21 novembre

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Stellina788
00domenica 21 novembre 2010 12:16

Sant' Agapio di Cesarea Martire

21 novembre

Etimologia: Agapio = amore per il prossimo, dal greco

Martirologio Romano: A Cesarea in Palestina, sant’Agapio, martire: già più volte sottoposto ai supplizi, ma sempre rinviato a più grandi combattimenti, secondo la tradizione durante i giochi dell’anfiteatro fu dato in pasto ad un orso in presenza dello stesso Massimino e, poiché respirava ancora, il giorno dopo fu affogato in mare con delle pietre legate ai suoi piedi.


Stellina788
00domenica 21 novembre 2010 12:17

Santi Celso e Clemente Martiri

21 novembre

Emblema: Palma

Il 21 novembre nel Martirologio Romano sono commemorati, come martiri a Roma, Celso e Clemente, introdottivi dal Baronio sull'autorità del Martirologio di S. Ciriaco (sec. XI), che, però, è testo di scarso valore storico. In realtà, Clemente è il papa del sec. I, celebrato il 23 novembre, la cui memoria, nel Martirologio Geronimiano, ricorre anche, per un'erronea anticipazione, al 21 novembre. Di Celso, invece, nulla può dirsi, ma è possibile che al 21 novembre sia celebrato uno dei tanti santi di questo nome, che ricorre molto spesso nei martirologi antichi.


Stellina788
00domenica 21 novembre 2010 12:18

Cristo Re dell'universo

21 novembre (celebrazione mobile)

Martirologio Romano: Solennità di nostro Signore Gesù Cristo, Re dell’Universo: a Lui solo il potere, la gloria e la maestà negli infiniti secoli dei secoli.

Ascolta da RadioRai:
  

