26 gennaio

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Stellina788
00martedì 26 gennaio 2010 12:05

Sant' Agostino (Eystein) Erlandsson Arcivescovo

26 gennaio

Norvegia, sec. XII – † Nidaros (Norvegia), 1188

Agostino (Eystein) Erlandsson, morto nel 1188, si batté per l'indipendenza della Chiesa norvegese dal potere politico e per la riforma del clero. Di origini nobili, studiò in Francia e, al ritorno, fu cappellano della regina. Poi arcivescovo di Nidaros, oggi Trondheim. La diocesi, appena nata, aveva 10 suffraganee (comprese Islanda, Groenlandia, Orcadi e Shetland). Lotte dinastiche lo costrinsero all'esilio in Inghilterra, dove scrisse la Vita di sant'Olaf. Alla fine tornò in patria e vi morì. (Avvenire)

Etimologia: Agostino = piccolo venerabile, dal latino

Martirologio Romano: A Trondheim in Norvegia, sant’Agostino (Eystein) Erlandssön, vescovo, che difese tenacemente contro i sovrani la Chiesa a lui affidata e la accrebbe con mirabile premura.

Eystein (Agostino) Erlandssön è conosciuto nella storia medioevale della Norvegia, come un vescovo che si adoperò con zelo per lo sviluppo della Chiesa.
Appartenne ad una famiglia molto stimata e conosciuta della Norvegia del secolo XII, fu cappellano di corte del re Inge “Krokrygg” (= il gobbo), il quale nel 1157, lo nominò arcivescovo di Nídaros, venendo consacrato qualche tempo dopo.
Parte della sua esistenza si svolse all’ombra del trono norvegese di quei tempi; incoronò re il giovanissimo Magnus V, figlio di Erling Stakke, e fu in buoni rapporti con i suoi sostenitori, altrettanto non si può dire dei suoi rapporti con il successore che lo spodestò, re Sverre Sigurdsson (1151-1202); questo contrasto gli procurò un allontanamento dalla sua patria, per tre anni, finché non si pacificò con il re Sverre.
A questo punto bisogna accennare alla sua funzione di vescovo; sotto il regno dei figli del re Araldo, Sigur Mund, Inge Krokrygg ed Eystein, che governarono in comune, avvenne l’organizzazione della Chiesa norvegese; nel 1152 i suddetti re stipularono un accordo con il Legato pontificio card. Niccolò di Albano, erigendo la sede arcivescovile di Nídaros (odierna Throndhjem) nominando il primo arcivescovo come capo della nuova provincia ecclesiastica; questa facoltà era fino allora dell’arcivescovo di Land.
La preesistente cattedrale di Nídaros, fatta costruire in stile romanico, con una sola navata dal re Olaf Kyrre († 1093); divenne insufficiente per le celebrazioni e volendo la Norvegia averne una più bella, si fabbricò una navata trasversale, che non era ancora terminata nel 1161.
Quando Eystein Erlandssön ritornò dal suo esilio in Inghilterra nel 1183, si cominciò una completa ricostruzione della chiesa ma in stile gotico; l’imponente opera continuò anche dopo la sua morte, avvenuta nel 1188.
Eystein fu subito venerato come santo per le virtù della sua vita e per lo zelo che aveva profuso nel difendere i diritti della Chiesa, dalle prepotenze e sopraffazioni dei re e dei feudatari.
Il ‘Martirologio Romano’ riporta la sua festa al 26 gennaio, con il nome latinizzato di Agostino.



Stellina788
00martedì 26 gennaio 2010 12:06

Sant' Alberico di Citeaux Abate

26 gennaio

m. 26 gennaio 1108

Fu uno dei fondatori dei Cisterciensi. Fu il successore di san Roberto alla guida di Citeaux.

Etimologia: Alberico = potente elfo, dallo scandinavo

Emblema: Bastone pastorale

Martirologio Romano: A Cîteaux in Burgundia, nell’odierna Francia, sant’Alberico, abate: tra i primi monaci di Molesme, giunse alla fondazione di Neumünster, che poi, eletto abate, resse, dedicandosi con ogni zelo e impegno alla formazione dei monaci, come vero amante della regola e dei confratelli.

