nel libro della vita. L’Ordine li festeggia il 21 marzo.




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00sabato 21 marzo 2009 09:27

Sant' Elia Eremita presso Orta

21 marzo



Sant’Elia è ritenuto dalla tradizione locale novarese il successore di San Giulio nell’opera di evangelizzazione delle terre cusiane. Secondo la Vita di San Giulio egli avrebbe dato sepoltura al giovane senatore Audenzio, che i famigliari vollero deposto presso la tomba del santo, e si dedicò alla cura della chiesa edificata da Giulio stesso. In seguito, Elia fu ritenuto il secondo vescovo di Sion vissuto agli inizi del secolo V che, per ignoti motivi, lasciata la sua sede episcopale, si sarebbe recato a soggiornare come sacerdote o eremita presso l’isola di Orta. Non è possibile stabilire su quali basi è stata proposta una simile identificazione, non presente nelle più antiche recensioni del racconto della vita di Giulio e per ora non suffragata da alcuna testimonianza storica attendibile. Elia è raffigurato nell’arte locale con abiti marroni, quasi monacali, simili a quelli con cui è ritratto San Giulio, come nell’affresco del XV secolo, visibile sulla parete sinistra della basilica dell’isola, che ricorda l’incontro tra i due santi. Unico riferimento alla sua presunta esperienza episcopale è la mitria, recata da un angelo, accanto al busto reliquiario settecentesco posto in una nicchia del coro. I presunti resti del santo, rinvenuti nel 1697 in una sepoltura individuata sul pavimento della chiesa, vennero successivamente collocati all’interno dell’altare marmoreo della cripta, accanto a quelli degli altri santi dell’isola, ove tutt’ora riposano. Il giorno per il ricordo di Elia era diversamente assegnato dagli antichi calendari al 21 marzo o al 13 aprile.





scri30
00sabato 21 marzo 2009 09:28

Sant' Endeus (o Enna o Enda) di Aran Abate

21 marzo

Oriel, Ulster, Irlanda, VI secolo – Aran, Irlanda, 542 ca.

Enna (o Enda o Endeus) è il patriarca del monachesimo irlandese. A lui, vissuto nel VI secolo, si deve infatti la fondazione del primo vero monastero. Fu un'isola nell'isola. Enna, infatti, ottenne dal re Oengus la selvaggia isola di Aran, nella baia di Gallway. Qui costruì il monastero di Killeaney. Prima aveva edificato una chiesa a Drogheda e un'altra comunità. Secondo la leggenda era un soldato, convertito dalla sorella, santa Fanchea. Fu sepolto nella chiesa a lui dedicata a Inishmore. (Avvenire)

Martirologio Romano: In Irlanda, sant’Endeo, abate, che fondò sull’isola di Aran un cenobio, la cui fama fu tale da conferire al luogo il nome di Isola dei Santi.


Nella terra evangelizzata da s. Patrizio († 461), l’Irlanda, l’antica Hibernia, ci fu nei successivi secoli tutto un fiorire di santi specie monaci, che stabilizzarono con la loro santità di vita, il cristianesimo lì dove fino a poco tempo prima regnavano popoli pagani.
I loro nomi, per noi latini sono ostici a pronunciare: Sante figlie di Enach vergini, s. Henan, s. Comgall, s. Enan di Druim-Indich, s. Enan di Inis-Aego, s. Enddwyn di Llanenddwyn, s. Emyr Llydaw, ecc. ma ognuno di essi risplendette nella loro terra della luce della Grazia di Cristo, che diffusero a loro volta nella società ancora mezza pagana del loro tempo.
A questo incompleto elenco, bisogna aggiungere s. Endeus (o Enna o Enda), abate di Aran, il quale nacque nel VI secolo ad Oriel nell’Ulster, figlio di Conall-Derg locale signore, al quale succedette come capo del paese dopo la sua morte.
Le esortazioni della sorella santa Fanchea, badessa di un monastero, lo fecero decidere ad abbandonare il mondo e ad abbracciare la vita monastica, che allora non era propriamente organizzata in cenobi.
Con i tempi ed i mezzi di allora (a piedi o con qualche cavalcatura), si recò a Roma a rendere omaggio alle tombe degli Apostoli, nella capitale del mondo di allora, che proprio in quegli anni, dopo la caduta del plurisecolare Impero Romano, vedeva affermarsi l’egemonia religiosa e politica del papato cattolico, qui fu anche ordinato sacerdote.
Al ritorno da Roma, ottenne da Oengus il re del Munster del tempo, la concessione dell’isola di Aran (o Arn), nella Baia di Gallway, dove fondò un celebre e primo vero monastero a Killeaney, dove fra gli altri si fermarono s. Ciarano il Giovane e s. Brendano.
Prima di approdare ad Aran, aveva fondato un’altra comunità e una chiesa. Fu tale la fama acquistata dall’abate Endeus e dal suo monastero, che l’isola venne denominata “Aran dei Santi”; la chiesa principale è ancora chiamata Kill-Enda, inoltre nel cimitero dell’isola vi è un’altra cappella chiamata “Teglach-Einne”, dove il santo abate, morto verso il 542, venne sepolto.
La sua festa si celebra il 21 marzo; una città irlandese Ennis porta il suo nome.




