23 luglio

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Stellina788
00venerdì 23 luglio 2010 09:37

Santa Brigida di Svezia Religiosa, fondatrice

23 luglio

Finsta, Uppsala (Svezia), giugno 1303 – Roma, 23 luglio 1373

Compatrona d'Europa, venerata dai fedeli per le sue «Rivelazioni», nacque nel 1303 nel castello di Finsta, nell'Upplandi (Svezia), dove visse con i genitori fino all'età di 12 anni. Sposò Ulf Gudmarson, governatore dell'Östergötland, dal quale ebbe otto figli.Secondo la tradizione devozionale, nel corso delle prime rivelazioni, Cristo le avrebbe affidato il compito di fondare un nuovo ordine monastico. Nel 1349 Brigida lasciò la Svezia per recarsi a Roma, per ottenere un anno giubilare e l'approvazione per il suo ordine, che avrebbe avuto come prima sede il castello reale di Vastena, donatole dal re Magnus Erikson. Salvo alcuni pellegrinaggi, rimase a Roma fino alla sua morte avvenuta il 23 luglio 1373. La sua canonizzazione avvenne nel 1391 ad opera di Papa Bonifacio IX. (Avvenire)

Patronato: Svezia, Europa (Giovanni Paolo II, 1/10/99)

Etimologia: Brigida (come Brigitta) = alta, forte, potente, dall'irlandese

Martirologio Romano: Santa Brigida, religiosa, che, data in nozze al legislatore Ulfo in Svezia, educò nella pietà cristiana i suoi otto figli, esortando lo stesso coniuge con la parola e con l’esempio a una profonda vita di fede. Alla morte del marito, compì numerosi pellegrinaggi ai luoghi santi e, dopo aver lasciato degli scritti sul rinnovamento mistico della Chiesa dal capo fino alle sue membra e aver fondato l’Ordine del Santissimo Salvatore, a Roma passò al cielo.

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Nel tardo Medioevo, sia in campo civile che in quello ecclesiastico, gli uomini si dilaniavano in lotte intestine, provocando guerre tra gli Stati e scismi nella Chiesa e mettendo a rischio la stessa sopravvivenza della civiltà cristiana, davanti al pericolo sempre incombente dei musulmani.
Dio allora suscitò donne come santa Brigida di Svezia e santa Caterina da Siena, contemporanee, che con il loro carisma cercarono di pacificare gli animi e di ricostruire l’unità della Chiesa, dando un contributo, sotto certi aspetti determinante, alla civiltà europea.
E giustamente sia s. Brigida patrona della Svezia (1303-1373), sia s. Caterina da Siena compatrona d’Italia (1347-1380), sono state proclamate compatrone dell’Europa, insieme a s. Benedetto da Norcia (470-547).

Sue origini e formazione
Brigida o Brigitta o Birgitta, nacque nel giugno 1303 nel castello di Finsta presso Uppsala in Svezia; suo padre Birgen Persson era ‘lagman’, cioè giudice e governatore della regione dell’Upplan, la madre Ingeborga era anch’essa di nobile stirpe.
In effetti Brigida apparteneva alla nobile stirpe dei Folkunghi e discendeva dal pio re cristiano Sverker I; ebbe altri sei fratelli e sorelle e le fu imposto il nome di Brigida, in onore di santa Brigida Cell Dara († 525), monaca irlandese, della quale i genitori erano devoti.
Dopo la morte della madre, a 12 anni fu mandata presso la zia Caterina Bengtsdotter, a completare la propria formazione; ancora fanciulla, Brigida dopo aver ascoltato una predica sulla Passione di Gesù, ebbe con Lui un profondo colloquio che le rimase impresso per sempre nella memoria.
Alla domanda: “O mio caro Signore, chi ti ha ridotto così?”, si sentì rispondere: “Tutti coloro che mi dimenticano e disprezzano il mio amore!”. La bambina decise allora di amare Gesù con tutto il cuore e per sempre.
Presso la zia, Brigida trascorse due anni, dove apprese le buone maniere delle famiglie nobili, la scrittura e l’arte del ricamo; durante questi anni non mancarono nella sua vita alcuni fenomeni mistici, come la visione del demonio sotto forma di mostro dai cento piedi e dalle cento mani.

Sposa e madre cristiana
A 14 anni, secondo le consuetudini dell’epoca, il padre la destinò in sposa del giovane Ulf Gudmarsson figlio del governatore del Västergötland; in verità Brigida avrebbe voluto consacrarsi a Dio, ma vide nella disposizione paterna la volontà di Dio e serenamente accettò.
Le nozze furono celebrate nel settembre 1316 e la sua nuova casa fu il castello di Ulfasa, presso le sponde del lago Boren; il giovane sposo, nonostante il suo nome, che significava ‘lupo’, si dimostrò invece uomo mite e desideroso di condurre una vita conforme agli insegnamenti evangelici.
Secondo quanto scrisse e raccontò poi la figlia s. Caterina di Svezia, al processo di canonizzazione, i due sposi vissero per un biennio come fratello e sorella nella preghiera e nella mortificazione; soltanto tre anni dopo nacque la prima figlia e in venti anni Brigida diede al marito ben otto figli, quattro maschi (Karl, Birger, Bengt e Gudmar) e quattro femmine (Marta, Karin, Ingeborga e Cecilia).
Nel 1330 il marito Ulf Gudmarsson fu nominato “lagman” di Närke e successivamente i due coniugi divennero anche Terziari Francescani; dietro questa nomina, c’era tutto l’impegno di Brigida, che gli aveva insegnato a leggere e scrivere e Ulf approfittando della spinta culturale della moglie, aveva approfondito anche lo studio del diritto, meritando tale carica.
Per venti anni Ulfasa fu il centro della vita di Brigida e tutta la provincia dell’Ostergötland divenne il suo mondo, il suo ruolo non fu solo quello di principessa di Närke, ma senza ostentare alcuna vanagloria, fu una ottima massaia, dirigeva il personale alle sue dipendenze, mescolata ad esso svolgeva le varie attività domestiche, instaurando un benefico clima di famiglia.
Si dedicava particolarmente ai poveri e alle ragazze, procurando a quest’ultime una onesta sistemazione per non cadere nella prostituzione; inoltre fece costruire un piccolo ospedale, dove ogni giorno si recava ad assistere gli ammalati, lavandoli e rammendando i loro vestiti.
In questo intenso periodo, conobbe il maestro Matthias, uomo esperto in Sacra Scrittura, di vasta cultura e zelante sacerdote; ben presto divenne il suo confessore e si fece tradurre da lui in svedese, buona parte della Bibbia per poterla leggere e meditare meglio; la sua presenza apportò a Brigida la conoscenza delle correnti di pensiero di tutta l’Europa, giacché don Matthias aveva studiato a Parigi, e tutto ciò si rivelerà utile per la conoscenza delle problematiche del tempo, preparandola alla sua futura missione.

Alla corte reale di Svezia
Quando però nel 1335, il re di Svezia Magnus II sposò Bianca di Dampierre, Brigida che era lontana cugina del sovrano, fi invitata a stabilirsi a corte, per ricevere ed assistere la giovane regina, figlia di Giovanni I, conte di Namur.
L’invito non si poteva respingere e quindi Brigida affidati due figlie e un figlio a monasteri cistercensi, lasciò temporaneamente la sua casa di Ulfasa e si trasferì a Stoccolma, portando con sé il figlio più piccolo, bisognoso ancora delle cure materne.
Ebbe grande influenza sui giovani sovrani e finché fu ascoltata, la Svezia ebbe buone leggi e furono abolite ingiuste ed inumane consuetudini, come il diritto regio di rapina su tutti i beni dei naufraghi, inoltre furono mitigate le tasse che opprimevano il popolo.
Poi man mano, mentre la regina cresceva, manifestando una eccessiva frivolezza favorita dalla debolezza del marito, Brigida si trovò messa da parte e la vita di corte divenne molto mondana.
A questo punto, senza rompere i rapporti con i sovrani, approfittando di momenti propizi e del lutto che l’aveva colpita con la morte nel 1338 del figlio Gudmar, Brigida lasciò la corte e se ne ritornò a casa sua, ritrovando nel castello di Ulfasa nella Nericia, la gioia della famiglia e della convivenza e con il marito si recò in pellegrinaggio a Nidaros per venerare le reliquie di sant’Olav Haraldsson (995-1030) patrono della Scandinavia.

