26 luglio

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Stellina788
00domenica 26 luglio 2009 10:00

Beato Andrea di Phu Yen Proto-martire del Vietnam

26 luglio

Phú Yên (Vietnam), 1626 – Quang Nam (Vietnam), 26 luglio 1644

Martirologio Romano: Nel villaggio di Phù Yên in Annamia, ora Viet Nam, beato Andrea, martire, che, catechista, durante la persecuzione contro la dottrina cristiana, crudelmente catturato da soldati, versò il sangue per Cristo, primizia della Chiesa di questa terra.


Il 5 marzo 2000, papa Giovanni Paolo II ha proclamati Beati un gruppo di martiri provenienti da varie regioni del mondo, fra cui alcune terre di missione, come i 30 sacerdoti e laici martiri del Brasile; le 11 suore della Congregazione della Sacra Famiglia di Nazareth, martiri della Bielorussia; Nicola Bunkerd Kitbamrun sacerdote martire della Thailandia; Pietro Calungsod catechista martire delle Filippine e Andrea di Phú Yên catechista proto-martire vietnamita.
Tutti insieme costituiscono, dal 1644 al 1944, una panoramica mondiale del martirio, col quale ancora oggi il cristianesimo come alle origini, paga col sangue generoso dei suoi figli, il diffondersi spesso osteggiato dell’insegnamento evangelico.
Il beato Andrea di Phú Yên, oggetto di questa scheda, nacque in Vietnam nel 1626, appunto nella provincia di Phú Yên, ultimo dei figli della cristiana Giovanna; il padre morì quando Andrea era un neonato, per cui crebbe educato dalla madre con saggezza e premura.
Dotato di viva intelligenza era fisicamente abbastanza gracile; il gesuita missionario francese padre Alexandre de Rhodes (1591-1660), l’accolse fra i suoi studenti dietro le insistenze della madre.
Nel 1641, a quindici anni, ricevé il battesimo insieme alla madre; nell’anno seguente il giovane Andrea passò a far parte del gruppo dei più stretti collaboratori di padre de Rhodes, iniziando il corso per catechisti nell’Associazione chiamata “Maison Dieu” (La casa di Dio); gli iscritti formulavano una promessa, con la quale si impegnavano formalmente e pubblicamente ad essere sempre al servizio della Chiesa, nell’aiutare i sacerdoti e a diffondere il Vangelo. Il gruppetto di esemplari convertiti, costituì poi il primo nucleo del clero autoctono del Vietnam.
Il catechista Andrea si distinse per la sua spontaneità e preparazione, per la genuina fede e l’impegno evangelico, che costituirono certamente la base per affrontare coraggiosamente il martirio.
Nel mese di luglio 1644 il Mandarino Ong Nghè Bó, fece ritorno nella provincia di Quang Nam dove viveva Andrea di Phú Yên, con l’ordine del re di Annam di impedire l’espandersi del cristianesimo nel suo regno; i primi ad essere perseguiti furono allora i catechisti vietnamiti.
Padre Alexandre de Rhodes, ignaro dei nuovi ordini del re di Annam, istigato dalla concubina Tong-Thi-Taoim acerrima nemica del cattolicesimo, si recò al palazzo per far visita di cortesia al Mandarino, secondo i buoni rapporti intercorsi fino allora.
Il Governatore avvertì padre de Rhodes dell’ira reale, per il gran numero di cocincinesi che aderivano alla religione da lui predicata, intimandogli di lasciare il Vietnam e ritornare a Macao; i cristiani locali essendo loro sudditi, se perseveravano, si rendevano colpevoli e meritavano pene severissime.
Padre de Rhodes uscito dal palazzo, avvertì i catechisti e si recò al carcere per sostenere l’anziano catechista di 73 anni di nome Andrea, arrestato un paio di giorni prima.
Mentre era lì, le guardie inviate dal Mandarino entrarono nella sua missione per cercare il capo dei catechisti Ignazio, già alto magistrato del paese; ma non lo trovarono perché fuori città, per non tornare a mani vuote, presero il diciottenne catechista Andrea e dopo averlo bastonato e legato, lo caricarono su una barca fluviale e lo condussero al palazzo del Governatore Ong Nghè Bó.
A sera del 25 luglio 1644, il catechista Andrea fu portato davanti al Mandarino, dove come gli intrepidi ed eroici martiri dei primi tempi, rispose alle accuse ed agli inviti ad abiurare il cattolicesimo, professando la sua fede e il proposito di resistere ai tormenti che avessero voluto infliggergli.
Adirato, il Mandarino gli fece imporre al collo la croce cocincinese e lo fece riportare in prigione, la stessa dove era detenuto l’anziano Andrea. Lì ricevettero la mattina dopo, la visita di padre de Rhodes, scambiandosi vicendevolmente la promessa di pregare per entrambi.
Nella mattinata i due Andrea, il vecchio e il giovane, lasciarono il carcere della città di Quang Nam e oppressi dalla croce cocincinese (una specie di gogna incrociata), furono condotti come malviventi lungo le strade, attraversando il mercato di Kè Chàm, per presentarsi all’udienza pubblica del Mandarino, dove il giovane catechista fu condannato a morte e riportato in carcere.
L’altro Andrea di 73 anni, fu invece liberato per l’età avanzata e per l’interessamento di mercanti portoghesi. Verso le 17 del 26 luglio 1644, i soldati prelevarono Andrea dal carcere e lo condussero sul luogo del supplizio, seguito da padre de Rhodes e da numerosi cristiani portoghesi e vietnamiti.
Il giovane, sereno in viso, salutava ed incoraggiava tutti, contento di concludere la sua breve vita con il martirio. A sera inoltrata, egli fu trafitto da alcuni colpi di lancia al fianco sinistro e mentre uno sgherro stava per decapitarlo con la scimitarra, esclamò a voce alta il nome di Gesù.
Il suo corpo imbalsamato fu trasferito a Macao, colonia portoghese e cristiana, base di partenza dei Missionari per i Paesi della Cocincina; la venerata reliquia della testa del primo martire del Vietnam, rimase presso padre de Rhodes, per tutto il tempo in cui egli rimase nel Paese, poi fu inviata a Roma presso i Gesuiti, dove si trova tuttora.
La sua salma si trova nel collegio della Compagnia di Gesù a Macao, Cina. La ricorrenza liturgica è il 26 luglio.



Stellina788
00domenica 26 luglio 2009 10:21

Sant' Anna Madre della Beata Vergine Maria

26 luglio

Gerusalemme, I secolo a.C.

Anna e Gioacchino sono i genitori della Vergine Maria. Gioacchino è un pastore e abita a Gerusalemme, anziano sacerdote è sposato con Anna. I due non avevano figli ed erano una coppia avanti con gli anni. Un giorno mentre Gioacchino è al lavoro nei campi, gli appare un angelo, per annunciargli la nascita di un figlio ed anche Anna ha la stessa visione. Chiamano la loro bambina Maria, che vuol dire «amata da Dio». Gioacchino porta di nuovo al tempio i suoi doni: insieme con la bimba dieci agnelli, dodici vitelli e cento capretti senza macchia. Più tardi Maria è condotta al tempio per essere educata secondo la legge di Mosè. Sant'Anna è invocata come protettrice delle donne incinte, che a lei si rivolgono per ottenere da Dio tre grandi favori: un parto felice, un figlio sano e latte sufficiente per poterlo allevare. È patrona di molti mestieri legati alle sue funzioni di madre, tra cui i lavandai e le ricamatrici. (Avvenire)

Etimologia: Anna = grazia, la benefica, dall'ebraico

Emblema: Libro

Martirologio Romano: Memoria dei santi Gioacchino e Anna, genitori dell’immacolata Vergine Maria Madre di Dio, i cui nomi sono conservati da antica tradizione cristiana.