scri30
00sabato 21 marzo 2009 09:29

Santi Filemone e Donnino di Roma Martiri

21 marzo


Emblema: Palma


Nativi, secondo i menologi greci, di Roma, ai tempi delle persecuzioni si diedero a percorrere l'Italia predicando il Vangelo e battezzando gli infedeli che, alla loro infiammata parola, si convertivano in gran numero. Tutto ciò, come era naturale, suscitò l'ira dei culti degli idoli, i quali li presero, li legarono e li consegnarono al preside della provincia. Questi tentò dapprima di indurli a negare Cristo con promesse di onori e doni, indi, non essendosi quelli piegati, li fece distendere nudi in terra e battere ferocemente da quattro littori. Vennero, quindi, chiusi in carcere, poi di nuovo sottoposti a duri tormenti, e infine decapitati un 21 marzo, data alla quale sono ricordati nei sinassari greci e nel Martirologio Romano.
Queste notizie sono, come avvertono i Bollandisti nel Commento al Martirologio Romano, il compendio di una più antica passio perduta. Si trattava, in ogni modo, di un documento apocrifo, di nessun valore storico. Infatti, le notizie nebulose e generiche e i due personaggi, non hanno alcuna connessione reale con Roma, per cui è lecito dubitare della loro stessa esistenza.




scri30
00sabato 21 marzo 2009 09:29

San Giacomo il Confessore Martire

21 marzo

m. 824 circa

Martirologio Romano: A Costantinopoli, passione di san Giacomo, detto il Confessore, che lottò strenuamente per il culto delle sacre immagini e concluse la sua vita con un glorioso martirio.



scri30
00sabato 21 marzo 2009 09:31

San Giovanni di Valenza Vescovo

21 marzo

m. 1145 circa

Martirologio Romano: A Valence nel territorio di Vienne in Francia, san Giovanni, vescovo, che, dapprima abate di Bonnevaux, molte avversità patì per la difesa della giustizia e con carità si prese cura dei contadini, dei poveri e dei mercanti rovinati dai debiti.



Stellina788
00sabato 21 marzo 2009 09:40

San Giustiniano di Vercelli Vescovo

21 marzo

Fu vescovo dal 435 al 452 ma non oltre il mese di marzo, perché in quella primavera le orde degli Unni di Attila, invasero Milano, Pavia e città vicine come Vercelli, uccidendo gli infelici abitanti, saccheggiando e distruggendo tutto, quindi Giustiniano se fosse stato vivo, sarebbe stato certamente ucciso; invece la lapide della tomba dice in latino ‘che varcò festoso la soglia del cielo’ e non parla di morte violenta. Inoltre questa lapide dice ancora che governò 16 anni, 6 mesi ed alcuni giorni; nei dieci esametri celebra con enfasi la santità di vita, la fedeltà alla giustizia, la gloria celeste del mistico ‘antistite’, padre della Chiesa vercellese e partecipe della schiera apostolica. Secondo vari studi, Giustiniano non deve essere nativo di Vercelli, probabilmente era allievo di s. Martino di Tours e quindi venuto da fuori città, ma accolto, accettato dalla popolazione, come un padre. In pratica fu vescovo insigne della città e guida dei chierici-monaci. La sua firma si leggeva nell’epistola sinodale del 451, con la quale i vescovi della provincia milanese aderivano alla dottrina cattolica contro l’eresia di Eutiche.