Dalla vita coniugale allo stato religioso – L’esperienza mistica
Quando nel 1341 i due coniugi festeggiarono le nozze d’argento, vollero recarsi in pellegrinaggio a Santiago di Compostella; quest’evento segnò una svolta decisiva nella vita dei due coniugi, che già da tempo vivevano vita fraterna e casta.
Nel viaggio di ritorno, Ulf fu miracolosamente salvato da sicura morte grazie ad un prodigio e i due coniugi presero la decisione di abbracciare la vita religiosa, era una cosa possibile in quei tempi e parecchi santi e sante provengono da questa scelta condivisa.
Al ritorno, Ulf fu accolto nel monastero cistercense di Alvastra, dove poi morì il 12 febbraio 1344 assistito dalla moglie; Brigida a sua volta, avendo esaurito la sua missione di sposa e di madre, decise di trasferirsi in un edificio annesso al monastero di Alvastra, dove restò quasi tre anni fino al 1346.
Fu l’inizio del periodo più straordinario della sua vita; dopo un periodo di austerità e di meditazione sui divini misteri della Passione del Signore e dei dolori e glorie della Vergine, cominciò ad avere le visioni di Cristo, che in una di queste la elesse “sua sposa” e “messaggera del gran Signore”; iniziò così quello straordinario periodo mistico che durerà fino alla sua morte.
Ai suoi direttori spirituali come il padre Matthias, Brigida dettò le sue celebri “Rivelazioni”, sublimi intuizioni e soprannaturali illuminazioni, che ella conobbe per tutta la vita e che furono poi raccolte in otto bellissimi volumi.

Stimolatrice di riforme e di pace in Europa
Durante le visioni, Cristo la spingeva ad operare per il bene del Paese, dell’Europa e della Chiesa; non solo tornò a Stoccolma per portare personalmente al re e alla regina “gli ammonimenti del Signore”, ma inviò lettere e messaggi ai sovrani di Francia e Inghilterra, perché terminassero l’interminabile ‘Guerra dei Trent’anni’.
Suoi messaggeri furono mons. Hemming, vescovo di Abo in Finlandia e il monaco Pietro Olavo di Alvastra; un altro monaco omonimo divenne suo segretario.
Esortò anche papa Clemente VI a correggersi da alcuni gravi difetti e di indire il Giubileo del 1350, inoltre di riportare la Sede pontificia da Avignone a Roma.

La fondazione del nuovo Ordine religioso
Nella solitudine di Alvastra, concepì anche l’idea di dare alla Chiesa un nuovo Ordine religioso che sarà detto del Santo Salvatore, composto da monasteri ‘doppi’, cioè da religiosi e suore, rigorosamente divisi e il cui unico punto d’incontro era nella chiesa per la preghiera in comune; ma tutti sotto la guida di un’unica badessa, rappresentante la Santa Vergine e con un confessore generale.
Ottenuto dal re, il 1° maggio 1346, il castello di Vadstena, con annesse terre e donazioni, Brigida ne iniziò i lavori di ristrutturazione, che durarono molti anni, anche perché papa Clemente VI non concesse la richiesta autorizzazione per il nuovo Ordine, in ottemperanza al decreto del Concilio Ecumenico Lateranense del 1215, che proibiva il sorgere di nuovi Ordini religiosi.
Per questo già nell’autunno del 1349, Brigida si recò a Roma, non solo per l’Anno Santo del 1350, ma anche per sollecitare il papa, quando sarebbe ritornato a Roma, a concedere l’approvazione, che fu poi concessa solo nel 1370 da papa Urbano V.
L’Ordine del Ss. Salvatore, era costituito ispirandosi alla Chiesa primitiva raccolta nel Cenacolo attorno a Maria; la parte femminile era formata da 60 religiose e quella maschile da 25 religiosi, di cui 13 sacerdoti a ricordo dei 12 Apostoli con s. Paolo e 2 diaconi e 2 suddiaconi rappresentanti i primi 4 Padri della Chiesa e otto frati.
Riassumendo, ogni comunità doppia era composta da 85 membri, dei quali 60 suore che con i 12 monaci non sacerdoti rappresentavano i 72 discepoli, più i 13 sacerdoti come sopra detto.
Il gioco di numeri, rientrava nel gusto del tempo per il simbolismo, rappresentare gli apostoli e i discepoli, spingeva ad un richiamo concreto a vivere come loro erano vissuti; senza dimenticare che in quell’epoca non esisteva crisi vocazionale e ciò permetteva di raggiungere senza difficoltà il numero di monache e religiosi prescritto per ogni doppio monastero.

Roma sua seconda patria
Arrivata a Roma insieme al confessore, al segretario Pietro Magnus e al sacerdote Gudmaro di Federico, alloggiò brevemente nell’ospizio dei pellegrini presso Castel Sant’Angelo, e poi nel palazzo del cardinale Ugo Roger di Beaufort, fratello del papa, che vivendo ad Avignone, aveva deciso di metterlo a disposizione di Brigida, la cui fama era giunta anche alla Curia avignonese.
Roma non fece una buona impressione a Brigida, ne migliorò in seguito; nei suoi scritti la descriveva popolata di rospi e vipere, le strade piene di fango ed erbacce, il clero avido, immorale e trascurato.
Si avvertiva fortemente la lontananza da tanto tempo del papa, al quale descriveva nelle sue lettere la decadente situazione della città, spronandolo a ritornare nella sua sede, ma senza riuscirci.
Vedere l’Europa unita e in pace, governata dall’imperatore e guidata spiritualmente dal papa, era il sogno di Brigida e dei grandi spiriti del suo tempo.
Dopo quattro anni, si trasferì poi nella casa offertale nel suo palazzo, dalla nobildonna romana Francesca Papazzurri, nelle vicinanze di Campo de’ Fiori; Roma divenne così per Brigida la sua seconda patria.
Trascorreva le giornate studiando il latino, dedicandosi alla preghiera e alle pratiche di pietà, trascrivendo in gotico le visioni e le rivelazioni del Signore, che poi passava subito al suo segretario Pietro Olavo perché le traducesse in latino.
Dalla dimora di Campo de’ Fiori, che abiterà fino alla morte, inviava lettere al papa, ai reali di Svezia, alle regine di Napoli e di Cipro e naturalmente ai suoi figli e figlie rimasti a Vadstena.

Apostola riformatrice in Italia
Si spostò in pellegrinaggio a vari santuari del Centro e Sud d’Italia, Assisi, Ortona, Benevento, Salerno, Amalfi, Gargano, Bari; nel 1365 Brigida andò a Napoli dove fu artefice e ispiratrice di una missione di risanamento morale, ben accolta dal vescovo e dalla regina Giovanna che seguendo i suoi consigli, operò una radicale conversione nei suoi costumi e in quelli della corte.
Napoli ha sempre ricordato con venerazione la santa del Nord Europa, e a lei ha dedicato un bella chiesa e la strada ove è situata nel centro cittadino; recentemente le sue suore si sono stabilite nell’antico e prestigioso Eremo dei Camaldoli che sovrasta Napoli.
Brigida, si occupò anche della famosa abbazia imperiale di Farfa nella Sabina, vicino Roma, dove l’abate con i monaci “amava più le armi che il claustro”, ma il suo messaggio di riforma non fu ascoltato da essi.
Mentre era ancora a Farfa, fu raggiunta dalla figlia Caterina (Karin), che nel 1350 era rimasta vedova e che rimarrà al suo fianco per sempre, condividendo in pieno l’ideale della madre.
Ritornata a Roma, Brigida continuò a lanciare richiami a persone altolocate e allo stesso popolo romano, per una vita più cristiana, si attirò per questo pesanti accuse, fino ad essere chiamata “la strega del Nord” e a ridursi in estrema povertà, e lei la principessa di Nericia, per poter sostenere sé stessa e chi l’accompagnava, fu costretta a chiedere l’elemosina alla porta delle chiese.

