24 novembre

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Stellina788
00mercoledì 24 novembre 2010 10:38

Sant' Alberto di Lovanio Vescovo e martire

24 novembre

Martirologio Romano: A Reims in Francia, passione di sant’Alberto di Louvain, vescovo di Liegi e martire, che fu costretto all’esilio per aver difeso la libertà della Chiesa e fu ucciso nello stesso anno in cui era stato ordinato.


Stellina788
00mercoledì 24 novembre 2010 10:38

Beato Balsamo di Cava Abate

24 novembre

Sec. XIII

Martirologio Romano: Nel monastero di Cava de’ Tirreni in Campania, beato Balsamo, abate, che tra i torbidi e i conflitti del suo tempo svolse il suo ministero con saggezza e prudenza.

La storia dell'antica, celebre e, un tempo, Potentissima abbazia della Trinità, a Cava, presso Salerno, fondata subito dopo il Mille, e la storia dei suoi Abati, costituiscono, per gli studiosi, un terreno quanto mai fertile e appetibile. Ciò è dovuto soprattutto alla ricchezza e alla perfetta conservazione dell'archivio cavense, le cui " arche " custodiscono la ricchissima documentazione di quasi mille anni di storia. Monsignor Alfonso Farina, studioso della storia e delle glorie del Cilento, ci informa per esempio che le fonti originali riguardanti il solo Beato Simeone sono costituite da oltre quattrocento pergamene, che costituiscono dunque un corredo storico, a dir poco, imponente! Anche il Beato Balsamo fu Abate di quei monastero che può vantare una serie impressionante di uomini eccezionali succedutisi alla sua guida nel corso di più secoli. Quando si dice che l'abbazia di Cava ebbe grande importanza nei secoli del Medioevo, non si pensi che questa situazione di privilegio fosse un dono gratuito dei cielo: era il risultato delle capacità e della santità degli uomini che la componevano e la guidavano, così come le fortune di un paese dipendono in gran parte dai meriti dei propri abitanti e soprattutto dei governanti. Il Beato Balsamo fu, tra gli illustri Abati di Cava, uno dei più illustri. Resse con saggezza il monastero per ventiquattro anni, dal 1208 al 1232, anno della sua morte. Era un uomo di lettere, che seppe conquistarsi la stima dei Pontefici, e ciò era relativamente facile per un monaco spirituale e devoto, e anche quella di _un personaggio di assai più difficile contentatura, e cioè il grande imperatore Federico Il, il " chierico magno ", il " martello del mondo ", e anche uno dei più lucidi oppositori del Papato. Proprio per simpatia per il letterato Abate Balsamo, Federico II, anch'egli poeta e letterato, favorì quanto più poté il monastero di Cava. Gli storici debbono ammettere che questi favori furono dettati, più che da calcolo politico, come di solito succede per i potenti, da vera e propria simpatia personale. Tra l'altro, l'Abate Balsamo venne nominato " giustiziere a vita ", con licenza di condannare a morte nei territori di proprietà dell'abbazia, che costituivano un vero e proprio Principato.
Non crediamo che l'Abate Balsamo abbia mai fatto ricorso alla sua prerogativa di " giustiziere ", ma approfittò, giustamente, del proprio credito per recuperare i beni che indebitamente erano stati sottratti all'abbazia. Inoltre, il favore imperiale risparmiò a Cava i danni militari sofferti invece, in quegli anni, da Montecassino e da altri centri religiosi. Si deve anche a questo la provvidenziale conservazione del prezioso archivio dell'abbazia cavense.
La storia del Beato Balsamo, il cui culto venne confermato nel 1928, ha una curiosa appendice nei nostri tempi. Presso Milano, anzi, ormai compresa nella zona urbana della " grande Milano ", esiste una località chiamata Cinisello Balsamo. Non sappiamo quale sia l'origine di questo nome, e specialmente della seconda metà: ma evidentemente è possibile stabilire un rapporto, se non altro di devozione, tra il Balsamo di Cinisello e il Beato Balsamo di Cava. Proprio per questo, nel 1931, la località presso Milano ottenne un'importante reliquia dell'antico Abate cilentino, diventato così, per strana attrazione di nomi, patrono della lombarda Cinisello.



Stellina788
00mercoledì 24 novembre 2010 10:39

San Colman di Cloyne Vescovo

24 novembre

Poeta della corte reale di Cashel, Irlanda, si fece cristiano e fu il primo Vescovo di Cloyne.

Martirologio Romano: A Cloyne in Irlanda, san Colmano, vescovo.


Stellina788
00mercoledì 24 novembre 2010 10:40

San Crisogono di Aquileia Vescovo e martire

24 novembre

Crisogono, detto martire dal Martirologio geronimiano, figura anche come vescovo di Aquileia nel relativo catalogo episcopale. Dalla Passio (sec. V) di S. Anastasia di Sirmio sappiamo che: "Diocleziano comandò di condurlo al luogo detto Aquas Gradatas e là decapitarlo", qui probabilmente venne sepolto, come documentato da un sarcofago del sec. IV, esistente a S. Canzian d’Isonzo con la dedica: ‘Beatissimo Matyre Chrysogono’. La sua venerazione ebbe diffusione universale, avendo ottenuto a Roma un ‘titolo’; il suo nome è incluso anche nel Canone romano della Messa e la sua figura appare in due mosaici ravennati del sec. VI.

Etimologia: Crisogono = nato nell'oro, dall'ebraico

Martirologio Romano: Ad Aquileia in Friuli, commemorazione di san Crisógono, martire, che si venera a Roma nella chiesa titolare che porta il suo nome nell’anniversario della sua dedicazione.


