25 ottobre

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Stellina788
00lunedì 25 ottobre 2010 10:40

San Bernardo Calvò Vescovo di Vich

25 ottobre

Martirologio Romano: A Vic nella Catalogna in Spagna, san Bernardo Calbó, vescovo, che, lasciato il suo ufficio di giudice, divenne dapprima abate tra i Cistercensi e, eletto poi alla sede di Vic, promosse con impegno la retta dottrina.


Stellina788
00lunedì 25 ottobre 2010 10:40

Beato Bernardo di San Giuseppe Mercedario

25 ottobre

+ 23 ottobre 1613

Nato a Parigi nel 1576, il Beato Bernardo di San Giuseppe, all'età di 29 anni si trasferì in Spagna ed entrò nel convento mercedario di San Lazzaro in Siviglia, come frate laico converso. Fu insigne per l'amore al Crocifisso, per la grande pazienza, la purezza angelica, l'amore verso gli altri ed il disprezzo di se stesso e delle cose terrene. Stracolmo di meriti il Signore lo favorì di una infinità di grazie e frequenti estasi, finché santamente morì il 23 ottobre 1613 all'età di 37 anni, 8 dei quali passati in religione.
L'Ordine lo festeggia il 25 ottobre.



Stellina788
00lunedì 25 ottobre 2010 10:41

Santa Canna Moglie di San Sadwrn

25 ottobre

VI secolo


Agli inizi del sec. VI, dalla Bretagna, Canna passò nel Galles, insieme col marito s. Saturnino (detto poi nel Galles “Sadwrn”), col figlio, s. Crallo, e con lo zio, s. Cadfan. Il motivo di questo trasferimento va forse cercato nelle invasioni dei Franchi, come pensano i Bollandisti, oppure in quegli intensi scambi che andavano sviluppandosi tra l’Inghilterra ed il continente. Morto s. Saturnino, Canna passò a seconde nozze con un nobile del luogo, Gallgu Reiddog o Alltu Redegog, da cui ebbe i figli s. Tegfan e s. Elian (Ilario), soprannominato poi “Geimiad”, “visitatore di luoghi santi, pellegrino”. Ognuno di questi santi ha lasciato il proprio nome legato a varie località, specialmente s. Elian che gode di un culto particolarmente vivo nell’isola di Mona. La loro memoria liturgica ricorre il 25 ottobre.



Stellina788
00lunedì 25 ottobre 2010 10:42

Beato Carlo Gnocchi Sacerdote

25 ottobre

San Colombano al Lambro, Milano, 25 ottobre 1902 - Milano, 28 febbraio 1956


Un’altra grande figura della santità e operosità milanese; fu chiamato l’apostolo dei mutilatini. Nacque a S. Colombano al Lambro (MI) il 25 ottobre 1902 dal padre Enrico marmista e da Clementina Pasta sarta.
A 2 anni divenne orfano di padre e la famiglia si trasferì prima a Milano e poi a Besana di Brianza; studiò nel seminario milanese e venne ordinato sacerdote il 6 giugno 1925; le sue prime esperienze d’apostolato le fece nelle parrocchie di Cernusco sul Naviglio e in quella di S. Pietro in Sala a Milano.
Nel contempo divenne cappellano all’Istituto Gonzaga, dove ebbe l’opportunità di conoscere meglio l’uomo inquadrato nella società, i giovani, ma anche le loro famiglie e l’ambiente, affinando così la sua passione e la sua sensibilità come educatore.
Ebbe anche dal cardinale arcivescovo beato Schuster, l’incarico di assistente spirituale del GUF (Gruppo Universitari Fascisti) di Milano. Il 22 settembre 1936, fu nominato direttore spirituale dell’Istituto Gonzaga di cui era stato cappellano, diretto dai Fratelli delle Scuole Cristiane e inoltre insegnante di religione all’Istituto Commerciale Schiapparelli di Milano.
Il 10 giugno 1940, l’Italia entrò in guerra e don Carlo Gnocchi si arruolò volontariamente come cappellano militare del Battaglione degli Alpini ‘Val Tagliamento’, che partecipò alla campagna di Grecia.
Di ritorno dalla Grecia, volle pure partecipare da ‘sacerdote’ alla campagna di Russia, come cappellano degli Alpini della Divisione Tridentina; la disastrosa ritirata del gennaio 1943, che vide la morte di numerosi soldati, lo colpì profondamente, provocandogli una forte crisi spirituale sulla bontà di Dio, crisi che superò con la sua immensa fede e facendogli intuire il significato e il valore della sofferenza degli innocenti. Maturò il lui il desiderio di provvedere all’assistenza degli orfani dei suoi alpini, dei mutilatini di guerra, vittime dei bombardamenti e degli ordigni bellici scoppiati fra le loro mani e degli handicappati di ogni genere.
Decorato con medaglia d’argento al valor militare, negli anni 1944-45 partecipò alla Resistenza subendo anche il carcere per alcuni giorni e liberato per l’intervento del cardinale Schuster.
Nel 1945 lasciò l’incarico di direttore spirituale all’Istituto Gonzaga, prendendo quello di assistente ecclesiastico degli studenti dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, restandoci tre anni, intanto nel 1947 aveva fondato l’Istituzione ‘Pro infantia mutilata’ riconosciuta con D.P.R. del 26 marzo 1949.
Nel 1953 l’istituzione cambiò denominazione in ‘Fondazione Pro Juventute’ riconosciuta come Ente Morale. Don Carlo Gnocchi fu il “don Bosco” di Milano, la sua vita ebbe due fasi, divise dalla Seconda Guerra Mondiale, la prima lo vide come educatore, intento alla riflessione e alla ricerca spirituale e culturale, la seconda come uomo d’azione, rapido, instancabile, ansioso di creare e realizzare le sue idee e opere, prima che il tempo si concludesse per lui.
Si fece propagandista itinerante in Italia e all’Estero per le sue istituzioni, che ormai si erano ramificate, aumentando con ritmo veloce, in Lombardia e in altre regioni italiane.
Come atto supremo dell’amore che portava verso i suoi mutilatini e disabili, volle che alla sua morte, avvenuta il 28 febbraio 1956, le sue cornee venissero espiantate per donarle a due ragazzi ciechi, operazione felicemente riuscita ad opera del professor Cesare Galeazzi; si era agli albori della cultura dei trapianti d’organi.
Fu scrittore fecondo di spiritualità, educazione, pedagogia. La sua salma, il 3 aprile 1960 fu traslata dal Cimitero Monumentale alla Cappella del Centro Pilota di Milano.
Sono in corso i processi canonici per la sua beatificazione, iniziati il 3 dicembre 1986, con la formale richiesta alla S. Sede da parte dell’arcivescovo di Milano, card. Martini.
Il 20 dicembre 2002 il Papa lo ha dichiarato venerabile. Il 25 ottobre 2009 è stato beatificato e la sua festa liturgica è stata fissata al 25 ottobre.