Questa festa fu introdotta da papa Pio XI, con l’enciclica “Quas primas” dell’11 dicembre 1925, a coronamento del Giubileo che si celebrava in quell’anno.
È poco noto e, forse, un po’ dimenticato. Non appena elevato al soglio pontificio, nel 1922, Pio XI condannò in primo luogo esplicitamente il liberalismo “cattolico” nella sua enciclica “Ubi arcano Dei”. Egli comprese, però, che una disapprovazione in un’enciclica non sarebbe valsa a molto, visto che il popolo cristiano non leggeva i messaggi papali. Quel saggio pontefice pensò allora che il miglior modo di istruirlo fosse quello di utilizzare la liturgia. Di qui l’origine della “Quas primas”, nella quale egli dimostrava che la regalità di Cristo implicava (ed implica) necessariamente il dovere per i cattolici di fare quanto in loro potere per tendere verso l’ideale dello Stato cattolico: “Accelerare e affrettare questo ritorno [alla regalità sociale di Cristo] coll’azione e coll’opera loro, sarebbe dovere dei cattolici”. Dichiarava, quindi, di istituire la festa di Cristo Re, spiegando la sua intenzione di opporre così “un rimedio efficacissimo a quella peste, che pervade l'umana società. La peste della età nostra è il così detto laicismo, coi suoi errori e i suoi empi incentivi”.
Tale festività coincide con l’ultima domenica dell’anno liturgico, con ciò indicandosi che Cristo Redentore è Signore della storia e del tempo, a cui tutti gli uomini e le altre creature sono soggetti. Egli è l’Alfa e l’Omega, come canta l’Apocalisse (Ap 21, 6). Gesù stesso, dinanzi a Pilato, ha affermato categoricamente la sua regalità. Alla domanda di Pilato: “Allora tu sei re?”, il Divino Redentore rispose: “Tu lo dici, io sono re” (Gv 18, 37).
Pio XI insegnava che Cristo è veramente Re. Egli solo, infatti, Dio e uomo – scriveva il successore Pio XII, nell’enciclica “Ad caeli Reginam” dell’11 ottobre 1954 – “in senso pieno, proprio e assoluto, … è re”.
Il suo regno, spiegava ancora Pio XI, “principalmente spirituale e (che) attiene alle cose spirituali”, è contrapposto unicamente a quello di Satana e delle potenze delle tenebre. Il Regno di cui parla Gesù nel Vangelo non è, dunque, di questo mondo, cioè, non ha la sua provenienza nel mondo degli uomini, ma in Dio solo; Cristo ha in mente un regno imposto non con la forza delle armi (non a caso dice a Pilato che se il suo Regno fosse una realtà mondana la sua gente “avrebbe combattuto perché non fosse consegnato ai giudei”), ma tramite la forza della Verità e dell'Amore.
Gli uomini vi entrano, preparandosi con la penitenza, per la fede e per il battesimo, il quale produce un’autentica rigenerazione interiore. Ai suoi sudditi questo Re richiede, prosegue Pio XI, “non solo l’animo distaccato dalle ricchezze e dalle cose terrene, la mitezza dei costumi, la fame e sete di giustizia, ma anche che essi rinneghino se stessi e prendano la loro croce”.
Tale Regno, peraltro, già mistericamente presente, troverà pieno compimento alla fine dei tempi, alla seconda venuta di Cristo, quando, quale Sommo Giudice e Re, verrà a giudicare i vivi ed i morti, separando, come il pastore, “le pecore dai capri” (Mt 25, 31 ss.). Si tratta di una realtà rivelata da Dio e da sempre professata dalla Chiesa e, da ultimo, dal Concilio Vaticano II, il quale insegnava a tal riguardo che “qui sulla terra il Regno è già presente, in mistero; ma con la venuta del Signore, giungerà a perfezione” (costituzione “Gaudium et spes”).
Con la sua seconda venuta, Cristo ricapitolerà tutte le cose, facendo “cieli nuovi e terra nuova” (Ap 21, 1), tergendo e consolando ogni lacrima di dolore e bandendo per sempre il peccato, la morte ed ogni ingiustizia dalla faccia della terra. Sempre il Concilio scriveva che “in questo regno anche la stessa creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per partecipare alla gloriosa libertà dei figli di Dio” (costituzione dogmatica “Lumen Gentium”).
Per questo i cristiani di ogni tempo invocano, già con la preghiera del Padre nostro, la venuta del Suo Regno (“Venga il tuo Regno”) ed, in modo particolare durante l’Avvento, cantano nella liturgia “Maranà tha”, cioè “Vieni Signore”, per esprimere così l’attesa impaziente della parusia (cfr. 1 Cor 16, 22).
Aggiunge ancora Pio XI che nondimeno sbaglierebbe colui il quale negasse al Cristo-uomo il potere su tutte le cose temporali, “dato che Egli ha ricevuto dal Padre un diritto assoluto su tutte le cose create”. Tuttavia – precisa – Cristo, quando era sulla terra, si astenne dall’esercitare completamente questo suo dominio, permettendo – come anche oggi – che “i possessori debitamente se ne servano”.
Questo potere abbraccia tutti gli uomini. Ciò lo aveva anche chiaramente espresso Leone XIII, nell’enciclica “Annum sacrum” del 25 maggio 1899, con cui preparava la consacrazione dell’umanità al Sacratissimo Cuore di Gesù nell’anno santo del 1900. Papa Pecci aveva scritto in effetti che “il dominio di Cristo non si estende soltanto sui popoli cattolici, o a coloro che, rigenerati nel fonte battesimale, appartengono, a rigore di diritto, alla Chiesa, sebbene le errate opinioni li allontanino da essa o il dissenso li divida dalla carità; ma abbraccia anche quanti sono privi di fede cristiana, di modo che tutto il genere umano è sotto la potestà di Gesù Cristo”.