Il nome Crisogono deriva dal greco e significa "nato dall'oro". Il Santo soldato e prete fu martirizzato ad Aquileia nel IV secolo e sepolto nella stessa cittadina. Sue reliquie sono nella cattedrale di Zara. Le notizie su questo Santo sono talvolta contraddittorie. Così ci parla di lui il M.R. “ Nello stesso giorno il natale di san Crisogono Martire, il quale, dopo aver lungamente sofferto catene e prigionia per la costantissima fede di Cristo, per ordine di Diocleziano fu condotto ad Aquileia, e finalmente, decapitato e gettato in mare, compì il martirio”. Secondo alcune fonti, Crisogono esercitò in Roma l'ufficio di vicario per due anni; uomo di salda fede cristiana fu arrestato e confinato nella casa di un certo Rufino per ordine di Diocleziano. Anastasia, figlia dell'illustre Pretestato, era sposata con Publio, il quale avversava ferocemente la nuova religione; egli perciò l'aveva segregata in casa sottoponendola a maltrattamenti. Anastasia di nascosto portava aiuto ai cristiani incarcerati. Tramite una buona vecchia, iniziò una corrispondenza epistolare con Crisogono, ricevendo da lui parole di conforto e incoraggiamento. Dopo la morte di Publio, Anastasia poté godere per breve tempo di una relativa serenità. Intanto Crisogono, che aveva convertito Rufino e la sua famiglia, fu convocato da Diocleziano ad Aquileia. L'imperatore, riconoscendo il valore di Crisogono, gli offrì la prefettura e il consolato, a patto che abiurasse. Ma il Santo rifiutò sdegnosamente e perciò fu decapitato il 24 novembre 303 alle Aquae Gradatae, località attraversata dalla Via Gemina, a circa dodici miglia da Aquileia. Il suo corpo fu abbandonato sulla riva del mare, nei pressi di una proprietà detta Ad Saltus, dove abitavano tre cristiane di nome Chione, Agape e Irene con il vecchio prete Zoilo. Questi, raccolti il corpo e il capo troncato di Crisogono, diede al martire dignitosa sepoltura in un loculo sotto la sua casa. Secondo altre fonti invece San Crisogono era un aquileiese amico dei fratelli Santi Canzio, Canziano e Canzianilla e fu martirizzato e sepolto alle Aquae Gradatae poco più di un mese prima del loro arrivo ad Aquileia. Secondo altre fonti il Santo era un Vescovo, infatti tra la fine del III e l’inizio del IV secolo vissero 2 vescovi con il nome di Crisogono che diressero la comunità cristiana di Aquileia. Il culto di san Crisogono era molto sentito anche a Roma, dove esisteva in Trastevere un titulus Chrysogoni, documentato fin dal V secolo. Tuttora però risulta impossibile sapere con certezza se il Crisogono del titulus trasteverino sia da identificare con il martire aquileiese o, invece, con uno romano dello stesso nome, di cui peraltro nulla si sa. Su questo c’è da dire che la chiesa trasteverina di San Crisogono conserva la reliquia di una mano e la calotta cranica (ovviamente di San Crisogono), che, pervenuta qui nel XV secolo, fu asportata una prima volta nel 1846 e restituita nel 1850. Custodita in un reliquiario, fu rubata negli anni 60 di questo secolo e ritrovata dopo pochi giorni, forse abbandonata dagli stessi ladri sacrileghi, priva della custodia a S. Maria in Trastevere. Attualmente è visibile all’altare maggiore di S. Crisogono. Anche San Proto fu sepolto nello stesso cimitero dei Canziani e di Crisogono, cioè nella vasta necropoli che si estendeva ai lati della via Gemina, arteria collegante Aquileia a Tergeste (Trieste). A San Canzian d'Isonzo, nella cappella di San Proto, é conservato un sarcofago del IV secolo, vuoto, sulla fronte del quale é incisa l'iscrizione Beatissimo Martyri Chrysogono. Nella stessa cappella c’è anche il sarcofago (vuoto) di San Proto. Il culto di San Crisogono si diffuse subito. La sua tomba era meta di pellegrinaggio e visitata da folle di pellegrini fin dal IV secolo. Abbiamo anche diverse opere d’arte che ritraggono San Crisogono: un affresco dei Santi Proto e Crisogono si trova nella cappella di San Canzian d’Isonzo sopra citata; i due Santi sono rappresentati anche nei mosaici di Sant’Apollinare Nuovo in Ravenna. Uno splendido dipinto di San Crisogono a cavallo si trova invece nella chiesa di San Trovaso a Venezia. Autore dell’opera d’arte (realizzata anteriormente al 1450) è l’artista Michele Giambono. Nel dipinto il Santo è rappresentato come un cavaliere che pigramente attraversa una selva ombrosa, lungo un viottolo sinuoso ed irreale.



Stellina788
00mercoledì 24 novembre 2010 10:40

Sant’ Enfleda Regina di Bernicia, badessa

24 novembre

+ 704 circa


Santa Enfleda era una principessa della Northumbria, figlia del re martire Sant’Edwin e di sua moglie Etelburga. Battezzata da San Paolino, protovescovo di York, nella domenica di Pentecoste del 626, alla morte del padre nella battaglia di Hatfield Chase nel 633 si trasferì nel Kent, terra d’origine della madre, con quest’ultima ed il vescovo Paolino.
Nel 642 fece poi ritorno in Northumbria e convolò a nozze con il re Oswiu di Vernicia, nel speranzoso intento di riunificate i due rami della monarchia di tale regione, attribuendosi il ruolo di protettrice della cristianità. Nel 651 suo marito assassinò il cugino Sant’Oswin e ad Enfleda non restò che persuaderlo a fondare il monastero Gilling, in espiazione alla sua colpa. Sebbene educata secondo la tradizione celtica, appoggiò San Vilfrido nel calcolo della Pasqua secondo il metodo romano.
L’iniziale appoggio di Oswin alla fazione celtica, comportante la doppia celebrazione della Pasqua alla corte reale, portò infine ad un decisiva crisi della Chiesa indigena e sfociò nella convocazione del sinodo di Whitby. Riconoscente per il suo sostegno alla data latina della Pasqua, il pontefice Vitaliano donò ad Enfleda una croce d’oro, probabilmente ricavata da alcune catene di San Pietro. Rimasta vedova nel 670, entrò nell’abbazia di Whitby, quale discepola della badessa Santa Ilda, subentrando poi a lei nella carica. Più tardi toccò poi anche a sua figlia Santa Elfleda succederle. Sotto la guida di Enfleda il monasterò si avvicinò sempre più alle posizioni della Chiesa di Roma.
Proprio in tale monastero fu seppellito Oswiu e la moglie vi fece traslare anche le spoglie di suo padre. Enfleda morì verso l’anno 704 e fu sepolta accanto al marito, ma sfortunatamente i danesi cancellarono ogni tracca del primitivo culto tributatole. Le reliquie della santa, secondo Guglielmo di Malmesbury, furono comunque tratte in salvo e trasportate a Glastorbury con quelle di altri santi della Northumbria.



Stellina788
00mercoledì 24 novembre 2010 10:41

Sant' Ermogene di Agrigento Vescovo

24 novembre

 

Da alcuni autori è considerato l'ultimo Vescovo di Agrigento prima della conquista Araba della città. Sarebbe morto il 24 novembre dell'ottocento. Il Sinassario di Costantinopoli lo ricorda alla stessa data.
Poiché i Saraceni conquistarono Agrigento nell'anno 828 non pare che la città sia rimasta senza vescovo per tanti anni.
Secondo un altro autore, Ermogene doveva essere vivo all'entrata degli Arabi.
Nell’antico calendario della Chiesa Agrigentina è menzionato come santo al 24 novembre. Il Lancia di Brolo così ne parla: "Metto tra i martiri di incerta data anche S. Ermogene, vescovo di Girgenti, che la Chiesa greca onora al 24 novembre: veramente i Menei (monologi greci) dicono espressamente che “egli finì in pace i suoi giorni...”.
Volendo accordare i Menei con questo sinassario dobbiamo dire che S. Ermogene fu uno di quei santi martiri dell'ultima persecuzione che, sopravvissuti ai patimenti, finirono la vita in pace ai tempi di Costantino.
Il P. Gaetani, senza fondamento, lo mette verso l’800; non mi sembra probabile perché allora avanzerebbe un sinassario o un qualche brevissimo cenno della sua vita; invece non se ne trova alcun indizio in nessun libro dei Greci. La Chiesa latina lo ignora."
Tanto il Gaetano, in latino, che il Lancia di Brolo, in greco, riportano il distico che nei Menei greci è dedicato a S. Ermogene:
Caedens, Hermogenes, ex genere mortalium
pudore fastum generis imples daemonum.
Il Russo lo ritiene "oscurissimo distico" e dice che Ermogene fu l’undicesimo vescovo di Agrigento e divenne tale per le sue virtù cristiane nell’800; dopo averla governata ed illustrata con zelo e dottrina, morì il 24 novembre dell’824.
Secondo noi il suddetto distico si potrebbe tradurre: ''Allontanandoti, Ermogene, dal genere umano, colmi di vergogna l'arroganza del genere dei demoni".
O qui si accenna al coraggio, alla forza d'animo del santo che, morendo martire, vince le forze avverse, o alla costanza del confessore che in vita, e specialmente in morte, con le sue umili virtù, sconfigge la superbia dei demoni.
Festa il 24 novembre.