Non abbiamo notizie intorno alla sua nascita e ai primi anni. Ancor giovane, , si pose sotto il governo di Roberto di Molesme, che era allora superiore di un gruppo di solitari a Colane, non distante da Tonnerre. Non prestandosi però il luogo allo sviluppo di una comunità, nel 1075 Roberto, Alberico e gli altri si ritirarono a Molesme, nella diocesi di Langres, dove fondarono un monastero, di cui Roberto fu abate e Alberico priore. Ben presto il fervorc degli inizi, per colpa dei lasciti e delle donazioni si trasformò in indisciplina e ribellione, al punto che l'abate, non riuscendo a riportare l'ordine, si allontanò. Il peso del monastero restò tutto sul priore, che, a sua volta, fiancheggiato dal monaco inglese Stefano Harding, tentò di ristabilire la disciplina. Si ebbe ingiurie e contumelie, carcere e prigione, cosicché fu costretto, come il suo superiore, ad andarsene insieme con Stefano.
Ma le cose non tardarono a comporsi. I monaci, pentiti, riebbero Roberto come abate, A. come priore e Stefano come sottopriore. L'osservanza rifiorì. Nondimeno i tre santi monaci, desiderosi di maggior solitudine, formularono ed attuarono il progetto di ritirarsi a Citeaux, nella diocesi di Chalons-sur-Saone, per fondarvi un nuovo ordine. L'abbandono di Molesme avvenne nel 1098. Li seguirono altri ventuno monaci. L'inizio fu assai penoso, perché occorreva disboscare il terreno per avere terra da seminare e così provvedere al sostentamento della nuova famiglia monastica. Per ordine di Urbano II, a cui i religiosi di Molesme si erano rivolti reclamando il loro abate, s. Roberto dovette presto lasciare Citeaux; gli succedette Alberico, che non poté sottrarsi all'unanime voto dei compagni. Prevedendo la tempesta che si sarebbe scatenata contro il nuovo monastero da parte dei monasteri rilassati, si premurò di chiedere a Pasquale II la protezione apostolica e l'esenzione dall'autorità vescovile e da ogni ingerenza laica, privilegi che il papa accordò con una bolla del 15 ott. 1100, indirizzata allo stesso Alberico.
Devotissimo alla Madonna, la elesse a Patrona del suo monastero, consacrandolo a Lei, che gli apparve più volte, assicurandolo del grande incremento che avrebbe avuto il suo istituto e della Sua assistenza e protezione. In seguito ad una visione, cambiò l'abito dei suoi religiosi da nero in bianco. La devozione alla Madonna, di cui i Cistercensi si fecero promotori, ebbe inizio nell'Ordine proprio da s. Alberico.
Chiuse la sua vita il 26 genn. 1108 con una santa morte. Vecchio e macerato dalle penitenze, dal lavoro e dalle lunghe preghiere notturne, che aggiungeva all'Opus Dei, il suo volto s'illuminò di luce celestiale al Sancta Maria delle litanie dei Santi, rendendo il suo spirito.
Non mancarono miracoli dopo la sua morte, come se ne erano avuti quando era in vita. Il breviario cistercense, molto restio all'introduzione di feste di santi e beati, accettò assai tardi la sua festa; peraltro, fu ritenuto santo fin dal tempo della sua morte e con tale qualifica nominato da ìutti quelli che hanno scritto sulle origini cistercensi. Nel Menologium Cisterciense dell'Henriquez il 26 gennaio si ha un lungo elogio del santo, di cui parlò il Baronio, nelle note al suo Martirologio, il 29 aprile, giorno della morte di s. Roberto, primo abate di Citeaux.



Stellina788
00martedì 26 gennaio 2010 12:07

Beato Arnaldo de Prades Mercedario

26 gennaio

Per una divina chiamata, il Beato Arnaldo de Prades, dalla attività di barbiere cambiò la sua vita diventando religioso mercedario. Grande annunciatore del vangelo, con le parole e le opere portò molte pecore perdute nel gregge del Signore e liberò dalle mani dei mori 197 schiavi. Fu presente alla morte di San Pietro Nolasco.
L’Ordine lo festeggia il 26 gennaio.



Stellina788
00martedì 26 gennaio 2010 12:08

Beato Claudio di San Romano Mercedario

26 gennaio

Di bell’aspetto e cmportamento esemplare, il Beato Claudio di San Romano, si distinse nell’Ordine della Mercede. Nominato redentore, nell’anno 1320 venne inviato in Marocco, qui riscattò molti prigionieri e per la sua grazia e qualità fu molto onorato dal Re Miramolino.
L’Ordine lo festeggia il 26 gennaio.