Stellina788
00lunedì 25 ottobre 2010 10:43

San Cleto Diacono

25 ottobre

Tivoli, metà dell’XI secolo


Le notizie non sono tante e quelle che si sanno provengono dagli ‘Atti’ di s. Pietro di Trevi, dove si cita che s. Pietro, eremita itinerante e predicatore del secolo XI, fu per due anni discepolo del diacono Cleto a Tivoli; poi quando Cleto ritenne che Pietro fosse ben preparato, lo presentò al vescovo di Tivoli Gregorio, che gli diede la tonsura ecclesiastica e una croce di ferro, incaricandolo di predicare nelle cittadine della regione.
Essendo stato Gregorio vescovo di Tivoli dal 1049 al 1054, al tempo di papa Leone IX, si può datare l’esistenza di Cleto nella metà dell’XI secolo.
Altro non si sa, notizie datate 1700 riportano che nella piazza vicino al Duomo di Tivoli, esisteva un ospedale (ospizio dei pellegrini) dedicato a S. Cleto; l’episcopio era denominato ‘Casa di S. Cleto’; le sue reliquie sono ancora conservate nel Duomo sotto l’altare di s. Mario e il suo culto è limitato alla diocesi di Tivoli, dove è venerato il 25 ottobre, in tale data nei tempi antichi era usanza distribuire pane fresco e fave cotte.


Stellina788
00lunedì 25 ottobre 2010 10:44

San Crisanto Martire di Roma

25 ottobre

Roma, † 283 ca.

I due santi patroni della città di Reggio Emilia vissero e morirono martiri nel III secolo, probabilmente nel 283. Crisanto figlio di un certo Polemio, di origine alessandrina, venne a Roma per studiare filosofia al tempo dell'imperatore Numeriano (283-284), qui ebbe l'occasione di conoscere il presbitero Carpoforo e si fece battezzare. Il padre Polemio cercò in tutti i modi di farlo tornare al culto degli dei, si servì anche di alcune donne e specialmente della bella vestale Daria. Ma Crisanto riuscì a convertire Daria e di comune accordo, simulando il matrimonio, poterono essere lasciati liberi di predicare, convertendo molti altri romani al Cristianesimo. La cosa non passò inosservata, scoperti furono infine accusati al prefetto Celerino, il quale li affidò al tribuno Claudio, che però si convertì insieme alla moglie Ilaria, i due figli Giasone e Mauro, alcuni parenti ed amici e i settanta soldati della guarnigione, che aveva in custodia gli arrestati. Scoperti, vennero tutti condannati a morte dallo stesso imperatore Numeriano. Crisanto e Daria furono condotti sulla Via Salaria, gettati in una fossa e sepolti vivi. (Avvenire)

Martirologio Romano: A Roma nel cimitero di Trasóne sulla via Salaria nuova, santi Crisanto e Daria, martiri, lodati dal papa san Damaso.


SANTI CRISANTO E DARIA

I due santi patroni della città di Reggio Emilia vissero e morirono nel III secolo, l’anno del martirio si suppone fosse il 283; sono ricordati singolarmente o in coppia in svariati giorni dell’anno secondo i vari Martirologi e Sinassari, mentre il famoso Calendario Marmoreo di Napoli e per ultimo il Martirologio Romano, li ricordano il 25 ottobre.
I due martiri sono raffigurati in varie opere d’arte, reliquiari, pannelli, affreschi, mosaici, per lo più di origine italiana, situati in alcune città d’Italia, di Germania, Austria e Francia; questo testimonia la diffusione del loro antichissimo culto in tutta la Chiesa.
La loro vicenda, narrata in modo epico e fantasioso dalla ‘passio’, risente senz’altro della lontananza del tempo e della necessità di ricostruire la ‘Vita’ con pochissime notizie certe.
Questa ‘passio’ di cui si hanno versioni in latino e in greco, era già esistente nel secolo VI poiché era nota a s. Gregorio di Tours (538-594), vescovo francese e grande storico dell’epoca.
Crisanto figlio di un certo Polemio, di origine alessandrina, venne a Roma per studiare filosofia al tempo dell’imperatore Numeriano (283-284), qui ebbe l’occasione di conoscere il presbitero Carpoforo, quindi si istruì nella religione cristiana e poi battezzare.
Il padre Polemio cercò in tutti i modi di farlo tornare al culto degli dei, si servì anche di alcune donne e specialmente della vestale Daria, dotta e bella donna.
Ma Crisanto riuscì a convertire Daria e di comune accordo, simulando il matrimonio, poterono essere lasciati liberi di predicare, convertendo molti altri romani al Cristianesimo.
Ma la cosa non passò inosservata, scoperti furono infine accusati al prefetto Celerino, il quale li affidò al tribuno Claudio, che in seguito ad alcuni prodigi operati da Crisanto, si convertì insieme alla moglie Ilaria, i due figli Giasone e Mauro, alcuni parenti ed amici e gli stessi settanta soldati della guarnigione, che aveva in custodia gli arrestati.
A questo punto intervenne direttamente l’imperatore Numeriano che condannò Claudio ad essere gettato in mare con una grossa pietra al collo, mentre i due figli e i settanta soldati vennero decapitati e poi sepolti sulla Via Salaria; dopo qualche giorno anche Ilaria mentre pregava sulla loro tomba morì.
Anche Crisanto e Daria dopo essere stati sottoposti ad estenuanti interrogatori, furono condotti sulla Via Salaria, gettati in una fossa e sepolti vivi sotto una gran quantità di terra e sassi
Dagli ‘Itinerari’ del secolo VII, si sa che i due martiri erano sepolti in una chiesetta del cimitero di Trasone sulla medesima Via Salaria nuova. Una notizia certa riferisce che per la festa dei santi martiri, affluivano molti fedeli ai loro sepolcri e che il papa Pelagio II nel 590, dette alcune reliquie ad un diacono della Gallia.
Ma la storia delle reliquie è intessuta di notizie contraddittorie e leggendarie, la tradizione vuole infatti che furono operate tre traslazioni, una da papa Paolo I (757-767) che dalla Via Salaria le avrebbe portate nella chiesa di S. Silvestro a Roma; la seconda da papa Pasquale I (817-824) che invece le avrebbe trasferite dalla Via Salaria alla Chiesa di Santa Prassede e l’ultima da papa Stefano V (885-891), che le avrebbe portate al Laterano.
Da questa ultima chiesa poi nell’884 sarebbero state portate nel monastero di Münstereiffel in Germania, ancora nel 947 le reliquie sarebbero state trasferite a Reggio Emilia, di cui s. Crisanto e s. Daria sono i patroni, ad opera del vescovo Adelardo, il quale le avrebbe avute da Berengario che a sua volta le aveva ricevute nel 915 da papa Giovanni X, come si vede un bel ginepraio.
Altre città rivendicano il possesso di reliquie come Oria (Brindisi), Salisburgo, Vienna, Napoli.
Il duomo di Reggio Emilia possiede i due busti reliquiari in argento dei martiri, opera di Bartolomeo Spani.