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Nonostante che di s. Anna ci siano poche notizie e per giunta provenienti non da testi ufficiali e canonici, il suo culto è estremamente diffuso sia in Oriente che in Occidente.
Quasi ogni città ha una chiesa a lei dedicata, Caserta la considera sua celeste Patrona, il nome di Anna si ripete nelle intestazioni di strade, rioni di città, cliniche e altri luoghi; alcuni Comuni portano il suo nome.
La madre della Vergine, è titolare di svariati patronati quasi tutti legati a Maria; poiché portò nel suo grembo la speranza del mondo, il suo mantello è verde, per questo in Bretagna dove le sono devotissimi, è invocata per la raccolta del fieno; poiché custodì Maria come gioiello in uno scrigno, è patrona di orefici e bottai; protegge i minatori, falegnami, carpentieri, ebanisti e tornitori.
Perché insegnò alla Vergine a pulire la casa, a cucire, tessere, è patrona dei fabbricanti di scope, dei tessitori, dei sarti, fabbricanti e commercianti di tele per la casa e biancheria.
È soprattutto patrona delle madri di famiglia, delle vedove, delle partorienti, è invocata nei parti difficili e contro la sterilità coniugale.
Il nome di Anna deriva dall’ebraico Hannah (grazia) e non è ricordata nei Vangeli canonici; ne parlano invece i vangeli apocrifi della Natività e dell’Infanzia, di cui il più antico è il cosiddetto “Protovangelo di san Giacomo”, scritto non oltre la metà del II secolo.
Questi scritti benché non siano stati accettati formalmente dalla Chiesa e contengono anche delle eresie, hanno in definitiva influito sulla devozione e nella liturgia, perché alcune notizie riportate sono ritenute autentiche e in sintonia con la tradizione, come la Presentazione di Maria al tempio e l’Assunzione al cielo, come il nome del centurione Longino che colpì Gesù con la lancia, la storia della Veronica, ecc.
Il “Protovangelo di san Giacomo” narra che Gioacchino, sposo di Anna, era un uomo pio e molto ricco e abitava vicino Gerusalemme, nei pressi della fonte Piscina Probatica; un giorno mentre stava portando le sue abbondanti offerte al Tempio come faceva ogni anno, il gran sacerdote Ruben lo fermò dicendogli: “Tu non hai il diritto di farlo per primo, perché non hai generato prole”.
Gioacchino ed Anna erano sposi che si amavano veramente, ma non avevano figli e ormai data l’età non ne avrebbero più avuti; secondo la mentalità ebraica del tempo, il gran sacerdote scorgeva la maledizione divina su di loro, perciò erano sterili.
L’anziano ricco pastore, per l’amore che portava alla sua sposa, non voleva trovarsi un’altra donna per avere un figlio; pertanto addolorato dalle parole del gran sacerdote si recò nell’archivio delle dodici tribù di Israele per verificare se quel che diceva Ruben fosse vero e una volta constatato che tutti gli uomini pii ed osservanti avevano avuto figli, sconvolto non ebbe il coraggio di tornare a casa e si ritirò in una sua terra di montagna e per quaranta giorni e quaranta notti supplicò l’aiuto di Dio fra lacrime, preghiere e digiuni.
Anche Anna soffriva per questa sterilità, a ciò si aggiunse la sofferenza per questa ‘fuga’ del marito; quindi si mise in intensa preghiera chiedendo a Dio di esaudire la loro implorazione di avere un figlio.
Durante la preghiera le apparve un angelo che le annunciò: “Anna, Anna, il Signore ha ascoltato la tua preghiera e tu concepirai e partorirai e si parlerà della tua prole in tutto il mondo”.
Così avvenne e dopo alcuni mesi Anna partorì. Il “Protovangelo di san Giacomo” conclude: “Trascorsi i giorni necessari si purificò, diede la poppa alla bimba chiamandola Maria, ossia ‘prediletta del Signore’”.
Altri vangeli apocrifi dicono che Anna avrebbe concepito la Vergine Maria in modo miracoloso durante l’assenza del marito, ma è evidente il ricalco di un altro episodio biblico, la cui protagonista porta lo stesso nome di Anna, anch’ella sterile e che sarà prodigiosamente madre di Samuele.
Gioacchino portò di nuovo al tempio con la bimba, i suoi doni: dieci agnelli, dodici vitelli e cento capretti senza macchia.
L’iconografia orientale mette in risalto rendendolo celebre, l’incontro alla porta della città, di Anna e Gioacchino che ritorna dalla montagna, noto come “l’incontro alla porta aurea” di Gerusalemme; aurea perché dorata, di cui tuttavia non ci sono notizie storiche.
I pii genitori, grati a Dio del dono ricevuto, crebbero con amore la piccola Maria, che a tre anni fu condotta al Tempio di Gerusalemme, per essere consacrata al servizio del tempio stesso, secondo la promessa fatta da entrambi, quando implorarono la grazia di un figlio.
Dopo i tre anni Gioacchino non compare più nei testi, mentre invece Anna viene ancora menzionata in altri vangeli apocrifi successivi, che dicono visse fino all’età di ottanta anni, inoltre si dice che Anna rimasta vedova si sposò altre due volte, avendo due figli la cui progenie è considerata, soprattutto nei paesi di lingua tedesca, come la “Santa Parentela” di Gesù.
Il culto di Gioacchino e di Anna si diffuse prima in Oriente e poi in Occidente (anche a seguito delle numerose reliquie portate dalle Crociate); la prima manifestazione del culto in Oriente, risale al tempo di Giustiniano, che fece costruire nel 550 ca. a Costantinopoli una chiesa in onore di s. Anna.
L’affermazione del culto in Occidente fu graduale e più tarda nel tempo, la sua immagine si trova già tra i mosaici dell’arco trionfale di S. Maria Maggiore (sec. V) e tra gli affreschi di S. Maria Antiqua (sec. VII); ma il suo culto cominciò verso il X secolo a Napoli e poi man mano estendendosi in altre località, fino a raggiungere la massima diffusione nel XV secolo, al punto che papa Gregorio XIII (1502-1585), decise nel 1584 di inserire la celebrazione di s. Anna nel Messale Romano, estendendola a tutta la Chiesa; ma il suo culto fu più intenso nei Paesi dell’Europa Settentrionale anche grazie al libro di Giovanni Trithemius “Tractatus de laudibus sanctissimae Annae” (Magonza, 1494).
Gioacchino fu lasciato discretamente in disparte per lunghi secoli e poi inserito nelle celebrazioni in data diversa; Anna il 25 luglio dai Greci in Oriente e il 26 luglio dai Latini in Occidente, Gioacchino dal 1584 venne ricordato prima il 20 marzo, poi nel 1788 alla domenica dell’ottava dell’Assunta, nel 1913 si stabilì il 16 agosto, fino a ricongiungersi nel nuovo calendario liturgico, alla sua consorte il 26 luglio.
Artisti di tutti i tempi hanno raffigurato Anna quasi sempre in gruppo, come Anna, Gioacchino e la piccola Maria oppure seduta su una alta sedia come un’antica matrona con Maria bambina accanto, o ancora nella posa ‘trinitaria’ cioè con la Madonna e con Gesù bambino, così da indicare le tre generazioni presenti.
Dice Gesù nel Vangelo “Dai frutti conoscerete la pianta” e noi conosciamo il fiore e il frutto derivato dalla annosa pianta: la Vergine, Immacolata fin dal concepimento, colei che preservata dal peccato originale doveva diventare il tabernacolo vivente del Dio fatto uomo.
Dalla santità del frutto, cioè di Maria, deduciamo la santità dei suoi genitori Anna e Gioacchino.



Stellina788
00domenica 26 luglio 2009 10:23

Sant' Austindo Vescovo

26 luglio

m. 1068

Diresse la diocesi di Auch, in Francia, cercando di riformare gli edifici sacri e perfezionare i costumi dei fedeli.