Stellina788
00martedì 26 gennaio 2010 12:24

Santi Csenofonte, Maria, Arcadio e Giovanni Genitori e figli, martiri

26 gennaio

V secolo

La storia di questa famiglia di santi, festeggiata al 26 gennaio, inizia a Costantinopoli nel V secolo. Csenofonte e Maria, nonostante la loro richezza e la loro posizione sociale, si distinguevano per la loro semplicità d'animo e la bontà del cuore. Desiderosi di dare ai loro figli Arcadio e Giovanni una più completa formazione, li mandarono a Beirut in Fenicia. La Provvidenza volle che, andata distrutta la nave su cui erano in viaggio, i due fratelli furono miracolosamente salvati dalle onde facendoli giungere a riva in luoghi diversi. Intrapresero dunque la vita monastica ed i genitori, non avendo più notizie, credettero fossero morti. Ormai anziani, Csenofonte e Maria si recarono pellegrini ai luoghi santi di Gerusalemme, ove reincontrarono i loro figli. Grati al Signore per aver riunito la loro famiglia, anch'essi scelsero di passare il resto dei loro giorni nel silenzio e nel digiuno dell'ascesi.



Stellina788
00martedì 26 gennaio 2010 12:25

Beata Maria de la Dive Vedova, martire

26 gennaio

Saint-Crespin-sur-Moine, Francia, 18 maggio 1723 – Angers, Francia, 26 gennaio 1794

Marie de la Dive nacque a Saint-Crespin-sur-Moine, nel dipartimento francese di Maine-et-Loire, il 18 maggio 1723. Nobildonna, vedova Du Verdier de la Sorinière, fu condannata alla ghigliottina per la sua fedeltà alla Chiesa. La sentenza fu eseguita il 26 gennaio 1794 presso Angers.
Papa Giovanni Paolo II ha beatificato Marie de la Dive il 19 febbraio 1984 insieme con un gruppo complessivo di 99 martiri della diocesi di Angers, capeggiati dal sacerdote Guglielmo Repin, vittime della medesima persecuzione.

Martirologio Romano: Ad Angers in Francia, beata Maria de la Dive, martire, che, rimasta vedova, durante la rivoluzione francese fu ghigliottinata per la sua fedeltà alla Chiesa.



Stellina788
00martedì 26 gennaio 2010 12:27

Beato Michele (Michal) Kozal Vescovo

26 gennaio

Nowy Folwark (Polonia), 25 settembre 1893 - Dachau (Germania), 26 gennaio 1943

Nasce nel villaggio di Nowy Folwark, nell'arcidiocesi di Poznam, in Polonia, il 25 settembre 1893 da una povera e numerosa famiglia molto religiosa. Dopo il diploma, si iscrive al Seminario di Poznam ma, con lo scoppio della Prima guerra mondiale, è costretto a terminare gli studi in quello di Gniezno. Nella cattedrale di questa città viene ordinato sacerdote il 23 febbraio del 1918. Nel 1929 diventa rettore del Seminario e, dieci anni più tardi, il 12 giugno 1939, Pio XII lo nomina vescovo ausiliare di Wloclawek. Il 1° settembre dello stesso anno le truppe naziste invadono la Polonia e il vescovo Kozal diventa un punto di riferimento per la gente. Protesta energicamente, ma inutilmente, per i suprusi che la Chiesa deve subire e il 7 novembre viene arrestato insieme ad altri sacerdoti. Nel gennaio del 1940 viene trasferito nell'Istituto Salesiani di Lad agli arresti domiciliari, ma il 3 aprile 1941 è deportato nel campo di concentramento di Inowroclaw e, qualche giorno più tardi, in quello di Dachau. Ammalatosi di tifo, il 26 gennaio 1943 viene ucciso da un'iniezione letale praticata dai medici del campo. Giovanni Paolo II lo ha beatificato a Varsavia il 14 giugno 1987. (Avvenire)

Emblema: Palma, Mitra, Pastorale

Martirologio Romano: Presso Monaco di Baviera in Germania, beato Michele Kozal, vescovo ausiliare di Włocławek e martire: per avere assunto la difesa della fede e della libertà della Chiesa sotto il nefasto regime nazista, con invitta sopportazione rimase relegato per tre anni nel campo di sterminio della prigione di Dachau, finché coronò la vita con il martirio.