Stellina788
00mercoledì 24 novembre 2010 10:42

Santa Firmina (o Fermina) di Amelia Martire

24 novembre (o 30 novembre)

Sec. III

Secondo la sua «Passio» Fermina era una vergine romana figlia dello stesso «praefectus urbis», Calpurnio. Il testo narra che un «consularis», Olimpiade, aveva tentato di sedurla, ma in realtà fu lei a condurre lui alla fede cristiana. Una conversione che costò a Olimpiade il martirio. Fermina seppellì allora l'amico in un suo fondo detto Agulianus a circa otto miglia da Amelia il 1° dicembre. La donna fu chiamata più tardi a dare la stessa testimonianza di fede, subendo il martirio sotto Diocleziano. Secondo la «Passio» sarebbe stata sepolta il 24 novembre nello stesso luogo in cui ella aveva sotterrato l'amico Olimpiade. Il seme della sua testimonianza, però, avrebbe dato ancora frutti. Venti giorni dopo l'uccisione di Fermina, infatti, anche il suo carnefice Ursiano (Ursicinus) si convertì, andò a Ravenna, dove fu battezzato dal prete Valentino e subì il martirio il 13 dicembre. Un altro documento più recente, pur riportando gli stessi elementi della leggenda, suppone invece che Fermina sia stata sepolta a Civitavecchia il 20 dicembre. (Avvenire)

Etimologia: Firmina = costante, salda nei propositi, dal latino

Emblema: Palma

Martirologio Romano: Ad Amelia in Umbria, santa Firmina, martire.


Secondo la sua passio, che non è anteriore al sec. VI, Firmina era una vergine romana figlia dello stesso praefectus urbis, Calpurnio. Un consularis Olimpiade, che aveva tentato di sedurla, fu da lei convertito e diede poi la vita per la fede. Firmina seppellì il martire in un suo fondo detto Agulianus a circa otto miglia da Amelia il 1° dicembre. Più tardi anche lei subì il martirio sotto Diocleziano e venne sepolta il 24 novembre nello stesso luogo. Venti giorni dopo anche il suo carnefice Ursiano (Ursicinus) si convertì, andò a Ravenna, dove fu battezzato dal prete Valentino e subì il martirio il 13 dicembre, giorno infatti in cui il Martirologio Geronimiano (p. 646) ha la nota a Ravenna Ursicini martyris et Valentini". Un altro documento più recente, pur riportando gli stessi elementi della leggenda, suppone invece che Firmina sia stata sepolta non ad Amelia ma a Civitavecchia il 20 dicembre, mentre in un terzo testo è descritta 1'invenzione delle sue reliquie in Amelia verso la fine del IX sec., sebbene da cinquecento anni se ne ignorasse completamente l'ubicazione.
Varie sono le ipotesi sul valore di queste notizie: il Lanzoni dimostra che la duplice redazione indica due diverse celebrazioni della medesima santa, cosa sulla quale non vi possono essere dubbi. In secondo luogo stabilisce i seguenti dati cronologici del culto della santa in Amelia: esso è anteriore all'invenzione del IX sec., ma posteriore alla redazione del Martirologio Geronimiano, di cui infatti l'autore della passio si serve, ma che ignora completamente l'esistenza di una martire Firmina dell'Umbria o del Lazio. Per quanto riguarda il nucleo originario della leggenda poi, il Lanzoni propone l'ipotesi della identificazione delle tre vergini e martiri Firmina, Felicissima e Illuminata, tutte e tre venerate in Umbria, ma da ritenersi (come osserva ancora il Lanzoni) nomi simbolici di una sola persona. L'ipotesi è assai probabile: tuttavia, tenendo conto del fatto che la tradizione che abbiamo riportata sembra conservare un ricordo di santi "importati" Firmina dal sud (Roma-Civitavecchia), Ursicino e Valentino dal nord, si può pensare si tratti di una celebrazione locale di reliquie della martire (africana) Firmina che il Geronimiano commemora al 9 e 10 ottobre.



Stellina788
00mercoledì 24 novembre 2010 10:43

San Flaviano di Ricina Vescovo e martire

24 novembre

Helvia Ricina (Macerata), III secolo

Patronato: Recanati


Santo patrono insieme a s. Vito, della città di Recanati (Macerata), il suo culto è antichissimo e molto diffuso nelle Marche, in particolare nelle province di Macerata e Ascoli Piceno.
Ma nonostante che sia o sia stato titolare di innumerevoli chiese, abbazie, cappelle, contrade, vie, pievi, monasteri, santuari, altari, ecc. situati anche nella vicina Umbria, su s. Flaviano vescovo di Ricina, incombe l'incertezza storica sulla sua identità, che invano tanti studiosi lungo i secoli, hanno tentato di chiarire.
Ancora oggi è identificato diversamente secondo i luoghi in cui è venerato e secondo il suo stato di vescovo e martire.
È stato da molti riconosciuto come s. Flaviano patriarca di Costantinopoli († 449) percosso e morto in esilio (celebrato il 17 febbraio), mentre ad altri e dalla tradizione locale è indicato come vescovo di Ricina, colonia romana le cui rovine si vedono presso Villa Potenza a qualche km a nord-ovest di Macerata.
Sarebbe vissuto nel III secolo e martirizzato proprio a “Helvia Ricina” di cui era vescovo, forse un 24 novembre, giorno fissato per la sua celebrazione da un altro vescovo di Helvia Ricina del sec. IV, s. Claudio, che fece anche erigere in suo onore la prima chiesa.
La città fu distrutta dai Goti nel sec. V-VI e i suoi abitanti costretti ad emigrare verso levante ad una quindicina di km di distanza, sul territorio dell'attuale città di Recanati, dove diffusero il culto di s. Flaviano.
Nel contempo altri gruppi di fuggiaschi, portando con loro le reliquie del santo, si trasferirono ad undici km ad ovest, in direzione di Tolentino, erigendo un oratorio in suo onore su un luogo che nel passato era già stato utilizzato per il culto di qualche divinità pagana; in seguito venne edificato il monastero benedettino di Rambona, nel quale sarebbero ancora oggi conservate le reliquie di s. Flaviano nella cripta e deposte in un antico sarcofago, risalente secondo gli archeologi, al IV secolo.
Ciò sarebbe certo, mentre per le reliquie conservate a Recanati vi sarebbero molti dubbi; come per tutto il resto anche sul sarcofago vi sono state tante interpretazioni sulla provenienza, la più verosimile è che quando i ricinesi arrivarono a Rambona l'abbiano già trovato, forse nella grotta adiacente l'attuale cripta e dove secondo la tradizione si recava a pregare s. Amico abate di Rambona.
Il sarcofago con i resti di s. Flaviano è stato ritenuto fino al 1929 contenente le sole reliquie di s. Amico, ma varie ricognizioni scientifiche e archeologiche hanno stabilito che in una cassetta a parte vi sono altre reliquie, che si crede siano dell'antico titolare dell'abbazia di Rambona, a suo tempo inclusa nella diocesi di Camerino e fondata verso la fine del IX secolo da Ageltrude († 923), sposa di Guido III († 894) re d'Italia e imperatore d'Occidente.
Il culto di s. Flaviano vescovo fu per secoli fiorente e ricordato il 24 novembre, ma verso la fine del XV secolo il culto era divenuto piuttosto debole a Recanati; nel 1483 la città fu colpita da un'epidemia di peste e il consiglio cittadino istituì una processione nel giorno della sua festa e con la sua intercessione placare l'ira di Dio; in quell'occasione, il 24 novembre 1483, il dotto padre Bonfini ascolano, pronunziò un celebre panegirico di s. Flaviano, contribuendo in modo determinante a rinvigorirne il culto.