Martirologio Romano: Ad Auch in Aquitania, in Francia, sant’Austindo, vescovo, alla cui opera si deve la costruzione della cattedrale, il progresso dei costumi del popolo e l’edificazione della casa di Dio.


Stellina788
00domenica 26 luglio 2009 10:25

Santa Bartolomea Capitanio Vergine

26 luglio - Comune

Lovere, Bergamo, 13 gennaio 1807 - 26 luglio 1833

Nasce a Lovere, in provincia di Bergamo e diocesi di Brescia, da Modesto e da Caterina Canossi, il 13 gennaio 1807. Conseguito il diploma di maestra assistente presso l'educandato delle clarisse nel 1822, comincia nell'istituto stesso la sua attività di insegnante. Nel 1824 torna in famiglia e insegna nella piccola scuola aperta nella sua stessa casa per le bambine povere. Dalla sua preoccupazione per i segni lasciati dal periodo napoleonico soprattutto tra la gioventù femminile in seguito sorgerà la congregazione col titolo di Maria Bambina. Bartolomea, infatti, opera nel piccolo ospedale per i poveri, fondato a Lovere dalle sorelle Caterina (che assunse poi il nome di Vincenza) e Rosa Gerosa, dove viene chiamata come direttrice ed economa. Nel 1829 scrive le regole della nuova istituzione, alla quale guadagna anche l'adesione di Caterina Gerosa. L'istituto sorge il 21 novembre 1832. Bartolomea, però, morirà il 26 luglio 1833: la congregazione della Suore di Maria Bambina si svilupperà sotto la guida di Caterina Gerosa. Le due fondatrici sono state canonizzate entrambe nel 1950. (Avvenire)

Etimologia: Bartolomea = figlia del valoroso, dall'aramaico

Emblema: Giglio

Martirologio Romano: A Lovere in Lombardia, santa Bartolomea Capitanio, vergine, che insieme a santa Vincenza Gerosa fondò l’Istituto delle Suore della Carità di Maria Bambina e morì a ventisette anni, consunta dalla tisi, ma ancor più divorata dalla carità.


Nacque a Lovere, in provincia di Bergamo e diocesi di Brescia, da Modesto e da Caterina Canossi, il 13 gennaio 1807. Dopo aver frequentato la scuola elementare, venne affidata, undicenne, alle Clarisse del luogo, ritornate nel proprio convento dopo la dispersione del periodo napoleonico. Nel loro educandato, grazie anche alla guida di una superiora colta e pia, suor Francesca Parpani, Bartolomea fece grandi progressi negli studi e nella via della perfezione. Conseguito il diploma di maestra assistente nel 1822, cominciò nell'istituto stesso la sua attività di insegnante con le scolarette della prima elementare. Lasciato l'educandato il 18 luglio 1824 e ritornata in seno alla famiglia, continuò la sua carriera didattica nella piccola scuola aperta l'anno seguente nella sua stessa casa in favore delle bambine povere, sperimentando ed elaborando il suo metodo, fatto di intuizione e di penetrazione delle anime delle fanciulle.
Nel 1824 Bartolomea stese il primo schema del regolamento della sua vita, che ebbe in seguito ammirabili sviluppi, ed emise il voto di ubbidienza, con cui si obbligò soprattutto ad eseguire gli ordini del padre, che le aveva affidato il lavoro della bottega. Ricca di doni e naturalmente espansiva, Bartolomea non tardò a volgere la sua attenzione a un altro campo di apostolato, quello della gioventù femminile, tra la quale le idee della Rivoluzione avevano lasciato segni evidenti di rovine o almeno di disorientamento morale. Sorse così l'oratorio con cappella, regolamenti ed istruzioni e la Congregazione col titolo di Maria Bambina. Nel 1826, mentre il giubileo veniva esteso a tutta la Chiesa, ella si impose un programma di vita ascetica davvero degno, come ebbe ad esprimersi il suo direttore spirituale, Angelo Bosio, di un'anima dotata di eccezionale pietà e devozione.
Oltre a ciò, la giovane Bartolomea dedicò la sua opera al piccolo ospedale per i poveri, fondato in Lovere dalle sorelle Caterina (che assunse poi in religione il nome di Vincenza) e Rosa Gerosa, dove era stata chiamata in qualità di direttrice ed economa. Ma programmi ben più vasti occupavano la sua mente. Ella vedeva al di là degli angusti confini di Lovere tante persone che avevano bisogno di assistenza religiosa, morale e fisica, e concepì l'idea di andare in loro aiuto con una grande famiglia religiosa che santificasse i suoi membri attraverso le opere di misericordia. Durante gli esercizi spirituali, fatti a Sellere nel 1829, scrisse le regole della nuova istituzione, alla quale aveva guadagnato anche l'adesione di Caterina Gerosa. Preoccupazione non lieve era la ricerca, la scelta e l'acquisto di una casa: le difficoltà erano molte e provenivano dai parenti, dalle autorità e dalla insufficienza di mezzi. Tuttavia, nel novembre 1832 si stipulò il contratto di compera della Casa Gaia, un antico edificio in abbandono, e la mattina del 21 novembre dello stesso anno, alla presenza delle due fondatrici, del parroco di Lovere, di don Bosio, di parenti ed amiche, avvenne la cerimonia delI'erezione dell'Istituto.
Nella nuova casa, chiamata dal popolo "Conventino", si concentrarono le opere già iniziate da Bartolomea: la scuola gratuita per le figlie del popolo, I'orfanotrofio con dieci alunne, le riunioni festive, le pie unioni e l'assistenza a quanti cercassero aiuto morale e materiale. I1 22 giugno 1833 venne steso il Capitolo Giuridico in quattordici articoli, in cui Bartolomea e Caterina Gerosa dichiararono di unirsi in società legale, che venne riconosciuta dal governo austriaco. Solo pochi mesi, tuttavia, B. poté godere della sua fondazione: infatti, il 26 luglio 1833 la morte stroncava la sua esistenza, breve di anni, ma ricca di opere. Dichiarata venerabile da Pio IX 1'8 marzo 1866, fu beatificata da Pio XI il 30 maggio 1926 e canonizzata da Pio XII il 18 maggio 1950. La sua festa si celebra il 26 luglio.
L'istituzione della Congregazione, che alla morte di B. sembrò dover naufragare, si andò sviluppando lentamente, ma senza scosse e interruzioni: il 21 novembre 1835 ebbe luogo la vestizione solenne delle prime suore e l2elezione a superiora di Vincenza Gerosa; il 21 magg. 1837 fu fondato 1'orfanotrofio di S. Chiara a Bergamo; il 29 giugno 1840 I'Istituto ricevette l'approvazione della Santa Sede (breve: Multa inter pia) e nel febb. 1841 quella definitiva della Corte di Vienna; il 12 marzo 1842 fu creata la prima fondazione in Milano (ospedale Ciceri); il 7 febbraio 1860 partirono le prime quattro suore missionarie in India (Bengala), chiamate da mons. Marinoni. Le suore di Maria Bambina assommano oggi a circa diecimila con oltre settecento case.



Stellina788
00domenica 26 luglio 2009 10:27

San Benigno di Malcesine Eremita

26 luglio

Malcesine (Verona), sec. VIII - IX


Santi Benigno e Caro, eremiti

Benigno e Caro sono due eremiti, che vissero tra l’VIII e il IX secolo nella zona di Malcesine, oggi incantevole Comune sulla sponda veronese del grande Lago di Garda, da cui si può raggiungere il Monte Baldo con una funivia che giunge fino a m. 1780.
Della loro vicenda umana, purtroppo non si sa niente, si ipotizza che fossero eremiti agostiniani; quello che è certo che il loro culto era molto sentito ancora nel secolo XVI.
Ancora oggi a Cassone, presso Malcesine, una chiesa è a loro dedicata; una leggenda attribuisce loro il trasporto in altra sede, delle ossa di s. Zenone, vescovo di Verona, che riposavano in quel luogo, ciò sarebbe avvenuto nell’807 ca.
A Malcesine, Benigno e Caro sono venerati il 26 luglio nella chiesa di S. Stefano, dove nel 1314 le loro reliquie, furono collocate in una nuova cappella, dal vescovo Tebaldo.