Stellina788
00lunedì 25 ottobre 2010 10:44

Santi Crispino e Crispiniano di Soissons Martiri

25 ottobre

m. circa 285

Due calzolai intenti al loro lavoro: così sono raffigurati i santi Crispino e Crispiniano, perché la storia del martirio attribuisce loro questo mestiere. Da secoli, per questo, i calzolai li venerano come loro patroni in tante parti d’Europa; e con essi i sellai, i guantai e i conciatori. La Chiesa li ricorda come martiri: uccisi per la fede nella Gallia romana, ad Augusta Suessionum, l’attuale Soissons.

Patronato: Calzolai, Lavoratori del cuoio

Etimologia: Crispino = dai capelli ricci, dal latino

Emblema: Palma, Scarpe

Martirologio Romano: A Soissons nella Gallia belgica, ora in Francia, santi Crispino e Crispiniano, martiri.

Ascolta da RadioRai:
  

Nella redazione di Auxerre del Martirologio Geronimiano sono ricordati al 25 ottobre Crispino e Crispiniano come martiri di Soissons; ivi, infatti, nel secolo VI esisteva una basilica a loro dedicata di cui parla a più riprese Gregorio di Tours. L'itinerario inserito nei Gesta Regum Anglorum di Guglielmo di Malmesbury ricorda gli stessi martiri come sepolti nella basilica dei SS. Giovanni e Paolo sul Celio a Roma; questa notizia, però, dipènde probabilmente dalla passio di questi due ultimi santi, in cui, peraltro, I'episodio è considerato un'aggiunta posteriore, sebbene si sia preteso difenderne l'autenticità storica attraverso il presunto ritrovamento dei sepolcri. Di Crispino e Crispiniano esiste una passio scritta verso la fine del sec. VIII, infarcita dei soliti luoghi comuni. I due santi, di origine romana, si sarebbero recati in Gallia insieme con altri al tempo di Diocleziano, e stabiliti a Soissons dove avrebbero esercitato il mestiere di calzolai a favore dei poveri, non trascurando di propagandare la fede cristiana. Saputo ciò, I'imperatore Massimiano li fece arrestare per mezzo di Riziovaro che con lusinghe, minacce e tormenti, cercò di farli apostatare; a nulla valsero i tentativi, anzi fu Riziovaro che, in un accesso d'ira dispettosa, si gettò nel fuoco incontrandovi la morte. Per vendicare il suo ministro, Massimiano condannò i due santi alla pena capitale. I loro corpi, dopo essere stati nascosti per un certo tempo da due vecchi, finita la persecuzione, furono posti in due sepolcri sui quali venne edificata una basilica.
Nonostante le contraddizioni e la poca attendibilità delle fonti si può ritenere che Crispino e Crispiniano siano due martiri romani periti durante la persecuzione militare della fine del secolo III a Soissons, dove furono creduti santi locali e donde alcune loro reliquie furono portate a Roma.
Per l'allusione della passio al mestiere da loro esercitato, i due martiri sono invocati come patroni dei calzolai.



Stellina788
00lunedì 25 ottobre 2010 10:45

Santa Daria Martire

25 ottobre

Roma, † 283 ca.

I due santi patroni della città di Reggio Emilia vissero e morirono martiri nel III secolo, probabilmente nel 283. Crisanto figlio di un certo Polemio, di origine alessandrina, venne a Roma per studiare filosofia al tempo dell'imperatore Numeriano (283-284), qui ebbe l'occasione di conoscere il presbitero Carpoforo e si fece battezzare. Il padre Polemio cercò in tutti i modi di farlo tornare al culto degli dei, si servì anche di alcune donne e specialmente della bella vestale Daria. Ma Crisanto riuscì a convertire Daria e di comune accordo, simulando il matrimonio, poterono essere lasciati liberi di predicare, convertendo molti altri romani al Cristianesimo. La cosa non passò inosservata, scoperti furono infine accusati al prefetto Celerino, il quale li affidò al tribuno Claudio, che però si convertì insieme alla moglie Ilaria, i due figli Giasone e Mauro, alcuni parenti ed amici e i settanta soldati della guarnigione, che aveva in custodia gli arrestati. Scoperti, vennero tutti condannati a morte dallo stesso imperatore Numeriano. Crisanto e Daria furono condotti sulla Via Salaria, gettati in una fossa e sepolti vivi. (Avvenire)

Martirologio Romano: A Roma nel cimitero di Trasóne sulla via Salaria nuova, santi Crisanto e Daria, martiri, lodati dal papa san Damaso.