Stellina788
00mercoledì 24 novembre 2010 10:43

Sante Flora e Marta (Maria) di Cordova Martiri

24 novembre

Sec. IX

Emblema: Palma

Martirologio Romano: A Córdova nell’Andalusia in Spagna, sante Flora e Maria, vergini e martiri, che durante la persecuzione dei Mori furono gettate in carcere insieme a sant’Eulogio e poi trafitte con la spada.


La passio di queste due vergini martiri fu scritta da s. Eulogio di Córdova (v.), che le conobbe in carcere. Flora, nata a Córdova da padre musulmano e madre cristiana, fu da questa educata, dopo la morte del marito, nella religione cattolica. Per evitare le continue noie di un suo fratello acceso musulmano e poter meglio dedicarsi alla pietà e alla penitenza, verso l'a. 845 si allontanò da casa insieme alla sorella Baldegoto. A motivo di tale fuga, su delazione del fratello, furono incarcerati alcuni chierici e fedeli, e perciò Flora tornò a casa. Deferita dal fratello al cadì (giudice) sotto l'accusa di apostasia, fu brutalmente battuta. Rilasciata, tornò a fuggire e per sei anni rimase nascosta nelle vicinanze di Martos (Jaén); poi, accesa dal desiderio del martirio, tornò a Córdova, dove nella basilica di S. Acisclo si incontrò con Marta, la quale era cresciuta nel monastero di S. Maria di Cuteclara, vicino a Córdova, sotto la guida della santa vedova Artemia (v.). Essendo stato martirizzato un suo fratello monaco, il diacono Wallabonso, Marta era uscita dal monastero in cerca del martirio.
Trovatesi così insieme, Flora e Marta, andarono dal cadì e professarono pubblicamente la loro fede cattolica. Messe in carcere, furono visitate da s. Eulogio, pure lui nella stessa prigione, il quale, commosso per la fortezza e le sofferenze delle due vergini, tornato nella sua cella, prese a scrivere per loro quell'ardente trattato, Documentum martyriale, che è la più nobile apologia ed esortazione al martirio. Interrogate e tentate più volte dal cadì, perseverarono forti nella fede, e perciò furono decapitate il 24 novembre 851 nel corso della crudele persecuzione dell'emiro Abd al-Rahmàn II. I loro corpi, abbandonati nei campi e rispettati dagli stessi animali, furono quindi gettati nel fiume Guadalquivir; in seguito il corpo di Marta fu ritrovato e sepolto dai cristiani nella chiesa del monastero di Cuteclara. Le teste delle due martiri furono collocate nella basilica di S. Acisclo. S. Eulogio, che attribuisce alla intercessione di queste due vergini la sua liberazione, avvenuta pochi giorni dopo, diede notizia del martirio in due lettere indirizzate al suo amico Alvaro Paolo e alla sorella di Flora, Baldegoto, e ne inserì una relazione nel suo Memoriale sanctorum. Le sante Flora e Marta vengono ricordate nel Martirologio Romano il 24 novembre.


Stellina788
00mercoledì 24 novembre 2010 10:44

San Hoardon Vescovo di Leon

24 novembre

† Lé0n (Spagna), 650

S. Hoardon è il patrono di Landernau, paese posto sul promontorio roccioso di Finistère sulla costa atlantica della Galizia e una statua del XVII secolo custodita nella locale chiesa, lo rappresenta vestito da vescovo, con pastorale e mitria, nell’atto di benedire.
Hoardon nei cataloghi episcopali della diocesi di Lé0n (tardivi e poco attendibili) è classificato come ottavo vescovo di Léon, capitale dell’antica provincia omonima spagnola e dal 910 al 1230 capitale del “Regno di Léon”, poi riunito alla Castiglia; al tempo di Hoardon, Lè0n (la romana Legio) era una città libera, non ancora sotto il dominio arabo (717-822) con diocesi propria, che solo con il concordato del 1802 venne assorbita da quella attuale di Quimper.
Hoardon fu eletto vescovo nel 635, al tempo di papa Onorio I (625-638), dell’imperatore Eraclio (575-641) e del re di Bretagna Hoel III e dopo 15 anni morì nell’anno 650. Non ebbe una sua ‘Vita’ neppure tardiva, ma egli compare soltanto nelle ‘Vite’ leggendarie e piuttosto recenti di s. Erveo e di s. Goeznoveo; Hoardon protettore ed amico di s. Erveo, lo condusse con fatica e lentamente perché cieco, al Concilio dei vescovi della Bretagna, riunito sulla cima del Menez Bré, per condannare il famoso tiranno Conomor che aveva ucciso la moglie s. Trifina e il figlio s. Tremore.
Al ritorno dal Concilio, Hoardon chiese a s. Erveo di poter anch’egli contemplare le meraviglie del cielo, come faceva lui nonostante che fosse cieco.
Così si misero in digiuno e preghiera per tre giorni, finché ambedue ebbero la visione di vedere schiudersi il cielo, così da contemplare i cori angelici e dei santi, accompagnati da un’incantevole melodia.
La leggenda racconta che i due intonarono il cantico “Cantemus Domino” e il cielo si rinchiuse, ma Hoardon ebbe difficoltà a ritornare sulla terra, cioè nella realtà.
Quando il vescovo Hoardon si ammalò, fece chiamare l’abate Goeznoveo, perché gli desse assistenza e gli ultimi sacramenti e poi lo nominò suo successore come vescovo di Léon.
Non vi sono documenti sulla sua vita e sull’episcopato, ma il suo culto è molto antico e nella diocesi di Léon era ricordato il 24 novembre. Nelle antiche litanie brettoni del IX secolo, veniva invocato con il nome di Hoierdonus o Hoardonus.