Il nome Benigno piuttosto raro, deriva dal latino “Benignus” e significa “che predice il bene”; nonostante che oggi sia poco usato, ci sono ben 18 santi dei tempi passati, che portano questo nome.



Stellina788
00domenica 26 luglio 2009 10:29

Beata Camilla Gentili di Rovellone

26 luglio

m. 26 luglio 1486

Il martirologio ricorda una donna il cui matrimonio ebbe un tragico epilogo: la beata Camilla Gentili. Nata nella seconda metà del XV secolo a San Severino Marche da Luca dei signori di Rovellone e da Brandina della nobile famiglia Giusti, fu data in moglie al violento Battista Santucci, che odiava i Giusti. Dopo aver ucciso uno di loro, fu perdonato proprio per intercessione di Camilla. Ma non fu sufficiente. Continuò a perseguitarla, impedendole di vedere la madre. Scoperti i loro incontri segreti, uccise sua moglie. Gregorio XVI la proclamò beata nel 1841.```` (Avvenire)

Martirologio Romano: A San Severino sempre nelle Marche, beata Camilla Gentili, martire, uccisa dal suo empio coniuge.


Camilla Gentili nacque nelle seconda metà del XV secolo, da Luca Gentili dei signori di Rovellone e da Brandina della nobile famiglia dei Grassi. Per volere della famiglia, si sposò con il nobile Battista Santucci, uomo violento e rissoso. Il marito di Camilla riversava l'odio che aveva per tutti i membri della famiglia Grassi, sulla suocera Brandina e sulla sposa, donna mite, sottomessa e stimata da tutti per la bontà. Incolpato dell'assassinio di Pierozzo Grassi nel 1482, Battista ebbe salva la vita grazie all'intervento personale e le preghiere di Camilla. Nonostante ciò il suo odio verso i Grassi non si placò, anzi crebbe a tal punto da proibire alla moglie di avere contatti con la madre Brandina.
Accortosi che il suo divieto non era stato rispettato, il 26 luglio 1486, Battista con finta tenerezza invitò Camilla ad accompagnarlo all' Uvaiolo, località dove possedeva un podere, per trascorrere qualche ora in serenità. Camilla accondiscese senza rendersi conto che si stava recando al patibolo. Qui il marito tirò fuori un pugnale e colpì Camilla prima alla gola e poi al seno, mentre lei innalzava al Signore la sua preghiera di perdono e di amore. Battista commesso il grave misfatto tentò la fuga che non poté effettuare come se fosse legato a terra. L'agghiacciante fatto venne subito scoperto, destando indignazione e pietà.
La salma di Camilla fu tumulata nella chiesa di Santa Maria del Mercato (l'attuale chiesa di San Domenico) dove la famiglia Gentili aveva la sepoltura. Fin da subito la sua tomba fu meta di pellegrinaggi per le grazie ed i prodigi accordati a quanti ricorrevano alla sua protezione. Devoto di Camilla fu anche il cardinale di Bologna Prospero Lambertini che divenne poi papa con il nome di Benedetto XIV. Il 15 gennaio 1841 Gregorio XVI la proclamò "Beata" e stabilì la festa della Beata Camilla Gentili di Rovellone il 27 luglio, il giorno dopo la sua morte.


Stellina788
00domenica 26 luglio 2009 10:30

San Caro di Malcesine Eremita

26 luglio

Malcesine (Verona), sec. VIII - IX


Santi BENIGNO e CARO, eremiti

Benigno e Caro sono due eremiti, che vissero tra l’VIII e il IX secolo nella zona di Malcesine, oggi incantevole Comune sulla sponda veronese del grande Lago di Garda, da cui si può raggiungere il Monte Baldo con una funivia che giunge fino a m. 1780.
Della loro vicenda umana, purtroppo non si sa niente, si ipotizza che fossero eremiti agostiniani; quello che è certo che il loro culto era molto sentito ancora nel secolo XVI.
Ancora oggi a Cassone, presso Malcesine, una chiesa è a loro dedicata; una leggenda attribuisce loro il trasporto in altra sede, delle ossa di s. Zenone, vescovo di Verona, che riposavano in quel luogo, ciò sarebbe avvenuto nell’807 ca.
A Malcesine, Benigno e Caro sono venerati il 26 luglio nella chiesa di S. Stefano, dove nel 1314 le loro reliquie, furono collocate in una nuova cappella, dal vescovo Tebaldo.

Il nome Caro, deriva dal latino “Carus”, nome assai usato dai Latini e significa “diletto”, oggi è solo usato come aggettivo affettuoso.


Stellina788
00domenica 26 luglio 2009 10:31

Beato Edoardo Twing Martire

26 luglio


Martirologio Romano: A Lancaster ancora in Inghilterra, beati Edoardo Twing, dell’Ordine dei Predicatori, e Roberto Nutter, sacerdoti e martiri, che, dopo lunghe fatiche nella vigna del Signore, condannati per il loro sacerdozio, subirono un glorioso martirio sotto la regina Elisabetta I.


Stellina788
00domenica 26 luglio 2009 10:33

Sant' Erasto

26 luglio


Martirologio Romano: Commemorazione di sant’Erasto, che, tesoriere della città di Corinto, fu al servizio di san Paolo Apostolo.


Stellina788
00domenica 26 luglio 2009 10:34

Beati Evangelista e Pellegrino

26 luglio

 


Stellina788
00domenica 26 luglio 2009 10:36

San Gioacchino Padre della Beata Vergine Maria

26 luglio

Anna e Gioacchino sono i genitori della Vergine Maria. Gioacchino è un pastore e abita a Gerusalemme, anziano sacerdote è sposato con Anna. I due non avevano figli ed erano una coppia avanti con gli anni. Un giorno mentre Gioacchino è al lavoro nei campi, gli appare un angelo, per annunciargli la nascita di un figlio ed anche Anna ha la stessa visione. Chiamano la loro bambina Maria, che vuol dire «amata da Dio». Gioacchino porta di nuovo al tempio i suoi doni: insieme con la bimba dieci agnelli, dodici vitelli e cento capretti senza macchia. Più tardi Maria è condotta al tempio per essere educata secondo la legge di Mosè. Sant'Anna è invocata come protettrice delle donne incinte, che a lei si rivolgono per ottenere da Dio tre grandi favori: un parto felice, un figlio sano e latte sufficiente per poterlo allevare. È patrona di molti mestieri legati alle sue funzioni di madre, tra cui i lavandai e le ricamatrici. (Avvenire)

Etimologia: Gioacchino = Dio rende forti, dall'ebraico

Martirologio Romano: Memoria dei santi Gioacchino e Anna, genitori dell’immacolata Vergine Maria Madre di Dio, i cui nomi sono conservati da antica tradizione cristiana.

