Jacopo di Benedetto nacque in Todi, verso il 1236. Compiuti, forse a Bologna, gli studi giuridici, esercitò in patria la professione di notaio e di procuratore (si noti nella Lauda XIV il verso: "Pro un becchieri una vultura") Sposò tra il 1265 e il 1267 Vanna di Bernardino di Guidone dei conti di Coldimezzo, nipote di suor Francesca compagna di s. Chiara. L'improvvisa tragica morte della giovane sposa, la quale nascondeva sotto le vesti eleganti un cilicio, costituí un motivo di rottura, già predisposto dalla grazia, tra la vita mondana di ser Iacopo e la ricerca della religiosa perfezione. Si spiegano cosiì nel primo decennio della conversione, stranezze, sia pure esagerate, conciliabili, secondo la tendenza mirifica degli agiografi, col temperamento proclive all'estremismo e, comunque, consono alla "santa pazzia", logica conseguenza della "follia della croce". Quel decennio in cui fu " bizzocone ", ossia terziario francescano, è caratterizzato da atteggiamenti di vita individualistica e dall'impegno ascetico, avendo egli del messaggio serafico colto, in principio, piuttosto la parte negativa, della rinuncia e dell'austerità, che non la novità costruttiva e profondamente mistica del gioioso senso cosmico dell'incarnazione, cui giunse piú tardi.
Nel 1278 fu ricevuto nell'Ordine dei Minori come frate laico; tuttavia in un documento inedito di Matteo d'Acquasparta, allora ministro generale, rogato ad Assisi nel 1287, si cita la presenza dei testimoni "fratris Jacobi de Tuderto, fratris Rainaldi de Tuderto lectorum"; di piú, il 7 novembre 1287 e il 15 marzo 1289, figura, con fra Lorenzo da Todi, come cappellano del card. Bentivenga, vescovo di Albano; ed il b. Bernardino da Feltre, tra numerose citazioni di passi del poeta, affermò di lui: "B. Jacoponus, semel vocatus coram Romana curia ut faceret sermonem...".
Fra Iacopone aderí al movimento allora vivacissimo degli Spirituali e forse al gruppo autonomo autorizzato da Celestino V, sebbene egli presagisse difficile l'adattamento dell'eremita di Monte Morrone all'arduo compito pontificio (cf. Lauda LIV). Il 10 maggio 1297 Iacopone firmò il manifesto di Lunghezza dei cardinali Giacomo e Pietro Colonna contro Bonifacio VIII e, dopo la caduta di Palestrina (sett. 1298), scomunicato, fu processato e rinchiuso in una sotterranea prigione conventuale, descritta, non senza umorismo, nella Lauda LV. Tale Lauda dimostra la rassegnazione alle pene fisiche ed insieme l'angoscia per la scomunica, dalla quale non ottenne l'assoluzione neppure nel giubileo del 1300, ma solo gli fu concessa da Benedetto XI, eletto il 22 ottobre 1303. Liberato dal carcere, trascorse gli ultimi tre anni non nel patrio convento di S. Fortunato, ma nell'ospizio dei frati presso il monastero di S. Lorenzo a Collazzone, dove spirò piamente la notte di Natale, confortato dai sacramenti, somministratigli dall'amico fra Giovanni della Verna o da Fermo.
Subito dopo morte il corpo di Iacopone fu portato da Collazzone a Todi, nel monastero di Montecristo, proprietà delle Clarisse che i biografi, per l'assonanza dei nomi, hanno confuso con Montesanto; cosí nel 1385 Bartolomeo da Pisa scriveva: " In Tuderto, non in loco fratrum, sed in monasterio S. Clarae de Monte Sancto iacet sanctus frater Tacobus Benedictoli, qui dicitur fr. Jacobus de Tuderto".
Nel gennaio 1433 il vescovo di Todi, Antonio da Anagni, fatta la ricognizione delle ossa, ed espostele a venerazione nella vicina chiesa dell'Ospedale della Carità, le trasferí processionalmente a S. Fortunato, in una cassa lignea recante l'immagine raggiata. Nel 1596, a cura del vescovo Angelo Cesi, i resti vennero posti in un sarcofago di marmo con.busto del beato ed epitafio del Possevino (autore anche di una Vita); mentre il capo, in reliquiario, fu collocato tra le reliquie dei cinque santi martiri, protettori di Todi: Fortunato, Callisto, Cassiano, Degna e Romana, che si trovavano nella cripta di quella chiesa. Onori di culto si tributavano annualmente a Iacopone anche in cattedrale e nella chiesa di S. Terenziano, e inoltre a Collazzone, Montecastrilli, Collevalenza, Pontacuti, Santa Maria in Camucia, Montecristo, nella chiesa della Concezione e nei monasteri delle Servite della S.ma Annunziata, delle Clarisse di S. Francesco, delle Benedettine dette le "Milizie". Per disposizione testamentaria (19 dicembre 1631) di Costanza Benedettoni, della famiglia che si riteneva consanguinea di Iacopone, si fece ardere in perpetuo una lampada davanti al sepolcro del beato (cf. Strumento degli eredi, 22 apr. 1655); ve la trovò mons. Formeliari nella sua visita e l'uso perdurava ancora nel 1868.
Nel 1595 il vescovo Cesi avanzò richiesta di celebrare l'Ufficio di Iacopone, ma dal Baronio, che pur lodava l'epitafio, ebbe risposta negativa, mancando al titolo di beato il riconoscimento della S. Sede. I1 28 magg. 1618 il consiglio comunale decretava di rinnovare la petizione, di cui non si conosce l'esito. I1 Wadding, pubblicando nel 1634 il vol. VI degli Annales, annotava l'errore nella data di morte fatto dal Possevino (25 marzo 1296, che potrebbe sospettarsi voluto per scagionare Iacopone dalle accuse di ribellione contro Bonifacio VIII) e scriveva che: "memoria eius requiritur de generatione in generat?onem, cu? sacros honores universus populus attribuit". Il legato del 7 sett. 1775 di Carlo Dionisio Battisti, perugino, a Girolamo e Giacomo Benedettoni "ad promovendam canonizationem B. Jacoponis" venne piú tardi commutato in cappellanie di Messe (Pio VII, 6 sett. 1801).
Nel 1868 si avviò dalla postulazione dei Frati Minori un serio tentativo di introdurre la causa, ma esso non ebbe seguito. P. Luigi da Costamolle con lettera del 12 settembre 1869 suggeriva una "via di disincaglio" per l'ostacolo costituito dalle invettive di Iacopone contro il papa Caetani, composte "nel bollore della passione, mentre molti autori e personaggi di dottrina tenevano per nulla l'elezione di Bonifacio" e richiamava "i cantici di penitenza, la morte preziosissima, il culto susseguente amplissimo gloriosissimo".
Oggi, distinguendosi serenamente tra potestà spirituale del papato e potere temporale, e riconosciuta l'ortodossia di Dante, non vi sarebbe neppure bisogno di appigliarsi ad una presunta apocrificità di quel gruppo di Laudi, per spianare la via al riconoscimento dell'anulata tradizione del culto del b. Iacopone.
Nel Martirologio Francescano, Iacopone figura al 25 dicembre. |