Stellina788
00mercoledì 24 novembre 2010 10:45

Beato Luigi de la Pena Martire mercedario

24 novembre

+ 24 novembre 1599

Di origine cilena, il Beato Luigi de la Pena, ricevette la sua formazione religiosa mercedaria in Cile, professando prima dell'anno 1578. Ordinato sacerdote, svolse vari uffici nella sua provincia, in particolare evangelizzò gli araucani ed era commendatore del convento di Valdivia. In un attacco dei guerrieri araucani che entrarono di notte nel convento, padre Luigi, dopo aver svegliato gli altri religiosi, scese nella chiesa e consumò le ostie consacrate, evitando che venissero profanate. Aveva ancora la pisside in mano, quando i guerrieri giunsero nella chiesa, lo uccisero a colpi di lancia e cercando il Santissimo Sacramento, gli aprirono il petto e gli strapparono il cuore. Era il 24 novembre dell'anno 1599; il suo corpo venne bruciato nell'incendio della chiesa ed è considerato il martire dell'Eucaristia.
L'Ordine lo festeggia il 24 novembre.



Stellina788
00mercoledì 24 novembre 2010 10:46

Beato Luigi de la Pena Martire mercedario

24 novembre

+ 24 novembre 1599

Di origine cilena, il Beato Luigi de la Pena, ricevette la sua formazione religiosa mercedaria in Cile, professando prima dell'anno 1578. Ordinato sacerdote, svolse vari uffici nella sua provincia, in particolare evangelizzò gli araucani ed era commendatore del convento di Valdivia. In un attacco dei guerrieri araucani che entrarono di notte nel convento, padre Luigi, dopo aver svegliato gli altri religiosi, scese nella chiesa e consumò le ostie consacrate, evitando che venissero profanate. Aveva ancora la pisside in mano, quando i guerrieri giunsero nella chiesa, lo uccisero a colpi di lancia e cercando il Santissimo Sacramento, gli aprirono il petto e gli strapparono il cuore. Era il 24 novembre dell'anno 1599; il suo corpo venne bruciato nell'incendio della chiesa ed è considerato il martire dell'Eucaristia.
L'Ordine lo festeggia il 24 novembre.



Stellina788
00mercoledì 24 novembre 2010 10:46

Beata Maria Anna Sala Vergine

24 novembre

Brivio, 21 aprile 1829 - Milano, 24 novembre 1891

L'Istituto delle suore «Marcelline» fu fondato a Vimercate (Mi) nel 1838 dal beato Luigi Biraghi (1801-1879). A questo Istituto aderì Maria Anna Sala, nata il 21 aprile 1829 a Brivio (Lecco). Verso gli undici anni venne accolta nel collegio a Vimercate e affidata a madre Videmari. Nel 1846 tornò in famiglia. Quando sentì la chiamata di Dio alla vita consacrata, Maria Anna scelse le Marcelline, rivolgendosi allo stesso fondatore per essere accolta come postulante nel 1848. Nel 1852 pronunciò i voti perpetui. Svolse la sua attività come insegnante di scuola elementare e di musica nel Collegio di Cernusco sul Naviglio e poi nelle Case di Milano e Genova. Nel 1859 prestò assistenza ai feriti della guerra d'Indipendenza, nell'ospedale militare di San Luca. Dopo nove anni d'insegnamento a Genova fu trasferita a Milano come insegnante dei corsi superiori e assistente della Madre Videmari. Colpita da un carcinoma al collo, morì nel 1891. È stata beatificata da Giovanni Paolo II nel 1980. (Avvenire)

Martirologio Romano: A Milano, beata Maria Anna Sala, vergine della Congregazione delle Suore di Santa Marcellina, che, maestra di una scienza fondata sulla fede e sulla pietà, si dedicò con tutte le sue forze all’istruzione della gioventù femminile.


L’Istituto delle Suore ‘Marcelline’ fu fondato a Vimercate nel 1838 dal beato Luigi Biraghi (1801-1879), uomo di vasta cultura e profonda pietà, professore e direttore spirituale nel Seminario Maggiore di Milano, dottore dell’Ambrosiana.
Esso sorse con lo scopo di formare la donna con una cultura adeguata e con conoscenze teologiche, affinché potesse portare la saldezza della fede nella società dell’epoca, colta e operosa, ma turbata da pericolose nuove ideologie.
L’Istituto prese il nome da s. Marcellina educatrice dei santi fratelli Satiro e Ambrogio e per la chiarezza e la novità dei metodi, la fermezza delle virtù delle prime suore, esso fiorì in modo eccezionale.
E a questo Istituto aderì Maria Anna Sala, la quale nata il 21 aprile 1829 a Brivio (Lecco) era stata messa, verso gli undici anni a studiare in collegio a Vimercate presso il nascente Istituto delle ‘Marcelline’ e affidata per la sua formazione culturale e spirituale a Madre Videmari fedele collaboratrice del fondatore.
Nel 1846 conseguita la patente di I° grado tornò in famiglia dove profuse tutta la sua bontà consolatrice specie nella malattia della madre e nella rovina finanziaria del padre, nel contempo operando nell’apostolato fra i fanciulli, i sofferenti e i bisognosi della parrocchia.
E quando sentì la chiamata di Dio ad una vita più consacrata e dedita alla scuola, ella come già detto, scelse le ‘Marcelline’, rivolgendosi per essere accolta come postulante nel 1848, allo stesso fondatore padre Biraghi.
La sua indole si adattò perfettamente alla regola dell’Istituto che richiedeva una vita mista di intensa vita interiore e una spiccata azione apostolica ed educativa fra le alunne; nel 1852 pronunziò i voti perpetui, in quella che fu la prima professione pubblica delle Marcelline.
Svolse la sua attività come insegnante di scuola elementare e di musica nel Collegio di Cernusco sul Naviglio e poi nelle Case di Milano e Genova. Ebbe il merito di essere chiamata la “Regola vivente” e tra le alunne “la madre delle anime”.
Altra tappa della sua luminosa vita fu l’assistenza nel 1859 ai feriti della guerra d’Indipendenza, nell’ospedale militare di S. Luca; dopo nove anni d’insegnamento a Genova fu trasferita a Milano come insegnante dei corsi superiori e assistente della Madre Videmari.
Fu tormentata nel fisico da un doloroso carcinoma al collo che pur non facendola rallentare la sua intensa attività, la porterà alla morte il 24 novembre 1891 fra il compianto di tutti e circondata di fama di santità.
Il cardinale arcivescovo di Milano beato Schuster, nel 1931 aprì il processo informativo sulle sue virtù; il processo apostolico si svolse dal 1962 al 1964.
È stata beatificata da papa Giovanni Paolo II il 26 ottobre 1980.