Il ritorno temporaneo del papa – Pellegrina in Terra Santa
Nel 1367 sembrò che le sue preghiere si avverassero, il papa Urbano V tornò da Avignone, ma la sua permanenza a Roma fu breve, perché nel 1370 ripartì per la Francia, nonostante che Brigida gli avesse predetto una morte precoce se l’avesse fatto; infatti appena giunto ad Avignone, il 24 settembre 1370 il papa morì.
Durante il breve periodo romano, Urbano V concesse la sospirata approvazione dell’Ordine del Ss. Salvatore e Caterina di Svezia ne diventò la prima Superiora Generale.
Brigida continuò la sua pressione epistolare, a volte molto infuocata, anche con il nuovo pontefice Gregorio XI, che già la conosceva, affinché tornasse il papato a Roma, ma anche lui pur rimanendo impressionato dalle sue parole, non ebbe il coraggio di farlo.
Ma anche Brigida, ormai settantenne, si avviava verso la fine; ottenuto il via per il suo Ordine religioso, volle intraprendere il suo ultimo e più desiderato pellegrinaggio, quello in Terra Santa.
L’accompagnavano il vescovo eremita Alfonso di Jaén custode delle sue ‘Rivelazioni’ messe per iscritto, di cui molte rimaste segrete, poi i due sacerdoti Olavo, Pietro Magnus e i figli Caterina, Birger e Karl e altre quattro persone, in totale dodici pellegrini.
Verso la fine del 1371, la comitiva partì da Roma diretta a Napoli, dove trascorse l’inverno; in prossimità della partenza, nel marzo 1372 Brigida vide morire di peste il figlio Karl, ma non volle annullare il viaggio e dopo aver pregato per lui e provveduto alla sepoltura, s’imbarcò per Cipro, dove fu accolta dalla regina Eleonora d’Aragona, che approfittò del suo passaggio per attuare una benefica riforma nel suo regno.
A maggio 1372 arrivò a Gerusalemme, dove in quattro mesi poté visitare e meditare nei luoghi della vita terrena di Gesù, poi ritornò a Roma col cuore pieno di ricordi ed emozioni e subito inviò ad Avignone il vescovo Alfonso di Jaén, con un’ulteriore messaggio per il papa, per sollecitarne il ritorno a Roma.

Morte, eredità spirituale, culto
A Gerusalemme, Brigida contrasse una malattia, che in fasi alterne si aggravò sempre più e in breve tempo dal suo ritorno a Roma, il 23 luglio 1373, la santa terminò la sua vita terrena, con accanto la figlia Caterina alla quale aveva affidato l’Ordine del Ss. Salvatore; nella sua stanza da letto si celebrava l’Eucaristia ogni giorno e prima di morire ricevette il velo di monaca dell’Ordine fa lei fondato.
Unico suo rimpianto era di non aver visto il papa tornare a Roma definitivamente, cosa che avverrà poco più di tre anni dopo, il 17 gennaio 1377, per mezzo di un’altra donna s. Caterina da Siena, che continuando la sua opera di persuasione, con molta fermezza, riuscì nell’intento.
Fu sepolta in un sarcofago romano di marmo, collocato dietro la cancellata di ferro nella Chiesa di S. Lorenzo in Damaso; ma già il 2 dicembre 1373, i figli Birger e Caterina, partirono da Roma per Vadstena, portando con loro la cassa con il corpo, che fu sepolto nell’originario monastero svedese il 4 luglio 1374.
A Roma rimasero alcune reliquie, conservate tuttora nella Chiesa di San Lorenzo in Panisperna e dalle Clarisse di San Martino ai Monti.
La figlia Caterina e i suoi discepoli, curarono il suo culto e la causa di canonizzazione; Brigida di Svezia fu proclamata santa il 7 ottobre 1391, da papa Bonifacio IX.
Del suo misticismo rimangono le “Rivelazioni”, raccolte in otto volumi e uno supplementare, ad opera dei suoi discepoli. A questi scritti la Chiesa dà il valore che hanno le rivelazioni private; sono credibili per la santità della persona che le propone, tenendo sempre conto dei condizionamenti del tempo e della persona stessa.
Come tante spiritualità del tardo medioevo, Brigida ebbe il merito di mettere le verità della fede alla portata del popolo, con un linguaggio visivo che colpiva la fantasia, toccava il cuore e spingeva alla conversione; per questo le “Rivelazioni” ebbero il loro influsso per lungo tempo nella vita cristiana, non solo dei popoli scandinavi, ma anche dei latini.
Papa Giovanni Paolo II la proclamò compatrona d’Europa il 1° ottobre 1999; santa Brigida è inoltre patrona della Svezia dal 1° ottobre 1891.

Le Suore Brigidine
Il suo Ordine del SS. Salvatore, le cui religiose sono dette comunemente “Suore Brigidine”, ebbe per due secoli un grande influsso sulla vita religiosa dei Paesi Scandinavi e nel periodo di maggiore fioritura, contava 78 monasteri ‘doppi’, nonostante le rigide regole numeriche, diffusi particolarmente nei Paesi nordici. Declinò e fu sciolto prima con la Riforma Protestante luterana, poi con la Rivoluzione Francese; in Italia le due prime Case si ebbero a Firenze e a Roma.
L’antico Ordine è rifiorito nel ramo femminile, grazie alla Beata Maria Elisabetta Hesselblad (1870-1957), che ne fondò un nuovo ramo all’inizio del Novecento; ora è diffuso in vari luoghi d’Europa, fra cui Vadstena, primo Centro dell’Ordine; le Suore Brigidine si riconoscono per il tipico copricapo, due bande formano sul capo una croce, i cui bracci sono uniti da una fascia circolare e con cinque fiamme, una al centro e quattro sul bordo, che ricordano le piaghe di Cristo.



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00venerdì 23 luglio 2010 09:37

Beato Cristino Adalberto (Krystyn Wojciech) Gondek Sacerdote e martire

23 luglio

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Slona, Polonia, 6 aprile 1909 – Dachau, Germania, 23 luglio 1942

Il beato Krystyn Wojciech Gondek, sacerdote professo dell’Ordine dei Frati Minori, nacque a Slona, Polonia, il 6 aprile 1909. Dal paese natio, occupato dai nemici della dignità umana e della religione, fu deportato e rinchiuso nel campo di prigionia di Dachau per la sua fede in Cristo. Qui conseguì tra molte sofferenze la corona gloriosa del martirio il 23 luglio 1942. Fu beatificato da Giovanni Paolo II il 13 giugno 1999.

Etimologia: Adalberto = di illustre nobiltà, dal tedesco

Martirologio Romano: A Dachau vicino a Monaco di Baviera in Germania, beato Cristino Gondek, sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori e martire, che, durante l’occupazione dalla Polonia sotto un regime contrario alla dignità umana e alla religione, fu deportato per la fede in Cristo nel campo di prigionia e, sottoposto a tortura, conseguì la gloriosa corona del martirio.