SANTI CRISANTO E DARIA

I due santi patroni della città di Reggio Emilia vissero e morirono nel III secolo, l’anno del martirio si suppone fosse il 283; sono ricordati singolarmente o in coppia in svariati giorni dell’anno secondo i vari Martirologi e Sinassari, mentre il famoso Calendario Marmoreo di Napoli e per ultimo il Martirologio Romano, li ricordano il 25 ottobre.
I due martiri sono raffigurati in varie opere d’arte, reliquiari, pannelli, affreschi, mosaici, per lo più di origine italiana, situati in alcune città d’Italia, di Germania, Austria e Francia; questo testimonia la diffusione del loro antichissimo culto in tutta la Chiesa.
La loro vicenda, narrata in modo epico e fantasioso dalla ‘passio’, risente senz’altro della lontananza del tempo e della necessità di ricostruire la ‘Vita’ con pochissime notizie certe.
Questa ‘passio’ di cui si hanno versioni in latino e in greco, era già esistente nel secolo VI poiché era nota a s. Gregorio di Tours (538-594), vescovo francese e grande storico dell’epoca.
Crisanto figlio di un certo Polemio, di origine alessandrina, venne a Roma per studiare filosofia al tempo dell’imperatore Numeriano (283-284), qui ebbe l’occasione di conoscere il presbitero Carpoforo, quindi si istruì nella religione cristiana e poi battezzare.
Il padre Polemio cercò in tutti i modi di farlo tornare al culto degli dei, si servì anche di alcune donne e specialmente della vestale Daria, dotta e bella donna.
Ma Crisanto riuscì a convertire Daria e di comune accordo, simulando il matrimonio, poterono essere lasciati liberi di predicare, convertendo molti altri romani al Cristianesimo.
Ma la cosa non passò inosservata, scoperti furono infine accusati al prefetto Celerino, il quale li affidò al tribuno Claudio, che in seguito ad alcuni prodigi operati da Crisanto, si convertì insieme alla moglie Ilaria, i due figli Giasone e Mauro, alcuni parenti ed amici e gli stessi settanta soldati della guarnigione, che aveva in custodia gli arrestati.
A questo punto intervenne direttamente l’imperatore Numeriano che condannò Claudio ad essere gettato in mare con una grossa pietra al collo, mentre i due figli e i settanta soldati vennero decapitati e poi sepolti sulla Via Salaria; dopo qualche giorno anche Ilaria mentre pregava sulla loro tomba morì.
Anche Crisanto e Daria dopo essere stati sottoposti ad estenuanti interrogatori, furono condotti sulla Via Salaria, gettati in una fossa e sepolti vivi sotto una gran quantità di terra e sassi
Dagli ‘Itinerari’ del secolo VII, si sa che i due martiri erano sepolti in una chiesetta del cimitero di Trasone sulla medesima Via Salaria nuova. Una notizia certa riferisce che per la festa dei santi martiri, affluivano molti fedeli ai loro sepolcri e che il papa Pelagio II nel 590, dette alcune reliquie ad un diacono della Gallia.
Ma la storia delle reliquie è intessuta di notizie contraddittorie e leggendarie, la tradizione vuole infatti che furono operate tre traslazioni, una da papa Paolo I (757-767) che dalla Via Salaria le avrebbe portate nella chiesa di S. Silvestro a Roma; la seconda da papa Pasquale I (817-824) che invece le avrebbe trasferite dalla Via Salaria alla Chiesa di Santa Prassede e l’ultima da papa Stefano V (885-891), che le avrebbe portate al Laterano.
Da questa ultima chiesa poi nell’884 sarebbero state portate nel monastero di Münstereiffel in Germania, ancora nel 947 le reliquie sarebbero state trasferite a Reggio Emilia, di cui s. Crisanto e s. Daria sono i patroni, ad opera del vescovo Adelardo, il quale le avrebbe avute da Berengario che a sua volta le aveva ricevute nel 915 da papa Giovanni X, come si vede un bel ginepraio.
Altre città rivendicano il possesso di reliquie come Oria (Brindisi), Salisburgo, Vienna, Napoli.
Il duomo di Reggio Emilia possiede i due busti reliquiari in argento dei martiri, opera di Bartolomeo Spani.



Stellina788
00lunedì 25 ottobre 2010 10:46

Sante Daria e Derbilia del Connaught Martiri

25 ottobre

Etimologia: Daria = che mantiene il bene, dal persiano

Emblema: Palma


Nella vita di s. Cormaco abate si legge che, visitando egli il territorio del Connaught, giunse in un luogo chiamato poi Maghgamnach. Fissare il tempo della sua vita è arduo come fissare quello in cui visse il santo abate: si pensa al sec. VI o al VII. Non restano tracce di culto. La stessa fonte accenna a Derbilia, figlia di Cormaco (Corbmaco) appartenente, al pari di Daria, alla stirpe reale dei Fiachra, che fiorì dal sec. V in poi, dando molti re al Connaught e molti santi alla Chiesa. Di lei non si sa altro: forse è la stessa Derbilia di Irras, che accompagnò s. Colombano e alla quale i Bollandisti accennano brevemente al 3 agosto. Daria e Derbilia sono ricordate il 25 o il 26 ottobre.


Stellina788
00lunedì 25 ottobre 2010 10:47

Beato Domenico da Siviglia Mercedario

25 ottobre

+ 1450

Di grandissima umiltà, preghiera, penitenza e pazienza, il Beato Domenico da Siviglia, mercedario redentore si distinse sopratutto per i miracoli. Inviato per redenzione in Marocco liberò 124 schiavi da una dura schiavitù. Colmo di meriti morì nella pace del Signore nell'anno 1450.
L'Ordine lo festeggia il 25 ottobre.



Stellina788
00lunedì 25 ottobre 2010 10:47

San Frontone di Perigueux Vescovo

25 ottobre

+ Périgueux, Francia, 74 circa

Etimologia: Frontone = di grande mente, dal latino

Emblema: Bastone pastorale, Mitra

Martirologio Romano: A Périgueux in Aquitania, ora in Francia, san Frontone, che si ritiene abbia per primo predicato il Vangelo in questa città.


Secondo l’autorevole Martyrologium Romanum, che lo commemora in data odierna, San Frontone (in francese noto come Saint Front) fu il primo evangelizzatore della città francese di Périgueux, della quale fu quindi anche primo vescovo. Fu inviato direttamente dall’apostolo San Pietro, stabilendo così delle radici assai antiche alla storia della Chiesa della nazione francese.
Essere primo evangelizzatore di una zona è un atto che richiede indubbiamente un coraggio eroico, caratteristica che contraddistinse l’intera vita del santo, meritandogli infine di essere coronato con l’aureola della santità dopo la sua morte avvenuta all’incirca nell’anno 74 del I secolo.
Si ignorano purtroppo dettagli più precisi circa la sua esistenza terrena, ma una magnifica cattedrale a lui dedicata richiama ancora oggi la sua memoria. Nella regione circostante varie località sono poste sotto la sua protezione: Saint-Front-d’Alemps, Saint-Front-la-Rivière e Saint-Front-de-Pradoux, ove una chiesa fu edificata sul luogo in cui il santo era solito soggiornare.


Stellina788
00lunedì 25 ottobre 2010 10:48

San Frutto Eremita a Segovia

25 ottobre

+ 715

Di nobile famiglia spagnola, distribuì i suoi beni ai poveri e si installò su una rupe scoscesa, dove condusse una vita eremitica.

Martirologio Romano: Nel territorio di Segovia in Spagna, san Frutto, che condusse vita eremitica su una rupe scoscesa.



Stellina788
00lunedì 25 ottobre 2010 10:49

San Gaudenzio di Brescia Vescovo

25 ottobre

sec. IV-V

Fu l'ottavo vescovo di Brescia, la città in cui era nato. Si sa qualcosa sulla sua vita dai suoi dieci Sermoni, inviati ad un meritevole concittadino che perché malato, non poteva recarsi ad ascoltarlo. Gaudemnzio, per la suo umiltà, pensava di svolgere il suo ministero unicamente attraverso la predicazione. I suoi discorsi vennero copiati e diffusi perché richiesti dai fedeli. Quando fu eletto vescovo, a furor di popolo e con l'approvazione di Sant'Ambrogio, era in pellegrinaggio in Terra Santa. Fece parte anche della missione di vescovi(obbligati poi a tornare indietro) che il Papa ha inviò in aiuto di Giovanni Crisostomo. Gaudenzio, molto colto ma insicuro, godeva fama di grande santità e per questo ebbe la stima di grandi personalità religiose e civili del suo tempo.