Il beato Michal (Michele) Kozal è uno dei tanti figli della Polonia, che testimoniarono con la loro forte fede, l’identità di cattolici, morendo a migliaia nei famigerati campi di concentramento e di sterminio tedeschi.
Papa Giovanni Paolo II lo ha beatificato a Varsavia il 14 giugno 1987, durante uno dei suoi primi pellegrinaggi nella comune patria la Polonia.
Michele Kozal nacque il 25 settembre 1893 nel piccolo villaggio di Nowy Folwark, parrocchia di Krotoszyn, nell’archidiocesi di Poznan in Polonia.
I suoi genitori si chiamavano Giovanni Kozal e Marianna Placzek, crebbe e fu educato nella numerosa famiglia, che era povera ma molto religiosa. Avendo manifestato esemplarità nelle scuole elementari e una innata predilezione per tutto ciò che era sacro, su consiglio degli insegnanti il 27 aprile 1905, fu iscritto al ginnasio di Krotoszyn, che frequentò per nove anni sempre come ‘primo della classe’.
Durante il ginnasio conobbe l’organizzazione clandestina cattolica “Associazione Tommaso Zen”, che si opponeva alla politica di germanizzazione delle scuole e di cui negli ultimi anni ginnasiali ne divenne anche presidente.
Diplomato nel 1914, Michele Kozal si iscrisse al Seminario ‘Leonium’ di Poznan e i suoi studi furono influenzati dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale, li terminò a Gniezno nella cui cattedrale fu ordinato sacerdote il 23 febbraio 1918.
Negli anni successivi ebbe vari incarichi pastorali in alcune cittadine, i cui nomi sono così difficili per noi a pronunciare e leggere, facendosi apprezzare per il suo zelo e dedizione, completando nel contempo gli studi teologici con ottimi risultati.
Il cardinale Edmondo Dalbor arcivescovo di Gniezno, il 29 settembre 1922 lo nominò prefetto del ginnasio cattolico umanistico femminile di Bydgoszcz e nel 1927 lo nominò padre spirituale del Seminario Maggiore di Gniezno.
La sua opera sacerdotale e di guida spirituale, fu così proficua che il 25 settembre 1929 fu nominato rettore del medesimo Seminario, nonostante che fra tutti i docenti, egli fosse l’unico a non possedere i gradi accademici.
Trascorsero così dieci anni, contrassegnati dalla sua prudente ed esemplare guida verso gli alunni. Papa Pio XII il 12 giugno 1939 lo nominò vescovo ausiliare di Wloclawek con il titolo di vescovo titolare di Lappa; venne consacrato nella cattedrale della città il 13 agosto 1939.
Dopo pochi giorni il 1° settembre, le truppe naziste invasero la Polonia e scoppiò la Seconda Guerra Mondiale, che tanta devastazione e orrori apportò al mondo intero. Mons. Kozal divenne punto di riferimento e di conforto per l’impaurita gente di Wloclawek e nonostante i pressanti inviti delle autorità polacche ad allontanarsi dalla città, egli tenacemente volle rimanere con il suo popolo ed amministrare la diocesi dopo la partenza il 6 settembre, del vescovo mons. Radonski.
Il suo servizio pastorale durò in tutto appena 22 mesi; i tedeschi entrati in città il 14 settembre, diedero inizio ad un sistematico smantellamento dell’attività ecclesiale, le pubblicazioni cattoliche furono soppresse, sequestrati gli edifici appartenenti a chiese ed istituzioni religiose, il clero arrestato.
Di fronte al terrore scatenato dai nazisti, il vescovo Kozal protestò energicamente ma inutilmente presso le autorità d’occupazione, per i soprusi fatti alla Chiesa. Ciò fece scaturire l’ordine di presentarsi alla Gestapo, fra l’altro veniva chiesto che le omelie fossero in lingua tedesca, ma lui non acconsentì e prevedendo un suo prossimo arresto, fece preparare una valigetta con l’indispensabile.
Infatti il 7 novembre 1939 fu arrestato insieme ad altri sacerdoti e rinchiuso nel carcere della città, dove subì anche la cella d’isolamento e sevizie. Il 16 gennaio 1940 fu trasferito con altri seminaristi e sacerdoti nell’Istituto dei Salesiani a Lad agli arresti domiciliari, da dove poté segretamente avere contatti con la diocesi e riorganizzare il Seminario.
Dalle sue finestre, poté vedere il passare delle folle dei deportati, perciò non si fece illusioni sulla sua sorte; anzi decise di offrire la sua vita a Dio per la salvezza della Chiesa e della sua amata Polonia.
Mentre altri ecclesiastici venivano deportati nei diversi campi di concentramento, mons. Michele Kozal fu lasciato a Lad insieme a sette sacerdoti ed un diacono; ma nonostante gli sforzi della Santa Sede per salvarli, il 3 aprile 1941 anch’essi furono deportati nel campo di concentramento di Inowroclaw, dove il vescovo riportò lesioni alle gambe e all’orecchio sinistro, per le torture inflitte loro dai nazisti.
Il 25 aprile del ’41 furono trasferiti nel famigerato campo di Dachau, al vescovo Kozal fu assegnato il numero identificativo 24544; alle sevizie giornaliere che subivano, in particolare i sacerdoti cattolici, si aggiunse un’epidemia di tifo, che colpì un enorme numero di deportati.
Anche mons. Kozal fu colpito dalla malattia in forma grave e il 25 gennaio 1943 fu trasferito insieme a suo cugino padre Ceslao Kozal, nella baracca dei malati denominata ‘Revier’; il giorno seguente venne visitato dai medici e il loro capo gli fece un’iniezione nel braccio destro e dopo qualche minuto mons. Kozal spirò.
La testimonianza del cugino è stata determinante, perché udì dal gruppo dei medici la frase: “Ora gli sarà più facile la via dell’eternità”. Non si sa quale veleno sia stato iniettato; il suo corpo il 30 gennaio 1943 fu incenerito nel forno crematorio di Dachau.
Nella cattedrale di Wloclawek è stata posta nel 1954 una lapide monumentale, che ricorda il martirio del vescovo Michele Kozal e di 220 altri sacerdoti della diocesi, morti nel campo di Dachau in Germania.
Il giorno della celebrazione liturgica del beato Michele Kozal è il 26 gennaio.