Il rito eusebiano commemorava s. Giustiniano il 21 marzo e lo invocava nelle proprie litanie. Nella serie iconografica dei primi quaranta vescovi di Vercelli, che era dipinta nell'antica basilica cattedrale, ora scomparsa, egli figurava come quarto successore del protovescovo s. Eusebio, ma il nome si leggeva sincopato in Iustianus, come nell'epistola sinòdale del 451, con la quale i vescovi della provincia milanese aderivano alla dottrina cattolica contro l'eresia di Eutiche, in cui tra le firme dei suffraganei, al terz'ultimo posto, è quella di Iustianus, vescovo di Vercelli. Il nome vero era peraltro Iustinianus, come si legge nella sua iscrizione sepolcralè, composta di dieci esametri celebranti con enfasi la santità di vita, la fedeltà alla giustizia e la gloria celeste del mistico antistite, padre della Chiesa vercellese e partecipe della schiera apostolica, che resse la diocesi sedici anni, sei mesi e alcuni giorni.
Durante il suo episcopato, nel 448, passò per Vercelli s. Germano, vescovo di Auxerre, diretto a Ravenna dove poco dopo mori. Trasportata in patria, la salma sostò brevemente in città, e fu detto che al suo ingresso nella cattedrale vercellese, che doveva essere consacrata in seguito a grandi lavori di restauro, le fiaccole e i ceri miracolosamente si accesero per indicare che ii santo, sebbene defunto compiva il rito della consacrazione.
Una tradizione locale, non priva di fondamento, sebbene qualche storico moderno non l'accetti, identifica il nostro Giustiniano con l'omonimo vescovo di Tours, del quale si legge una breve notizia nella Historia Francorum di s. Gregorio vescovo della stessa città.
Considerando che Giustiniano resse la diocesi vercellese sedici anni, sei mesi e alcuni giorni, come dice l'epitafio, collocando la sua morte non oltre il marzo del 452, l'inizio dell'episcopato cade verso la seconda meta del 435.
L'anno del decesso di Giustiniano non può essere posticipato perché altrimenti egli non sarebbe sfuggito al massacro delle orde unniche di Attila, che nella primavera del 452 invasero Milano, Pavia e altre città vicine compresa Vercelli, e dovunque saccheggiarono, depredarono e trucidarono gli infelici abitanti. L'epitafio non accenna a morte violenta, ma afferma che il santo vescovo "ovans penetravit limina coeli", cioè varcò festoso la soglia del cielo.
A confermare la tradizione vercellese possono contribuire in certo modo due versi dello stesso epitafio, dei quali uno dice: "Hunc veneranda suscepit ecclesia patrem", cioè la veneranda Chiesa vercellese ricevette, accolse, accettò per sé questo padre; la quale espressione sembra indicare una elezione non regolare, altrimenti l'autore degli esametri si sarebbe dovuto esprimere non con il verbo suscepit, ma con elegit, indicante la consúeta procedura di elezione del vescovo. L'altro verso dice: "Apostolicae numeratus in ordine turbae", che sembra si debba rettamente interpretare nel senso che Giustiniano fece vita monastica, allora detta vita apostolica. Egli inoltre, quasi a conferma di questa interpretazione, è celebrato nell'epitafio come mistico antistite, dedito dunque alla vita contemplativa, quale si professa appunto in monastero.
Qualcuno non riconosce il valore di questa interpretazione e ritiene che il verso indichi in Giustiniano semplicemente il vescovo, " membro della turba apostolica " in quanto i vescovi sono i successori degli apostoli. In questo caso bisogna dire che l'epitafio ripete troppe volte lo stesso concetto, già espresso con i termini di mistico antistite e di padre della Chiesa vercellese. La nostra interpretazione rende inoltre comprensibile la preferenza dimostrata dalla comunità verso il vescovo pellegrino, perché essa vide in Giustiniano il pastore che occorreva, dovendo il presule vercellese, secondo quanto scrisse s. Ambrogio, reggere il monastero e governare la diocesi; oltre all'ufficio pastorale comune a tutti i vescovi, egli doveva dirigere il.cenobio ecclesiastico fondato da s. Eusebio. In esso i chierici si esercitavano nella disciplina ascetica, attendevano agli studi, si preparavano al ministero, vivevano in comunità e osservavano una disciplina simile a quella dei monasteri. Per queste ragioni e concomitanze non sembra doversi facilmente respingere la tradizione che identifica il nostro Giustiniano con l'alunno di s. Martino di Tours, ed anzi si comprende come egli stesso preferisse trattenersi nella sede di Vercelli, che cosí bene rispondeva alle inclinazioni del suo spirito, piuttosto che insistere a Roma per la convalida di una elezione avvenuta in un ambiente inquieto e a danno del legittimo pastore calunniato.