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00mercoledì 24 novembre 2010 10:47

Santi Martiri Vietnamiti (Andrea Dung Lac e 116 compagni)

24 novembre

+ Tonchino, Annam, Cocincina (Vietnam), dal 1745 al 1862

Martirologio Romano: Memoria dei santi Andrea Dung Lac, sacerdote, e compagni, martiri. Con un’unica celebrazione si onorano centodiciassette martiri di varie regioni del Viet Nam, tra i quali otto vescovi, moltissimi sacerdoti e un gran numero di fedeli laici di entrambi i sessi e di ogni condizione ed età, che preferirono tutti patire l’esilio, il carcere, le torture e l’estremo supplizio piuttosto che recare oltraggio alla croce e rinnegare la fede cristiana.

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La storia del cattolicesimo in Vietnam, iniziò nel secolo XVI con padre Alessandro de Rhodes, missionario francese, considerato il primo apostolo di questa giovane Chiesa asiatica, allora divisa un tre distinte regioni: Tonchino, Annam e Cocincina.
Ma dal 1645 quando padre de Rhodes fu espulso, ci fu tutto un sopravvenire di persecuzioni, alternate da periodi di pace, in cui i missionari di varie Congregazioni si stabilizzavano nelle regioni, rincuorando i fedeli e soprattutto istituendo le ‘Case di Dio’ per la formazione del clero locale e dei catechisti.
Dal 1645 al 1886, si ebbero ben 53 editti contro i cristiani con la morte di circa 113.000 fedeli. Durante il regno di Minh-Manh (re dal 1821), la persecuzione divenne spietata, condannando a morte anche chi osava solo nascondere i cristiani; altro re particolarmente contrario fu Tuc-Dúc che regnò dal 1847 al 1883, il quale profondamente avverso alla politica coloniale francese, odiava tutto ciò che fosse europeo, non distinguendo la politica dalla religione; stabilì che chi collaborava alla cattura di un missionario riceveva 300 once d’argento, mentre il missionario, dopo avergli spaccato il cranio, doveva essere gettato nel fiume.
I sacerdoti locali ed i catechisti stranieri venivano sgozzati, mentre ai catechisti locali veniva impressa sulla guancia la scritta “Ta dao” che significa “falsa religione”, additandoli così al pubblico disprezzo; i semplici fedeli cristiani potevano aver salva la vita se calpestavano la croce davanti al giudice.
Inoltre davanti alla fermezza nella fede dei cristiani, ne ordinò la dispersione, separando i mariti dalle mogli ed i figli dai genitori, esiliandoli in regioni lontane in mezzo ai pagani, confiscando tutti i loro beni.
Di questa miriade di martiri, eroi della fede, la Chiesa ne ha beatificati un certo numero negli anni: 1900 da Leone XIII, 1906 e 1909 da Pio X, 1951 da Pio XII; di questi 117 sono stati proclamati santi da papa Giovanni Paolo II il 19 giugno 1988, così suddivisi: 8 vescovi, 50 sacerdoti, 59 laici; 96 sono vietnamiti, 11 spagnoli, 10 francesi; fra i laici vi sono 16 catechisti, una mamma, 4 medici, 6 militari, molti padri di famiglia.

Il capolista dei 117 martiri è Andrea Dung-Lac prima catechista e poi sacerdote vietnamita. Nacque nel 1795 da genitori pagani ma così poveri che se ne disfecero volentieri vendendolo ad un catechista, visse alla missione di Vinh-Tri, dove fu battezzato, istruito e diventando anche catechista; continuò gli studi teologici e il 15 marzo 1823 fu consacrato sacerdote, nominato parroco in varie zone, alla fine fu arrestato più volte durante la persecuzione del re Minh-Manh, ogni volta fu riscattato presso i mandarini, dai cristiani locali, continuando, pericolosamente per lui, l’apostolato fra i fedeli e amministrando i sacramenti.
Arrestato ancora una volta il 10 novembre 1839 dal sindaco di Ké-Song, fu rilasciato dietro il pagamento di 200 pezze d’argento raccolte fra i cristiani, ma mentre attraversava il fiume in barca per allontanarsi, ebbe delle difficoltà per cui fu aiutato a scendere a terra sull’altra sponda; chi l’aiutò era il segretario del prefetto che riconosciutolo esclamò: “Ho preso un maestro di religione!”.
Condotto nella prigione di Hanoi il 16 novembre 1839, fu sottoposto a snervanti interrogatori e invitato più volte ad apostatare e calpestare la croce, ma essendo restato fermo nella sua fede venne condannato alla decapitazione, sentenza eseguita il 21 dicembre 1839.
È stato posto come capolista nel calendario liturgico, sia per il culto che gode nel suo Paese, sia per l’esempio luminoso dato durante la sua vita. Gli altri 116 santi martiri nel Tonchino (Vietnam) hanno ognuno una storia edificante del loro martirio, compiutasi in luoghi e date diverse, ma accomunati nella gloria dei santi. Non è possibile in questo spazio elencarli tutti, riporto solo i nomi degli otto vescovi: Geronimo Hermosilla, Valentino Berrio-Ochoa, Domenico Henares, Ignazio Delgado Cebrián, Giuseppe Maria Diaz Sanjurjo, Melchiorre Garcia Sampredo Suárez, tutti domenicani e Pietro Rosa Orsola Borie, Stefano Teodoro Cuenot delle Missioni Estere di Parigi.

Si riportano di seguito i nomi dei 117 santi martiri, prima i vescovi, seguono i sacerdoti e poi i laici tonchinesi o vietnamiti.

Vescovi:
Domenico Henares, Ignazio Delgado Cebrián, Giuseppe Maria Diaz Sanjurjo, Melchiorre García Sampredo Suarez, Hieronymo Hermosilla, Valentino Berrio-Ochoa, tutti domenicani e Stefano Teodoro Cuenot, Pietro Rosa Ursula Borie, delle Missioni Estere di Parigi.

Sacerdoti domenicani:
Francesco Gil de Federich, Matteo Alonso Leciniana, Giacinto Castañeda, Vincenzo Lê Quang Liêm, Vincenzo Do Yen, Giuseppe Fernandez, Domenico Nguyen Van Hanh, Pietro Nguyen Van Tu, Domenico Tuóc, Tommaso Dinh Viet Du, Domenico Nguyen Van Xuyen, Giuseppe Do Quang Hien, Domenico Trach, Domenico Mau, Giuseppe Tuan, Pietro Almato Ribera.

Sacerdoti Terziari domenicani:
Domenico Cam, Tommaso Khuong.

Sacerdoti delle Missioni Estere di Parigi:
Francesco Isidoro Gagelin, Giuseppe Marchand, Giovanni Carlo Cornay, Francesco Jaccard, Jean-Louis Bonnard, Pietro Francesco Néron, Teofano Vénard.