Stellina788
00martedì 26 gennaio 2010 12:28

Santa Paola Romana Vedova

26 gennaio

Roma, 5 maggio 347 - Betlemme, 26 gennaio 406

Di ricchissima famiglia dell'alta aristocrazia romana, Paola nsce durante il regno di Costantino II. A quindici anni sposa Tossozio, un nobile del suo rango. Il suo è un matrimonio felice il cui frutto sono quattro figlie, Blesilla, Paolina, Eustochio e Ruffina, e un figlio, Tossozio. Ma a 32 anni Paola rimane vedova. Decide allora di aprire la casa accogliendo incontri, riunioni di preghiera e di approfondimento della dottrina cristiana, iniziative per i poveri. Nel 382 invita agli incontri il dalmata Girolamo, giunto a Roma insieme a due vescovi d'Oriente. Nel 384 e Girolamo riparte verso la Terrasanta per dedicarsi all'opera di traduzione in latino delle scritture. L'anno successivo parte verso l'Oriente anche Paola, accompagnata dalla figlia Eustochio, mentre Paolina, a Roma, si occuperà di Ruffina e Tossozio. Spende le sue ricchezze per creare una casa destinata ai pellegrini, e due monasteri, uno maschile e uno femminile. Paola prende dimora in quello femminile, nel quale si costituisce una comunità sotto la sua guida. Morirà qui a 59 anni. (Avvenire)

Patronato: Vedove

Etimologia: Paola = piccola di statura, dal latino

Martirologio Romano: A Betlemme di Giudea, santa Paola, vedova: di nobilissima famiglia senatoria, rinunciò al mondo e, distribuite le sue sostanze ai poveri, insieme alla beata vergine Eustochio, sua figlia, si ritirò presso il presepe del Signore.