L’uomo, misconoscendo la regalità di Cristo nella storia e rifiutando di sottomettersi a questo suo giogo che è “dolce” ed a questo carico “leggero”, non potrà trovare alcuna salvezza né troverà autentica pace, rimanendo vittima delle sue passioni, inimicizie ed inquietudini. È Cristo soltanto la “fonte della salute privata e pubblica”, diceva Pio XI. “Né in alcun altro vi salvezza, né sotto il cielo altro nome è stato dato agli uomini, mediante il quale dobbiamo essere salvati” (At 4, 12).
Lontano da Lui l’uomo ha dinanzi chimere e sistemi ideologici totalizzanti e fuorvianti; non cercando il suo Regno e la sua Giustizia, il genere umano ha di fronte a sé i vari “-ismi” della storia che, diabolicamente, in nome di un falso progresso sociale, economico e culturale, degradano ogni uomo, negandone la dignità.
Ed il XX secolo non ha mancato di fornirne dei tragici esempi con i vari regimi autoritari, comunisti e nazista (che la Chiesa ha condannato vigorosamente), riproponendo, per l’ennesima volta, il duro scontro tra Regno di Cristo e regno di Satana, che durerà sino alla fine dei tempi.
Basti qui far riferimento, a titolo esemplificativo, giusto al solo travagliato periodo del pontificato di papa Ratti per averne una pallida idea.
Con l’enciclica “Mit brennender Sorge”, del 14 marzo 1937 – tra i cui estensori vi era pure il cardinale segretario di Stato e futuro papa Pio XII, Eugenio Pacelli – il Pontefice romano disapprovava il provocante neopaganesimo imperante in Germania (il nazismo), il quale rinnegava la Sapienza Divina e la sua Provvidenza, che “con forza e dolcezza domina da un'estremità all’altra del mondo” (Sap. 8, 1), e tutto dirige a buon fine; deplorava anche certi banditori moderni che perseguono il falso mito della razza e del sangue; biasimava, infine, le liturgie del Terzo Reich tedesco, veri riti paganeggianti, qualificate come “false monete”.
In Messico, “totalmente infeudato dalla massoneria”, dove gli Stati Uniti avevano favorito – in nome dei loro interessi economici – la nascita di uno Stato dichiaratamente anticlericale ed anticristiano, furono promulgate pesanti leggi restrittive della libertà della Chiesa cattolica, stabilendo l’espulsione dei sacerdoti non sposati, la distruzione delle chiese e la soppressione persino della parola “adios”. Il fanatico anticlericale governatore dello Stato messicano di Tabasco, Tomás Garrido Canabal, autore di queste misure repressive, nella sua fattoria, “La Florida”, giunse a chiamare, in segno di dispregio, un toro “Dio”, ad un asino diede nome “Cristo”, una mucca “Vergine di Guadalupe”, un bue ed un maiale “Papa”. Suo figlio lo chiamò “Lenin” e sua figlia “Zoila Libertad”. Un nipote fu chiamato “Luzbel” [Lucifer], un altro figlio “Satan”.
Si costituì allora un esercito di popolo, i “cristeros”, i quali combattevano al grido di “Viva Cristo Re! Viva la Vergine di Guadalupe! Viva il Messico!”. Con le stesse parole sulle labbra versavano il loro sangue in quella terra anche numerose schiere di martiri, mentre i loro carnefici esclamavano, riempiendo ceste di vimini con le teste mozzate dei cattolici, “Viva Satana nostro padre”. Si trattò di un vero “olocausto” passato sotto silenzio ed ignorato. Alcuni dei valorosi martiri cristiani messicani, sotto il pontificato di Giovanni Paolo II, hanno raggiunto la gloria degli altari, come il gesuita Miguel Agustin Pro, fucilato senza processo. Le sue ultime parole furono giusto “Viva Cristo Re!”.
Questa grave situazione di persecuzione religiosa fu riprovata da Pio XI con le encicliche “Nos Es Muy Conocida” del 28 Marzo 1937 ed “Iniquis Afflictisque” del 18 novembre 1926.
Una netta opposizione fu, infine, manifestata nei confronti della Russia sovietica, contro il comunismo ateo, condannato dall'enciclica “Divini Redemptoris” del 19 marzo 1937, e nei riguardi della Spagna repubblicana, dichiaratamente antireligiosa.
Qui, il governo repubblicano socialista di Manuel Azaña Y Díaz proclamò che “da oggi la Spagna non è più cristiana”, mirando a “laicizzare” lo Stato. La nuova costituzione vanificava ogni potere della Chiesa, la religione cattolica era ridotta al rango d’associazione, senza sostegno finanziario da parte statale, senza scuole, esposta agli espropri; con il decreto 24 gennaio 1932 era dichiarata l’estinzione della compagnia di Gesù e se ne confiscavano i beni; era introdotto, nel 1932, il divorzio e il matrimonio civile ed abolito il reato di bestemmia; circa seimila religiosi furono massacrati. Pio XI reagì duramente con l’enciclica “Dilectissima Nobis” del 3 giugno 1933.
Questi esempi dimostrano lo scontro plurisecolare, sin dalla fondazione del Cristianesimo, tra il Regno di Cristo e quello di Satana, e come, anche in epoca contemporanea, la regalità di Cristo sia contestata, preferendo ad essa degli “idoli” politici, economici, sociali e pseudo-religiosi.