Wojciech Gondek nacque a Slona, diocesi di Tarnow, il 6 aprile 1909. Entrò tra i Frati Minori nella Provincia di Santa Maria degli Angeli nel 1928. Emise poi la professione temporanea il 26 agosto 1929 a quella solenne il 18 aprile 1933, assumendo il nome di Krystyn. Ordinato presbitero il 21 giugno 1936, a Wloclaweck ricoprì gli uffici di confessore e predicatore sino al 1938. Fu dunque anche eletto vicario della Fraternità. Dal 1939 fino al momento dell’arresto assunse inoltre la cura pastorale dell’intera città, essendo stati imprigionati tutti i sacerdoti, compreso il parroco della cattedrale.
Fu poi anch’egli arrestato il 26 agosto 1940 per essere deportato nel campo di concentramento di Sachsenhausen, nei pressi di Berlino. Il 12 dicembre successivo fu però trasferito a Dachau, dove morì, a seguito degli stenti patiti, il 23 luglio 1942. Il suo corpo fu bruciato nel crematorio del campo e le sue ceneri vennero disperse.
Giovanni Paolo II lo beatificò a Varsavia (Polonia) il 13 giugno 1999 con altri 107 martiri polacchi, tra i quali figurano quattro altri suoi confratelli. In data odierna è commemorato dal nuovo Martyrologium Romanum nell’anniversario del suo glorioso martirio.



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00venerdì 23 luglio 2010 09:38

Beato Emilio Arce Diez Coadiutore salesiano, martire

23 luglio

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San Martin de Ubierna, Spagna, 31 ottobre 1908 - Madrid, Spagna, 23 luglio 1936


Nacque a San Martin de Ubierna (Burgos) il 31 ottobre 1908 e fu battezzato due giorni dopo. Emise i voti a Carabanchel Alto (Madrid) il 16 luglio 1926. Lavorò nei collegi di La Coruña, Astudillo e Madrid come capo-sarto.
Fu una delle prime vittime della rivoluzione. Infatti il 23 luglio del 1936 a Madrid venne riconosciuto come religioso, arrestato e fucilato.
Beatificato il 28 ottobre 2007.



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00venerdì 23 luglio 2010 09:39

Sant' Ezechiele Profeta

23 luglio

Ezechiele viene considerato il profeta che fa da ponte tra due diverse epoche della storia d'Israele, quella pre-esilica e quella post-esilica; è situato tra Geremia e Daniele; la sua attività sociale e religiosa si svolge fra i deportati, in particolare a Tell-Abib o Colle delle spighe. Egli stesso descrive le sue vicissitudini: nel 597, quando aveva circa venticinque anni, venne deportato da Nabucodonosor in Babilonia insieme a diecimila persone fra le quali il re Ioakin, la corte, notabili, sacerdoti, artigiani. Dalla bocca di Ezechiele gli esuli, sistemati lungo il gran canale fra Babilonia e Nippur a coltivare i campi, ascoltavano i messaggi di Jahweh. Delle molteplici visioni di Ezechiele alcune sono state ripetutamente rappresentate in opere d'arte. Fra di loro è singolarmente significativa quella, grandiosa, del campo cosparso di ossa secche che al soffio di Dio riprendono vita rivestendosi di carne. Se per i giudei tale visione è simbolo della sicura restaurazione nazionale a gloria di Dio e a dimostrazione della sua potenza, per i cristiani è assurta a simbolo della resurrezione della carne. (Avvenire)

Etimologia: Ezechiele = Dio è la mia forza, dall'ebraico

Martirologio Romano: Commemorazione di sant’Ezechiele, profeta, che, figlio del sacerdote Buzì, al tempo dell’esilio nella terra dei Caldei fu onorato della visione della gloria del Signore e, posto come sentinella sulla casa di Israele, rimproverò l’infedeltà del popolo eletto, predicendo la distruzione ormai prossima della città santa di Gerusalemme e la deportazione del popolo; presente egli stesso in mezzo ai prigionieri, tenne viva la loro speranza, profetizzando che le loro ossa inaridite sarebbero risorte a nuova vita.


Nella chiesa latina il suo culto è stato introdotto presto, al 10 aprile già dal martirologio di Beda. Il Martirologio Romano conferma la data ricordando dettagli sulla morte e sulla sepoltura del profeta quale quello, ripreso da antica tradizione, che vuole Ezechiele ucciso in Babilonia da un capo del popolo di Israele, capo da lui ripreso per la sua idolatria.
Ezechiele viene considerato il profeta che fa da ponte tra due diverse epoche della storia d'Israele, quella pre-esilica e quella post-esilica; è situato tra Geremia e Daniele; la sua attività sociale e religiosa si svolge fra i deportati, in particolare a Tell-Abib o Colle delle spighe.
Egli stesso descrive le sue vicissitudini: nel 597, quando aveva circa venticinque anni, venne deportato da Nabucodonosor in Babilonia insieme a diecimila persone fra le quali il re Ioakin, la corte, notabili, sacerdoti, artigiani. Dalla bocca di Ezechiele gli esuli, sistemati lungo il gran canale fra Babilonia e Nippur a coltivare i campi, ascoltavano i messaggi di Iahweh.
Questi messaggi si traducono, attraverso profezie e visioni, in verità eterne raccordate alla storia concreta di quei tempi: la maestà e l'onnipotenza di Dio infinita e universale che si stende anche qui sui deportati; la potenza e la giustizia di Dio fino alla distruzione nel 586 di Gerusalemme e dello stesso Tempio; la profonda misericordia di Dio che impone il pentimento e la conversione.
Delle molteplici visioni di Ezechiele alcune sono state ripetutamente rappresentate in opere d'arte. Fra di loro è singolarmente significativa quella, grandiosa, del campo cosparso di ossa secche che al soffio di Dio riprendono vita rivestendosi di carne. Se per i Giudei tale visione è simbolo della sicura restaurazione nazionale a gloria di Dio e a dimostrazione della sua potenza, per i Cristiani è assurta a simbolo della resurrezione della carne nell'ultimo giudizio.



Stellina788
00venerdì 23 luglio 2010 09:39

Beati Germano di Gesù e Maria (Emanuele) Pérez Giménez e 8 compagni Martiri Spagnoli Passionisti

23 luglio

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+ 23 luglio 1936

Martirologio Romano: In località Carabanchel Bajo presso Madrid sempre in Spagna, beati martiri Germano di Gesù e Maria (Emanuele) Pérez Giménez, sacerdote, e otto compagni, religiosi sempre della Congregazione della Passione, che nella medesima persecuzione portarono a termine vittoriosi la loro prova per Cristo.


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00venerdì 23 luglio 2010 09:40

Beato Giacomo I d’Aragona Re, cofondatore dei Mercedari

23 luglio

+ 1276

Famoso Re d’Aragona, il Beato Giacomo I°, fu cofondatore con San Pietro Nolasco dell’Ordine Mercedario, il monarca come rito del cerimoniale nell’atto della fondazione, consegnò ai cavalieri lo scudo con le quattro sbarre rosse come emblema della monarchia che unito poi alla croce della cattedrale formerà lo stemma proprio dell’Ordine. Consegnò poi l’ospedale di Sant’Eulalia di Barcellona, che servì come primo convento dei mercedari e casa di accoglienza degli schiavi redenti. Piissimo sovrano, riportò molte vittorie sugli invasori mori, fu di grandissimo aiuto all’Ordine e dedicò molte chiese alla Madonna. Morì santamente nell’anno 1276.
L’Ordine lo festeggia il 23 luglio.