Stellina788
00sabato 21 marzo 2009 09:44

Beata Lucia da Verona

21 marzo


Nell’antichissima Fraternità del Terz’Ordine dei Servi di Maria in Verona si iscrive molto giovane una ragazza nata nella stessa città circa l’anno 1514, il suo nome è Lucia. Dimostra seppure giovanissima una grande carità e una coerente fede; rivestita dell’abito di Terziaria vive nella sua casa come se vivesse in monastero, consacrando a Dio nel mondo la sua verginità. Profondamente devota della Passione di Gesù e della Vergine Compassionevole, ha avuto sempre grande attenzione verso quelli che soffrono.
Si fa forte nel suo cuore la parola di Gesù: "… ero infermo e mi avete visitato". Nessun ammalato resta estraneo alla sua carità, sempre disponibile a visitare, consolare, curare, ogni giorno si reca all’ospedale della Misericordia, dove passava molte ore tra quegli ammalati, preferendo i più gravi e riluttanti.
Nel pulire le piaghe, nel lenire il dolore, nell’abbracciare i morenti ella si sente fortemente unita allo Sposo Crocifisso, così da farsi come Maria Desolata continuamente presente accanto alle croci del suo tempo.
Compagna fedele della sua opera è anche sua sorella Barbara, anch’ella Terziaria Servita, ed insieme diventano per tutta Verona un punto di riferimento per gli ammalati, specialmente lei che dimostra un eroismo instancabile.
Maggiormente questo si dimostra nel grave contagio della peste che si abbatte su Verona . Ella non è mai stanca di portarsi dappertutto per aiutare ed incoraggiare, e tutta Verona vede questa umile donna rivestita dell’abito di Serva di Maria farsi largo tra i tanti appestati e, a costo della sua vita, portare dappertutto la carità e la carezza consolatrice di Dio.
Dice il Vangelo: "…chi perde la sua vita a causa mia la ritroverà", con questa parola nel cuore ella si fa madre di tutti quegli appestati emarginati e abbandonati dal mondo. Fedele discepola di Cristo con amore abbraccia la sua croce e come l’agnello innocente anche lei si fa compagna della stessa malattia dei suoi fratelli. Colpita dalla peste l’accoglie come una corona regale e quando sente ormai vicina la morte recita devotamente le Litanie della Vergine Santa e così va incontro al Divino Sposo, accompagnata dalla Vergine Maria, sua Signora e Regina. Muore nell’anno 1574 e da subito i suoi devoti hanno fatto esperienza della sua potente intercessione nelle malattie contagiose.



Stellina788
00sabato 21 marzo 2009 09:46

San Lupicino Abate

21 marzo

m. 480

Martirologio Romano: A Lauconne nel territorio di Lione, in Francia, anniversario di san Lupicino, abate, che insieme al fratello san Romano diede impulso alla vita monastica tra i pendii del Giura.