Stellina788
00domenica 21 novembre 2010 12:18

Beata Francesca Siedliska (Maria di Gesù Buon Pastore) Fondatrice

21 novembre

Roszkowa Wala (Varsavia), 12 novembre 1842 – Roma, 21 novembre 1902

Nacque presso Varsavia in Polonia il 12 novembre 1842. Attorno al 1860 prese piena coscienza della sua vocazione alla vita religiosa. Una chiamata che non trovò il favore della famiglia. Nonostante fosse di salute cagionevole dovette seguire i genitori in diverse località europee. Nel 1873 padre Leandro Lendzian, sua guida spirituale, disse a Francesca che scorgeva in lei la chiamata a fondare una famiglia religiosa. Progetto al quale la giovane si mise subito a lavorare. Il 1° ottobre 1873, fu ricevuta dal Papa che approvò l'idea della fondazione delle «Suore della Sacra Famiglia di Nazareth», la cui casa madre fu stabilita a Roma. Il 1° maggio 1884 la fondatrice e le prime compagne fecero la professione religiosa; Francesca prese il nome di suor Maria di Gesù Buon Pastore. Ebbe inizio così un'intensa attività di evangelizzazione che portò la fondatrice anche in America, Inghilterra, Francia, Polonia. Morì il 21 novembre 1902 morì. È stata beatificata a Roma il 23 aprile 1989. (Avvenire)

Martirologio Romano: A Roma, beata Maria di Gesù Buon Pastore (Francesca) de Siedliska, vergine, che, partita dalla Polonia per motivi politici, fondò l’Istituto delle Suore della Santa Famiglia di Nazareth per provvedere agli emigrati dalla sua patria.