Fu il primo re che permise ai regni iberici orientali di espandere i loro domini  impostando un' unità politica che si può definire il primo abbozzo del futuro regno di Spagna. Giacomo I fu figlio del re d'Aragona Pietro II  il Cattolico e di Maria di Montpellier. Il suo regno fu caratterizzato sia da conquiste e rafforzamento del potere regio sia da una politica interna propositiva senza repressioni promuovendo lo sviluppo di uno Stato di diritto. La sua attività politica si è contraddistinta nel consolidare e espandere i domini sul Mediterraneo riconquistando da una parte i territori iberici dominati dai musulmani, dall'altra definendo i confini con la Francia.
Il  padre,  morì nel 1213, a Muret durante una battaglia contro Simone di Monfort per proteggere i territori occitani governati dai suoi vassalli. Giacomo, che era presente sul campo di battaglia, venne fatto inizialmente prigioniero ma  nel 1214, sotto pressione del Papa Innocenzo III, fu liberato e riconsegnato agli aragonesi .
Durante la sua infanzia rimase sotto la tutela dei Cavalieri templari.
Nel 1218 fondò a Barcellona insieme a San Pietro Nolasco, l'Ordine religioso dei Mercedari sotto proptezione della Madonna, nato per soccorrere i cristiani fatti schiavi dai saraceni e liberarli . L'ordine fu approvato da papa Gregorio IX nel 1235. Nelle insegne Giacomo concesse i pali rossi in campo d'oro del regno d'Aragona e la croce della cattedrale di Barcellona.
Nel febbraio del 1221, si sposò con Eleonora di Castiglia, figlia del re di Castiglia Alfonso VIII e di Eleonora Plantageneta. Il matrimonio fu annullato però nel 1229 per consanguineità.
I primi anni di regno furono contrassegnati da faticose dispute di potere con alcuni nobili aragonesi che lo fecero perfino prigioniero nel 1224. Nel 1227 attraverso il concordato di Alcalá si pose fine alle ambizioni di alcuni nobili di prendere la corona.
La stabilità politica interna, permise a Giacomo I di proteggere i  mercanti di Barcellona  Tarragona e  Tortosa dai pirati musulmani di Maiorca; nel 1229 la stessa isola fu conquistata (solo un piccolo nucleo di resistenza musulmana rimase attiva fino al 1232). Maiorca fu allora ripopolata da catalani del nord  (provenienti specialmente dall'attuale Rossiglione francese). L'isola di Minorca invece venne conquistata solo nel 1287 ad opera di Alfonso III e ripopolata da catalani.
Dal 1232 al 1238, Giacomo I con l'aiuto del nobile Blasco de Alagon e il maestro degli ospedalieri Hugo de Folcalquer, iniziò la conquista di Valencia. Nel 1245 ci fu la decisiva capitolazione del regno musulmano ad opera degli aragonesi con l'aiuto del regno di Castiglia. I mori si rivoltarono diverse volte e Giacomo rispettò le tradizioni e gli usi locali.
Dal 1232 al 1242 convocò due concili istituendo l'inquisizione ad opera di Raimondo di Peñafort. Questa prima inquisizione non fu particolarmente ostile tanto che anche gli ebrei non furono perseguitati. Incaricò negli stessi  anni il vescovo e giurista Vidal de Canelles, di redarre trattati di diritto (Compilacion de Canellas o de Huesca) ricchi di buon senso ed equità che si imposero come regolamenti generali dello Stato.
Nel 1235 si sposò con la principessa ungherese Violante (Jolanda) figlia del re Andrea II ed ebbe come figlio Pietro III il futuro re, e Giacomo II .
Nel 1241 ereditò dal cugino Nuño Sánchez le contee di Rossiglione e Cerdanya e la viscontea di Fenolleda attualmente in Francia, mentre non riuscì a tornare in possesso di Carcassone e della contea di Tolosa spodestate nel 1213 da Simone di Monfort e divenute ormai  feudo del re di Francia.
Nel 1258 con il trattato di Corbeil, Giacomo rinunciò definitivamente a tutta l'Occitania (territorio appartenuto agli antichi Conti di Barcellona) mantenendo solo Montpellier, Luigi IX re di Francia, rinunciò alla Catalogna e il Rossignone.
Nel 1269 Giacomo I volle intraprendere una crociata in Terra Santa partendo da Barcellona, ma la sua flotta, dispersa da una tempesta, si rifugiò in prossimità di Montpellier. Giacomo decise di desistere sul suo intento e annullò l'impresa, inviò solo una parte dell'esercito per aiutare la città di Acri contro gli assalti saraceni.  Probabilmente grazie al suo aiuto, la città riuscì a resistere ancora come ultimo baluardo cristiano in Terra Santa. Nel 1274, propose un'altra spedizione in Terra Santa, ma il concilio di Lione non accolse il suo proposito.
Giacomo I morì a Valencia nel 1276 lasciando al figlio Pietro III  il regno di Aragona e di Valencia e la Catalogna e a Giacomo II il nuovo regno di Maiorca e la signoria di Montpellier.



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00venerdì 23 luglio 2010 09:41

Beata Giovanna da Orvieto Domenicana

23 luglio

Cornaiolo, 1264 - Orvieto, 1306

Nata a Cornaiola, presso Orvieto, rimase presto orfana. Visse guadagnandosi il pane con il lavoro del ricamo e santificandolo nell'adempimento fedele dei suoi impegni di terziaria domenicana. Raggiunse i più alti gradi di vita mistica: riviveva la Passione ogni venerdì santo. La fama delle sue virtù le conferì un eccezionale ascendente sui suoi concittadini che seppe guadagnare a Cristo.

Martirologio Romano: A Orvieto in Umbria, beata Giovanna, vergine, Suora della Penitenza di San Domenico, insigne per carità e pazienza.


Giovanna da Orvieto, nata a Cornaiolo nel 1264, rimase orfana in tenerissima età e, mossa da un celeste istinto, si affidò tutta alla custodia degli Angeli di cui sentiva l’amorosa tutela. A dieci anni si consacrò a Gesù e già anelava a una vita di completa dedizione a Lui. Essa intanto cresceva bella e graziosa, mentre andava maturando in cuore il disegno di entrare nel Terz’Ordine di S. Domenico, allora in fiore, e i cui membri vestivano pubblicamente l’Abito e conducevano vita religiosa, senza però lasciare le rispettive case. Accortisi del suo divisamento, i parenti, con i quali Giovanna viveva, e che l’avevano già promessa a un ricco giovane del paese, si mostrarono oltre modo sdegnati e cominciarono ad ostacolarla in tutti i modi. La giovinetta allora, lasciata Carnaiada, si rifugiò nella vicina Orvieto, ove altri parenti la ospitarono offrendole una cameretta solitaria e la libertà di servire Dio. Giovanna, che aveva all’epoca solo 14 anni, poté così ricevere il bianco Abito dell’Ordine. La sua vita fu una mirabile ascesa nelle più eroiche vie dell’amore. Favorita da altissima contemplazione s’internava con tanta tenerezza nei misteri della Passione di Gesù, da meritarne la dolorosa partecipazione. Negli ultimi dieci anni della sua vita, tutti i venerdì, entrata in estasi, sembrava un crocifisso vivente, e le ossa le si dislogavano con tanto fragore, come se si frantumassero. Ai suoi concittadini fu specchio e maestra di vita cristiana. Dopo la morte, avvenuta il 23 luglio 1306 a Orvieto, dalla ferita del costato, scaturì vivo sangue e Dio la onorò con molti miracoli. Il suo corpo riposa nella chiesa cittadina di San Domenico. Papa Benedetto XIV l’11 settembre 1754 ha confermato il culto.



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00venerdì 23 luglio 2010 09:41

San Giovanni Cassiano

23 luglio

Dobrugia (Romania), ca. 360 - Marsiglia (Francia), 435

Martirologio Romano: A Marsiglia nella Provenza in Francia, san Giovanni Cassiano, sacerdote, che fondò due monasteri, l’uno maschile e l’altro femminile, e, nella sua lunga esperienza di vita monastica, scrisse le «Istituzioni cenobitiche» e le «Conferenze dei Padri» per l’edificazione dei monaci.