Ascolta da RadioVaticana:
  

Appartiene a una ricchissima famiglia “senatoria”, all’alta aristocrazia romana. Nata durante il lungo regno di Costantino II, a quindici anni le hanno fatto sposare Tossozio, un nobile del suo rango. Il suo è un matrimonio felice, perché arrivano via via quattro figlie (Blesilla, Paolina, Eustochio e Ruffina), e poi un maschio cheviene chiamato Tossozio, come il padre. Ma è anche un matrimonio breve, troppo breve: a 32 anni Paola è, infatti, già vedova.
Continua a dedicarsi alla famiglia, ma anche a impegni religiosi e caritativi. Il suo palazzo accoglie incontri, riunioni di preghiera edi approfondimento della dottrina cristiana, iniziative per i poveri.Però non è un club di dame benefiche:ha piuttosto qualche connotatomonastico, e acquista vivacità quandoPaola invita agli incontri il dalmata Girolamo,giunto nel 382 a Roma insiemea due vescovi d’Oriente. In gioventùegli ha studiato a Roma; è stato poi inGermania e ad Aquileia, e per alcuni anniinfine è vissuto in Oriente, asceta estudioso insieme. A Roma diventa collaboratoredel papa Damaso. È un divulgatoreappassionato degli ideali ascetici,ha una preparazione culturale di rarospessore, e di certo non la nasconde.Così nel clero e nell’aristocrazia si procuraamici e nemici ugualmente accesi.Il suo ascendente è forte specialmentenella cerchia di Paola, alla quale comunicala sua passione per le Sacre Scritture.E nel 384 la conforta perun nuovo dolore che l’hacolpita: è morta Blesilla, lasua figlia maggiore.
Nel dicembre dello stessoanno muore il papa Damaso,e Girolamo riparte versola Terrasanta per dedicarsiall’opera che stava tanto acuore a quel Pontefice, eche ora impegnerà lui finoalla morte: dare alla Chiesale Sacre Scritture in una corretta e completaversione in lingua latina.
L’anno successivo parte verso l’Orienteanche Paola, accompagnata dalla figliaEustochio, mentre Paolina, a Roma,si occuperà di Ruffina e Tossozio. (E inRoma si riaccendono vecchie calunniesu un suo presunto rapporto amorosocon Girolamo). Paola percorre dapprimal’Egitto, nei luoghi dove i Padri deldeserto hanno voluto ritirarsi, «soli almondo con Dio». Poi ritorna con la figliain Palestina, a Betlemme: e qui siferma per sempre. Spende le sue ricchezzeper creare una casa destinata aipellegrini, e due monasteri, uno maschilee uno femminile. Nel primo lavoreràGirolamo fino alla morte (nel 419/420).Paola prende dimora in quello femminile,nel quale si costituisce una comunitàsotto la sua guida. Fra queste mura,«Paola era in grado di volare più in altodi tutte per le sue eccezionali doti» (Palladio,Storia lausiaca).
E qui Paola muore a 59 anni, affidandole cinquanta monache alla figlia Eustochio.Qui rimarrà per sempre sepolta:«In Betlemme di Giuda», come dicedi lei il Martirologio romano, dove «conla beata vergine Eustochio sua figlia sirifugiò al presepe del Signore».



Stellina788
00martedì 26 gennaio 2010 12:29

Santi Senofonte, Maria e figli Martiri

26 gennaio

Martirologio Romano: A Gerusalemme, santi Senofonte e Maria e i loro figli Giovanni e Arcadio, che, dopo aver rinunciato alla dignità senatoria e a ingenti beni, si tramanda che con pari ardore d’animo abbiano abbracciato nella Città Santa la vita monastica.



Stellina788
00martedì 26 gennaio 2010 12:30

San Teogene di Ippona Martire

26 gennaio

Martirologio Romano: A Ippona in Numidia nell’odierna Algeria, san Teógene, martire, sul quale sant’Agostino tenne un sermone.


Stellina788
00martedì 26 gennaio 2010 12:31

San Timoteo Vescovo

26 gennaio

sec. I

Timoteo, di padre pagano e di madre ebreo-cristiana, Eunice, fu discepolo e collaboratore di san Paolo e da lui preposto alla comunità ecclesiale di Efeso. I due discepoli (Timoteo e Tito) sono destinatari di tre lettere ‘pastorali’ dell’apostolo, che fanno intravedere i primi lineamenti dei ministeri nella Chiesa. (Mess. Rom.)