A leggere la biografia della beata Maria di Gesù Buon Pastore, al secolo Francesca Siedliska, si resta meravigliati di fronte al gran numero di km percorsi in numerosi viaggi in tutta Europa e negli USA, che impegnarono buona parte della sua vita religiosa e usando i mezzi di trasporto, non certamente veloci e confortevoli di fine Ottocento.
Francesca Siedliska, nacque nel castello di Roszkowa Wala presso Varsavia in Polonia il 12 novembre 1842, primogenita dei coniugi Adolfo Siedliska e Cecilia di Morawska, discendenti da antica nobiltà polacca; la zona della Polonia ove abitavano, era allora sotto la protezione dello Zar di Russia e venti anni dopo nel 1863, fu incorporata nell’impero dello zar.
Crebbe con l’affetto dei genitori, preoccupati però più della sua salute non florida e della sua formazione culturale, che da quella di dargli una educazione religiosa.
In un ambiente imbevuto di indifferenza religiosa, propria della filosofia di quel tempo, Francesca cominciò a conoscere Dio attraverso un’istitutrice molto brava e colta, che le insegnò anche a pregare; ma la morte improvvisa di questa istitutrice, la privò del suo sostegno spirituale.
Successivamente una parente materna la preparò alla prima confessione; poi la madre si ammalò gravemente e Francesca angosciata, ebbe la forza d’implorare la Madonna per la sua guarigione, che avvenne di lì a poco.
Proprio in questo periodo, quando Francesca assisteva la madre ospitata a Varsavia dal nonno, incontrò nel novembre 1854 il padre cappuccino Leandro Lendzian di origine lituana e fra i due s’instaurò una intesa spirituale, che lei considerò il “momento della mia conversione; mi recai dal padre come una pagana, vuota di Dio e del Suo amore, tornai illuminata nell’amore”.
Poi con le tappe della Prima Comunione fatta il 1° maggio 1855; della dura Quaresima del 1860 vissuta da lei con profondo spirito ascetico; del drammatico confronto con il padre che voleva farla sposare e inserirla nell’ambiente dell’alta società, Francesca Siedliska prese sempre più coscienza della vocazione religiosa che man mano era maturata in lei.
Nel 1860 seguì i suoi genitori che dovettero recarsi in Svizzera, nel Tirolo, in Germania e in Francia; ma la salute forse anche per lo strapazzo dei viaggi, cominciò a declinare con preoccupazione, tanto da far temere una tubercolosi, male che imperversava in quell’epoca.
Nell’autunno del 1860 la madre l’accompagnò per cure a Merano, poi in Svizzera e infine a Cannes in Francia, dove nel 1868 anche il padre le raggiunse per fuggire l’insurrezione polacca; l’incontro della famiglia con il resurrezionista Hube, portò alla conversione del padre Adolfo.
Seguì un periodo di pace per la famiglia, proseguito anche dopo il ritorno in Polonia nel 1865 e fino alla morte del padre nel 1870.
Sempre con la guida spirituale di padre Leandro Lendzian, Francesca coltivò la sua aspirazione a consacrarsi interamente a Dio, ostacolata però dalla malferma salute.
Il 12 aprile 1873, aveva 31 anni, padre Leandro le disse chiaramente che era volontà di Dio, che iniziasse la fondazione di una nuova famiglia religiosa.
Sebbene stupita della richiesta, non oppose resistenze e cominciò l’opera suggeritole; a lei si unirono in un primo momento la madre, colpita da tempo dalla spiritualità della figlia e da due anziane terziarie francescane appartenute ad una estinta comunità di Lublino.
La nuova comunità doveva essere dedita alla adorazione del Ss. Sacramento, all’imitazione della vita di Maria Vergine a Nazareth, all’educazione catechistica dei fanciulli; a causa dell’opposizione del Governo russo, non si poteva aprire nella Polonia di allora la Casa-madre, allora Francesca Siedliska partì per Roma a sottoporre il programma della nuova Congregazione al papa Pio IX.
Il 1° ottobre 1873, fu ricevuta dal Pontefice che approvò l’idea della fondazione delle “Suore della Sacra Famiglia di Nazareth”; a questo punto ritornata in Polonia, si ripropose la scelta di un luogo dove stabilirsi; andò in Francia a Lourdes, ma poi decise di fondare il suo Nazareth a Roma e nel 1874 vi ritornò, ed ebbe come consigliere il Generale dei Resurrezionisti padre Semenko.
Acquistò una piccola casa in via Merulana dove si stabilì, in seguito la Casa-madre fu fissata definitivamente in via Macchiavelli.
L’ideale ascetico della fondazione maturò a Loreto nel 1875, cioè imitare la vita nascosta e tutte le virtù della Sacra Famiglia di Nazareth; il periodo dal 1873 al 1876 fu detto “la primavera della Congregazione”, la prima domenica di Avvento del 1875, ebbe luogo la fondazione del nuovo Istituto, con le prime novizie arrivate dalla Polonia, le tre sorelle Wanda, Laura e Felicità Lubowidzki.
Nel 1881 fondò una nuova casa a Cracovia in Polonia; il 1° maggio 1884 la fondatrice e le prime compagne fecero la professione religiosa e in quest’occasione Francesca prese il nome di suor Maria di Gesù Buon Pastore.
Volendo estendere gli scopi della Congregazione anche alle famiglie polacche emigranti negli Stati Uniti, nel 1885, 1889 e 1896, vi si recò aprendo tre Case a Chicago e diffondendo le suore dappertutto; nel 1892 era a Parigi, dove aprì una Casa, nel 1895 fece lo stesso a Londra.
Intanto preparava le Costituzioni, in cui la Congregazione dichiarava, che suo fine principale era ricondurre le anime alla verità e di far conoscere ed amare la Chiesa di Gesù attraverso queste opere: istruzione religiosa dei catecumeni israeliti, protestanti e scismatici, ritiri spirituali per le signore, insegnamento della dottrina cristiana e della storia della Chiesa alle giovani, preparazione dei fanciulli alla Prima Comunione.
Le Costituzioni ritoccate e ampliate, furono definitivamente approvate dalla Santa Sede nel 1923, più di 20 anni dopo la morte della Fondatrice.
Madre Maria di Gesù Buon Pastore, continuò la sua opera amorevole verso le suore, specie quelle ammalate che curava e serviva personalmente; per confortare, spronare e consigliare le suore, intraprese altri viaggi in Inghilterra, Francia, Polonia.
Ma la sua forte fibra cominciò a cedere per le fatiche, i viaggi, le preoccupazioni e le tante malattie, tanto che acconsentì al consiglio dei medici e andò a trascorrere un periodo di riposo presso le Benedettine di Subiaco, tornando a Roma il 16 ottobre 1902.
Il 15 novembre fu colpita da peritonite acuta e il 21 novembre 1902 morì santamente, fra il compianto delle sue figlie, aveva 60 anni.
La sua tomba si trova nella Cappella della Casa Generalizia delle Suore della Sacra Famiglia di Nazareth in Roma.
Suor Maria di Gesù Buon Pastore Siedliska, è stata beatificata a Roma il 23 aprile 1989 da papa Giovanni Paolo II; la sua festa liturgica è il 21 novembre.