Come possibili suoi luoghi di nascita si indicano anche la Russia, la Siria, la Provenza. Di sicuro egli viene da una famiglia importante, fa buoni studi, e verso i vent’anni lo troviamo a Gerusalemme, semplice monaco: non vuole gradi né titoli. Più tardi, con un confratello di nome Germano, trascorre un periodo di vita eremitica nel deserto egiziano, e verso i 40 anni è a Costantinopoli, capitale dell’Impero romano d’Oriente, governato dal giovane sovrano Arcadio (e suo fratello Onorio regna sull’Occidente da Ravenna).
Qui Cassiano diviene prezioso collaboratore e amico del patriarca Giovanni, che per la smagliante eloquenza è soprannominato Crisostomo (“Bocca d’oro”), e che lo ordina pure diacono, forzando la sua volontà. Pare dunque che Costantinopoli sia per Giovanni Cassiano un promettente campo di lavoro; ma tutto cambia quando in un conflitto tra il patriarca e alcuni vescovi s’intromette anche l’imperatrice Eudosia: nell’agosto del 403 Giovanni Crisostomo viene deposto ed esiliato, anche perché non ha risparmiato critiche molto dure alla sovrana. Gli amici del patriarca mandano allora Cassiano a Roma, per chiedere al papa Innocenzo I un intervento in favore dell’esule. Ma sarà tutto inutile: richiamato brevemente a Costantinopoli, il Crisostomo si troverà poi nuovamente espulso, e morirà in esilio.
A Roma, Giovanni Cassiano si ferma per alcuni anni, e nel 410 sarà testimone del saccheggio dell’Urbe a opera dei Goti di Alarico. Nel 415 lo troviamo invece in Gallia, a Marsiglia, dove risulta essere anche sacerdote (ma si ignora quando abbia ricevuto l’ordinazione). Qui egli ritorna pienamente monaco, e fondatore di un monastero che sarà lungamente famoso: quello di San Vittore a Marsiglia.
E qui porta a termine le Istituzioni e le Conferenze, due opere fondamentali per il monachesimo occidentale prima di Benedetto da Norcia, che privilegiano la vita comunitaria rispetto a quella eremitica. Per lui, solo il monaco può dirsi imitatore perfetto del Cristo: un’affermazione che sarà poi respinta, perché considererebbe “imperfetti” senza rimedio tutti i credenti non monaci.
Ma a questo “estremismo” di Giovanni Cassiano ha contribuito l’imperatore Teodosio (379-395) che per opportunismo politico ha dichiarato il cristianesimo religione di Stato, praticamente obbligatoria, riempiendo così la Chiesa di pseudo-cristiani, di credenti per obbligo, paura, comodità. È l’immagine di questa Chiesa inquinata a ispirare il rigore di Cassiano. Il quale è già “gridato santo” subito dopo la morte, tra i cristiani d’Occidente e tra quelli d’Oriente, che lo ricordano rispettivamente il 23 e il 28-29 luglio. Il monastero di San Vittore, nel quale Giovanni Cassiano ha concluso la sua vita (trovando, secondo le sue parole, il "sicurissimo porto del silenzio"), è poi andato distrutto durante la Rivoluzione francese.



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00venerdì 23 luglio 2010 09:42

Beato Giovanni de Luca Mercedario

23 luglio

XIV secolo

Molto stimato tanto in Spagna che in Italia, il Beato Giovanni de Luca, fu inviato in redenzione ad Algeri in Africa nell’anno 1343, come profondo conoscitore di lingue orientali, gli furono di grande aiuto per la conversione di molti giudei e mussulmani e liberò 116 schiavi. Nella sua vita superò molte contrarietà arricchendosi di meriti e lodi. Trafitto dal divino amore e onorando l’Ordine Mercedario morì nella pace del Signore. L’Ordine lo festeggia il 23 luglio.



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00venerdì 23 luglio 2010 09:44

Beato Giovanni de Montesinos Martire mercedario

23 luglio

+ 1619

Intrepido missionario il Beato Giovanni de Montesinos, venne inviato dall’Ordine Mercedario ad evangelizzare i popoli barbari. Si prodigò intensamente per la conversione degli indios, dai quali fu poi trafitto dalle loro frecce e morì vittorioso nell’anno 1619 raggiungendo la moltitudine di martiri di Cristo.
L’Ordine lo festeggia il 23 luglio.



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00venerdì 23 luglio 2010 09:45

Beato Giuseppe Sala Picò Sacerdote e martire

23 luglio

>>> Visualizza la Scheda del Gruppo cui appartiene

Martirologio Romano: A Toledo ancora in Spagna, beati martiri Pietro Ruíz de los Paños e Giuseppe Sala Picó, sacerdoti dell’Istituto dei Sacerdoti Operai Diocesani, morti sempre nella stessa persecuzione.


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00venerdì 23 luglio 2010 09:46

Beato Leonardo da Recanati Vescovo

23 luglio

Di origine italiana, il Beato Leonardo da Recanati, fu un illustre vescovo dell’Ordine Mercedario e zelante pastore, guidando il suo popolo verso la perfezione nella fede. Con la santità della vita religiosa raggiunse la gloria eterna nel regno di Dio. L’Ordine lo festeggia il 23 luglio.



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00venerdì 23 luglio 2010 09:46

Beata Margherita Maria Lopez de Maturana Fondatrice

23 luglio

Bilbao, Spagna, 25 luglio 1884 - San Sebastián, Spagna, 23 luglio 1934

Margarita Maria Lopez de Maturana Ortiz de Zarate, fondatrice dell‚Istituto delle Suore Mercedarie Missionarie, nacque il 25 luglio 1884 a Bilbao (Spagna) e morì il 23 luglio 1934 a San Sebastián (Spagna). La sua causa di canonizzazione ha portato sinora al riconoscimento delle sue virtù eroiche il 16 marzo 1987 ed al riconoscimento di un miracolo avvenuto per sua intercessione il 28 aprile 2006. E' stata beatificata il 22 ottobre seguente.


Può una suora di clausura diventare di punto in bianco missionaria, al punto da essere considerata “una delle più grandi missionarie di inizio del secolo XX”? Certamente sì, potrebbe rispondere con la sua vita la beata Margherita Maria Lopez de Maturana. A patto che, beninteso, si lasci condurre da Dio, anche su strade inesplorate, e si lasci inondare dalla novità dello Spirito, il solo capace di cambiare in meglio tradizioni vecchie di secoli, il solo che è garanzia di rinnovamento nella fedeltà alle proprie radici.
Nasce il 25 luglio 1884 in Spagna, a Bilbao, e lo stesso giorno viene portata a battesimo con la sorella gemella: alla prima viene imposto il nome di Pilar, all’altra quello di Leonor. Oltre ad essere gemelle per nascita, lo saranno anche nella vocazione religiosa e nel cammino verso la santità. Così, mentre la prima è stata proclamata beata nel 2006, dell’altra è già stata riconosciuta l’eroicità delle virtù e si avvicina così anche per lei la data della beatificazione. Soltanto la risposta all’unica vocazione di Dio le differenzia: mentre Leonor entra nel convento delle Carmelitane della Carità, Pilar diventa invece suora Mercedaria nel convento di Berriz, lo stesso dove ha studiato da bambina e adolescente.
Vi entra a 19 anni, prendendo il nome di Suor Margherita Maria e subito si distingue: per la prolungata preghiera e per la sua carità verso tutti. Anzi, forse sono proprio queste, facendo crescere la sua intimità con il Signore, ad aiutarla a riscoprire il carisma originario dell’Ordine dei Mercedari:la liberazione dei prigionieri in terra di missione. E lei, suora di clausura, votata al silenzio e alla preghiera, comincia a domandarsi cosa può fare, a inizio Novecento, per attualizzare un carisma che quattro secoli prima aveva una chiara impronta missionaria, e che nel tempo aveva assunto la dimensione orante della clausura. Una ricerca, la sua, lunga circa 15 anni, cioè fino al 1919, quando nel convento di Berriz arrivano, dalla Cina e dall’India, due missionarie a portare la loro testimonianza. Che ha una potenza incendiaria nel cuore di questa suora, aumentando in lei il desiderio che “tutti sappiano che esiste un Dio che ci ama maternamente e ci porta nel palmo delle sue mani”.
Con il permesso della superiora comincia con il dare vita alla “Gioventù Mercedaria Missionaria”, prima associazione di quel genere in Spagna, e poi finisce per contagiare con la sua ansia missionaria l’intero convento, al punto che nel maggio 1926 tutte le suore della comunità ricevono il crocifisso missionario, preparando così la spedizione delle prime sei suore verso la Cina. Non si tratta quindi dell’avventura un po’ spavalda di una suora singolare o dell’ardimento di queste sei pioniere, ma il coinvolgimento dell’intera comunità claustrale. Il passo successivo, forse il più mediato e sofferto, è la trasformazione del convento di clausura in istituto missionario, ovviamente con il voto favorevole delle 94 suore e con il consenso della Santa Sede.
Il sogno di suor Margherita Maria si avvera il 23 maggio 1930 e l’anno successivo diventa lei la prima superiora dell’Istituto delle Missionarie della beata Vergine Maria della Mercede. In questa veste compie due volte il giro del mondo per accompagnare le sue suore che partono per la missione, per andarle a visitare nelle comunità già funzionanti, per seguire da vicino il progresso della “sua” opera, che oggi conta quasi 600 suore e 72 comunità distribuite nei vari continenti. Muore il 23 luglio 1934, due giorni prima del suo 50° compleanno, dopo un delicato intervento chirurgico per un male incurabile, promettendo alle sue suore di aiutarle dal cielo.
Il 22 ottobre 2006, nella cattedrale di Bilbao, la suora che “aveva il cuore rivolto verso il cielo, lo sguardo al tempo e i piedi per terra” e che aveva osato tanto sotto l’azione dello Spirito, è stata solennemente proclamata beata.