Sacerdoti diocesani tonchinesi:
Andrea Dung Lac, Emanuele Nguyen Van Trié, Giovanni Dat, Pietro Le Tuy, Pietro Nguyen Bá Tuan, Bernardo Vu Van Due, Giacomo Do Mai Nam, Giuseppe Dang Dinh Vien, Vincenzo Nguyen Thé Diem, Pietro Vo Dang Khoa, Pietro Truong Van Thi, Paolo Pham Khac Khoan, Luca Vu Ba Loan, Paolo Nguyen Ngan, Giuseppe Nguyen Din Nghi, Martino Ta Duc Thinh, Poeto Khanh, Filippo Phan Van Minh, Lorenzo Nguyen Van Huong, Paolo Lé Bao Tinh, Paolo Lé Van Loc, Pietro Doan Cong Quy, Pietro Nguyen Van Luu, Giovanni Doan Trinh Hoan.

Laici cristiani vietnamiti:
Tommaso Tran Van Thién, Emanuele Le Van Phung e altri 57 martiri, dei quali 10 erano terziari domenicani.

La comune festa liturgica dei 117 martiri del Tonchino (Vietnam), fu fissata al 24 novembre, con memoria singola per alcuni di essi, specie per quelli appartenenti a Congregazioni Missionarie.



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00mercoledì 24 novembre 2010 10:49

Beate Niceta di Santa Prudenzia Plaja Xifra e 11 compagne Vergini e martiri

24 novembre

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+ Picadero de Paterna, Spagna, 24 novembre 1936

Beatificate l'11 marzo 2001 da Papa Giovanni Paolo II.

Martirologio Romano: Nel villaggio di Picadero de Paterna nel territorio di Valencia in Spagna, beate Niceta di Santa Prudenza Plaja Xifra e compagne, vergini dell’Istituto delle Suore Carmelitane della Carità e martiri, che, tenendo le lampade accese, meritarono di accostarsi con Cristo Sposo alle nozze eterne.


Beate APOLONNIA LIZARRAGA (APOLLONIA DEL SS. SACRAMENTO) e 24 compagne

Si tratta di religiose spagnole dell'Istituto delle Suore Carmelitane della Carità, martirizzate in luoghi e date diverse durante i primi mesi della persecuzione religiosa verificatasi nell'ambito della guerra civile spagnola (1936-39). La causa della loro ro beatificazione fu introdotta a Roma il 2 lug. 1959. Le 25 martiri sono: la superiora generale della congregazione (Lizarraga, Apollonia del SS. Sa­cramento), 9 suore componenti la comunità di Cul­lera (Valenza), 12 suore della comunità della Casa di Misericordia di Valenza, 2 suore appartenenti ad altre comunità e la nipote di una di queste ultime.

[...]

La Casa di Misericordia di Valenza, ente pubbli­co dipendente dalla Deputazione Provinciale, era retto dalle Carmelitane della Carità dalla metà del secolo XIX, ed esse, fino alla proclamazione della Repubblica nel 1931, avevano mantenuto ottime relazioni con le autorità civili. Da quella data comin­ciarono ad infiltrarsi nell'ospizio i sentimenti di odio e di persecuzione che si avvertivano al di fuori. Il 22 lug. 1936 vi si celebrò l'ultima messa; nel pomeriggio di quello stesso giorno furono bruciate le chiese della città e le religiose furono obbligate ad abbandonare la casa. Consigliate dalla superiora provinciale, varie suore si rifugiarono presso le ri­spettive famiglie. Dodici di loro rimasero unite in città in un appartamento a los Cambios. Sarebbe stato il gruppo scelto da Dio per essere testimoni di Cristo crocifisso. Furono infatti arrestate e, dopo una sosta nella sede del comitato (Grabador Estévez), furono rinchiuse nel carcere femminile di Alacuàs. Morirono martiri il 24 nov. 1936, fucilate nel maneggio di Paterna (Valenza), dove i loro corpi fu­rono abbandonati. Le dodici martiri erano:

Plaja, Niceta (Prudenzia). Era la superiora della comunità, ed era nata a Torrent, provincia di Gerona, il 31 ott. 1865. Era entrata nell'istituto religioso a 17 anni. Dopo le destinazioni di Palafrugell e Llagostera, giunse alla Casa di Misericordia di Valenza nel 1886, dove rimase fino al martirio. Carattere forte e materno, soffrì in silenzio negli anni di ten­sione tra il 1931 e il 1936. Quando si scatenò la per­secuzione religiosa, volle che le suore originarie di Catalogna e del Levante si rifugiassero in famiglia; lei invece, pur essendo catalana, rifiutò tale oppor­tunità. Fu arrestata con le altre undici consorelle, e quando giunse il momento del martirio chiese di es­sere fucilata per ultima. Morì dicendo: «Tu me le hai affidate, Signore, ed io le riconsegno a te».

Campillo Paiuagua, Daria (Sofìa). Era nata a Vi­teria (Alava) l'8 set. 1873. Tutta la sua vita fu se­gnata dalla devozione mariana: ogni festività mariana era un'occasione per trasmetterla anche alle alunne. Oltre ad insegnare i lavori domestici, organizzava una specie di teatro per entusiasmare maggiormente le sue allieve. Persona distinta e gentile, suscitava in tutti allegria. Accolse il martirio in silenzio e semplicità.

Gosens Sàez de Ibarra, Antonia (Timotea). Nacque a Vitoria (Alava) il 17 gen. 1870, ed entrò nel noviziato di quella stessa città il 14 lug. 1887. Fu destinata all'ospizio di Valenza, poi a Castellón de la Plana e poco dopo alla Casa di Misericordia di Valenza, dove rimase per il resto della vita. Aiutava in vari uffici, sempre disponibile al lavoro. Allegra e simpatica di carattere, era un elemento pacificatore per tutta la comunità. Nel maneggio di Paterna, quando stavano per ucciderla gridò: «Vita Cristo Re!», e le altre risposero in coro: «Che muoia io per lui!».

Isla Alonso, Paola (Paolina). Nacque a Villalain Burgos) il 28 giu. 1863. Entrò nel noviziato di Vitoria il 12 nov. 1887. Dopo varie destinazioni giunse a la Casa di Misericordia di Valenza. Sue caratteristiche furono il lavoro, la vita di pietà e il silenzio. Dalla sua persona emanava pace e serenità, ma era sempre pronta a intervenire quando si parlava di cose spirituali.

Cunado Gonzàlez, Maria Consuelo (Sacramento). Nacque a Bilbao il 2 gen. 1884. Conobbe le Carmelitane della Carità, ed entrò nel loro noviziato di Vitoria il 28 giu. 1901, a soli 17 anni. Si distingueva per il suo carattere schietto e allegro, per l'intelligenza e la creatività. Da religiosa visse solo nella Casa di Misericordia, dove fu anche direttrice; e in tale funzione voleva che nella formazione delle alunne si andasse oltre la mera istruzione culturale.

Colino Vega, Erundina. Nata a Lagerejos (Saragozza) il 23 lug. 1883, entrò nel noviziato di Vitoria il 19 feb. 1915. Trascorse tutta la sua vita religiosa nella Casa di Misericordia. Semplice nel portamento e nel parlare, cercava sempre le occupazioni più umili e che richiedevano sforzo di volontà.