Stellina788
00domenica 21 novembre 2010 12:19

San Gelasio I Papa

21 novembre

Sec. V

(Papa dal 01/03/492 al 21/496)
Africano, presiedette nel 494 il sinodo nel quale fu redatto il decreto che porta il suo nome e che distingue i libri rivelati accettati dalla Chiesa cattolica da quelli considerati come apocrifi.

Martirologio Romano: A Roma presso san Pietro, san Gelasio I, papa, che, insigne per dottrina e santità, onde evitare che l’autorità imperiale nuocesse all’unità della Chiesa, illustrò con vera profondità di analisi le prerogative dei due poteri, temporale e spirituale, sostenendo l’esigenza di una mutua libertà; spinto dalla sua grande carità e dai bisogni degli indigenti, per soccorrere i poveri morì egli stesso poverissimo.

Ascolta da RadioVaticana:
  

La liturgia della Chiesa dedica questo giorno alla Presentazione di Maria Vergine al Tempio, seguendo u-n'antica tradizione che risale alla Gerusalemme del VI secolo quando, presso il Tempio, venne consacrata la basilica di Santa Maria detta Nuova.
L'episodio della presentazione al Tempio, come gli altri della nascita e della fanciullezza di Maria, non si trova nei Vangeli canonici. E’ narrato dal più poetico tra i testi apocrifi, il cosiddetto Protoevangelo di Giacomo, che con tanta insistenza ha ispirato da una parte la devozione popolare, dall'altra gli artisti.
Come nome del giorno possiamo scegliere quello di Gelasio, perché oggi cade la memoria dei primo Papa di questo nome.
Il più bell'elogio di San Gelasio Papa è quello di Dionigi il Piccolo, che scrisse di lui: " Morì povero, dopo aver arricchito i poveri ". Anche il Liber pontificalis dice che Gelasio " amò i poveri ".
Eppure, nella storia della Chiesa, la figura di questo Santo è rimasta come quella di un " uomo ", cioè di un Papa battagliero e intransigente, che nei quattro anni del suo breve pontificato tenne validamente testa al Senato romano, all'Imperatore di Costantinopoli e a vari eretici.
Di origine africana, il suo forte temperamento polemico risalta nelle lettere vigorose e mordenti, anche se un tantino verbose.
Al Senato romano, che amava il quieto vivere e permetteva ancora, nel V secolo, certe feste pagane, con la scusa che il popolo amava le tradizioni e voleva divertirsi, Papa Gelasio denunziò l'immoralità che quelle feste nascondevano o meglio rinfocolavano.
All'Imperatore di Costantinopoli, che credeva di poter intervenire nel governo della Chiesa, Gelasio scriveva chiaramente che il Papa era lui, e che non avrebbe permesso la più piccola ingerenza del potere civile nelle questioni ecclesiastiche.
Egli affermava chiaramente, insomma, quella che fu detta poi " la supremazia dello spirituale sul tempo-rale ".Il Papa era superiore all'Imperatore, non perché volesse governare o peggio opprimere, ma perché era suo compito guidare e salvare tutti gli uomini, compreso l'Imperatore.
Oltre che maestro di morale, il Papa era anche maestro di dottrina. Perciò Gelasio coni: batté risolutamente gli eretici Monofisiti, i Pelagiani, e i seguaci di Eufemio e di Acazio. Lo zelo di quest'uomo accusato di essere duro nasceva dall'amore per la verità e per la carità. E la riprova della sua dedizione a Dio consisteva nella sua benevolenza verso i bisognosi.
Perciò il suo più bell'elogio, dopo la morte, avvenuta nel 494, fu quello che abbiamo già citato: " Morì povero, dopo avere arricchito i poveri ". E si potrebbe aggiungere: " Morì non amato, da coloro che aveva arricchito con il suo amore di Padre severo, ma giusto ".



Stellina788
00domenica 21 novembre 2010 12:20

San Launo di Thouars Vescovo

21 novembre


Una carta di Pietro II, vescovo di Poitiers, concessa nel 1107 all'abbazia dei Cano­nici Regolari di Thouars, ricorda la fondazione di questo monastero tra il 1021 e il 1047 in occa­sione del trasferimento delle reliquie di un s. Laon (Launus).
Questo è quanto si conosce di lui; forse si trattava di reliquie di s. Laudo (Lo) di Coutances, i cui resti vennero trasferiti nel sec. X nell'occi­dente della Francia ad Angers e a Tulle per sottrarli alle invasioni normanne.
Accreditata dal Baillet (Vies des Saints, s. 1. 1701), discussa dal bollandista Suyskens, questa identificazione è stata, anche recentemente, mante­nuta dal Réau. In mancanza di ogni altro docu­mento non si può che dirla verosimile a cagione della rassomiglianza dei nomi e dei luoghi. Oggi Launo è commemorato il 21 nov. nel Proprio della diocesi di Poitiers.


Stellina788
00domenica 21 novembre 2010 12:21

San Mauro di Cesena Vescovo

21 novembre

† Cesena, 21 novembre 946 ca.

Nel giorno in cui si celebra la Presentazione di Maria viene ricordato anche Mauro, vescovo di Cesena a fine IX secolo. Il culto fu dovuto ai miracoli che seguirono al casuale ritrovamento della sua tomba. Narra san Pier Damiani che un pellegrino, andando in processione, per allacciarsi una scarpa posò il piede sopra la tomba nascosta dagli arbusti. Non riuscì più a staccarlo e fu necessario rompere il sarcofago, che rivelò così il prezioso contenuto poi trasferito nella vicina chiesetta che dall'inizio del secolo XI era custodita dai Benedettini. Lì sorse l'abbazia di Santa Maria del Monte. (Avvenire)

Martirologio Romano: A Cesena, san Mauro, vescovo.