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00venerdì 23 luglio 2010 09:47

Beati Niceforo di Gesù e Maria (Vincenzo) Díez Tejerina e 5 compagni Martiri Spagnoli Passionisti

23 luglio

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+ 23 luglio 1936

Martirologio Romano: Nella città di Manzanares nella Nuova Castiglia in Spagna, beati Niceforo di Gesù e Maria (Vincenzo) Díez Tejerina, sacerdote, e cinque compagni della Congregazione della Passione, martiri, che, in tempo di persecuzione, essendo rimasti fedeli alla vocazione religiosa, ricevettero la corona del martirio con la fucilazione.


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00venerdì 23 luglio 2010 09:48

Beato Pedro Ruiz de los Paños y Ángel Sacerdote, martire, fondatore

23 luglio

Mora (Toledo) 18 settembre 1881 – Paseo del Transito di Toledo, 23 luglio 1936

Direttore Generale della Confraternita dei Sacerdoti Operai Diocesani. Fondò le Discepole di Gesù e lavorò molto per la crescita vocazionale. Fu martirizzato durante la Guerra Civile Spagnola.

Martirologio Romano: A Toledo ancora in Spagna, beati martiri Pietro Ruíz de los Paños e Giuseppe Sala Picó, sacerdoti dell’Istituto dei Sacerdoti Operai Diocesani, morti sempre nella stessa persecuzione.


Oggi diremmo che nel suo DNA c’era il germe del martirio, da sempre desiderato come completamento di una vita vissuta come un esilio, lontano da Dio e quindi ansioso di ricongiungersi a Lui. Nella sua consacrazione all’Amore Misericordioso, così pregava: “Accetterò la morte quando ti degnerai di inviarmela, ma, perché sei Onnipotente, ti supplico di abbreviare i giorni dell’esilio, consentendomi di possederti…Ti offro anche il sangue del mio corpo, con il desiderio di donartelo interamente, sia che venga sparso violentemente da mani altrui, sia che venga versato per un incidente o per una malattia”. Ecco il desiderio intimo di Pedro Ruiz de los Paños y Ángel, il quale nacque a Mora (Toledo) il 18 settembre 1881, ma considerò sempre Orgaz, dove risiedette, come sua città di origine.
Fu seminarista nel seminario di Toledo, poi presbitero entrò nella Fraternità dei Sacerdoti Operai Diocesani del Cuore di Gesù, fondati dal beato Manuel Domingo y Sol nel 1881; riguardo a questa scelta diceva: “Vi sfido a dirmi se vi è un altro ministero, nell’ambito sacerdotale, che renda maggior gloria a Dio della dedizione di tutta la vita alla formazione dei seminaristi, futuri ministri della Chiesa”.
Fu prefetto, amministratore e rettore, nei vari periodi trascorsi nei seminari di Malaga, Badajoz, Siviglia, Plasencia e nel Collegio spagnolo di Roma.
Nella Fraternità fu consigliere per sei anni e negli ultimi tre anni della sua vita ebbe la carica di Direttore generale della stessa. A Siviglia fondò l’Opera per la Promozione di Vocazioni, con lo scopo di aiutare anche economicamente i seminaristi; a Plasencia cominciò a pubblicare le “Pagine Vocazionali” e l’opuscolo per ragazzi “El Sembrador” (Il Seminatore); promosse la celebrazione del primo ‘Giorno del Seminario’.
Con gli ‘Operai’ del Seminario di Plasencia ordinò e trascrisse i 45 volumi di scritti originali del beato fondatore. Nel corso degli esercizi spirituali degli ‘Operai’ dal 26 giugno al 5 luglio del 1936 preparò tutti i partecipanti al martirio, visto il sorgere della sanguinosa Guerra Civile che devastò la Spagna dal 1936 al 1939, in cui perirono più di 7300 fra sacerdoti, religiosi, suore, seminaristi, novizi e vescovi, vittime di un odio religioso, conseguenza degli sconvolgimenti politici di quell’epoca.
Un giorno disse loro “Nella Fraternità si prega e si lavora molto. Sono contento degli Operai. Ci manca solo il sangue del martirio. C’è bisogno di Operai martiri”; molti dei presenti sarebbero stati uccisi nei giorni e mesi seguenti.
Fin dal 1934 aveva lavorato per la fondazione di una Congregazione religiosa di suore, le “Discepole di Gesù”, con lo scopo di dedicarle all’apostolato delle vocazioni sacerdotali e religiose; per inaugurare la loro prima Casa, giunse a Toledo il 16 luglio del 1936.
Ma la rivoluzione in atto, impedì alle suore di recarvisi in quei giorni, mentre cadevano le bombe intorno al seminario, don Pedro riuscì a creare un clima di autentico entusiasmo fra i presenti, preparandoli all’imminente martirio; durante la notte del 22 luglio, lasciarono il Seminario a piccoli gruppi, don Pedro e il rettore del seminario minore don José Sala si rifugiarono in casa di un sacerdote toledano don Alvaro Cepeda, dove trascorsero la notte.
Ma il mattino del 23 luglio, giunsero i rivoltosi rossi, che presero i tre sacerdoti e li condussero come in una Via Crucis al Paseo del Transito di Toledo, dove furono ammazzati con armi da fuoco. Padre Pedro Ruiz aveva 54 anni.
La Chiesa tramite il papa Giovanni Paolo II, l’ha beatificato il 1° ottobre 1995 insieme ad altri otto sacerdoti della Fraternità degli Operai Diocesani, tutti rettori e formatori in Seminari, martirizzati anch’essi nei giorni e mesi seguenti.
Della lista di cui padre Pedro Ruiz è il primo, fanno parte: José Sala Pico, Guillermo Plaza Hernández, Recaredo Centelles Abad, Antonio Perulles Estivill, Martín Martínez Pascual, José Pascual Carda Saporta, Isidoro Bover Oliver, José Peris Polo; questo è un primo gruppo di nove beatificati, su un totale di trenta sacerdoti della Fraternità, assurdamente uccisi.


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00venerdì 23 luglio 2010 09:49

San Severo Martire

23 luglio

Martirologio Romano: A Viza in Tracia, ora in Turchia, san Severo, martire, che, al tempo di Diocleziano e Massimiano, aspirando alla palma dei martiri, si ritiene abbia convertito alla fede il centurione san Memnóne e lo abbia seguito nella prova gloriosa.