Lupicino dopo la morte della sua sposa si ritirò presso il fratello, Romano, che viveva in solitudine. Insieme, fondarono due monasteri: Condat, chiamato più tardi Saint-Oyend (S. Eugendus) e quindi Saint-Claude, e Lauconne, chiamato in seguito S. Lupi-cino. I due fratelli dirigevano contemporaneamente le comunità, ma L., più austero per se stesso, si dimostrò assai più rigido di Romano nel mante­nere la disciplina ed osservare la regola e più severo anche nel reclutamento. Alla morte di Ro­mano, Lupicino assunse il governo dei due monasteri.
Fu protettore delle popolazioni circostanti e, in particolar modo, assunse le difese del conte Agrippino contro il re burgundo. Mori nel 480.
La biografia di Lupicino, Romano e Oyend (Eugen­dus), fu redatta da un monaco di Condat poco dopo la morte dì quest'ultimo (516 o 517), di cui aveva raccolte le informazioni. Pubblicando questo documento, B. Krusch gli nega ogni autorità sto­rica, ma il Duchesne, il Poupardin e il Delehaye riconoscono il suo valore. Esiste anche un'altra biografia di Lupicino e Romano dovuta a Gregorio di Tours, ma di minor valore.
Le reliquie di Lupicino furono traslate un 3 lugl. pochi anni dopo la sua morte; una ricognizione effettuata nel 1689 rivelò che il corpo si era conser­vato intatto. Fino alla Rivoluzione francese, il .6 giug. di ogni anno le reliquie erano solennemente trasportate da S. Lupicino fino alla chiesa del capi­tolo di Saint-Claude.
Usuardo ha posto la festa di Lupicino al 21 marzo, data conservata dal Martirologio Romano. Lupicino, Ro­mano e Oyend sono chiamati santi benedettini, perché i loro monasteri, per quanto anteriori a s. Benedetto, hanno successivamente adottata la Regola benedettina. Il Wion, per aggirare la diffi­coltà, pone Lupicino un secolo più tardi. Oggi Lupicino e Romano sono festeggiati insieme, nelle diocesi di Besancon e di Belley, al 28 febbraio.



Stellina788
00sabato 21 marzo 2009 09:47

Beato Matteo Flathers Martire

21 marzo

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Weston, Inghilterra, 1580 circa - York, Scozia, 21 marzo 1607

Martirologio Romano: A York sempre in Inghilterra, beato Matteo Flathers, sacerdote e martire, che, alunno del Collegio Inglese di Douai, fu dilaniato vivo per Cristo durante il regno di Giacomo I.



Stellina788
00sabato 21 marzo 2009 09:49

Beato Michele Gomez Loza Laico e martire

21 marzo

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Tepatitlán, Messico, 11 agosto 1888 – Atotonilco, Messico, 21 marzo 1928

Nasce a Tepatitlán, Messico, l'11 agosto 1888, figlio di contadini. Da bambino aiuta sua madre rimasta vedova. Diventa un instancabile promotore della dottrina sociale della Chiesa e nelle fila dell'Associazione cattolica della gioventù messicana trova l'ambiente adatto alla sua formazione religiosa e morale. Pur tra mille difficoltà, Miguel si iscrive alla facoltà di giurisprudenza e diventa avvocato. Difendere i diritti dei bisognosi, per tale ragione viene arrestato cinquantanove volte e molte altre viene picchiato. Nel 1922 si sposa con María Guadalupe Sánchez Barragán: dal matrimonio nascono tre figli. Nel 1927, durante la persecuzione religiosa messicana, Miguel si unisce alla Lega in difesa della libertà religiosa, utilizzando tutti i mezzi pacifici consentiti per resistere agli attacchi dello Stato alla libertà di fede. Accetta la nomina di governatore di Jalisco, conferitogli dai cattolici della resistenza ma, perseguitato dalle forze federali, viene catturato e fucilato il 21 marzo 1928. È stato beatificato il 20 novembre 2005 da Benedetto XVI. (Avvenire)


Miguel Gómez Loza nacque a Tepatitlán l’11 agosto 1888, figlio di contadini. Sin da bambino si occupò di sua madre, rimasta vedova, nel paese di Paredones. Nutrì però sempre il desiderio di superare se stesso nel campo della scienza e delle virtù. Sin da giovane fu un instancabile promotore della dottrina sociale della Chiesa. Insieme al suo grande amico Anacleto González Flores, nelle fila dell’Associazione Cattolica della Gioventù Messicana (ACJM), trovò l'ambiente adatto alla sua formazione religiosa e morale e al suo anelito apostolico.
Pur affrontando mille difficoltà, Miguel si iscrisse alla Facoltà di Giurisprudenza e divenne così avvocato. Uomo coraggioso, dalle profonde convinzioni, nulla lo spaventò mai nei suoi propositi, sapendo infatti che erano giusti, leciti e dovuti. Per difendere i diritti dei bisognosi, fu arrestato cinquantanove volte e molte altre fu malmenato. Nel 1922 si sposò con María Guadalupe Sánchez Barragán. Da questo matrimonio nacquero tre figli.
Nel 1927, durante la persecuzione religiosa messicana, Miguel si unì alla Lega in Difesa della Libertà Religiosa, utilizzando tutti i mezzi pacifici consentiti per resistere agli attacchi dello Stato alla libertà di fede. Per difendere la libertà e la giustizia, accettò la nomina di Governatore di Jalisco, conferitogli dai cattolici della resistenza. Perseguitato dalle forze federali, fu infine catturato e fucilato presso Atotonilco il 21 marzo 1928.
Miguel Gómez Loza è stato beatificato il 20 novembre 2005, sotto il pontificato di Benedetto XVI, insieme con altre vittime della medesima persecuzione.