Nacque nel X secolo, l’anno e il luogo di nascita ci è sconosciuto; si sa che fu eletto vescovo di Cesena in Romagna, dallo zio papa Giovanni X, quindi dopo il 914; la sua nomina avvenne qualche anno prima del 926, quando i papi persero la giurisdizione sulle terre dell’Esarcato; territorio italiano dell’impero bizantino, che comprendeva una parte dell’Emilia Romagna con al centro Ravenna e quindi anche di Cesena, che ne era una dipendenza.
Della sua opera non si sa praticamente niente, dovette vivere senz’altro santamente, tenuto conto dei tempi difficili di allora e del successivo culto; morì verso il 946 un 21 novembre. Fu sepolto sul Monte Spaziano, in un’arca di marmo, accanto ad una chiesetta e ad una cella, da lui stesso edificate per raccogliersi in preghiera e fare penitenza.
Dopo molti anni si verificò un primo miracolo presso la sua arca, che nel frattempo era quasi tutta interrata; dopo un secondo miracolo, il popolo cominciò ad accorrere a venerarlo, diffondendo la notizia anche nei paesi più lontani.
I vescovi della regione si adunarono sul Monte, ormai chiamato “di Mauro”, facendo dissotterrare il sarcofago e spostandolo dentro la chiesetta; questo rito allora equivaleva ad una canonizzazione. Con l’affluire dei fedeli e delle offerte, la chiesetta fu ingrandita ed abbellita dai monaci benedettini; a fianco di essa sorse anche un monastero già fiorente nel 1042.
Col passare dei secoli, il corpo fu dimenticato da tutti, monaci compresi; per essere ritrovato prima del 1470 ca. e per timore delle guerre in corso nella zona, venne tolto dal sarcofago, che rimase sul Monte e portato dentro le mura della città, nella chiesa di S. Giovanni Evangelista; ma dopo qualche tempo, nel 1470, fu di nuovo traslato nella nuova cattedrale di S. Giovanni Battista, in una cappella riservatagli, cinta da inferriate per proteggerlo.
Alcune sue reliquie rimasero al Monte ed a Ravenna. La sua festa è al 21 novembre. In suo onore sorsero due paesi o pievi: San Mauro, nella diocesi di Cesena, documentata nel 1155 e l’odierna San Mauro Pascoli, nella diocesi di Rimini, anch’essa molto antica.



Stellina788
00domenica 21 novembre 2010 12:22

San Mauro di Parenzo Vescovo e martire

21 novembre

Sec. IV

Emblema: Bastone pastorale, Palma

Martirologio Romano: A Parenzo in Istria, san Mauro, vescovo e martire.


Tra Trieste e Pola, sulla costa occidentale dell'Istria, l'antica città di Parenzo conserva ancora le vestigia della sua storia millenaria, con monumenti che vanno dall'antichità romana al rinascimento veneziano. E uno dei monumenti maggiori è la bella chiesa a tre navate, preceduta da un atrio e da un battistero, che risale alla prima metà del VI secolo. La chiesa di Parenzo venne edificata al tempo del maggiore splendore della civiltà e dell'arte bizantina in Italia. Sia per stile che per soggetto, i suoi mosaici ricordano quelli celebri di Ravenna, e soprattutto quelli, bellissimi, della chiesa ravennate di San Vitale.
Nel mosaico absidale, accanto a una solenne Madonna in trono, con il Bambino sulle ginocchia, è rappresentata la figura di San Mauro, al quale la chiesa stessa è dedicata. Ed è rappresentata con in mano una corona, cioè con il simbolo del martirio.
Ma San Mauro non fu soltanto Martire. Due antiche iscrizioni, relative alla costruzione della chiesa e al trasporto, in questa, dei corpo dei Santo, confermano che il Martire fu anche Vescovo di Parenzo. Risalgono probabilmente al suo tempo gli avanzi della precedente chiesa, una basilica del IV secolo, preceduta da un oratorio ancor più antico.
Si può arguire, perciò, con molte probabilità, che Mauro fu Vescovo di Parenzo al tempo dell'ultima persecuzione, quella di Diocleziano, avvenuta agli inizi del IV secolo.
Secondo la leggenda, questo Vescovo istriano sarebbe venuto dall'Africa, forse per giustificare il nome, che significa infatti " moro ". Cristiano dall'infanzia e giovane di specchiata vita, Mauro sarebbe diventato monaco e avrebbe trascorso diciotto anni in monastero. Poi si sarebbe spinto pellegrino a Roma, sulla tomba di Pietro. Da Roma sarebbe giunto in Istria, dove sarebbe stato eletto Vescovo di Parenzo.
Durante la persecuzione, avrebbe sopportato i tormenti più dolorosi, senza vacillare nella testimonianza della fede. Finalmente sarebbe stato decapitato, e sepolto ~ secondo la consuetudine romana - in un cimitero suburbano. Due secoli più tardi, un suo successore, il Vescovo Eufrasio, avrebbe trasferito quella reliquia in una nuova chiesa a lui dedicata.
Ma la storia delle reliquie di San Mauro non finisce qui. Gran parte di queste furono portate a Roma nel VII secolo, al tempo del Papa di origine dalmata Giovanni IV, per essere sottratto alla profanazione da parte dei barbari Avari e Slavi. A Roma, le reliquie del Vescovo istriano furono e sono ancora conservate a San Giovanni in Laterano.
Il culto di San Mauro ebbe vasta diffusione, anche in luoghi assai lontani da Parenzo e dall'Istria. Se ne seguono le tracce a Fondi, nel Lazio, a Gallipoli, in Puglia, e addirittura in Bretagna.
Ma i due poli intorno ai quali si snoda la storia, benché leggendaria, di San Mauro, e il culto per le sue reliquie, restano Parenzo e Roma. E ciò sembra ricordare, e sottolineare, il legame di civiltà, oltre che di fede, che unisce la città di Pietro a quella di San Mauro.