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00venerdì 23 luglio 2010 09:49

San Valeriano di Cimiez Vescovo

23 luglio

Martirologio Romano: A Cimiez sempre in Provenza, san Valeriano, vescovo, che, elevato dal monastero di Lérins all’episcopato, propose al popolo e ai monaci gli esempi dei santi.


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00venerdì 23 luglio 2010 09:50

Beato Vasil Hopko Vescovo greco-cattolico, martire

23 luglio

Hrabske (Bardejov), 21 aprile 1904 – Presov (Slovacchia), 23 luglio 1976

Nato da famiglia povera, decise di entrare in seminario nel 1923. Fu ordinato sacerdote dal vescovo greco-cattolico di Presov il 3 febbraio 1929. Laureato in teologia nel 1940 fu ordinato vescovo l'11 maggio 1947. Tra il 1950 ed il 1964 fu incarcerato dal regime comunista, subendo torture. Dopo la scarcerazione, nonostante le precarie condizioni di salute Hopko contribuì attivamente al rinnovamento della Chiesa greco-cattolica. Morì il 23 luglio 1976.

Martirologio Romano: A Prešov in Slovacchia, beato Basilio Hopko, vescovo ausiliare e martire, che, sotto un regime ostile alla fede di Cristo e alla Chiesa, fu arrestato per aver svolto il suo ministero a servizio dei fedeli di Rito bizantino; sottoposto a torture, contrasse una lunga e dura malattia che lo accompagnò fino alla morte, ottenendo così la palma della vittoria.


Domenica 14 settembre 2003, papa Giovanni Paolo II ha beatificato durante una solenne celebrazione a Bratislava in Slovacchia, il vescovo greco-cattolico Vasil’ Hopko, martire del regime comunista nel periodo della ‘Chiesa del silenzio’; ed ai partecipanti il papa ha esortato: “Popolo slovacco, non ti vergognare mai del Vangelo! Custodiscilo nel tuo cuore come il tesoro più prezioso dal quale attingere luce e forza, nel pellegrinaggio quotidiano della vita”.
E con questi medesimi sentimenti, visse la sua vocazione sacerdotale, operò il suo ministero vescovile, sopportò le sofferenze inflittagli, morì santamente con l’immolazione della vita, Vasil’ (Basilio) Hopko, il quale nacque il 21 aprile 1904 ad Hrabske nella provincia di Bardejov in Slovacchia; secondo dei tre figli di Basil Hopko e Anna Petrenko, fedeli della Chiesa Cattolica di rito bizantino.
Giovane aspirante al sacerdozio, entrò nel seminario eparchiale di Presov, intraprese con successo gli studi necessari proseguendoli con quelli teologici, con un periodo a Roma inviato dal suo vescovo e per il resto presso l’Accademia teologica greco-cattolica di Presov.
Dopo il secondo anno di teologia, Vasil venne chiamato alle armi durante la Prima Guerra Mondiale (1915-1918) prestando servizio come assistente cappellano militare; dopo il congedo terminò gli studi nel 1928 e finalmente il 3 febbraio 1929 a Presov, ricevé l’ordinazione sacerdotale dal Servo di Dio il vescovo Paolo Gojdich dell’Ordine Basiliano, amministratore apostolico di Presov.
Fra i primi incarichi ebbe quello di amministratore nella parrocchia di Pakostov, poi fu incaricato dallo stesso vescovo di costituire una nuova parrocchia a Praga; lo Stato Slovacco ormai dal 1918, unito ai cechi era diventato la Cecoslovacchia; la nuova parrocchia di San Clemente divenne un centro spirituale per i fedeli ruteni della Boemia (i ruteni, così chiamati dalla Curia Romana, sono i fedeli di rito bizantino-slavo).
Per cinque anni, dal 1936 al 1941, Vasil’ Hopko fu nominato direttore spirituale del seminario eparchiale di Presov (le eparchie sono l’equivalente di rito greco, delle diocesi vescovili cattoliche); nell’aprile 1940 si laureò dottore in teologia nella Komensky Università di Bratislava.
Dal 1° settembre 1941 divenne segretario del vescovo e dal 1943 ebbe il prestigioso incarico di professore in teologia pastorale e teologia morale alla Facoltà di Teologia di Presov; finché l’11 maggio 1947 per i suoi indiscussi meriti, fu consacrato vescovo titolare di Midili e ausiliare di Presov.
Con il regime comunista, fautore della famigerata “cortina di ferro” che divideva i Paesi Occidentali da quelli satelliti dell’Unione Sovietica, in Cecoslovacchia in seguito ai tristi avvenimenti del Sobor (Concilio) di Presov del 28 aprile 1950, lo Stato mise anche la Chiesa greco-cattolica fuori legge e quindi soppressa.
A Presov il vescovo Gojdich venne imprigionato e il suo ausiliare mons. Hopko messo agli arresti domiciliari e sorvegliato dalla polizia; in seguito fu internato prima nel monastero di Bác presso Samorin e poi in quello francescano di Hlohovec.
Dopo vari tentativi fatti dai comunisti di farlo entrare nella Chiesa Ortodossa, alla fine anche mons. Vasil’ Hopko fu messo in prigione il 18 ottobre 1950, subendo per un anno interrogatori e trattamenti molto crudeli, finché il 24 ottobre 1951 fu condannato a 15 anni di carcere dalla Corte Suprema Slovacca di Bratislava, per “attività sovversiva e per aver intrattenuto contatti con uno Stato estero” (il Vaticano), inoltre doveva pagare come pena pecuniaria 20.000 corone cecoslovacche, perdendo i diritti civili di cittadino per 10 anni e subendo la confisca di tutti i beni.
Iniziò così per la sua fedeltà alla Chiesa Cattolica, una via crucis che portò il vescovo Hopko a subire carcere ed umiliazioni nelle varie prigioni di Bratislava, Ilava, Leopoldov, Praga, Mirov e Valdice. Dopo 13 anni e sei mesi, il 12 maggio 1964, fu scarcerato sotto condizione, per buona condotta e per la salute molto rovinata, a causa delle sofferenze fisiche e morali cui fu sottoposto, del cibo insufficiente, del freddo e della mancanza di adeguate cure sanitarie.
Scarcerato, visse fino all’inizio del 1968 nella casa di cura ad Osek nella Boemia settentrionale, sempre sotto il controllo costante della polizia segreta di Stato. Con la cosiddetta “Primavera di Praga” instaurata da Alexander Dubcek nel 1968, anche alla Chiesa Greco-Cattolica, fu dato il permesso di ristabilire le sue strutture e quindi pure mons. Hopko, anche se non pienamente riabilitato, riprese a riordinare la diocesi di Presov, collaborando poi con il nuovo Amministratore apostolico, nominato da papa Paolo VI.
Il 23 luglio 1976 morì a Presov in conseguenza della detenzione subita, infatti nel corso dell’esame tossicologico effettuato poi durante l’esumazione della salma, si accertò la presenza nelle ossa di arsenico, veleno che secondo le analisi, doveva essergli stato somministrato in piccole dosi e per lungo tempo.
A seguito della richiesta del metropolita di Pittsburg negli USA di rito bizantino, la Congregazione delle Cause dei Santi, autorizzò nel 1986, la competenza d’istruire la causa di beatificazione per il vescovo martire Hopko, da Presov a Pittsburg.
Ma con i successivi capovolgimenti politici, culminati con il crollo dei regimi comunisti e della ‘cortina di ferro’, la causa ritornò di competenza alla diocesi di Presov, sua sede naturale, venendo introdotta nel 1994.
I suoi persecutori furono mossi dall’odio per la fede cattolica e lui perdonandoli, offrì tutto se stesso per la fedeltà a Cristo ed alla Chiesa, accettando tutte le sofferenze inflittagli, pertanto è da considerarsi a tutti gli effetti un martire per la fede.



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