Etimologia: Timoteo = colui che onora Dio, dal greco

Emblema: Bastone pastorale

Martirologio Romano: Memoria dei santi Timoteo e Tito, vescovi, che, discepoli di san Paolo Apostolo e suoi collaboratori nel ministero, furono l’uno a capo della Chiesa di Efeso, l’altro di quella di Creta; ad essi sono indirizzate le Lettere dalle sapienti raccomandazioni per l’istruzione dei pastori e dei fedeli.

Timoteo viene dall’ebraismo e Tito dal mondo pagano. Lavorano con san Paolo, che li pilota ma non li oscura. E dà loro "la gloria di un perenne ricordo": così dice Eusebio di Cesarea nella sua Storia ecclesiastica, del IV secolo; e sarà ancora così nel XXI: tutta la Chiesa li onora insieme. Paolo “arruola” Timoteo a Listra (Asia Minore) nel suo secondo viaggio missionario. Ma lo conosceva da prima con sua madre e sua nonna, ebree, che si fanno cristiane con lui. Timoteo resta poi sempre con Paolo, salvo quando lui lo manda in missione nelle chiese che ha fondato, per correggere errori e mettere pace. Come fa a Tessalonica, con la sua aria di ragazzo fragile. Ma "nessuno disprezzi la tua giovane età", gli scrive Paolo nella prima delle due lettere personali. E ai cristiani di Corinto lo presenta così: "Vi ho mandato Timoteo, mio figlio diletto e fedele nel Signore: vi richiamerà alla memoria le vie che vi ho insegnato".
Dopo la prima carcerazione di Paolo a Roma, Timoteo prende la guida dei disorientati cristiani di Efeso, ai quali l’Apostolo aveva già scritto dalla prigione: "Scompaia da voi ogni maldicenza, ira, clamore, asprezza". Non sono compiti facili: Paolo lo butta tra ogni sorta di problemi, errori, conflitti, aggravati da avventurieri, falsi profeti, pii confusionari. Lo manda a lottare; ma si dà pena anche della sua salute: "Smetti di bere soltanto acqua, ma fa’ uso di un po’ di vino, a causa dello stomaco e delle tue frequenti indisposizioni".
Paolo scrive la seconda lettera a Timoteo stando di nuovo in carcere, in attesa della morte: "Cerca di venire presso di me". Molti infatti lo hanno abbandonato; il fedele Tito si trova in Dalmazia; il freddo lo fa soffrire, e lui raccomanda a Timoteo: "Portami il mantello che ho lasciato a Troade".
Dopo il martirio di Paolo, Timoteo continua a guidare la chiesa di Efeso fino alla morte, che una tradizione colloca nell’anno 97. L’ultima notizia di lui ce l’ha data Paolo alla vigilia del martirio. "Tito è in Dalmazia". Poi, più nulla.



Stellina788
00martedì 26 gennaio 2010 12:32

San Tito Vescovo

26 gennaio

sec. I

Tito, anch’egli compagno di san Paolo nell’attività missionaria, fu posto alla guida della Chiesa di Creta. I due discepoli (Timoteo e Tito) sono destinatari di tre lettere ‘pastorali’ dell’apostolo, che fanno intravedere i primi lineamenti dei ministeri nella Chiesa. (Mess. Rom.)

Etimologia: Tito = (forse) il difensore, dal latino

Emblema: Bastone pastorale

Martirologio Romano: Memoria dei santi Timoteo e Tito, vescovi, che, discepoli di san Paolo Apostolo e suoi collaboratori nel ministero, furono l’uno a capo della Chiesa di Efeso, l’altro di quella di Creta; ad essi sono indirizzate le Lettere dalle sapienti raccomandazioni per l’istruzione dei pastori e dei fedeli.

Ascolta da RadioRai:
  
Ascolta da RadioMaria:
  