Etimologia: Gaudenzio = allegro, gaudente, dal latino

Emblema: Bastone pastorale

Martirologio Romano: A Brescia, san Gaudenzio, vescovo, che, ordinato da sant’Ambrogio, rifulse tra i presuli del suo tempo per dottrina e virtù, istruì il suo popolo con la parola e con gli scritti e fondò una basilica che chiamò Concilio dei Santi.

Ascolta da RadioVaticana:
  
Ascolta da RadioMaria:
  

Ecco un santo senza biografi. Quelloche sappiamo di lui si ricava in partedai suoi scritti, da lettere di contemporaneie dalle vicende che lo hanno coinvolto.È bresciano di origine, ma non sisa niente della famiglia, della nascita edella gioventù. Lo troviamo, forse già sacerdote,al fianco del settimo vescovobresciano, Filastrio. Di sicuro ha fattobuoni studi e gode di largo prestigio trai concittadini. Infatti,quando Filastrio muore(nel 387 o 388), clero efedeli designano lui comesuccessore.
Ma Gaudenzio al momentosta percorrendocome pellegrino i luoghisanti; è anzi uno dei pionieridi questi pellegrinaggi. I brescianiallora mandano in Palestina una delegazioneper farlo rientrare al più presto.Lui accetta con qualche difficoltà, perchési considera scarso come scrittore diteologia, mentre questo all’epoca è compitofondamentale di ogni vescovo, contanti punti di fede da precisare, con lavarietà di dottrine e di dottrinari che cisono in giro. (Il vescovo Filastrio ha scrittomolto su eresie ed eretici).
Ma infine si convince ad accettare, ancheperché la sua nomina è sostenuta daAmbrogio, vescovo di Milano. Così, intornoall’anno 390 viene consacrato vescovo,alla presenza di Ambrogio venutoda Milano, che poi lo chiama nella suacittà per una serie di prediche. (Milano ècapitale dell’Impero romano d’Occidente:vi risiedono la famiglia imperiale, ilgoverno e i comandi militari). Non si ritienedegno di stendere trattati, e noncrede che le sue omelie meritino di esseretrascritte. E invece proprio questo accade:da un lato, le trascrivonomolti preti perservirsene nella loro predicazione;dall’altro, c’èchi gli richiede più larghespiegazioni di cosedette da lui in chiesa; e alloragli tocca scrivere.Uno dei più vivaci intellettualidel tempo, Tirannio Rufino diAquileia, gli scrive: «Il tuo è un ingegnocosì vivo che bisogna proprio scrivere epubblicare quello che dici nelle predichee nelle conversazioni».
Tutta questa attenzione alle parole“parlate” si spiega con la loro novità neitempi e nelle sedi: niente accanimentipignoli sull’aggettivo o sul participio ingreco,ma raffronti immediati e chiarissimitra la fede che si professa e i comportamenti.Il vescovo denuncia ingiustiziee ipocrisie, dà voce a quelli che nessunoascolta. C’è la vita del tempo, nelle sueparole; e per molti esse sono anche unaiuto per conoscersi meglio.
La sua esperienza dell’Oriente gli procuraun’importante missione nel 406. ACostantinopoli, il patriarca GiovanniCrisostomo è stato mandato in esilioper la seconda volta, a opera di Eudossia,moglie dell’imperatore Arcadio. PapaInnocenzo I manda Gaudenzio e altriquattro vescovi a Costantinopoli per incontrareArcadio, promuovere un concilioe ottenere la libertà per il patriarca.Ma l’impresa fallisce: i vescovi vengonobloccati e rimandati indietro prima di arrivarea Costantinopoli.
E Gaudenzio ritorna a Brescia, dove fasorgere una chiesa dal nome insolito:Concilium Sanctorum. «Il nome voleva dire:qui c’è una collezione di santi; e i santisono le reliquie degli apostoli che avevaportato san Gaudenzio nel suo ritornodalla Terrasanta»: così ha spiegatoquesto nome Paolo VI, bresciano, parlandoa un pellegrinaggio di suoi concittadininel 1970. Gaudenzio è stato sepolto inquella chiesa nel 411 o 412, già veneratocome santo dal popolo.


Stellina788
00lunedì 25 ottobre 2010 10:50

Sant' Ilaro (Ilario) di Javols Vescovo

25 ottobre

Martirologio Romano: Nel territorio di Javols in Francia, sant’Ilario, vescovo di Mende.



Stellina788
00lunedì 25 ottobre 2010 10:51

Beato Ludovico di Arnstein Premostratense

25 ottobre

+ Gommersheim, Germania, 25 ottobre 1185

Nel 1139, Ludovico trasformò il suo castello di Arnstein (diocesi di Treviri), in due monasteri per religiosi e religiose Premostratensi provenienti da quello “Gratia Dei” di Magdeburgo. Ludovico entrò tra i religiosi, mentre sua moglie Eutta o Iutta tra le religiose. Egli volle rimanere sempre semplice fratello converso, attendendo col più grande impegno all’amministrazione del monastero che gli fu confidata. Si esercitò mirabilmente nelle virtù cristiane: eccelse nell’umiltà e nella misericordia verso i poveri.
Il duplice monastero non ebbe lunga vita: le religiose canonichesse infatti ben presto si trasferirono a Gommersheim, diocesi di Magonza: in questo monastero Ludovico morì il 25 ottobre 1185.
Le sue spoglie furono traslate ad Arnstein, e poste nel sepolcro davanti all’altar maggiore. Il culto pubblico di Ludovico fu concesso alla Congregazione dei Premostratensi in Spagna, praticamente separata dal resto dell’Ordine fin dal sec. XVI; tale Congregazione finì all’inizio del sec. XIX e con essa cessò il culto pubblico a Ludovico di Arnstein.