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Nella Sacra Scrittura si narra che la madre del profeta Samuele, Anna, nell'affliggente sterilità che le aveva precluso il privilegio della maternità, si rivolse con ardente preghiera al Signore e fece voto di consacrare al servizio divino il nascituro. Ottenuta la grazia, dopo aver svezzato il piccolo Samuele, lo portò a Silo, dov'era custodita l'arca dell'alleanza e lo affìdò al sacerdote Eli dopo averlo offerto al Signore. Su questa falsariga il Protovangelo di Giacomo, apocrifo del secondo secolo, traccia la storia di Gioacchino e Anna, genitori della Vergine Maria. La pia sposa di Gioacchino, dopo lunga sterilità, ottenne dal Signore la nascita di Maria, che a tre anni portò al Tempio, lasciandovela al servizio divino in adempimento del voto fatto.
Il fondamento storico, probabile pur nella discordante letteratura apocrifa, è comunque falsamente rivestito di elementi secondari, copiati dalla vicenda della madre di Samuele. Mancando nei Vangeli ogni accenno ai genitori della Vergine, non restano che gli scritti apocrifi, nei quali non è impossibile rinvenire, tra i predominanti elementi fantastici, qualche notizia autentica, raccolta da antiche tradizioni orali. Il culto verso i santi genitori della Beata Vergine è molto antico, tra i Greci soprattutto. In Oriente si venerava S. Anna già nel secolo VI e tale devozione si estese lentamente in tutto l'Occidente a partire dal secolo X fino a raggiungere il suo massimo sviluppo nel secolo XV. Nel 1584 venne istituita la festività di S. Anna, mentre S. Gioacchino era lasciato discretamente in disparte, forse per la stessa discordanza sul suo nome che si rivela negli scritti apocrifi, posteriori al Protovangelo di Giacomo.
Oltre al nome di Gioacchino, al padre della Vergine è dato il nome di Cleofa, di Sadoc e di Eli. I due santi venivano celebrati separatamente: S. Anna il 25 luglio dai Greci e il giorno successivo dai Latini. Nel 1584 anche S. Gioacchino trovò spazio nel calendario liturgico, dapprima il 20 marzo, per passare alla domenica nell'ottava dell'Assunta nel 1738, quindi al 16 agosto nel 1913 e ricongiungersi alla santa consorte, col nuovo calendario liturgico, al 26 luglio. "Dai frutti conoscerete la pianta", dice Gesù nel Vangelo. Noi conosciamo il fiore e il frutto soavissimo derivato dalla pianta annosa: la Vergine, Immacolata fin dal concepimento, colei che per divino privilegio fu esente dal peccato di origine per essere poi il tabernacolo vivente del Dio fatto uomo. Dalla santità del frutto, da Maria, deduciamo la santità dei genitori di lei, Anna e Gioacchino.



Stellina788
00domenica 26 luglio 2009 10:37

San Giorgio Preca Sacerdote

26 luglio

La Valletta, Malta, 12 febbraio 1880 - 26 luglio 1962

Nacque a Malta il 12 febbraio 1880. Da bambino, secondo l'usanza del tempo, venne incorporato nella Famiglia carmelitana con l'imposizione dello scapolare. Fu ordinato sacerdote il 22 Dicembre 1906. Nei primi mesi del 1907 raccolse attorno a sé e formò un piccolo gruppo di giovani ventenni. Iniziò così la Società della dottrina cristiana, detta comunemente Museum, lettere iniziali di «Magister, utinam sequatur evangelium universus mundus» («Maestro, che l'intero mondo segua il Vangelo»), opera dedicata all'educazione religiosa dei bambini e dei giovani. Preca, da adulto, divenne terziario carmelitano: si iscrisse il 21 luglio 1918 e professò il 26 settembre dell'anno successivo. Alla sua professione scelse il nome di Franco. Nel 1952, come riconoscimento alla sua infaticabile divulgazione della devozione alla Madonna del Carmine, venne affiliato all'Ordine Carmelitano. Morì il 26 luglio 1962. È stato beatificato da Giovanni Paolo II il 9 maggio 2001 a Malta ed infine canonizzato da Benedetto XVI il 3 giugno 2007 a Roma. (Avvenire)

Martirologio Romano: A La Valletta nell’isola di Malta, beato Giorgio Preca, sacerdote, che, amorevolmente dedito alla cura dell’istruzione catechistica dei fanciulli, fondò la Società della Dottrina Cristiana per dare testimonianza dell’azione provvidenziale della parola di Dio in mezzo al popolo.


Bambino allegro e vivacissimo, quasi uno scavezzacollo, al punto da rischiare una volta di annegare per un gioco troppo pericoloso: eppure, sulla vita di questo bambino esuberante, esercita un’influenza particolare lo scapolare del Carmine, che secondo la tradizione gli è stato imposto quando ha appena pochi anni. Così, quasi senza accorgersene, si ritrova in seminario e sta per diventare prete, ma una malattia grave lo blocca all’indomani del diaconato e per i medici è ormai spacciato. Si salva contro ogni pronostico e viene ordinato prete a 26 anni, prendendo come programma di vita la riflessione del suo direttore spirituale: “Dio ti ha scelto per insegnare al suo popolo”, mentre la sua unica preoccupazione, da quel giorno in poi, è aiutare e incoraggiare gli altri a “cambiare cuore”. Si tuffa nell’educazione e nell’istruzione dei bambini e gli riconoscono capacità eccezionali nell’avvicinare i giovani, al punto da essere identificato come il “san Filippo Neri di Malta”. Pochi mesi dopo già raccoglie attorno a sé un gruppo di giovani operai, il nucleo di quello che diventerà poi la “Societas Doctrinae Christianae”: suo sogno è di trasformarli in evangelizzatori e renderli in grado, attraverso un’adeguata formazione, di istruire gli altri nella fede. E’ un’esigenza quantomai sentita a Malta, dove la pratica religiosa è ridotta alla partecipazione alla messa festiva e ad alcune pratiche devozionali, ma è pure un’idea giudicata da molti troppo ardita, perché non si vede di buon occhio che la Bibbia e la teologia sia consegnata in mano ai laici, per lo più semplici operai, ed è addirittura intollerabile che ad essi sia affidata la proclamazione della Parola di Dio. Anticipando di 60 anni l’Apostolicam actuositatem del Concilio Vaticano II°, questo pretino sfida la mentalità del tempo e, mentre la Chiesa tiene sotto stretta osservazione la sua opera, egli si preoccupa di formare i membri della sua comunità, ai quali chiede il vincolo del celibato e dai quali esige almeno un’ora di formazione al giorno. La Chiesa impiega 25 anni per approvare la nuova Associazione ed in questo periodo egli, nell’assoluta fedeltà alla gerarchia, continua ad educare, istruire, formare. Innanzitutto se stesso, lasciandosi plasmare dalla spiritualità carmelitana, attingendo a piene mani dagli scritti spirituali dei grandi santi, da San Vincenzo de Paoli a Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, ma nello stesso tempo conservando quella carica di novità che è il suo specifico carisma: evangelizzare attraverso i laici. “Il mio pane lo faccio con la farina che prendo dal sacco degli altri” era solito dire, “ma alla fine tutti dobbiamo attingere da un unico sacco: il Vangelo”. Nuovi centri di dottrina cristiana si aprono in tutte le parrocchie, mentre la missionarietà lo spinge a nuove fondazioni in Australia, nel Sudan, in Kenya e in Albania, in una fioritura di vocazioni che continua ancora oggi. Muore il 26 luglio 1962, a 82 anni, e Papa Giovanni Paolo II il 9 maggio 2001 a Malta proclamò “beato” don Giorgio Preca, un prete il cui unico desiderio era stato “che l’intero mondo segua il vangelo”. Benedetto XVI, dopo pochi anni, ha infine canonizzato il 3 giugno 2007 il primo santo maltese.
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Autore: Gianpiero Pettiti