Timoteo viene dall’ebraismo e Tito dal mondo pagano. Lavorano con san Paolo, che li pilota ma non li oscura. E dà loro "la gloria di un perenne ricordo": così dice Eusebio di Cesarea nella sua Storia ecclesiastica, del IV secolo; e sarà ancora così nel XXI: tutta la Chiesa li onora insieme.
Da Paolo a Tito: "Questo devi insegnare, raccomandare e rimproverare con tutta autorità". Ecco l’altro grande evangelizzatore al fianco dell’Apostolo. Tito è greco, un pagano convertito (forse da Paolo stesso). "Mio compagno e collaboratore", come scrive l’Apostolo nella seconda lettera ai Corinzi. Compagno di momenti importanti: come la famosa riunione nota come concilio di Gerusalemme, con lo scontro tra nostalgici delle consuetudini rituali ebraiche e le necessità nuove e diverse dell’evangelizzazione nel mondo pagano. Tito, poi, è anche mediatore persuasivo, ed entusiasma Paolo risolvendo una grave crisi tra lui e i Corinzi. E lo vediamo efficiente manager, quando dirige e porta a termine la prima grande iniziativa di solidarietà fra le Chiese: la famosa colletta per i poveri di Gerusalemme. Quando è morto Tito? Non lo sappiamo. L’ultima notizia di lui ce l’ha data Paolo alla vigilia del martirio. "Tito è in Dalmazia". Poi, più nulla.



Stellina788
00martedì 26 gennaio 2010 12:35

Santi Timoteo e Tito Vescovi

26 gennaio

sec. I

Martirologio Romano: Memoria dei santi Timoteo e Tito, vescovi, che, discepoli di san Paolo Apostolo e suoi collaboratori nel ministero, furono l’uno a capo della Chiesa di Efeso, l’altro di quella di Creta; ad essi sono indirizzate le Lettere dalle sapienti raccomandazioni per l’istruzione dei pastori e dei fedeli.

Ascolta da RadioRai:
  
Ascolta da RadioMaria:
  

Il 26 di gennaio la Chiesa celebra la memoria liturgica di:

San TIMOTEO, Vescovo
Timoteo, di padre pagano e di madre ebreo-cristiana, Eunice, fu discepolo e collaboratore di san Paolo e da lui preposto alla comunità ecclesiale di Efeso.

San TITO, Vescovo
Tito, anch’egli compagno di san Paolo nell’attività missionaria, fu posto alla guida della Chiesa di Creta.

I due discepoli sono destinatari di tre lettere ‘pastorali’ dell’apostolo, che fanno intravedere i primi lineamenti dei ministeri nella Chiesa.



I due Santi sono frutto prezioso della predicazione e dell'opera del grande apostolo delle genti. Paolo li ha convertiti, se li è allevati con amore cristiano e paterno e ne ha fatto dei fari luminosi e delle guide per l'umanità.
Paolo incontra il giovane Timoteo per la prima volta a Listri; egli è figlio di una ebrea e di un pagano; è stato educato nel culto delle Sacre Scritture. Ascoltando l'apostolo e vedendo le opere straordinarie da lui compiute,
Timoteo si converte e viene battezzato da Paolo che lo prende con sé. Tutta la sua vita di giovane e di uomo sarà associata a quella di Paolo, di cui diventerà figlio, collaboratore, compagno di viaggio, confidente, amico, erede.
Tito è di famiglia greca, ancora pagana, ed è convertito dall'apostolo in uno dei suoi viaggi apostolici; viene ben presto scelto da Paolo come collaboratore, compagno e fratello nell'apostolato.
Attraverso Timoteo e Tito l'apostolo ha potuto incarnare quello che è il centro della sua particolare predicazione: la fede in Cristo libera dalla legge, anche se la salvezza viene dai giudei, dalla stirpe di Davide. Ciò che fa la vera elezione è una buona coscienza e la fede in Dio realizzata con le opere della carità. È un concetto ignoto al mondo pagano e ignorato dagli ebrei che fanno dipendere la salvezza dalla circoncisione prescritta da Mosè.
Paolo circoncide il discepolo Timoteo e non circoncide l'altro discepolo Tito, che pure porta con sé a Gerusalemme davanti al Concilio degli apostoli. Così nei suoi due collaboratori Paolo circoncisione e gli uomini della non-circoncisione; gli uomini della legge e gli uomini della fede.
Paolo ha scritto due Lettere a Timoteo e una a Tito quando questi discepoli erano uno vescovo di Efeso e l'altro di Creta. Sono le uniche Lettere della Scrittura indirizzate a un individuo, con annotazioni molto personali, ricche di ripetizioni e di abbandono, quasi che il vecchio Paolo, mentre istruisce, si confidi e si compiaccia dei giovani rampolli; i quali non l'hanno deluso, fedeli nel servizio, attingendo forza nella grazia che è in Cristo Gesù, rimanendo saldi in quello che avevano imparato e di cui erano convinti, ben sapendo da chi l'avevano appreso.



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