Stellina788
00lunedì 25 ottobre 2010 10:52

Beata Maria Teresa Ferragud Roig e 4 figlie suore Martiri

25 ottobre

Algemesì, Spagna, 14 gennaio 1853 - Cruz Cubierta, Spagna, 25 ottobre 1936

Maria Teresa Ferragud Roig nacque il 14 gennaio 1853 a Algemesì in Spagna. Il 23 novembre 1872 sposò Vicente Silverio Masià, uomo di profonda fede e dal matrimonio nacquero nove figli, tra i quali tre clarisse cappuccine ed un'agostiniana scalza: Maria Jesus, Maria Veronica, Maria Felicidad Masià Ferragud e Josefa della Purificazione. Maria Teresa andava tutti i giorni a Messa, essendo assai devota al Santissimo Sacramento, alla Madonna ed al Sacro Cuore di Gesù. Promosse attività caritatevoli specialmente attraverso la Confraternita di San Vicenzo de' Paoli, della quale fu anche presidente. Allo scoppio della guerra civile e della persecuzione religiosa che attraversò la Spagna negli anni '30 del secolo scorso, Maria Teresa rimase accolse in casa le quattro figlie religiose. Queste furono però trovate ed anche la madre fu imprigionata con loro perché rifiutò di lasciarle sole. Il 25 ottobre 1936 furono uccise tutte presso Cruz Cubierta. Maria Teresa chiese di essere fucilata per ultima, per poter incoraggiare le figlie nella fedeltà al Signore. E tutte gridarono «Viva Cristo Re!» e perdonando i loro carnefici. (Avvenire)

Martirologio Romano: Ad Alzira nel territorio di Valencia sempre in Spagna, beate Maria Teresa Ferragud Roig e le sue figlie Maria di Gesù (Vincenza), Maria Veronica (Gioacchina), Maria Felicita Masiá Ferragud, vergine dell’Ordine delle Clarisse Cappuccine, e Giuseppa della Purificazione (Raimonda) Masiá Ferragud, vergini dell’Ordine delle Agostiniane Scalze, martiri, che sempre nella stessa persecuzione furono incoronate per avere coraggiosamente reso testimonianza a Cristo.


Maria Teresa Ferragud Roig, fedele laica dell’arcidiocesi di Valencia, nacque il 14 gennaio 1853 a Algemesì in Spagna.. Il 23 novembre 1872 si sposò con Vicente Silverio Masià, uomo di fede profonda e costante preghiera, e da tale matrimonio nacquero ben nove figli, tra le quali tre Clarisse Cappuccine ed un’Agostiniana Scalza: Maria Jesus (Maria Vincenta Masià Ferragud), nata il 12 gennaio 1882, Maria Veronica (Maria Joaquina Masià Ferragud), nata il 15 giugno 1884, Maria Felicidad Masià Ferragud, nata il 29 agosto 1890, e Josefa della Purificazione (Josefa Ramona Masià Ferragud), nata il 10 giugno 1897.
Maria Teresa era solita prender parte quotidianamente alla celebrazione eucaristica, essendo assai devota al Santissimo Sacramento, alla Madonna, mediante la recita del Santo Rosario, ed al Sacro Cuore di Gesù. Promosse attività caritatevoli specialmente attraverso la Confraternita di San Vicenzo de’ Paoli, della quale fu anche presidentessa.
Allo scoppio della guerra civile e della feroce persecuzione religiosa che attraversò la Spagna negli anni ’30 del XX secolo, Maria Teresa rimase molto sconvolta ed accolse con gioia in casa le quattro figlie religiose. Queste furono però comunque scovate ed anche la madre fu con loro imprigionata perchè rifiutò di lasciarle sole. Pochi giorni dopo, il 25 ottobre 1936, le cinque donne furono uccise insieme presso Cruz Cubierta. Maria Teresa chiese di essere fucilata per ultima, per poter incoraggiare le figlie nella fedeltà al Divino Sposo. Tutte quante terminarono la loro esistenza terrena gridando “Viva Cristo Re!” e perdonando i loro carnefici.



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00lunedì 25 ottobre 2010 10:52

Santi Martirio e Marciano Martiri

25 ottobre

Martirologio Romano: A Costantinopoli, santi Martirio, suddiacono, e Marciano, cantore, uccisi dagli ariani sotto l’imperatore Costanzo.



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00lunedì 25 ottobre 2010 10:53

San Mauro di Pecs Vescovo

25 ottobre

Martirologio Romano: A Pécs in Ungheria, san Mauro, vescovo, che fu maestro di eloquenza per quasi tutta la vita e visse, infine, come monaco e poi abate nel monastero di San Martino.



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00lunedì 25 ottobre 2010 10:54

Santi Mauro e Beneria Sposi e martiri

25 ottobre

+ Sardegna

I coniugi Mauro e Beneria vennero decapitati in odio alla fede cristiana ed il loro martirio fu così giusta causa della venerazione nei loro confronti quali "santi". Sono commemorati al 25 ottobre.



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00lunedì 25 ottobre 2010 10:55

San Miniato di Firenze Martire

25 ottobre

Sec. III

Nel mosaico dell’abside della celeberrima chiesa fiorentina che porta il suo nome, il protomartire Miniato è raffigurato come re, mentre la tradizione lo ritiene un soldato. Una leggenda lo identifica, infatti, con una testa coronata armena di passaggio in città intorno al 250, durante la persecuzione di Decio. Si rifiutò di venerare gli dèi pagani e venne messo a morte. Dopo molti supplizi, la narrazione vuole che prendesse in mano la testa mozzata e si recasse sul «mons florentinus». Ciò forse per giustificare l’edificazione del tempio su una collina fuori città, mentre il martirio sarebbe avvenuto nell’anfiteatro. Oggi si ritiene fosse un fiorentino, forse di umili origini, ucciso nei pressi di un’ansa dell’Arno, detta «gorgo», dove i fiorentini hanno a lungo venerato una Croce del gorgo. (Avvenire)

Emblema: Palma

Martirologio Romano: A Firenze, san Miniato, martire.