E' il primo beato maltese, nato e sempre``vissuto nell’isola. Nasce in una``famiglia agiata e a otto anni segue i genitori``(Vincenzo e Natalina Ceravolo)``da La Valletta al sobborgo di Hamrun.``Dopo il liceo entra in seminario, arrivando``al sacerdozio nel dicembre 1906.``Già da chierico incontrava ad Hamrun``gruppi di ragazzi e giovani``per spiegare loro il Vangelo.
Diventato sacerdote, raccoglie``e prepara un gruppo di``giovani per un compito preciso``e duraturo: si dedicheranno``regolarmente alla formazione``cristiana dell’infanzia e``della gioventù, ma senza``prendere gli ordini: resteranno``laici. "Le circostanze odierne``richiedono assolutamente``che l’apostolato dei laici sia più intenso``ed esteso": questo dirà il concilio Vaticano``II in modo chiaro, ma 60 anni dopo.
Quando comincia lui, invece, lo capiscono``in due: il parroco e il confessore.``Ma al suo fianco c’è pure l’apostolo Paolo,``che a Malta trovò scampo dopo il``naufragio. C’è la sua esortazione a Timoteo:``"Le cose che hai udito da me, in``presenza di numerosi testimoni, trasmettile``a persone fidate, le quali siano``in grado di ammaestrare a loro volta anche``altri" (2Tim 2,2). Prepara il gruppetto``di partenza ai primi del 1907, e quando``si tratta di dargli un nome qualcuno``suggerisce scherzosamente: "Chiamiamolo``Museum". Il nome resterà, interpretato``da lui come acrostico delle parole``Magister, utinam sequatur Evangelium``universus mundus!``(“Maestro, che tutto il mondo``segua il Vangelo!”).
Per molti è una novità attraente``sentir spiegare il Vangelo``da giovani come tutti,``vestiti come tutti. Già li chiamano``varie parrocchie, ma``c’è chi fa girare voci di dissenso,``e un giorno arriva dal vescovado``l’ordine: chiudere le``sedi, cessare l’attività. Don``Giorgio obbedisce subito, ma vari parroci``intervengono in sua difesa, convincono``il vescovo e l’ordine viene ritirato.
Nel 1914-15, c’è un altro attacco e varie``accuse, sostenute da una campagna``di stampa. La nuova crisi viene superata,``ma è interessante il suo comportamento:``piena obbedienza quando il vescovo``comanda, e silenzio totale di fronte``a qualsiasi accusa. Tace, non reagisce,``convince i suoi a fare lo stesso. La``vittoria è vincere sé stessi. Scrive anche``una Lettera popolare sulla mansuetudine,``che sarà sempre letta nel giorno di``santo Stefano in tutte le sue case.
L’opera si sviluppa col nome di Società``della dottrina cristiana, coi rami maschile``e femminile, riconosciuta canonicamente``nel 1932. Ne fanno parte laici``lavoratori, non sposati, dediti all’apostolato``per i piccoli e per gli adulti. Chi si``sposa, può entrare fra i cooperatori della``Società, della quale oggi fanno parte``più di 1.200 persone operanti in gran``parte a Malta, ma presenti anche in Australia,``in Sudan, in Kenya, in Perù, in Albania``e in Inghilterra. Don Giorgio Preca,``vicino fin da giovane alla spiritualità``carmelitana, ne era terziario già nel``1918, e nel 1952 l’Ordine ha voluto affiliarlo``con il nome di don Franco.
Accanto alla Società della dottrina, il``fondatore ha creato pure una casa editrice``religiosa, pubblicando 150 libri in lingua``maltese, e nella stessa lingua ha fatto``tradurre la Bibbia. Giovanni Paolo II lo``ha beatificato nel 2001. Il corpo riposa``nella cripta della Casa generalizia della``Società, a Blata l-Bajda (Malta).


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00domenica 26 luglio 2009 10:39

Beato Giorgio Swallowell Martire

26 luglio


Martirologio Romano: A Darlington sempre in Inghilterra, beato Giorgio Swallowell, martire, che, nello stesso anno, fu condannato a morte per essersi riconciliato con la Chiesa cattolica e, per quanto sgomento dal terrore e crudelmente vessato dai nemici, forte nella fede accettò per Cristo le più atroci torture.


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00domenica 26 luglio 2009 10:40

Beato Giovanni Ingram Martire

26 luglio


Martirologio Romano: Nel villaggio di Gateshead vicino a Newcastle-on-Tyne in Inghilterra, beato Giovanni Ingram, sacerdote e martire, che, di origine inglese, ordinato nella basilica Lateranense, esercitò il suo ministero in Scozia, finché, passato in Inghilterra, fu condannato all’impiccagione a causa del suo sacerdozio sotto la regina Elisabetta I.


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00domenica 26 luglio 2009 10:42

Beato Giovanni Iraizos Mercedario

26 luglio

+ 1629

Commendatore del convento di Santa Maria in Bilbao (Spagna), il mercedario Beato Giovanni Iraizos, trovandosi in Africa per redenzione, stava incoraggiando uno schiavo cristiano condannato a morte affinché non abbandonasse la fede, quando fu preso dai mori.
``Lo legarono nudo ad un palo e lo incendiarono, per misericordia di una turca che lo pagò con i soldi, fu liberato e così semibruciato ritornò presso i suoi cristiani. Ritornato poi in Spagna, dopo aver predetto il giorno della morte spirò con tanta fama di santità nell’anno 1629 e per devozione dei fedeli il suo corpo rimase per molti giorni non sepolto.
``L’Ordine lo festeggia il 26 luglio.



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00domenica 26 luglio 2009 10:43

Beato Guglielmo Webster Martire

26 luglio


Martirologio Romano: A Londra sempre in Inghilterra, beato Guglielmo Webster, sacerdote e martire, che, dopo avere svolto oltre vent’anni il suo ministero in varie carceri, arrestato su mandato del Parlamento perché sacerdote, portò a termine il suo martirio sotto il regno di Carlo I appeso al patibolo di Tyburn.


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00domenica 26 luglio 2009 10:45

Beato Jorio

26 luglio


Un'iscrizione pubblicata nel XVI sec. dal Molano ci dà le informazioni essenziali su questo personaggio: "Il beato Jorio morì il sette avanti le calende di agosto. Venne dalla grande Armenia e fu vescovo del Sinai, suo padre si chiamava Stefano e sua madre Elena. Egli ebbe sette fratelli. Macario, anno dell'Incarnazione 1032". Macario era probabilmente il firmatario dell'iscrizione ma è stato ritenuto un fratello di Jorio.
Si desidererebbero particolari piú precisi su questo orientale che venne a concludere la sua vita nel Nord della Francia. Secondo Molano, egli, venuto in pellegrinaggio a Boulogne, si fermò a Béthune dove morí improvvisamente. Venne sepolto nella chiesa di S. Bartolomeo, i cui canonici gli resero culto. Là si trovava l'iscrizione in "caratteri antichi", su una lastra fissata alla tomba.
Jorio è stato scelto come patrono dei "Fratelli d'Oro", corporazione fiamminga. Se ne celebra la festa il 26 luglio.


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00domenica 26 luglio 2009 10:47

Beati Marcello Gaucherio Labigne de Reignefort e Pietro Giuseppe Le Groing de La Romagère Martiri

26 luglio


Martirologio Romano: In una sordida galera all’ancora nel mare antistante Rochefort in Francia, beato Marcello Gaucherio Labigne de Reignefort, della Società delle Missioni, e Pietro Giuseppe Le Groing de La Romagère, sacerdoti e martiri: il primo dal territorio di Limoges, l’altro di Bourges, durante la rivoluzione francese furono consegnati in odio alla fede ad una disumana prigionia, morendo poi sfiniti dall’inedia e dalla malattia.


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00domenica 26 luglio 2009 10:48

Beate Maria Margherita di S. Agostino Bonnet e 4 compagne Martiri

26 luglio

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Martirologio Romano: A Orange sempre in Francia, beate Maria Margherita di Sant’Agostino Bonnet e quattro compagne, vergini dell’Ordine di Sant’Orsola, che subirono il martirio nella medesima persecuzione.