Uribe y Orbe, Feliciana. Nacque a Mugica (Bi-scaglia) l'8 mar. 1893, ed entrò nel noviziato di Vitoria il 22 gen. 1913. La sua unica destinazione fu la Casa di Misericordia, come infermiera. Si fece rispettare da giovani e anziani. Portava tutti, con soavità e fermezza, verso il meglio: all'ordine, alla religiosità e alla pulizia. Aveva sempre la parola giusta e opportuna.

Cayuso Gonzàlez, Candida. Era nata a Ubiarco (Santander), sulle ripide coste del mare Cantabrico, il 5 gen. 1901, ed era entrata in noviziato a Vitoria il 15 feb. 1921. Da suora fu sempre nella Misericordia di Valenza. Compiva responsabilmente i propri doveri. Aveva deciso di non rifugiarsi in famiglia quando scoppiò la persecuzione, e alla cugina che era andata a prenderla disse: «Di' a tuo a padre e ai miei fratelli che non soffrano per me, perché muoio contenta e offro con serenità la mia vita per Gesù».

Ezcurra Urrutia, Chiara. Nacque a Uribarri di Mondragón (Guipuzcoa), il 17 ago. 1896. Com­piuto il noviziato a Vitoria, la sua unica destinazio­ne da religiosa fu la Casa di Misericordia. Ripeteva spesso la frase: «Lavorare fino ad ammalarsi». Ma accanto al lavoro dava il dovuto spazio anche al ri­poso. Era sempre felice, e si notava. In tutta la vita mostrò allegria, dolcezza e bontà. Raccontava di aver sognato di essere martire.

Odriozola, Maria Concezione. Nacque ad Azpeitia (Guipuzcoa) l'8 feb. 1882. Il 10 feb. 1904 en­trò nel noviziato di Vitoria, e dopo essere stata de­stinata altrove, giunse a Valenza, nella Casa della Misericordia, dove svolse mansioni diverse in guar­daroba, infermeria, sagrestia e chiesa. Trovava tem­po per tutti, senza mostrare mai nervosismo. Si no­tava in lei una profonda vita interiore che la porta­va ad agire con scopi soprannaturali. Da sagresta­na riteneva una grazia immeritata il poter parteci­pare a molte celebrazioni liturgiche. La sua giacu­latoria preferita era: «Tutto per voi, Gesù mio».

Mayza Goicochea, Giusta. Nata ad Ataun, pro­vincia di Guipuzcoa, il 13 lug. 1897, entrò nel novi­ziato di Vitoria il 15 mag. 1920. Emessi i primi voti fu destinata alla Misericordia di Valenza, dove la­vorò in stireria e nell'infermeria. Umile e nascosta, saranno questi i suoi tratti specifici. Efficace nel la­voro, aveva una gioia serena e costante. Sperimenta­va la certezza di sentirsi «guardata» dal Signore.

Rodriguez Fernàndez, Concezione. Nacque a S. Eulalia, nelle fredde regioni di Leon, il 13 dic. 1895. Entrò nel noviziato di Vitoria il 6 mag. 1916. Presto fu destinata alla Misericordia. Instancabile nel lavo­ro e nel sacrificio, seppe vedere sempre nella sua vi­ta la mano misericordiosa e provvidente di Dio.

[...]

La Positio super martyrio inerente alle venti­quattro Carmelitane della Carità è stata depositata presso la Congregazione delle Cause dei Santi il 20 dic. 1999.



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00mercoledì 24 novembre 2010 10:50

Santi Pietro Dumoulin-Borie, Pietro Vo Dang Khoa e Vincenzo Nguyen The Diem Sacerdoti e martiri

24 novembre

>>> Visualizza la Scheda del Gruppo cui appartiene

Martirologio Romano: Nella città di Ð?ng H?i in Viet Nam, santi martiri Pietro Dumoulin-Borie, vescovo della Società per le Missioni Estere di Parigi, Pietro Võ Ðang Khoa e Vincenzo Nguy?n Th? Ði?m, sacerdoti, dei quali il primo fu decapitato, gli altri strangolati, per ordine dell’imperatore Minh M?ng.




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00mercoledì 24 novembre 2010 10:51

San Porziano Abate in Alvernia

24 novembre

Martirologio Romano: Nel territorio di Clermont-Ferrand in Aquitania, san Porziano, abate, che, schiavo in gioventù, cercò rifugio e libertà presso il monastero, dove, divenuto monaco e poi abate, morì in tarda età stremato dai digiuni.


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00mercoledì 24 novembre 2010 10:52

San Protasio Vescovo di Milano

24 novembre

+ 356 circa

Il nome Protasio evoca innanzitutto il celebre santo protomartire di Milano, ucciso insieme al fratello Gervasio. Altri santi omonimi sono un vescovo di Losanna, un vescovo di Aosta, il martire della rivoluzione francese Beato Protasio da Sees ed infine il santo oggi festeggiato. Quest’ultimo fu vescovo di Milano nel IV secolo e lottò tenacemente contro l’arianesimo, trovandosi a dover difendere Sant’Atanasio dalle accuse rivoltegli dall’imperatore Costante. Ciò avvenne durante il concilio di Sardica (343-344). Morì infine verso il 356 e le sue reliquie si trovano nella chiesa di San Vittore in Milano.

Martirologio Romano: A Milano, san Protasio, vescovo, che difese presso l’imperatore Costante la causa di sant’Atanasio e partecipò al Concilio di Sardica.


È l'ottavo vescovo di Milano. Gli vengono attribuiti venticinque anni di episcopato, che però vanno ridotti a ca. dieci, poiché il settimo vescovo di Milano, Mirocle, fu presente al concilio di Arles del 314 ed il decimo, Dionigi, fu deposto nel 355.
S. Atanasio afferma di essere stato ricevuto a Milano dall'imperatore Costante in compagnia del vescovo della città, Protasio (Apologia ad Constantium imp., 3-4, in PG, XXV, coll. 600-601): questo fatto sarebbe avvenuto nel 342-343; inoltre ancora s. Atanasio ricorda il nostro Protasio come partecipante al concilio di Sardica (343-344; Apologia contra Arianos, 50, ibid., XXV, col. 337).
Secondo gli antichi cataloghi, Protasio morì il 24 nov. e fu sepolto nella basilica milanese di S. Vittore al Corpo; secondo il Liber notitiae sanctorum Mediolani, del sec. XIV, che contiene spesso molte inesattezze, invece, morì il 27 nov. La sua iscrizione sepolcrale (in CIL, V, p. 623), comunque, non è autentica; inoltre non siamo in grado di sapere se fu durante il suo episcopato o durante quello del successore Eustorgio I che si tennero a Milano i due concili del 345 e del 347-348 che culminarono nella condanna di Fotino, vescovo di Sirmio, fautore dell'arianesimo.



Stellina788
00mercoledì 24 novembre 2010 10:52

San Romano di Blaye

24 novembre

Martirologio Romano: Nella fortezza di Blaye presso Bordeaux in Aquitania, ora in Francia, san Romano, sacerdote.


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