Nei dintorni di Firenze, c'è una località che tutti i turisti e gli innamorati delle cose belle conoscono ed amano. Quante migliaia di persone han contemplato, dallo spalto di San Miniato, il tramonto del sole sulla città del Giglio, coi colori che si accendono, sfumano e muoiono; e la striscia luminosa del fiume che riverbera l'argento, l'oro o il fuoco del cielo occidentale?
Pochi forse, in quello scenario di bellezza, si domandano chi sia il Santo da cui la Chiesa prende nome e che è, in un certo senso, origine e causa di questa eccezionale espressione di armonia. Ma, almeno a Firenze, tutti conoscono la storia, o meglio la leggenda, di San Miniato, primo Martire fiorentino.
Miniato, secondo la leggenda, sarebbe stato un Re armeno, di passaggio da Firenze, durante la persecuzione di Decio, cioè nel 250. Rifiutò il sacrificio agli dei. La leggenda scritta subito dopo il mille, ricorda numerosi tormenti ai quali venne inutilmente sottoposto: uscì illeso da un forno arroventato; si liberò miracolosamente dei ceppi che lo stiravano sul cavalletto; fece stramazzare un leone, con un segno di Croce, nell'anfiteatro che sorgeva fuori della città, verso levante, e di cui si riconosce ancora il ricurvo perimetro.
Finalmente venne decapitato. Ma anche con la testa mozza, la leggenda non abbandonò il primo Martire fiorentino. Infatti, la chiesa a lui dedicata, e quindi la sua sepoltura, sorgeva sul colle, ad una certa distanza dalla città. Bisognava dunque giustificare quell'insolita e bellissima ubicazione del Santuario dedicato al Martire soldato.
Si disse perciò che dopo la decapitazione, Miniato si rialzasse, e, afferrata la propria testa in mano, si desse a correre verso quello che veniva chiamato mons fiorentinus, il Monte di Firenze, folto di ulivi e di lauri. Lassù giacque, testimoniando chiaramente la sua volontà di esservi sepolto e onorato.
Al posto della leggenda, oggi la storia suppone che Miniato sia stato un autentico fiorentino, forse di bassa condizione e che il suo martirio avvenisse, non nell'anfiteatro ma dove l'Arno faceva un'ansa, detta " gorgo ". Da tempo immemorabile, i Fiorentini veneravano una Croce, chiamata la Croce al Gorgo che - molto probabilmente - segnava il luogo dove il primo Martire fiorentino testimoniò col sangue la propria fede.
Entrando nella chiesa di San Miniato e salendo sull'alto presbiterio, si può vedere, nel mosaico dell'abside, il Martire fiorentino raffigurato, insieme con la Vergine, al lato del Cristo, giudice e Sovrano. Egli non vi appare però cogli attributi di soldato, ma con quelli di Re, dovuti ad un'altra, fantasiosa tradizione, che faceva di San Miniato un Re armeno. In realtà non si sa, né forse si potrà mai sapere con sicurezza, chi fosse il Santo che diede il nome alla Chiesa dei mons florentinus, e se sia davvero esistito un Martire fiorentino di nome Miniato. Può darsi che nella chiesa, sorta non lontano dalla via per Roma, per il servizio dei fedeli e dei pellegrini, fossero poste alcune reliquie di un Santo di lontani paesi, probabilmente egiziano, abbastanza noto in quei tempi.
Più tardi, perduto il ricordo di questo, prese forma nella fantasia dei devoti la figura di un San Miniato, soldato e Martire fiorentino, il cui culto si arricchì di particolari sempre nuovi, come si arricchiva, sul colle toscano, la basilica a lui dedicata. E questa, più che aureola di gloria per un Santo, può dirsi espressione della fede di un intero popolo, sensibile alla bellezza e alla santità.


Stellina788
00lunedì 25 ottobre 2010 10:56

Beato Riccardo (Recaredi) Centelles Abad Martire

25 ottobre

Martirologio Romano: Nella cittadina di Nules vicino a Tortosa in Spagna, beato Riccardo Centelles Abad, sacerdote della Società dei Preti Operai Diocesani e martire, che fu ucciso in odio al sacerdozio durante la persecuzione contro la Chiesa alle porte del cimitero.



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00lunedì 25 ottobre 2010 10:57

Santa Tabìta di Ioppe Vedova

25 ottobre

Sec. I


Senza nessuna memoria di Santo registrata per oggi dal Calendario della Chiesa, rinverdiremo il ricordo di una Santa dal nome insolito: Tabita. Nome che diviene, però, quanto mai suggestivo quando si sappia che Tabita in ebraico, significava " gazzella ", e che " gazzella ", a sua volta, era nome composto con la parola ebraica " bellezza ", evidentemente grazie alla delicata eleganza di questo animale.
In greco, la Santa di oggi è chiamata Dorcas: il significato di questo nome è identico, perché vuoi dire anch'esso " gazzella ".
Che cosa sappiamo sul conto della gazzella cristiana? Conosciamo soprattutto - anzi, esclusivamente - un episodio narrato dagli Atti degli Apostoli, che resta tra i miracoli più celebri dell'Apostolo Pietro.
Rileggiamo insieme: " C'era nella terra di loppe, - è scritto, - una cara discepola, chiamata Tabíta, che tradotto significava Dorcas. Era donna ricca di buone opere, e faceva molte elemosine.
" Avvenne che proprio in quei giorni ella si ammalò, e morì. E, dopo che l'ebbero lavata, la posero nella sala al piano di sopra. Siccome Lidda era vicina a Joppe, i discepoli, saputo che Pietro era lì, gli mandarono due uomini a pregarlo: "Non ti dispiaccia venire sino noi! ".
" Pietro si levò, e andò con loro e, come fu giunto, lo condussero nella sala di sopra. Tutte le vedove gli si fecero intorno, piangendo, mostrando le vesti e i mantelli di ogni genere che Dorcas faceva per loro.
" Allora Pietro, fatti uscire tutti fuori, si mise in ginocchio e pregò. Poi, rivoltosi alla morta, disse: "Tabíta, alzati”, ed ella apri gli occhi e, vedendo Pietro, si levò a sedere.
" Pietro le dette una mano, e la fece alzare e, chiamati i santi e le vedove, la presentò a loro viva.
" Il fatto - aggiungono gli Atti degli Apostoli -venne risaputo per tutta loppe, e molti credettero nel Signore. Pietro si fermò a Joppe diversi giorni, in casa di un certo Simone, cuoiaio ".
Nulla di più sappiamo sul conto della donna di Joppe, cioè deIl'odierna città di Giaffa. L'episodio miracoloso narrato dagli Atti degli Apostoli è l'unica testimonianza storica alla quale è affidato il ricordo della " gazzella " cristiana, richiamata in vita dalle preghiere di San Pietro.
I Greci introdussero il nome della " cara discepola " nel Calendario dei Santi, ma non si può dire che Tabita abbia mai conosciuto un culto particolare né una diffusa devozione. La sua memoria, tra i Santi, è restata sempre un po' in disparte, e neanche le leggende hanno aggiunto un seguito al clamoroso miracolo di loppe.
Ma la memoria della gazzella risvegliata dal sonno eterno dalle preghiere di San Pietro non si è perduta, e dalle pagine del testo ispirato, la figura della donna generosa si leva ancora eloquente davanti a noi, pur nell'oscurità che la circonda prima e poi.



Stellina788
00lunedì 25 ottobre 2010 10:57

Beato Taddeo Machar (Tadhg MacCarthy) Vescovo

25 ottobre

1445 – 1497

Emblema: Bastone pastorale

Martirologio Romano: A Borgo Sant’Antonio, presso Ivrea, in Piemonte, transito del beato Taddeo Machar, vescovo di Cork e Cloyne in Irlanda, che lasciò la sua sede per i problemi causati dall’ostilità dei potenti e, mentre era in viaggio per Roma, passò al cielo.