Stellina788
00sabato 21 marzo 2009 09:51

San Nicola di Flue Eremita

21 marzo - Comune

Flueli, Svizzera, 1417 - 21 marzo 1487

Portato al misticismo, fu podestà e si sposò divenendo padre di 10 figli. Fece anche il soldato e divenne ufficiale. Verso i 50 anni, desideroso di dedicarsi unicamente a Dio, una visione mistica lo spinse ad isolarsi in un burrone, il Ranft. I compaesani gli costruirono una cela da eremita ed egli ne uscì solo per parlare in favore della pace. Per questo fu chiamato “pater patriae”.. E’ patrono della Svizzera, dove è ricordato il 25 settembre.

Patronato: Svizzera

Etimologia: Nicola = vincidore del popolo, dal greco

Martirologio Romano: Sul dirupo montano di Ranft presso Sachseln in Svizzera, san Nicola di Flüe: chiamato da divina ispirazione a più grandi opere, lasciati la moglie e dieci figli, si ritirò tra i monti a condurre vita eremitica; celebre per lo stretto rigore di penitenza e il disprezzo del mondo, una sola volta uscì dalla sua piccola cella, sotto la minaccia di una guerra civile, per riconciliare con una breve esortazione le parti avverse.


S. Nicola di Flue, meglio noto col nome di Bruder Klaus (fratello Klaus), gode di larga popolarità nella Svizzera, di cui è stato proclamato patrono da Pio XII e in cui viene festeggiato il 25 settembre. Egli nacque nel 1417 a Fliieli, presso Sachseln, nel cantone di Obwalden. Benchè si sentisse chiamato alla vita eremitica (a 16 anni ebbe la cosiddetta "visione della torre"), dovette accettare alcune cariche civili (fu podestà di Sachseln, consigliere e giudice cantonale e deputato alla dieta) e militari. Nel 1445 si sposò con Dorothea Wyss: nacquero loro cinque maschi e cinque femmine: uno di essi divenne parroco di Sachseln e un nipote, Corrado Scheuber, morì in concetto di santità.
Sollecitato da Mattia di Bolsheim e Aimo Amgrund, entrò in contatto con i Gottesfreunde (amici di Dio), un movimento religioso alsaziano. La moglie di Nicola però si oppose costantemente ai suoi piani di solitudine. Solo dopo aver compiuto i 50 anni, nel giugno 1467, egli potè partirsene per l'Alsazia. Ma il Signore lo voleva in una località molto più prossima alle regioni abitate fino allora. D'altronde egli si vergognava di questa specie di "fallimento" e si ritirò dapprima presso Klisterli-Alp nel Melchtal.
La sua santa vita e il suo rigoroso digiuno (esistono inequivocabili testimonianze storiche che egli per un periodo di 19 anni e mezzo si alimentò unicamente dell'Eucarestia) gli procurarono ben presto la curiosità dei vicini. Egli decise allora di recarsi nel Ranft, un burrone solitario presso Flueli. Ne usciva solo per recarsi alla Messa e quando la patria ebbe bisogno di lui: nel 1473 di fronte alla minaccia austriaca, e nel 1481 e 1482 quando ci fu grave pericolo di guerra civile: i buoni risultati di questi interventi propiziarono a Bruder Klaus il titolo di "Padre della Patria". La sua preghiera più frequente era: "0 mio Signore e mio Dio, allontana da me tutto ciò che mi allontana da te. - 0 mio Signore e mio Dio, elargiscimi tutto ciò che mi porta più vicino a te. - 0 mio Signore e mio Dio, liberami da me stesso e concedimi di possedere soltanto te". Edificati dalla sua testimonianza di preghiera e di penitenza (lo spiarono per un mese intero), i suoi vicini costruirono per lui un eremitaggio e una cappella, consacrata nel 1469. S. Nicola di Flue morì il giorno del suo 70' compleanno, il 21 marzo 1487. Nel 1501 venne compilata da Enrico Wólflin una sua biografia sulla base di "fatti accertati con giuramento da testimoni oculari ed auricolari". Beatificato nel 1669, venne canonizzato da Pio XII nel 1947.