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00domenica 26 luglio 2009 10:55

Beato Roberto Nutter Domenicano

26 luglio

Lancaster, 1557 – 26 luglio 1600

Roberto Nutter fa parte di un gruppo di 85 martiri, tra sacerdoti, religiosi e laici che subirono la morte in Inghilterra nel XVI° secolo per testimoniare la fede nella Chiesa Cattolica e nel Primato Petrino. Roberto nacque nel 1557. Appartenente al clero secolare, esiliato e rientrato in patria, esercitò per due anni il ministero, fino a quando, nel 1585, venne catturato, restando in prigione per cinque anni. In carcere decise di emettere la Professione nell’Ordine dei Predicatori. Sostenne una disputa con teologi protestanti nel castello di Lancaster. Fu martirizzato a Lancaster il 26 luglio 1600 col supplizio della forca, e il suo corpo dopo venne tagliato a pezzi.

Martirologio Romano: A Lancaster ancora in Inghilterra, beati Edoardo Twing, dell’Ordine dei Predicatori, e Roberto Nutter, sacerdoti e martiri, che, dopo lunghe fatiche nella vigna del Signore, condannati per il loro sacerdozio, subirono un glorioso martirio sotto la regina Elisabetta I.


La storia delle persecuzioni anticattoliche in Inghilterra, Scozia, Galles, parte dal 1535 e arriva al 1681; il primo a scatenarla fu come è noto il re Enrico VIII, che provocò lo scisma d’Inghilterra con il distacco della Chiesa Anglicana da Roma.
Artefici più o meno cruenti furono oltre Enrico VIII, i suoi successori Edoardo VI (1547-1553), la terribile Elisabetta I, la ‘regina vergine’ († 1603), Giacomo I Stuart, Carlo I, Oliviero Cromwell, Carlo II Stuart.
Morirono in 150 anni di persecuzioni, migliaia di cattolici inglesi appartenenti ad ogni ramo sociale, testimoniando il loro attaccamento alla fede cattolica e al papa e rifiutando i giuramenti di fedeltà al re, nuovo capo della religione di Stato.
Primi a morire come gloriosi martiri, il 4 maggio e il 15 giugno 1535, furono 19 monaci Certosini, impiccati nel tristemente famoso Tyburn di Londra, l’ultima vittima fu l’arcivescovo di Armagh e primate d’Irlanda Oliviero Plunkett, giustiziato a Londra l’11 luglio 1681.
L’odio dei vari nemici del cattolicesimo, dai re ai puritani, dagli avventurieri agli spregevoli ecclesiastici eretici e scismatici, ai calvinisti, portò ad inventare efferati sistemi di tortura e sofferenze per i cattolici arrestati.
In particolare per tutti quei sacerdoti e gesuiti, che dalla Francia e da Roma, arrivavano clandestinamente come missionari in Inghilterra per cercare di riconvertire gli scismatici, per lo più essi erano considerati traditori dello Stato, in quanto inglesi rifugiatosi all’estero e preparati in opportuni Seminari per il loro ritorno.
Tranne rarissime eccezioni come i funzionari di alto rango (Tommaso Moro, Giovanni Fisher, Margherita Pole) decapitati o uccisi velocemente, tutti gli altri subirono prima della morte, indicibili sofferenze, con interrogatori estenuanti, carcere duro, torture raffinate come “l’eculeo”, la “figlia della Scavinger”, i “guanti di ferro” e dove alla fine li attendeva una morte orribile; infatti essi venivano tutti impiccati, ma qualche attimo prima del soffocamento venivano liberati dal cappio e ancora semicoscienti venivano sventrati.

Dopo di ciò con una bestialità che superava ogni limite umano, i loro corpi venivano squartati ed i poveri tronconi cosparsi di pece, erano appesi alle porte e nelle zone principali della città.
Solo nel 1850 con la restaurazione della Gerarchia Cattolica in Inghilterra e Galles, si poté affrontare la possibilità di una beatificazione dei martiri, perlomeno di quelli il cui martirio era comprovato, nonostante i due-tre secoli trascorsi.
Nel 1874 l’arcivescovo di Westminster inviò a Roma un elenco di 360 nomi con le prove per ognuno di loro.
A partire dal 1886 i martiri a gruppi più o meno numerosi, furono beatificati dai Sommi Pontefici, una quarantina sono stati anche canonizzati nel 1970.
Per altri 85 nel 1987 si sono conclusi gli adempimenti necessari e così il 22 novembre 1987 papa Giovanni Paolo II li ha beatificati a Roma, con il capofila Giorgio Haydock, confermando il giorno della loro celebrazione comune al 4 maggio.

Il domenicano Roberto Nutter nacque nel 1557 a Lancaster, frequentò con il fratello John il Collegio fondato a Reims dal card. Allen, per la formazione dei giovani inglesi aspiranti al sacerdozio.
Nel 1581 a 24 anni fu ordinato sacerdote in Francia; ritornato in Inghilterra fu inserito nel clero diocesano di Lancaster, sebbene in clandestinità, poté esercitare il suo ministero per poco più di due anni, finché scoperto venne arrestato il 2 febbraio 1584.
Nel lungo periodo trascorso in prigione, volle emettere i voti religiosi nell’Ordine dei Predicatori ed ebbe l’opportunità di sostenere una disputa con teologi protestanti nel castello di Lancaster.
Dopo 15 anni di detenzione nella Torre di Londra, sotto il regno di Elisabetta I, fu impiccato a Lancaster il 26 luglio 1600 a 43 anni, insieme al sacerdote diocesano Eduard Thwing di 35 anni, e i loro corpi smembrati come sopra descritto.



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00domenica 26 luglio 2009 10:58

Beata Sancia di Leon Sposa, religiosa

26 luglio

+ 22 maggio 1271


Figlia illegittima di re Alfonso IX di Leon (m. 1230) e della nobildonna Teresa Gil, andò sposa a Simone Ruiz, e morto questi entrò nel ramo femminile dell’Ordine militare di S. Giacomo, nel monastero di Tolmancos (21 febb. 1270). In questa data fece donazione all’Ordine di tutti i suoi beni dei regni di Galizia, Portogallo e Leon.
``Morì il 22 maggio 1271, e fu sepolta nel monastero di S. Eufemia (Valencia); le sue spoglie vennero trasferite a Santa Fe di Toledo nel 1608, e si lavorò assiduamente al processo di beatificazione, che però non venne portato a termine. E’ commemorata al 26 luglio.


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00domenica 26 luglio 2009 10:59

San Simeone di Polirone Eremita

26 luglio

Armenia - † Polirone (Mantova), 26 luglio 1016

Nato in Armenia, fu monaco ed eremita pellegrino. Giunse a San Benedetto di Polirone, dove morì il 26 luglio 1016. Il suo corpo è venerato nella Basilica di San Benedetto Po.

Etimologia: Simeone = Dio ha esaudito, dall'ebraico

Martirologio Romano: Nel monastero di San Benedetto Po nei pressi di Mantova, san Simeone, monaco ed eremita.