Tadhg MacCarthy, meglio noto in Italia come Taddeo Machar, apparteneva alla famiglia reale omonima di Munster in Irlanda. Nacque verso l’anno 1445 dal principe di Muskerry e dalla figlia di Fitz-Maurice, principe del Kerry. Assai poco sappiamo sui suoi primi anni di vita, ma è noto che lo contraddistinguessero alcune caratteristiche tipiche degli irlandesi suoi compatrioti: il fervore religioso, l’entusiasmo spirituale ed anche, come vedremo, l’impazienza, per non dire il furore.
Intraprese gli studi ecclesiastici pressi i frati minori a Kilcrea, per poi recarsi all’estero. Nel 1482 si trovava evidentemente a Roma quando il pontefice Sisto IV lo nominò vescovo di Ross, in Irlanda.Taddeo non godette però di lunga pace. Infatti tre anni dopo, quando Enrico Tudor ascese al trono, i suoi avversari della casa di York tentarono di consolidare il dominio sull’Irlanda impossessandosi del maggior numero possibile di cattedre episcopali. Ugo O’Driscoll, già vescovo ausiliare di Ross, fu indicato dai sostenitori degli York quale unico e legittimo vescovo di tale diocesi. Provvedettero inoltre a muovere accuse a Roma contro il povero Taddeo, che nel 1488 fu sospeso dal papa.
Nel frattempo Taddeo fu costretto a lasciare la diocesi e si stabilì in un’abbazia cistercense che il vescovo di Clogher gli aveva donato “in commendam”. Meditò però di difendere in prima persona la propria causa ed a tal fine tornò a Roma. Due anni dopo, pur confermando Ugo alla cattedra di Ross, papa Innocenzo VIII lo destinò a reggere la diocesi unificata di Cork e Cloyne. Giunto così nella nuova sede, Taddeo trovò però la cattedrale chiusa e tutte le donazioni in mano ai suoi vecchi avversari. Non riuscendo a far valere i propri diritti episcopali, non gli restò che fare ritorno a Roma per l’ennesima volta.
Dal sommo pontefice ottenne pieno appoggio e potè ripartire con delle lettere papali per il potente conte di Kildare d’Irlanda ed altri eminanti personaggi, con le quali si ordinava di aiutare il vescovo a prendere possesso della sua diocesi. Incamminatosi, dovette però fermarsi ad Ivrea, ai piedi delle Alpi in Piemonte, stremato dalle fatiche. Ricoverato presso i Canonici Regolari di San Bernardo, rese l’anima a Dio il 24 ottobre 1497.
La storia di questo vescovo esule e pellegrino dal successore di Pietro colpì molto i fedeli eporediesi e canavesani, che presero a venerarlo come un santo. La sua tomba nella cattedrale cittadina divenne meta di pellegrinaggi e fonte di miracoli. Il suo culto fu ufficialmente confermato solo nel 1895 da Papa Leone XIII, su interessamento dei vescovi di Ivrea e York.

PREGHIERA
Dio, Padre misericordioso, Tu hai offerto nella Chiesa eporediese l’ultima accoglienza terrena al vescovo d’Irlanda Taddeo McCarthy, ammirevole esempio di fedeltà alla Chiesa, di fortezza di spirito, di povertà evangelica, di operatore di giustizia e di pace. Alla Cattedrale di Ivrea hai fatto dono delle sue spoglie mortali. Con la sua potente intercessione noi Ti preghiamo, o Signore, che la Chiesa che è in Ivrea e le Chiese sorelle di Cork, di Ross e di Cloyne siano presenza viva di Cristo nel mondo, specialmente con i piccoli e i poveri e, in comunione con i loro vescovi, sappiano, sull’esempio del Beato Taddeo, renderne testimonianza, collaborando a stabilire tra i popoli un’autentica pace. Te lo chiediamo con l’umiltà e la fiducia della Vergine Maria, per Cristo nostro Signore. Amen.



Stellina788
00lunedì 25 ottobre 2010 10:58

San Tegulo (Tegolo) Martire

25 ottobre

 

Il 25 ottobre, nel calendario liturgico della regione conciliare piemontese, viene menzionato il martire San Tegolo, venerato nella città di Ivrea. Le notizie di questo santo sono assai scarse e principalmente di carattere cultuale, non essendo giunta nessuna testimonianza circa l’epoca, le modalità ed il preciso luogo della sua morte avvenuta, molto probabilmente, nel corso di una delle ultime persecuzioni organizzate dall’impero romano contro la nascente comunità cristiana.
Il suo culto nasce alla fine del X secolo, quando, all’epoca dell’episcopato del beato Varmondo, nella campagna a poca distanza da Ivrea, viene ritrovato il suo sepolcro e le sue reliquie vengono trasferite, con solenne corteo nella cattedrale entro le mura, per essere deposte nella cappella di San Giacomo. Da quel momento, il presunto martire inizia ad essere venerato con culto liturgico e la sua immagine inizia ad essere riprodotta insieme a quella degli altri santi protettori della città e nella diocesi, come si può vedere in un grande affresco nel vescovado.
Come avvenuto per altri sconosciuti santi dell’area piemontese, anche Tegolo venne annoverato nel numero dei martiri appartenenti alla legione Tebea, capitanata da San Maurizio. Purtroppo, anche nel caso del martire eporediese, tale ipotesi è priva di documentazione storica o archeologica che la possa avvallare e nulla di certo si può riferire del santo che non vada oltre la semplice tradizione agiografica più o meno leggendaria. Stando alla locale credenza, Tegolo sarebbe stato decapitato lungo la strada che conduce a Montaldo, in un luogo in cui venne poi edificata una cappella dedicata a Santa Croce che nella seconda metà del XIV secolo pagava, in onore del santo, una tassa per benefici alla chiesa cattedrale. Da un punto di vista storico, si potrebbe ritenere che all’epoca di Varmondo venne rinvenuta una delle tante sepolture, forse di un soldato, disseminate nella campagna della zona, che per motivi a noi ignoti fu ritenuta appartenere ad un martire locale, fatto poi oggetto di venerazione. Il nome stesso di Tegolo o Tegulo richiama curiosamente il più comune materiale di costruzione delle tombe di epoca romana, e potrebbe essere stato attribuito all’individuo inumato di cui non si conosceva ovviamente l’identità.
Le reliquie di San Tegolo, dopo essere state trasferite dalla loro originaria collocazione, riposano, insieme a quelle di San Besso, nella cappella del Santissimo Sacramento, mentre nella navata destra della chiesa vi è una cappella lui dedicata; la pala dell’altare rappresenta il santo nel tipico abbigliamento da milite romano, con la palma simbolo del martirio.



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