Stellina788
00sabato 21 marzo 2009 09:53

San Serapione di Thmuis Vescovo

21 marzo


Emblema: Bastone pastorale

Martirologio Romano: In Egitto, san Serapione, anacoreta.


Thmuis è una città del basso Egitto. Il suo nome, che significa "capra", le dovette derivare dal fatto che in antico vi si adorava tale animale. Di Thmuis, tra il 340 e il 356, fu vescovo S. Serapione. Non si hanno molte e sicure notizie della sua vita. Preposto dapprima alla scuola catechetica di Alessandria, si fece monaco alla scuola di S. Antonio abate, che morendo gli lasciò una delle sue tuniche di pelo. La notizia ci è trasmessa da S. Atanasio, che di Serapione fu buon amico: lo dimostrano le sue cinque lettere al vescovo di Thmuis, che a sua volta sostenne energicamente il "martello degli ariani".
Chiamato al ministero episcopale, Serapione conservò un acuto rimpianto per la vita monastica. Ne è bella testimonianza la vivace Lettera ai monaci, che esalta l'ottima "scelta" che i monaci hanno saputo fare, rinunciando alle Gioie effimere e ai tanti dispiaceri della vita del mondo, descritti con brio e un pizzico d'ingenuità e di retorica. Serapione mette altresì in evidenza l'efficacia del ministero di propiziazione che i monaci esercitano nella Chiesa e nella società, ad imitazione di Abramo e Mosè. Come vescovo, Serapione dovette impegnarsi nella difesa della dottrina cristiana. Non è accertata storicamente la sua partecipazione al concilio di Sardica (347), in cui fu sancita la riabilitazione di Atanasio; la sede romana fu riconosciuta come la suprema istanza di appello per la Chiesa universale e si operò anche la prima vera rottura tra Oriente ed Occidente. Tuttavia egli fu al fianco di Atanasio nella lotta anti-ariana e fu acerrimo anti-manicheo: lo dimostra il suo Libro contro i manichei, che Facondo dì Ermiana attribuiva erroneamente a S. Atanasio e che contiene l'appello a "non lasciarsi colpire dal minimo errore e ad innalzare un bel baluardo nella nostra anima per non cadere preda di un errore più grande".
Non sembra invece che sia di Serapione e comunque non è di mano sua l'ultima stesura dell'Eucologio, una raccolta di 30 preghiere liturgiche, importante per la storia della liturgia egiziana del sec. IV. S. Girolamo, che a Serapione dedicò un capitoletto del suo “De viris illustribus”, definendolo "Scolastico" per la sua scienza, c'informa che egli scrisse anche molte "utili lettere a diverse persone". Sozomeno riferisce che egli fece parte di una commissione di cinque vescovi egiziani che andarono da Costanzo II a intercedere per S. Atanasio: la missione fallì e lo stesso Serapione venne cacciato dagli ariani dalla sua sede.
Morì poco dopo il 362 e la sua festa è fissata dal Martirologio Romano al 21 marzo.


Stellina788
00sabato 21 marzo 2009 09:54

Beati Tommaso Pilchard e Guglielmo Pike Martiri

21 marzo

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+ Dorchester, Inghilterra, 21 marzo 1586

Martirologio Romano: A Dorchester in Inghilterra, beato Tommaso Pilchard, sacerdote e martire: uomo colto e mansueto, durante il regno di Elisabetta I fu consegnato al supplizio del patibolo a motivo del suo sacerdozio. Insieme a lui si commemora anche il beato Guglielmo Pike, martire, che, falegname, in una data sconosciuta, nello stesso luogo e sotto la stessa regina fu crudelmente fatto a brandelli per essersi riconciliato con la Chiesa Romana.


Stellina788
00sabato 21 marzo 2009 09:55

Santi Martiri Alessandrini

21 marzo

m. 339

Martirologio Romano: Commemorazione dei santi martiri di Alessandria, che, sotto l’imperatore Costanzo e il prefetto Filagrio, mentre gli ariani e i pagani irrompevano nelle chiesa, furono uccisi nel venerdì della Passione del Signore.


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