Stellina788
00domenica 21 novembre 2010 12:23

Presentazione della Beata Vergine Maria

21 novembre

Memoria mariana di origine devozionale, si collega a una pia tradizione attestata dal protovangelo di Giacomo. La celebrazione liturgica, che risale al secolo VI in Oriente e al secolo XIV in Occidente, dà risalto alla prima donazione totale che Maria fece di sé, divenendo modello di ogni anima che si consacra al Signore. (Mess. Rom.)

Martirologio Romano: Memoria della Presentazione della beata Vergine Maria. Il giorno dopo la dedicazione della basilica di Santa Maria Nuova costruita presso il muro del tempio di Gerusalemme, si celebra la dedicazione che fece di se stessa a Dio fin dall’infanzia colei che, sotto l’azione dello Spirito Santo, della cui grazia era stata riempita già nella sua immacolata concezione, sarebbe poi divenuta la Madre di Dio.

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La memoria odierna della Presentazione della Beata Vergine Maria ha un'importanza notevole, non solo perchè in essa vien commemorato uno dei misteri della vita di Colei che Dio ha scelto come Madre del Suo Figlio e come Madre della Chiesa, nè soltanto perchè in questa 'presentazione' di Maria vien richiamata la 'presentazione' al Padre celeste di Cristo e, anzi, di tutti i cristiani, ma anche perchè essa costituisce un gesto concreto di ecumenismo, di dialogo con i nostri fratelli dell'Oriente. Questo emerge con chiarezza sia dalla nota di commento degli estensori del nuovo calendario sia dalla nota della Liturgia delle Ore, che dice: 'In questo giorno della dedicazione (543) della chiesa di S. Maria Nuova, costruita presso il tempio di Gerusalemme, celebriamo insieme ai cristiani d'oriente quella 'dedicazione' che Maria fece a Dio di se stessa fin dall'infanzia, mossa dallo Spirito Santo, della cui grazia era stata ricolma nella sua immacolata concezione'. Il fatto della presentazione di Maria al tempio, com'è, noto, non è narrato in nessun passo dei testi sacri, mentre viene proposto con abbondanza di particolari dagli apocrifi, cioè da quegli scritti molto antichi e per tanti aspetti analoghi ai libri della Bibbia, che tuttavia sempre la Chiesa ha rifiutato di considerare come ispirati da Dio e quindi come Sacra Scrittura. Or secondo tali apocrifi, la presentazione di Maria al tempio non avvenne senza pompa: sia nel momento della sua offerta che durante la permanenza nel tempio si verificarono alcuni fatti prodigiosi: Maria, secondo la promessa fatta dai suoi genitori, fu condotta nel tempio a tre anni, accompagnata da un gran numero di fanciulle ebree che tenevano delle torce accese, col concorso delle autorità gerosolimitane e tra il canto degli angeli. Per salire al tempio vi erano quindici gradini, che Maria salì da sola, benchè tanto piccola. Gli apocrifi dicono ancora che Maria nel tempio si alimentava con un cibo straordinario recatole direttamente dagli Angeli e che ella non risiedeva con le altre bambine ma addirittura nel 'Sancta Sanctorum' (che veniva invece "visitato" una sola volta all'anno dal solo Sommo Sacerdote).
La realtà della presentazione di Maria dovette essere molto più modesta e insieme più gloriosa. Fu infatti anche attraverso questo servizio al Signore nel tempio, che Maria preparò il suo corpo, ma soprattutto la sua anima, ad accogliere il Figlio di Dio, attuando in se stessa la parola di Cristo: 'Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano'.



Stellina788
00domenica 21 novembre 2010 12:23

San Rufo

21 novembre

Martirologio Romano: Commemorazione di san Rufo, che san Paolo Apostolo scrivendo ai Romani chiama prescelto nel Signore.



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