Sulla sua vita si hanno poche notizie, mentre invece paradossalmente dopo la sua morte, vi sono ben tre documenti papali che lo riguardano.
Esiste una ‘Vita’ scritta da un monaco di Polirone, ma non contemporaneo, il quale raccolse le notizie della tradizione popolare e come al solito aggiungendovi qualche nota di fantasia.
Secondo questo racconto Simeone era un armeno, che lasciata la sua patria, si ritirò per un certo tempo in solitudine come eremita. Poi prese a peregrinare a piedi verso i più famosi santuari del Medioevo; si recò a Gerusalemme, poi a Roma dove venne accusato di eresia, ma il papa Benedetto VII (974-983) lo giustificò.
Visitò l’Italia, Compostella, Tours, impresa considerevole per quei tempi, finché si fermò al monastero di S. Benedetto di Polirone, nel territorio di Mantova, dove compì alcuni miracoli.
Visse nel monastero procurandosi una fama di santità e di virtù e vi morì il 26 luglio 1016.
Sulla sua canonizzazione, che in quei tempi non aveva la procedura odierna, vi sono tre lettere papali; la prima è di papa Benedetto VIII (1017-1024) che autorizzava il marchese Bonifacio a costruire una chiesa dedicata a s. Simeone e di depositarvi il suo corpo.
La seconda lettera è di Leone IX (1048-1054) e riguarda la consacrazione della chiesa e la ricognizione delle reliquie; ma si vede che queste disposizioni, non ebbero una sollecita attuazione, in quanto la terza lettera di papa Alessandro II (1061-1073) interveniva perché fossero eseguite le disposizioni di Leone IX.
La ricorrenza liturgica di s. Simeone di Polirone è al 26 luglio.
Il Messale Proprio della Chiesa mantovana (ed. 2006) lo ricorda il 25 luglio.



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00domenica 26 luglio 2009 11:01

Beato Tito Brandsma

26 luglio

Bolsward, Frisia (Olanda), 23 febbraio 1881 - Dachau (Germania), 26 luglio 1942

Nasce il 23 febbraio 1881 a Bolsward, Paesi Bassi. Entrato nell'Ordine Carmelitano diviene professore di filosofia, pioniere della stampa cattolica e delle speranze ecumeniche. Deportato nel campo di concentramento di Dachau, viene ucciso con un'iniezione da un medico del campo il 26 luglio 1942. Nei Paesi Bassi padre Tito è uno dei primi avversari della dittatura nazista: rifuggendo ogni compromesso, si esprime a chiare lettere contro la persecuzione degli ebrei. La Gestapo lo arresta il 19 gennaio 1942 nel suo monastero di Nijmwegen. Per quanto gravemente ammalato, il 13 giugno viene deportato a Dachau. I tentativi dei confratelli tedeschi di Brandsma di far trasformare la sua condanna in un ergastolo si rivelano fallimentari. In un rapporto inviato a Berlino dalla Gestapo si legge: «Il professor Brandsma deve essere considerato un nemico della causa nazionalsocialista. Si tratta di un uomo molto pericoloso». Dopo atroci tormenti, viene ucciso e fino all'ultimo prega per i suoi carnefici. Il 3 novembre 1985 Giovanni Paolo II lo proclama beato. (Avvenire)

Etimologia: Tito = (forse) il difensore, dal latino

Martirologio Romano: Nel campo di prigionia di Dachau vicino a Monaco di Baviera in Germania, beato Tito Brandsma, sacerdote dell’Ordine dei Carmelitani e martire, che, di origine olandese, affrontò serenamente ogni genere di sofferenze e di umiliazioni in nome della difesa della Chiesa e della dignità dell’uomo, offrendo un esempio insigne di carità verso i compagni di detenzione e verso gli stessi carnefici.


La fattoria della famiglia Brandsma, in Frisia, ha lavoro per tutti, ma Anno Bjoerd (questo il nome di battesimo) è fragile e inadatto alla fatica. Dopo il ginnasio presso i francescani di Megen, a 17 anni viene accolto tra i carmelitani di Boxmeer, prendendo il nome di Tito (quello di suo padre). Nel 1905 viene ordinato sacerdote. Nel 1909, all’Università Gregoriana di Roma, si addottora in filosofia, disciplina che insegnerà poi per 33 anni, prima ai carmelitani di Oss, poi all’Università Cattolica di Nimega. Padre Tito studia la spiritualità di santa Teresa d’Avila, ispiratrice di ogni carmelitano, viaggia attraverso l’Europa e l’America, diventa giornalista e assistente nazionale dei giornalisti cattolici.
Nel 1933 il nazismo va al potere in Germania. Arrivano le prime persecuzioni contro gli ebrei tedeschi, e dall’Olanda si reagisce (1936) con la pubblicazione di una raccolta di articoli antinazisti. Uno di essi dice: "Ciò che si fa ora contro gli ebrei è un atto di vigliaccheria". Quello che chiama vigliacchi i superuomini del nazismo è proprio lui, il fragile padre Tito.
Maggio 1940: Adolf Hitler invade l’Olanda. Il piccolo partito nazista locale alza la testa ed esige che i giornali cattolici pubblichino i suoi annunci, che sono propaganda per l’occupante e per i suoi vassalli. Padre Tito è chiamato a percorrere l’Olanda portando ai direttori dei giornali il “no” dell’episcopato a tale richiesta. No, anche a costo di chiudere i giornali. Più tardi il rifiuto sarà reso pubblico, perché tutti sappiano.
Il 19 gennaio 1942 la Gestapo arresta padre Tito a Nimega. E poi, di carcere in carcere, di interrogatorio in interrogatorio, il 19 giugno 1942 il religioso arriva al Lager di Dachau. Hanno tentato di farlo cedere, ma sempre invano, perché, come dice la Gestapo: "Egli ritiene suo dovere difendere la fede cristiana contro il nazionalsocialismo".
A Dachau, padre Tito è lieto nei tormenti, perché ha con sé l’ostia della comunione, dono di preti tedeschi deportati. “Predica” sottovoce a gruppetti di compagni, recita a memoria le parole della Messa. Quando non può più muoversi c’è il lazzaretto, per i suoi ultimi otto giorni. E poi viene l’“infermiera” con la siringa: acido fenico nelle vene, morte e crematorio.
C’è ordine di bruciare anche le carte che lo riguardano. Ma qualcuno le salva; serviranno per la sua beatificazione quale martire (3 novembre 1985). Ma da un suo nascondiglio chiede di testimoniare anche l’infermiera assassina di Dachau: la donatrice di morte. Rivela che il prigioniero, giunto ormai agli ultimi sussulti di vita, le offrì la sua corona del Rosario (fatta con materiale di fortuna). "Non prego, io non so pregare!", rispose lei. Non la voleva. E padre Tito del Carmelo la rassicurò: "Basta che tu dica: Prega per noi peccatori".
Il calendario liturgico dell'Ordine Carmelitano ne ricorda la memoria non nel giorno del dies natalis ma il 27 luglio.



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00domenica 26 luglio 2009 11:02

Beato Ugo de Actis Monaco silvestrino

26 luglio

+ Sassoferrato, 26 luglio 1270

Ugo degli Atti da Serra San Quirico era fratello del Beato Giuseppe, immediato successore di San Silvestro. Fu accolto da Silvestro nel monastero di S. Giovanni di Sassoferrato, dove morì il 26 luglio del 1270 circa, dopo una vita dedita alle opere di misericordia e alla edificazione dei fedeli tramite il ministero della predicazione. Attualmente è sepolto a Sassoferrato nella chiesa di S. Maria del Piano. Nel 1756 il pontefice Benedetto XIV ne approvò il culto e lo inserì nell’albo dei “beati”. A Sassoferrato, di cui è patrono, la festa si celebra il 26 luglio; nella Congregazione Silvestrina, invece, e a Serra San Quirico, di cui è compatrono, il giorno successivo.

Martirologio Romano: A Sassoferrato nelle Marche, beato Ugo de Actis, monaco della Congregazione dei Silvestrini dell’Ordine di San Benedetto.




Stellina788
00domenica 26 luglio 2009 11:04

Beati Vincenzo Pinilla ed Emanuele Martin Sierra Sacerdoti e martiri

26 luglio

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Martirologio Romano: Nel villaggio di Motril vicino a Granada sulla costa spagnola, beati Vincenzo Pinilla, dell’Ordine degli Agostiniani Recolletti, e Emanuele Martin Sierra, sacerdoti e martiri, che, trascinati via dalla chiesa, furono fucilati il giorno dopo il martirio di altri cinque loro compagni.


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